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IL PROCESSO STORICO DI RAZIONALIZZAZIONE

a) Il razionalismo occidentale moderno

La pluralità di significati che Weber attribuisce al concetto di razionalità si può naturalmente applicare anche a quello di razionalizzazione: se con questo termine si indica, in generale e in qualsiasi sfera, la sostituzione di una condotta di vita o di una visione del mondo con un’altra più razionale, è chiaro che questo incremento di razionalità può avvenire in direzioni diverse e contrastanti. Nell’apertura della Sociologia delle religioni23, in cui un tema centrale è appunto quello della razionalizzazione, Weber premette che “con questa parola si possono intendere cose estremamente diverse, come chiarirà ripetutamente il discorso successivo. Per esempio, ci sono ‘razionalizzazioni’ della contemplazione mistica – dunque di un comportamento che, considerato dal punto di vista di altre forme di vita, è specificamente ‘irrazionale’-, proprio come ci sono razionalizzazioni dell’economia, della tecnica, del lavoro scientifico, dell’educazione, della guerra, della giustizia e dell’amministrazione. Inoltre si può ‘rendere razionale’ ciascuna di queste sfere secondo ultimi punti di vista e finalità estremamente diversi, e ciò che è ‘razionale’ da un punto di vista può essere ‘irrazionale’ se considerato da un

23 La raccolta Gesammelte Aufsätze zur Religionssoziologie, pubblicata nel 1920-21, riunisce una serie di scritti già apparsi a partire dal 1904 (anno della pubblicazione della prima parte del saggio

altro” [Premessa a Sr, in Ep 46-7]24. Ciò significa che un cambiamento storico, in un ambito qualsiasi, che può essere definito in termini di razionalizzazione da un certo punto di vista, non solo può non esserlo se considerato con criteri diversi ma può addirittura costituire in questo caso una perdita di razionalità: ne sono un esempio vari fenomeni di razionalizzazione formale, che incontreremo in questo capitolo, che si realizzano proprio a spese di situazioni razionali da un punto di vista materiale e che quindi appaiono da questa prospettiva irrazionali. Definito in questi termini il concetto di razionalizzazione assume un valore molto ampio e sfumato e per questo non si può minimamente parlare di uno sviluppo complessivo del razionalismo come fenomeno storico definito e unitario. E’ opportuno aprire questo capitolo con una raccomandazione che lo stesso Weber propone: “in testa ad ogni studio che si occupa del ‘razionalismo’ dovrebbe stare questa semplice proposizione che è spesso dimenticata: si può appunto ‘razionalizzare’ la vita da punti di vista ultimi estremamente differenti, e secondo direzioni diversissime. Il ‘razionalismo’ è un concetto storico che comprende in sé un mondo di antitesi” [Ep 100].

Come non costituisce un fenomeno storico unitario, una qualche direzione complessiva e progressiva della storia, così la razionalizzazione non appartiene specificamente a determinate epoche storiche o civiltà, ma, dato la pluralità di forme che essa può assumere, “in tutte le civiltà ci sono state razionalizzazioni nelle più diverse sfere della vita, e in maniere estremamente differenti. Nella

24 Anche in Economia e società troviamo, nelle pagine iniziali, osservazioni che sottolineano questo punto: “questa equivocità del concetto di ‘razionalizzazione’ dell’agire è cosa in cui ci imbatteremo assai spesso” [WuG I 28].

storia della civiltà è caratteristica solo questa differenziazione: quali sfere siano state razionalizzate, e in quale direzione” [Premessa a Sr, in Ep 46-7]. L’interesse di Weber non si applica tanto a una generale caratterizzazione delle possibili forme di razionalizzazione, quanto alla comprensione di un tipo specifico di razionalizzazione, quella che è avvenuta e ha definito il mondo occidentale moderno: “la vita della nostra società e della nostra economia europeo-americana è ‘razionalizzata’ in un modo e in un senso specifico. Spiegare questa razionalizzazione, e formare i concetti ad essa corrispondenti, è quindi uno dei principali compiti della nostre discipline [Sas 286]. Questo ci permette di circoscrivere notevolmente il tema del processo storico di razionalizzazione e di ritrovare in esso una qualche unità, in quanto, almeno a un livello schematico generale, la storia del mondo occidentale moderno può essere descritta, secondo Weber, in termini di progressivo aumento della razionalità formale e tecnica. L’analisi di questa peculiare forma di razionalizzazione, per spiegarne le caratteristiche e la genesi, è uno dei grandi temi che attraversa e unifica molte delle diversificate opere weberiane e il nucleo a cui si riferiscono in termini comparativi le riflessioni di Weber su altre civiltà ed epoche storiche. In questo capitolo il tema del razionalismo occidentale moderno sarà ulteriormente circoscritto a quelli che potremmo chiamare gli ordinamenti esterni del mondo, cioè alle strutture economiche, sociali e politiche, riservando capitoli successivi alla razionalizzazione della visione intellettuale del mondo, che costituisce il tema centrale di questo lavoro. Si tratta di una suddivisione in gran parte arbitraria, data l’insistenza di Weber sulla pluralità delle cause storiche e sull’interdipendenza dei motivi materiali e ideali, della situazione economico-politica e delle visioni del

