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LA RAZIONALIZZAZIONE RELIGIOSA

Nel documento La razionalizzazione del mondo in Max Weber (pagine 115-155)

a) La sociologia delle religioni weberiana

Nei capitoli precedenti abbiamo ripercorso l’analisi e la valutazione di Weber sul processo di razionalizzazione che caratterizza la storia del mondo occidentale per quanto riguarda quelli che abbiamo chiamato gli ordinamenti del mondo, cioè, in modo particolare, il capitalismo e lo stato razionali. In questa seconda parte considereremo invece la riflessione weberiana sulla razionalizzazione della visione del mondo, cioè dell’interpretazione intellettuale della struttura e del senso del mondo. Anche in questo ambito, secondo Weber, possiamo caratterizzare gradi diversi di razionalità e individuare un processo storico di razionalizzazione. Naturalmente devono essere riproposte per questo tema tutte le osservazioni fatte sulla pluralità delle direzioni possibili in cui può avvenire una razionalizzazione, sulla non unitarietà, linearità e necessità dei fenomeni di razionalizzazione e sulla avalutatività di questo concetto. Ci volgiamo inizialmente, in questo capitolo, alla riflessione weberiana sulla religione come prima grande forza razionalizzatrice della visione del mondo, riservando i prossimi capitoli alla scienza, che rappresenta il punto di arrivo del processo di razionalizzazione della visione del mondo nell’Occidente moderno. L’opera di riferimento, per il primo tema, è la Sociologia delle religioni, insieme al capitolo omonimo raccolto in Economia e società. Non possiamo, né è richiesto dal tema che ci interessa, ripercorrere la sociologia delle religioni weberiana nella sua complessità, ma è comunque

opportuno ricordarne alcuni punti centrali. Innanzitutto lo studioso tedesco si pone di fronte a quelle che chiama religioni universali61 con una mentalità dichiaratamente estranea allo spirito religioso, sia perché lo studio vuole essere scientifico e avalutativo62, sia perché Weber si dichiara lontano dalla visione religiosa del mondo63. In secondo luogo le considerazioni di sociologia delle religioni non pretendono di essere complete ma prendono in esame un tema parziale e specifico, la relazione tra le etiche religiose delle varie civiltà e dei vari strati sociali di una società e le rispettive etiche economiche, considerando soprattutto ciò che nelle etiche religiose è importante per la mentalità economica e che è in relazione con il razionalismo economico64; l’intento principale di Weber in questi studi è infatti quello di provare ulteriormente, attraverso un metodo comparativo, la tesi sulla connessione tra etica protestante e spirito del capitalismo, mostrando come nessuna delle altre religioni universali abbia dato

61 “Per ‘religioni universali’ si intendono qui, in modo del tutto avalutativo, quei cinque sistemi religiosi – o condizionati religiosamente – di regolamentazione della vita, che hanno saputo radunare introno a sé masse particolarmente grandi di fedeli: l’etica religiosa confuciana, quella induistica, quella buddistica, quella cristiana, quella islamica. Come sesta religione da considerarsi insieme ad esse si deve aggiungere il Giudaismo, sia perché contiene presupposti storici decisivi per qualsiasi comprensione delle due religioni universali nominate per ultime, sia per la sua particolare importanza storica – in parte reale e in parte presunta – per lo sviluppo dell’etica economica moderna dell’Occidente” [Intro Sr 227].

62 Weber afferma, nella premessa alla Sociologia delle religioni, che raccoglie vari saggi scritti su alcune delle principali religioni universali, che “quale rapporto assiologico sussista fra le civiltà qui paragonate è una questione che non sarà minimamente discussa” [Premessa a Sr, in Ep 50]. 63 Nell’introduzione alla Sociologia delle religioni Pietro Rossi cita una lettera di Weber del 1909 in cui lo studioso tedesco dichiara di non avere “né bisogno né capacità di costruirmi un qualsiasi edificio psichico di carattere religioso”; negli studi di sociologia delle religioni Weber cerca invece una conferma della propria tesi sui rapporti tra etica religiosa e mentalità economica. 64 A questo proposito si veda in modo particolare l’Introduzione a L’etica economica delle

