5. Gabriel Axel
5.2. Il pranzo di Babette
Tratto dall'omonimo romanzo di Karen Blixen, Il pranzo di Babette (Babettes gæstebud) narra le vicende di due sorelle, Martina e Philippa, e della piccola comunità in cui vivono in un villaggio isolato della Danimarca. Il loro padre, ormai deceduto, era il decano e la guida spirituale
del paese, compito che hanno ereditato le due donne, rimanendo nubili e vivendo una vita semplice dedicata esclusivamente al prendersi cura dei loro compaesani. In gioventù, entrambe molto belle e corteggiate, hanno vissuto sotto l'ala protettrice del padre che le considerava come la sua mano destra e la sua mano sinistra. Questo estremo controllo paterno non ha permesso alle sorelle di condurre una vita mondana o di partecipare alle feste o alla vita sociale della comunità, facendole crescere con la convinzione che la realizzazione personale o il matrimonio siano solo futilità che portano ad allontanarsi dal compito più alto, seguire la parola di Dio. Il decano, nel film, ci viene mostrato quasi come un padre padrone, che forte della sua fede trattiene a sé le due figlie in maniera egoistica, non lasciandole scegliere liberamente del loro destino. La maggiore, Martina, chiamata così in onore di Martin Lutero, fu corteggiata in giovinezza dall'ufficiale Lorens Loewenhielm, un giovane dedito ad una vita di piaceri e amante del gioco d'azzardo, che appena la vede, si convince di poter vivere con lei una vita più retta e pura. Lorens riesce ad entrare nella comunità religiosa, ma accorgendosi di non poter portare con sé Martina e di non essere adatto lui stesso ad una vita di quel genere se ne va sconfitto, decidendo di dedicarsi con tutta la sua volontà ad una brillante carriera militare. Il ricordo della giovane però resterà dentro di lui per tutta la vita e grazie ad un breve dialogo con la sorella si comprende che anche Martina, nel profondo della sua anima provava per lui un sentimento profondo. Il pretendente di Philippa invece è stato il grande cantante d'opera Achille Papin, che sentendola cantare in chiesa ha come una visione e scorge nella giovane una futura prima donna dell'Operà di Parigi. Papin ottiene il permesso dal decano di prestare lezioni di canto alla giovane Philippa, e proprio mentre stanno provando una scena del Don Giovanni di Mozart, egli la bacia. La ragazza allora, decide di interrompere le lezioni e manda suo padre a consegnare una lettera a Papin che, dopo averla letta, interrompe il suo canto di felicità. Nel film, al contrario del romanzo, dove
questa scena non è presente, il decano gioisce della reazione dell'uomo con una risata, aggiungendo quasi un che di sadico al suo carattere, come una vittoria personale verso colui che voleva strappargli la figlia per condurla verso una carriera artistica, in un ambiente, a suo parere, mondano e peccaminoso.
Molti anni dopo a casa delle due sorelle, si presenta la signora Babette Hersant, raccomandata da una lettera di Papin, che le prega di ospitarla come donna tuttofare, avendo ella perso sia il marito che il figlio durante la guerra civile di Parigi del 1871 e essendo costretta a fuggire per non essere uccisa. Inizialmente le donne sono preoccupate di non poter offrire alloggio a Babette, dal momento che non possono permettersi una governante, ma vengono convinte da quest'ultima, che offre i suoi servizi gratuitamente non avendo altro posto in cui andare. Babette viene istruita su come gestire la casa e su quali pietanze sono solite cucinare le due sorelle. Le insegnano come preparare i pasti, molto frugali, per la casa e per i bisognosi della comunità, che consistono soprattutto in pesce affumicato e pane cotto con la birra. A poco a poco la domestica incomincia anche ad impratichirsi della lingua, andando regolarmente a fare spese nella bottega del villaggio. Grazie al suo carattere, deciso ma allo stesso modo affabile, riesce a farsi accettare dagli abitanti del posto, e gli stessi commercianti non riescono a dirle di no quando richiede degli sconti o prodotti di migliore qualità, tanto che le risorse delle due sorelle, da quando Babette vive con loro, aumentano.