mondo, che però può essere legittima se si tiene costantemente sullo sfondo l’intreccio delle varie direzioni del condizionamento storico.

Il razionalismo dell’Occidente moderno presenta quindi, secondo Weber, delle caratteristiche peculiari che lo distinguono da ogni altra civiltà ed epoca storica, quali la scienza razionale, la burocrazia specializzata razionale, lo stato razionale e il capitalismo razionale, una serie di caratteristiche definite appunto razionali e tali da uno specifico punto di vista che esamineremo. In nessun altro luogo e in nessun altro momento storico le varie sfere che nell’Occidente moderno si razionalizzarono a dare questi prodotti peculiari seguirono lo stesso sviluppo, ma i fenomeni di razionalizzazione presero direzioni diverse o non si svilupparono affatto. Nella premessa alla Sociologia delle religioni, spiegando che lo scopo principale dei saggi raccolti consiste nell’individuare i motivi dell’unicità del razionalismo occidentale moderno attraverso un’indagine comparativa con altre civiltà e altre forme di razionalizzazione, a partire da quelle dell’India e della Cina, Weber scrive: “perché mai né lo sviluppo scientifico, né quello artistico, né quello statale, né lo sviluppo economico vi imboccarono quelle vie della razionalizzazione che sono proprie dell’Occidente? In tutti i casi peculiari menzionati, infatti, si tratta evidentemente di una forma di ‘razionalizzazione’ specifica della civiltà occidentale” [Premessa a Sr, in Ep 46]. “Dunque la prima esigenza che si pone”, continua Weber, “è nuovamente quella di conoscere la natura peculiare del razionalismo occidentale, e nel suo ambito di quello moderno, e di chiarirne la genesi” [Premessa a Sr, in Ep 47]; questa indagine passa attraverso l’analisi di altre forme di razionalizzazione o di esempi di mancata razionalizzazione per scoprire gli ostacoli che in questi casi hanno agito e

impedito una razionalizzazione simile a quella occidentale. Il razionalismo occidentale moderno costituisce quindi per Weber una forma privilegiata di razionalismo, tanto che la domanda fondamentale a cui le indagini comparative vogliono rispondere viene formulata anche nel modo seguente: “quale concatenazione di circostanze ha fatto sì che proprio sul terreno dell’Occidente, e soltanto qui, comparissero fenomeni di civiltà che tuttavia si svolgevano secondo una direzione di significato e validità universali (almeno secondo l’opinione tra noi diffusa)?” [Premessa a Sr, in Ep 33]. Per ora tralasciamo i problemi interpretativi che questo passo può sollevare, rinviando al prossimo capitolo, dedicato all’analisi della valutazione weberiana del razionalismo occidentale moderno, la questione di quanto tale centralità costituisce un’affermazione della superiorità di questa forma peculiare di razionalismo rispetto ai prodotti di altre civiltà e quanto invece indichi semplicemente che questo è il fenomeno che Weber intende analizzare.

Dopo aver individuato il proprio tema nell’analisi delle peculiarità del razionalismo dell’Occidentale moderno e dei motivi per cui è sorto solo qui e in quest’epoca, Weber afferma che “data l’importanza fondamentale dell’economia, ogni tentativo di spiegazione siffatto deve prendere anzitutto in considerazione le condizioni economiche. Ma non per questo è lecito ignorare il nesso causale inverso” [Premessa a Sr, in Ep 47]. Bisogna tenere costantemente presente che se Weber privilegia alcune direzione della spiegazione dello sviluppo del mondo razionalizzato dell’Occidente, in particolare quella del capitalismo razionale, chiamato “la potenza più fatale della nostra vita moderna” [Premessa a Sr, in Ep 37], e all’interno di quest’ambito quella della genesi della mentalità capitalistica,