luogo a etiche economiche affini al razionalismo economico del capitalismo moderno. Per svolgere questo studio “si prenderà in considerazione non già la teoria etica dei compendi teologici, utile soltanto come mezzo di conoscenza (anche se importante in certe circostanze), bensì gli impulsi pratici all’azione fondati sulle connessioni psicologiche e pragmatiche delle religioni” [Intro Sr 227]; analogamente a quanto osservato ne L’etica protestante e lo spirito del capitalismo, che apre la raccolta di Sociologia delle religioni, gli elementi storicamente rilevanti di un’etica religiosa, le cui conseguenze incidono più profondamente sullo sviluppo storico e sull’agire quotidiano dei credenti, sono spesso secondari o indiretti rispetto al contenuto dottrinario della religione e non corrispondono agli elementi di maggior valore dal punto di vista religioso. In tal modo gli effetti storici di una religione o di un’etica religiosa sono spesso non voluti o anche in contrasto con la loro stessa base religiosa, come abbiamo visto per il rapporto tra etica protestante e spirito del capitalismo65. “Se in generale si vuole studiare l’influenza di una religione sulla vita”, scrive Weber a tale proposito, “bisogna distinguere tra la sua dottrina ufficiale e il tipo di atteggiamento effettivo che essa in realtà – e forse contro la propria volontà – premia nell’aldiquà o nell’aldilà; inoltre bisogna distinguere la sua religiosità da virtuosi dei toccati dalla grazia e la religiosità di massa” [Se 316].

65 E’ questa, secondo Weber, la modalità, o almeno una modalità rilevante, dell’influenza delle idee nella storia: ne L’etica protestante e lo spirito del capitalismo, dopo aver ricordato che gli elementi storicamente decisivi del protestantesimo furono quelli marginali dal punto di vista dottrinario originario ed ebbero conseguenze non volute, nota che “così lo studio seguente forse potrebbe costituire anche un contributo – certamente modesto – all’illustrazione della maniera in cui le ‘idee’, in generale, diventano attive nella storia” [Ep 112].

La sociologia delle religioni weberiana è molto complessa ed articolata e si sofferma su molte questioni che qui non verranno prese in considerazione, a partire dalle analisi particolari delle varie religioni universali66. C’è un punto su

cui Weber insiste particolarmente e che è opportuno ricordare, anche se non ci soffermeremo su di esso nelle pagine seguenti: Weber articola sempre la sue riflessione sui vari fenomeni religiosi, sulle implicazioni pratiche delle etiche religiose e sui processi di razionalizzazione religiosa della visione del mondo distinguendo tra i diversi strati sociali e sottolineando come essi siano portatori di religiosità diverse e con effetti diversi. Si tratta di un ulteriore elemento che ricorda l’impossibilità di tracciare percorsi lineari e generali nello sviluppo storico di un determinato fenomeno, sia questo l’influenza sull’agire quotidiano ed economico di un’etica religiosa o la razionalizzazione religiosa della visione del mondo. Tralasciando questo livello propriamente sociologico dell’indagine weberiana esaspereremo il carattere tipico-ideale che Weber attribuisce alle sue analisi, aumentandone l’astrattezza e la distanza dall’infinita complessità della vita reale. Nell’Intermezzo, che costituisce per noi il testo di riferimento all’interno della Sociologia delle religioni insieme all’Introduzione a L’etica economica delle religioni universali, leggiamo a tale proposito: “speriamo di rendere più facile la rappresentazione della molteplicità dei fenomeni, che altrimenti sarebbe infinita, mediante tipi razionali costruiti in modo opportuno, formulando così astrattamente le forme internamente più ‘coerenti’ di un

66 Ricordiamo che il progetto di Weber rimase incompiuto e i saggi su islamismo e cristianesimo non furono scritti: L’etica economica delle religioni universali, che costituisce la gran parte della

Sociologia delle religioni, comprende solo tre parti, dedicate rispettivamente a confucianesimo e

atteggiamento pratico che si può derivare partendo da presupposti dati. Infine, un tentativo di sociologia delle religioni di questo genere deve e vuol essere soprattutto, nel medesimo tempo, un contributo alla tipologia e alla sociologia anche del razionalismo stesso. Perciò esso muove dalle forme più razionali che la realtà può rivestire, cercando di determinare in quale misura siano state tratte, nella realtà, certe conseguenze razionali che possiamo enunciare teoricamente, ed eventualmente perché non lo siano state” [Inter Sr 526].