Con il passare degli anni, nella comunità dei fedeli, i malcontenti ed i litigi diventarono sempre più frequenti, e spesso capitava che durante i loro incontri discutessero di vecchi rancori non ancora appianati, portando risentimento e odio dove invece doveva regnare la pace ed il senso di fratellanza predicato dal vecchio decano. Le due sorelle tentarono invano di appianare le dispute ma senza riuscirci, sentendosi impotenti e deluse, e soprattutto preoccupate, visto che si stava avvicinando la data del centesimo
compleanno del loro amato padre. Sia Martina che Philippa avevano atteso quel giorno nella speranza di festeggiarlo come se il decano fosse ancora tra loro.
Un giorno arriva dalla Francia una lettera per Babette in cui le comunicano di aver vinto diecimila franchi alla lotteria, grazie ad un biglietto che un amico gli rinnovava ogni anno. La notizia è causa di preoccupazione per le due sorelle, ormai affezionate alla gentile e fedele domestica, che con il suo prezioso aiuto ha alleggerito le loro mansioni, permettendole di occuparsi dei più sfortunati con maggiore dedizione. Nella loro anime alberga ormai la convinzione che Babette le avrebbe lasciate presto per tornare in Francia, visto che ormai possiede la disponibilità economica per mantenersi, e aspettano con angoscia il giorno che in cui avrebbe comunicato la data della sua partenza.
Un giorno Babette chiese alle sorelle di poter preparare un pranzo francese per l'anniversario della nascita del decano e di pagare lei le spese. Le due appaiono all'inizio titubanti, infine accettano la proposta, e Babette lascia la casa per qualche giorno per procurarsi il necessario per il pranzo. Alcuni giorni dopo cominciano ad arrivare le provviste, tra cui vino e una tartaruga, alimenti così esotici da far preoccupare le sorelle, soprattutto perché negli insegnamenti del padre qualsiasi piacere, compreso quello del cibo, era considerato futile e peccaminoso. Durante la notte Martina fa un sogno orribile, in cui Babette appare come una figura malvagia che avvelena tutti gli invitati. Turbata, la donna si reca a far visita agli altri membri della comunità per giustificarsi di quello a cui andranno incontro, spiegando che non poteva immaginarsi le conseguenze della promessa fatta alla loro serva. I fratelli e le sorelle allora giurano che nessuno avrebbe goduto di quelle pietanze e che non avrebbero proferito parola sul cibo che avrebbero mangiato. Mentre i preparativi del pranzo procedono, le sorelle ricevono una lettera dalla anziana zia del Generale Loewenhielm, con
scritto che suo nipote è giunto a farle visita e che gradirebbe portare anche lui al pranzo.
Giunto il momento di iniziare il banchetto, gli invitati si trovano di fronte ad una tavola imbandita elegantemente, con candelabri vistosi, varie posate per ogni portata, diversi tipi di bicchieri e ornamenti di vario genere, che disorientano e intimidiscono gli abitanti del villaggio, non abituati ad un tale sfarzo e non pratici dalle regole dell'etichetta. L'unico che riesce a dare un nome a quello che mangia e beve è il Generale Loewenhielm, che riconosce ogni portata e ogni marca di vino, cercando conferma negli altri convitati che al contrario lo ignorano, fedeli alla promessa di non fare alcun riferimento al cibo e di usare le loro lingue solo per la preghiera. Tra il Generale e gli altri non c'è possibilità di capirsi, e questo è evidenziato ancora meglio nella versione originale, dove Loewnhielm parla svedese, e quando si rivolge ai suoi commensali essi gli rispondono a vanvera. Nella versione italiana perdiamo questa sfumatura, ma il senso profondo della incomunicabilità resta, infatti la differenza oltre che linguistica è soprattutto mentale, per il fatto che Lorens parla una lingua da esteta e uomo di mondo, che risulta incomprensibile al gruppo degli ingenui fedeli. Le pietanze ricordano all'uomo i piatti di un famoso ristorante parigino, il "Cafè Anglais", la cui cuoca era una donna. Alla fine del film, infatti, veniamo a sapere dalla stessa Babette che era proprio lei la cuoca del ristorante nominato.