ciò non significa che il fenomeno complessivo del razionalismo occidentale sia riconducibile a questa dimensione, che sia interamente spiegabile sulla base del capitalismo razionale, né questo a sua volta sulla base della nascita della mentalità capitalistica. Si tratta di delimitazioni necessarie per condurre studi accurati su un fenomeno che è troppo vasto per essere abbracciato nel complesso, studi che non possono far altro che considerare frammenti di una realtà infinita e chiedere di essere completati da altre analisi che considerino altri nessi causali. In ogni caso il capitalismo moderno è sicuramente il fenomeno a cui Weber ha dedicato maggior attenzione nell’intera sua vita di studioso, a cui attribuisce una grandissima forza pervasiva nel plasmare la vita moderna e da cui è quindi opportuno partire. Contrariamente alla posizione di altri studiosi intervenuti nel dibattito sulla nascita e sulla delimitazione storica del capitalismo25, Weber sostiene che il capitalismo in quanto tale non è un fenomeno peculiare dell’Occidente moderno, ma lo è un tipo particolare di capitalismo, che per ora possiamo indicare come capitalismo razionale. Ciò che appunto contraddistingue l’organizzazione economica del mondo moderno da quella di ogni altra epoca storica è la natura di questo tipo di

25 Non possiamo qui ricostruire l’ampio dibattito svoltosi tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX sul tema della nascita del capitalismo e sulla sua definizione. Per un’introduzione a tale dibattito si può vedere l’antologia curata da Alessandro Cavalli, Le origini del capitalismo, che ricostruisce le varie posizioni su questo tema e le varie impostazioni del problema a partire da Marx. L’originalità dell’impostazione weberiana viene riconosciuta soprattutto nello spostamento del fulcro della riflessione dalla nascita del sistema alla nascita della mentalità, di un particolare atteggiamento tipico dell’imprenditore capitalistico, ricordando però che per Weber tale elemento non è sufficiente a spiegare compiutamente la nascita dell’intero sistema. Naturalmente Weber non è l’unico a porre il problema della genesi del capitalismo in questa direzione, condivisa da Werner Sombart (che giunge però a conclusioni diverse da quelle weberiane, a partire dall’importanza attribuita agli Ebrei nella nascita del capitalismo e della sua mentalità) e ripresa ad esempio da Joseph Schumpeter.

capitalismo e la forza che, in virtù di tale natura, ha assunto: “l’Occidente ha ingenerato un grado di importanza del capitalismo, e suoi modi, forme e direzioni (che di tale importanza sono la causa) quali non sono mai esistiti altrove” [Premessa a Sr, in Ep 40], fino al punto che, a partire dalla metà del XIX secolo, si instaura una copertura del fabbisogno totalmente orientata in modo capitalistico, tale che se venisse meno questa organizzazione l’intera copertura del fabbisogno crollerebbe.

Il capitalismo moderno viene definito da Weber in termini di razionalità, tanto che nelle lezioni di Storia economica26 egli può riassumere in questo modo la questione della genesi del capitalismo moderno: “ciò che in definitiva ha creato il capitalismo è l’impresa razionale durevole, la contabilità razionale, la tecnica razionale, il diritto razionale, ma di nuovo non questi fattori da soli: doveva aggiungersi ad integrarli l’attitudine razionale, la razionalizzazione della condotta di vita, l’ethos economico razionale” [Se 308]. Già da questo rapido elenco si può vedere che le forme di razionalità a cui si riferisce il capitalismo moderno sono la razionalità formale e la razionalità rispetto allo scopo che si concretizzano nell’assunzione, nell’agire economico, di mezzi che possono essere ricondotti alla sfera del calcolo; ed è proprio il ricorso al calcolo razionale, invece che a considerazioni di tipo tradizionalistico o convenzionale, che misura il grado di razionalità di un agire economico e la sua rispondenza al tipo ideale del capitalismo moderno. Tra i punti elencati nel passo citato quello che Weber