E’ proprio questo ambito del contributo alla ricerca sociologica del razionalismo in generale, che costituisce uno dei molteplici piani in cui si muove la Sociologia delle religioni, che qui ci interessa maggiormente. La religione costituisce infatti per Weber un elemento centrale di quel processo di razionalizzazione che ha portato al peculiare razionalismo occidentale moderno, sia per quanto riguarda la visione intellettuale del mondo che gli ordinamenti esterni razionalizzati. Abbiamo già incontrato l’esempio principale di quest’ultimo punto parlando del legame rintracciato da Weber tra etica protestante e ethos economico del capitalismo razionale. Possiamo qui aggiungere alcune osservazioni generali a proposito dell’influenza della religione sull’orientamento della condotta di vita, parlando della quale Weber afferma che “l’uomo moderno in complesso neanche con tutta la buona volontà non è solitamente in grado di rendersi conto di tutta l’importanza che i contenuti religiosi della coscienza hanno effettivamente avuto per la condotta della vita, la civiltà e cultura, e per i caratteri dei popoli e delle nazioni” [Ep 242]. L’importanza della religione in uno studio sulla razionalizzazione della condotta di vita, a livello individuale e delle grandi formazioni collettive, è dovuta, in termini generali, al fatto che “l’orientamento di

tutta la condotta della vita – ovunque essa fosse razionalizzata sistematicamente – era a sua volta determinato nel modo più incisivo da quei valori ultimi, in base ai quali era orientata la razionalizzazione”, i quali “erano costituiti da valutazioni e da prese di posizione, le quali erano condizionate, certo non sempre e ancora meno in modo elusivo, ma tuttavia di regola – nella misura in cui si verificava una razionalizzazione etica e fin dove giungeva la sua influenza – anche, e spesso in modo decisivo, su base religiosa” [Intro Sr 246].

Il piano che ci interessa in questo capitolo è però quello dell’azione della religione nella razionalizzazione della visione del mondo. Schematizzando un ragionamento molto più complesso, possiamo dire che Weber presenta in termini di razionalizzazione progressiva i passi che portano dalla primitiva visione magica del mondo alle religioni della redenzione e alle loro teodicee della sofferenza67. Tale processo non è minimamente presentato come uno schema universale di sviluppo, all’interno del quale sia possibile ordinare le varie manifestazioni storiche delle religioni secondo un grado di razionalità crescente. Il valore di una schematizzazione di questo tipo riguarda esclusivamente un piano tipico-ideale che considera, a partire dai multiformi fenomeni reali, astrazioni coerenti costruite selezionando gli elementi storici secondo una direzione precisa, in questo caso la razionalità della visione religiosa del mondo. A differenza di questi tipi-ideali, la cui legittimità è da valutare esclusivamente in base al loro valore euristico per una particolare indagine, le religioni storiche “furono formazioni storiche costruite in

67 Nell’introduzione alla Sociologia delle religioni Pietro Rossi osserva che l’idea weberiana della religione come superamento o stadio successivo della magia si pone in linea con l’antropologia ottocentesca, soprattutto con Edward Tylor e James Frazer, anche se non è provato che Weber abbia letto le loro opere.