Il pranzo continua con un susseguirsi di portate squisite e i commensali rispondono alle allusioni sul cibo del Generale citando gli insegnamenti del decano e passi della Bibbia. Toccato dalla sublimità del momento Loewnhielm si alza in piedi e pronuncia un discorso sulla grazia divina, dicendo che Dio non preferisce nessun uomo in particolare e che la Sua grazia è infinita qualsiasi scelta di vita ognuno abbia intrapreso. Il suo monologo si conclude con le parole: "Misericordia e verità si sono incontrate, la rettitudine e la felicità si sono baciate". Effettivamente sembra
che durante il pranzo la grazia di Dio sia scesa veramente sulla piccola comunità, riportando la felicità e l'armonia, riappacificando i lunghi dissapori e le discordie che turbavano i fedeli. Anche il Generale alla fine del film riesce a dichiarare il suo amore, totalmente spirituale, nei confronti di Martina, dicendole che ha capito che in questo mondo tutto è possibile. La pellicola si conclude con l'intera comunità riappacificata che canta tenendosi per mano e con la confessione di Babette, che resterà con le due sorelle, avendo speso tutto il denaro nel pranzo per soddisfare la sua arte e portare gioia. Philippa la abbraccia rassicurandola che in Paradiso allieterà gli angeli diventando la grande artista che era destinata ad essere.
La vicenda vista sotto un'ottica kierkegaardiana, ci mostra i differenti stadi della vita descritti dal filosofo danese nelle sue opere. La piccola comunità rappresenta coloro che hanno scelto la giusta via dedicata alla parola del Signore, fatta di privazioni e di testimonianza, rinunciando alle vanità del mondo per condurre un'esistenza povera ma virtuosa. Entrambe le sorelle hanno infatti rifiutato le tentazioni che la vita ha messo loro davanti, scegliendo di percorrere la strada della fede, forti degli insegnamenti dell'anziano padre. Martina, anche se attratta dal giovane Lorens, riesce a domare le sue passioni, e Philippa rifiuta con ferma sicurezza la prospettiva di una vita di successi nel mondo dorato dello spettacolo e l'amore di Papin. Queste scelte appaiono sicuramente limitanti viste secondo un'ottica che non sia quella religiosa, ma risultano invece degne di onore se osservate secondo i parametri della fede. Nel saggio Echi kierkegaardiani ne Il
pranzo di Babette114, Inge Lise Rasmussen analizza il film mettendo in
evidenza due concezioni diverse di rapportarsi al divino. La prima è rappresentata dalla comunità religiosa, l'altra da Babette:
114 Inge Lise Rasmussen, Echi kierkegaardiani ne Il pranzo di Babette in L’Arte dello sguardo.
Da una parte, si trova un senso di religiosità che si chiude in se stesso e che, negando gran parte di ciò che la vita può offrire, fiduciosamente rimanda ogni adempimento a una vita dopo la morte. Dall'altra, traspare un senso di religiosità che stoicamente sopporta la cattiva sorte, ma ci permette di gioire ed aprirci ai doni che la vita, nonostante tutto, generosamente ci offre. Nel primo caso si tratta di un atteggiamento chiuso e passivo, e si può anche parlare di un certo spreco, sia per quanto riguarda le attitudini umane, sia per quanto riguarda i doni offerti dalla vita. Mentre nel secondo l'individuo, nel bene e nel male, accetta se stesso e rispetta il piano che Dio aveva stabilito per ognuno di noi, creandoci.115
Se per gli abitanti del villaggio l'amore sensuale, la ricchezza, il piacere del cibo e l'estasi artistica sono vissuti come dei mali e delle colpe, per Babette non esistono questi timori. Lei è consapevole di essere una grande artista, nata con uno scopo ben preciso, cioè di eccellere nell'arte culinaria, e sebbene accetti coraggiosamente il destino avverso, che la costringe a vivere in esilio e in povertà, non appena ha la possibilità di realizzare i suoi desideri grazie alla vincita si sente chiamata a compiere ciò per cui è stata creata. La sua forte passione agli occhi della comunità ha qualcosa di demoniaco, che allo stesso tempo spaventa e attrae i fedeli, ma nonostante questo nessuno può accusare Babette di qualcosa di male, essendo tutti consapevoli che nel profondo lei è pura. Nel suo saggio Rasmussen si chiede dove stia veramente il demoniaco, se nella chiusura della comunità o nella esaltazione di sé di Babette, concludendo che la Blixen nel suo racconto non ci offre una risposta precisa, lasciando a noi il compito di fare una scelta.