26 Si tratta dell testo delle lezioni tenute da Weber nel semestre invernale 1919-1920, pubblicato nel 1923, col titolo Wirtschaftsgeschichte. Abriss der universalen Sozial- und

sviluppa maggiormente è però l’ultimo, riguardante l’ethos economico razionale e la sua genesi; questo è l’ambito in cui si definisce lo scopo a cui rispondere con un agire il più possibile razionale nei mezzi e quindi l’elemento irrazionale a cui ogni agire in definitiva rinvia. Qual è lo scopo a cui tendono i mezzi dell’agire economico capitalistico razionale, riassunto da Weber nell’espressione “organizzazione razionale del lavoro formalmente libero”? “Il capitalismo si identifica con la ricerca del guadagno: nell’impresa capitalistica continua, razionale; di un guadagno sempre rinnovato: ossia della ‘redditività’” [Premessa a Sr, in Ep 37]. Nei saggi de L’etica protestante e lo spirito del capitalismo27, dedicati appunto alla nascita della mentalità capitalistica nel senso di vocazione professionale, Weber si pone come compito quello di “studiare di quale mondo fosse figlio quel modo concreto di pensare e vivere ‘razionalmente’ che ha dato origine a quel pensiero della ‘vocazione professionale’ [Beruf] e a quella dedizione al lavoro professionale (così irrazionale da quel punto di vista dei propri interessi meramente eudemonistica, […]) che è stato ed è tuttora uno degli elementi più caratteristici della nostra civiltà capitalistica. A noi qui interessa proprio l’origine di quell’elemento irrazionale che è insito in questo come in ogni concetto di ‘vocazione’” [Ep 100-1]. E’ proprio la mancanza di questa mentalità, la quale permette, a partire da scopi irrazionali come tutti gli scopi, cioè dall’idea di dovere professionale e dalla ricerca della massimizzazione del profitto, la costruzione di un agire economico razionale, che ha fatto sì che in altre epoche e

27 Die protestantische Ethik und der Geist des Kapitalismus, pubblicata nei volumi 20 e 21 dell’Archiv für Sozialwissenschaft und Sozialpolitik nel 1904-5. Questa ricerca, rivista, fu incorporata nel primo volume dei Gessamelte Aufsätze zur Religionsoziologie del 1920.

civiltà i presupposti esterni del capitalismo razionale, anche se presenti, non portassero a questa forma di organizzazione economica, ma a forme irrazionali di capitalismo: “un ‘capitalismo’ è esistito in Cina, in India, a Babilonia, nel mondo antico e nel Medioevo. Ma, come vedremo, gli mancava appunto questo particolare ethos” [Ep 75].

b) La genesi dello spirito del capitalismo

Il nucleo centrale che Weber individua nel problema della spiegazione della genesi del capitalismo moderno è quindi quello della nascita della mentalità specifica di questo capitalismo, anche se bisogna ricordare, per non cadere in fraintendimenti della posizione weberiana, che questo ethos non costituisce la causa unica e determinante dell’intero fenomeno, ma solo uno dei presupposti necessari ed è a sua volta condizionato da aspetti economici e sociali. Si potrebbe prospettare una spiegazione semplice e immediata di questa mentalità, definita appunto ethos economico razionale e condotta di vita razionale, considerandola un aspetto particolare della razionalizzazione occidentale e in particolare della razionalizzazione intellettuale. Questa strada è immediatamente scartata da Weber, in linea con quanto abbiamo detto sulla pluralità di direzioni e significati non unificabili della razionalizzazione: “dunque parrebbe che la spiegazione più semplice dello sviluppo dello ‘spirito capitalistico’ fosse quella di un fenomeno parziale entro lo sviluppo complessivo del razionalismo […]. Ma non appena si fa seriamente questo tentativo, risulta che non è lecito porre il problema in questi

termini così semplici, già per il fatto che la storia del razionalismo non rivela affatto uno sviluppo parallelo nelle diverse sfere particolari della vita [Ep 99]. Come è nata, dunque, questa mentalità? La risposta di Weber a questa domanda è la nota e discussa tesi, esposta ne L’etica protestante e lo spirito del capitalismo, del legame tra questa particolare etica religiosa e l’ethos economico del capitalismo razionale, o meglio la genesi di questo ethos, che si è successivamente reso indipendente dalla propria origine religiosa: “dunque il capitalismo odierno, che è giunto a dominare nella vita economica, si educa e si crea, per la via della selezione economica, i soggetti economici – imprenditori e operai – di cui abbisogna. […] Per poter essere ‘prescelta’, ossia per poter riportare la vittoria su altre, quella maniera di vivere e di concepire la professione che è adatta alla natura peculiare del capitalismo doveva prima sorgere, evidentemente, e non in individui singoli e isolati, ma come un modo di vivere che era proprio di gruppi umani. Questa sua genesi è dunque ciò che deve essere davvero spiegato” [Ep 77-78]. Secondo Weber questa mentalità si riassume nel concetto di Beruf, cioè di vocazione professionale, “uno degli elementi costitutivi dello spirito capitalistico moderno, e non solo di questo, ma della civiltà moderna” [Ep 238-9]; si tratta di un concetto che è proprio dei popoli protestanti28, nasce con Lutero29 e giunge alla