maniera non priva di contraddizioni dal punto di vista logico o anche soltanto da quello psicologico” [Intro Sr 251] e comprendono in sé, considerate in qualsiasi momento del loro sviluppo storico, serie di motivi logicamente incompatibili, “ognuna delle quali, coerentemente sviluppata, avrebbe dovuto ostacolare le altre, e sovente opporsi direttamente ad esse” [Intro Sr 251]; esse non costituiscono tipi o gradi concatenabili in una classificazioni generale ma individui complessi da considerare nella loro specificità68. A questo proposito è poi indispensabile ricordare l’attenzione posta da Weber sull’articolazione di un’etica religiosamente condizionata in base ai differenti strati sociali in cui si diffonde: strati sociali diversi, in linea con le differenze nelle loro condizioni materiali di vita e dei valori di cui sono portatori, esprimono forme diverse di religiosità, che a loro volta influenzano in maniera diversificata la condotta di vita e la visione del mondo. La razionalizzazione della visione religiosa del mondo, sia nel piano delle concezioni metafisiche che in quello dell’elaborazione di un’etica religiosa, è analizzata da Weber ponendo una grande attenzione sulla lontananza che sempre si mantiene tra religiosità degli strati intellettuali e religiosità di massa, la quale spesso si oppone ai fenomeni di razionalizzazione rimanendo legata alle inclinazioni magiche che, secondo Weber, la religiosità di massa di tutti i tempi possiede.

68 “Non è però possibile”, scrive Weber a tale proposito, “né sotto questo né sotto altri riguardi, inserirle semplicemente in una concatenazione di tipi, ognuno dei quali rappresenterebbe un nuovo ‘grado’ rispetto all’atro. Esse sono tutti individui storici di natura sommamente complessa” [Intro Sr 251].

b) La demagicizzazione del mondo

I criteri che Weber sceglie per stabilire quanto una religione può essere definita razionale sono principalmente due, il distacco dalla visione magica del mondo e del divino e la costruzione di una visione unitaria e coerente (del divino, del rapporto tra Dio e il mondo, della relazione etica del credente col mondo e del senso attribuito al mondo). Si tratta di piani tra loro collegati, in quanto il distacco dalla magia, indicato da Weber col termine Entzauberung der Welt, che può essere tradotto come disincantamento o demagicizzazione del mondo, è in primo luogo un’unificazione in un pantheon definito o in un dio unico della molteplicità degli spiriti e delle forze magiche che popolano il mondo della magia primitiva. I significati che assumono, nel contesto della sociologia delle religioni weberiana, i termini razionalità e razionalizzazione sono quindi in primo luogo quelli di unità e coerenza, che definiscono, in generale, il grado di razionalità di una qualunque visione del mondo, religiosa, etica o intellettuale in senso lato. Il punto iniziale assunto da Weber è quindi quello del mondo magico primitivo, a partire dal quale egli individua, su un piano tipico ideale, una serie di gradi del distacco della religione dalla visione magica del mondo; questi comprendono la credenza negli spiriti e successivamente negli dei, la costruzioni di divinità locali, etiche o comunque con competenze specifiche, la sistematizzazione del pantheon comprendente queste divinità, l’universalizzazione monoteistica del divino e infine le religioni della fratellanza universale che superano il particolarismo delle varie divinità precedenti per abbracciare idealmente l’intera umanità. E’ importante ripetere ancora una volta che la trattazione weberiana si svolge su di

un piano tipico-ideale, cioè che le forme di religiosità che vengono proposte e ordinate in una scala di razionalità crescente non costituiscono momenti storici attraversati in successione da tutte le religioni positive, ma costruzioni ideali astratte che non si ritrovano nella realtà empirica e ci permettono tuttavia di analizzarla, avendo quindi un valore euristico e non descrittivo.

L’aspetto che più ci interessa del tipo-ideale della originaria religiosità magica descritto da Weber, che consiste sostanzialmente nella credenza in forze soprannaturali che risiedono negli oggetti naturali e che possono essere influenzate da particolari azioni umane, è il tipo di razionalità che gli può essere attribuito. La visione magica del mondo e l’agire che ne consegue non sono presentati da Weber come qualcosa di specificamente irrazionale, ma al contrario “l’agire religiosamente o magicamente motivato è, proprio nella sua forma originaria, un agire per lo meno relativamente razionale: anche se non è necessariamente un agire secondo mezzi e scopo, lo è però secondo regole di esperienza. Come lo sfregamento trae la scintilla dal legno, così la ‘mimica’ magica dell’esperto trae la pioggia dal cielo” [WuG II 105]. L’agire magicamente motivato dello stregone possiede quindi una sua forma di razionalità, in quanto si basa sulla ripetizione di rituali considerati capaci di influenzare gli spiriti in maniera determinata in base all’efficacia che essi hanno mostrato in passato; anzi, in quel determinato contesto culturale e in quella determinata visione del mondo che fa dipendere qualsiasi evento dall’azione di qualche spirito, i rituali magici possono anche essere interpretati come razionali rispetto allo scopo, in quanto si basano sull’impiego dei mezzi ritenuti soggettivamente necessari per raggiungere un determinato scopo. Incontriamo qui il significato relativo e storicamente