L'unica cosa che appare evidente sia nel film, continua la Rasmussen, che nell'opera letteraria, è che Axel e la Blixen patteggiano per Babette, mostrandola come colei che ha fatto la scelta giusta:
L'attrice francese, Stephane Audran, infatti, si muove in modo sicuro, per non dire regale, nel suo ruolo di donna, libera e creativa, timorata di Dio.116
Babette rappresenta in effetti uno stile di vita che lo spettatore non può che condividere e ammirare, dimostrandosi una donna forte e virtuosa, che affronta le difficoltà con umiltà e coraggio, restando fedele ai suoi ideali. Se vogliamo leggere la storia sotto l'ottica dello stadio religioso kierkegaardiano, tuttavia, le due sorelle e la comunità sembrano rispecchiare maggiormente l'ideale cristiano che il filosofo descrive nelle sue opere. Per argomentare questa affermazione è necessario prendere in esame quello che Kiekegaard scrive nel suo diario, e soprattutto le parti in cui rivolge una critica alla chiesa di stato danese e le contrappone il comportamento di colui che vuole seguire gli insegnamenti di Cristo. Kierkegaard pone come base dell'insegnamento di Cristo il rapportarsi a Lui come ad un modello da imitare, seguendo quello che ha testimoniato con la sua stessa vita, sfuggendo dalla mondanità per volgere lo sguardo verso l'eterno. Il vero cristiano deve accettare volontariamente la sofferenza, evitando semplici scappatoie per godere delle gioie terrene, avendo sempre presente la consapevolezza della prospettiva di una beatitudine eterna, anche se questo comporta diventare un nulla in questo mondo. Coerente con questa visione, il filosofo critica aspramente la chiesa danese e i suoi rappresentanti, accusandoli di avere snaturato il
Cristianesimo trasformandolo in una semplice dottrina che chiama Cristianità:
No, là dove la Cristianità ha abolito il Cristianesimo, occorre l'abnegazione, la rinunzia al mondo, ecc.; cose di cui la Cristianità non vuol sentir parlare, e tuttavia pur si pretende di essere cristiani.117
La Cristianità predica ciò che c'è scritto nel Nuovo Testamento, senza però metterlo veramente in pratica, pensando soprattutto che le gioie e la felicità professate dal Cristianesimo siano per questa vita e non per l'eternità, non avendo la forza di seguire l'esempio di Cristo, che venne sulla terra per soffrire e morire:
Ognuno dovrebbe invece confessare che il Nuovo Testamento è in sé molto facile da capire; ma è difficile per noi uomini, carne e sangue come siamo, di metterlo in pratica.118
Infatti la sofferenza è inseparabile dal Cristianesimo, come precisa Kierkegaard sempre nelle pagine del Diario:
La formula cristiana è questa: rapportarsi a una cosa più alta così che il rapporto diventi sofferenza.
[...]
La formula esatta è quindi: il rapporto a qualcosa di più alto si conosce dal soffrire, ma non da quello casuale e contro la propria volontà, ma unicamente dal soffrire volontario e senza del quale non è possibile rapportarsi alla cosa più alta.119