28 “Che questa qualificazione etica della vita professionale mondana fosse una delle opere più gravide di conseguenze della Riforma e dunque di Lutero in specie, è un fatto indiscutibile, che può avere addirittura il carattere di luogo comune” [Ep 103]. Possiamo a questo proposito ricordare come l’idea dell’esistenza di un nesso tra protestantesimo e sviluppo del capitalismo fosse stata formulata già prima dell’Etica protestante e lo spirito del capitalismo, in cui Weber la sviluppa rigorosamente. Un precedente interessante è costituito da Thomas Mann che, nelle

Considerazioni di un impolitico, rivendica la scoperta indipendente di quel nesso, trattato in forma

sua forma storicamente decisiva per la nascita dello spirito capitalistico con il calvinismo. Gli studi di sociologia delle religioni compiuti da Weber negli anni successivi sono in buona parte indirizzati a difendere la tesi del legame tra l’etica protestante e la nascita dello spirito del capitalismo moderno, attraverso un più ampio esame delle possibili mentalità economiche sostenute dalle varie forme di religiosità che mostra, in maniera comparativa, come solo l’etica del protestantesimo (e più precisamente di una suo parte, il protestantesimo ascetico30) abbia questo legame con la mentalità del capitalismo razionale. La

conclusione a cui giunge Weber è che “sul terreno di tutte queste religiosità si è avuto senz’altro del ‘capitalismo’, e precisamente lo stesso che vi fu nell’antichità

“l’idea che l’uomo del profitto, tipico del capitalismo moderno, il bourgeois con la sua concezione

ascetica del dovere professionale, sia una creatura dell’etica protestante, puritana e calvinista, è

un’idea che io ho sentita e scoperta da solo, senza ausilio di letture, per mia diretta intuizione; solo più tardi, di recente, ho visto che contemporaneamente era stata ragionata ed espressa anche da dotti pensatori. Max Weber a Heidelberg e dopo di lui Ernst Troeltsch hanno trattato ‘dell’etica protestante e dello spirito del capitalismo’; portata al limite, quest’idea si ritrova nell’opera Il

bourgeois, uscita nel 1913, di Werner Sombart, che interpreta l’imprenditore capitalista come la

sintesi dell’eroe, del mercante e del borghese. Che egli abbia decisamente ragione risulta dal fatto che io, come romanziere, avevo dato corpo e figura alla sua teoria dodici anni prima che egli la formulasse”. E’ interessante poi notare come Mann rintracci in Nietzsche un punto di riferimento comune che fa da sfondo alla convergenza di queste tesi, soprattutto con quella di Sombart nell’ultima opera citata: “la nostra identità di vedute sulla sequenza psicologica ‘calvinismo, spirito borghese, eroismo’ sussiste in forza di un catalizzatore più alto, del più alto mezzo spirituale, cioè Nietzsche” [160-161].

29 Lutero è per Weber solo lo scopritore del concetto di Beruf, ma non colui che gli dà la forma che mostra affinità con l’ethos economico del capitalismo moderno: “in Lutero il concetto di Beruf rimane legato alla tradizione. Il Beruf è ciò che l’uomo deve accettare, a cui si deve ‘adattare’ perché esprime una disposizione divina; questa tonalità soverchia l’altro pensiero che è pure presente: come il lavoro professionale sia un compito, o meglio il compito assegnato da Dio” [Ep 108].

30 L’espressione Protestantesimo ascetico utilizzata da Weber si riferisce soprattutto al calvinismo, al metodismo, al pietismo e alle sette battiste.

e nel Medioevo occidentale. Ma non vi fu nessuno sviluppo, e neppure nessun avvio di uno sviluppo verso il capitalismo moderno, e meno ancora uno ‘spirito capitalistico’ nel senso che fu proprio del Protestantesimo ascetico” [WuG II 307].

Non vogliamo qui né seguire nei dettagli la tesi di Weber né le critiche e i

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