117 Søren Kierkegaard, Diario, cit., p.293. 118 Op. cit., p.298.
Alla luce di queste affermazioni, quindi, il vero cristiano deve imparare a soffrire, essere pronto al martirio e donare completamente la propria esistenza a Dio, senza farsi distrarre dalle proprie inclinazioni o ambizioni:
In un senso nobile il diventare un nulla in questo mondo è la condizione per diventare qualcosa nell'altro.120
Tornando ad analizzare il film di Axel, è possibile quindi trovare un esempio preciso di abnegazione e rinuncia nel modo in cui gli abitanti del villaggio conducono la loro esistenza, e soprattutto nelle due sorelle Martina e Philippa. Entrambe hanno dedicato la loro vita a seguire la parola di Dio, senza lanciarsi in qualcosa che poteva portarle ad una realizzazione personale, che nel caso di Martina poteva essere l'amore terreno per Lorens ed il matrimonio, o nel caso di Philippa la gloria ed il successo di una carriera musicale. Né l'arte né l'amore sono riusciti a scalfire le loro ferme convinzioni religiose, ed entrambe hanno accettato la sofferenza con umiltà e modestia.
Nella pellicola, oltre che lo stadio religioso, vengono descritti anche gli altri due stadi, quello estetico e quello etico, rappresentati dall'artista Papin, il Generale Loewnhielm e la stessa Babette. Loewnhielm quando era ancora un cadetto conduceva una vita dedita ai piaceri, al gioco d'azzardo e all'alcol, vivendo nell'immediatezza e assaporando la vita giorno per giorno senza pensare al futuro. Questo lasciarsi vivere è tipico della figura dell'esteta descritta nelle pagine di Enten-Eller, dove Kierkegaard la rappresenta con il personaggio del don Giovanni di Mozart, ovvero il seduttore passionale per eccellenza. Solo in seguito, grazie all'incontro con Martina, e a causa della sua incapacità di dichiararsi alla ragazza, asserendo
che nel mondo ci sono cose impossibili, Lorens decide di cambiare vita e di realizzarsi nella carriera militare, diventando Generale e sposando una dama di corte, passando così da una vita estetica ad una etica, che Kierkegaard infatti identifica con la figura del marito, rappresentata dal giudice Wilhelm. Oltre che dall' essere un marito la vita etica è caratterizzata anche dal lavoro, ovvero dall'importanza di avere una professione come dovere etico, che insieme al matrimonio sono il risultato di una scelta consapevole e responsabile.
Un altro personaggio del film destinato a rappresentare il lato estetico è sicuramente il cantante Papin, un artista che dopo una vita di successi visita il piccolo villaggio dei fedeli ed è colto da una forte malinconia, sentendosi vecchio e inutile, ma che trova nella voce di Philippa un nuovo interesse. Grazie a lei si risvegliano in lui il fuoco dell'amore e nuovi stimoli. In questo caso, la vicinanza con Kierkegaard è lampante quando Papin prova con Philippa l'aria del Don Giovanni di Mozart, che appare quasi un omaggio di Karen Blixen al filosofo danese o una sua citazione. Anche Papin però è destinato alla sconfitta, dovendo tristemente accettare il rifiuto della ragazza, che sceglie di restare nel villaggio e di non seguirlo a Parigi. Babette invece risulta un personaggio più complesso rispetto agli altri descritti precedentemente. In lei sembrano convivere più stadi, infatti se da un lato troviamo l'esteta, che conosce la sua realizzazione nell'arte culinaria, fiera delle sue qualità, dall'altra abbiamo anche una parte etica, in quanto il suo vivere non è solo guidato dai sensi, ma al contrario la donna sa prendersi carico delle proprie responsabilità e dei propri doveri, scegliendo di percorrere la propria strada anche se piena di rinunce e limitazioni. Inoltre, con il suo carattere buono e rispettoso, e la sua condotta impeccabile, Babette è vicina anche allo stadio religioso, sebbene il suo sia un tipo di religiosità completamente diversa da quella della comunità in cui vive.
Interessante, è anche il modo in cui si evolvono le vicende dei vari personaggi del film, e a quali conclusioni si arriva nel finale della storia. Se osserviamo le scelte di vita di ogni protagonista, sembra che tutto stia ad indicare ciò che anche Kierkegaard sostiene in tutte le sue opere, cioè che l'unica vera strada degna di essere percorsa e che salva l'uomo dalla disperazione è quella religiosa. Papin, infatti, nella lettera di