determinato della razionalità rispetto allo scopo che abbiamo già sottolineato nel primo capitolo: se un’azione può essere definita razionale rispetto allo scopo in un determinato contesto culturale può però non esserlo in un altro, in cui i criteri per valutare l’idoneità di un mezzo per raggiungere un determinato scopo siano diversi e più oggettivamente corretti. In questo modo il ricorso a pratiche magiche appare oggi come il segno caratteristico di un agire irrazionale e il grado di distacco di una religione da elementi magici può essere preso come criterio per determinarne il grado di razionalità. “La magia”, scrive Weber in questa linea, “è stata ‘razionalizzata’ in maniera sistematica al pari della fisica. La prima terapia deliberatamente ‘razionale’ ha comportato quasi ovunque un disprezzo per la cura dei sintomi empirici con erbe e bevande provate solo empiricamente, a favore dello sforzo di scacciare la ‘causa’ (presunta) ‘vera e propria’ (magica o demoniaca) della malattia. Essa aveva perciò formalmente la medesima struttura razionale che rivestono parecchi dei più importanti progressi della terapia moderna. Ma noi non potremmo valutare quelle terapie magiche di sacerdoti come un ‘progresso’, in antitesi a quell’empiria, verso un agire ‘corretto’” [Sas 287].

La conseguenza principale della razionalità (nel senso sopra stabilito) della visione magica del mondo è una stereotipizzazione dell’agire secondo schemi tradizionali ritenuti validi e una ripetizione immutabile dei gesti la cui efficacia si ritiene dimostrata: “ogni atteggiamento magico (in senso naturalistico) già sperimentato come efficace viene ripetuto con rigorosa fedeltà”, in quanto “la più piccola deviazione dalle forme inizialmente riscontrate efficaci può renderle inefficaci”. In questo modo “la prima e fondamentale influenza che il mondo delle concezioni religiose esercitò sulla condotta della vita e sull’attività economica fu

in generale di carattere uniformante”, ponendosi come la potenza tradizionalistica per eccellenza: “alle incertezze e agli ostacoli connessi per natura ad ogni innovazione, la religione aggiunse ulteriori impedimenti: il sacro è ciò che è specificamente immutabile” [WuG II 110-111]. Ciò vale in modo peculiare per le forme di religiosità caratterizzate in senso magico o ritualistico, ma anche per qualsiasi forma di religione rispetto a un agire determinato solo dalla correttezza empiricamente dimostrabile dei mezzi in vista di uno scopo. Questa conclusione unilaterale tradisce la complessità dell’analisi di Weber e il valore rivoluzionario, e non solo tradizionalistico, che egli attribuisce alla religione, e va quindi articolata maggiormente. Weber presenta infatti la religione, nei suoi aspetti di profezia carismatica, come una delle forze storiche rivoluzionarie, insieme alle altre forme di carisma (come ad esempio il carisma del condottiero militare o del capo politico) e alla razionalità oggettivamente corretta. Abbiamo già analizzato questo carattere rivoluzionario e antitradizionalistico della religione a proposito della tesi weberiana sul legame tra etica protestante e spirito del capitalismo, la cui nascita, proprio in quanto ethos contrario alla tradizione e ai suoi vincoli, richiedeva il sostegno di motivi religiosi. Ciò non toglie che, quando la profezia carismatica, come ogni altra forma di carisma, è costretta, per mantenersi nel lungo periodo, a perdere la sua dimensione di eccezionalità extra-quotidiana e a trasformarsi in pratica quotidiana e di massa, la religione tenda a irrigidirsi in un insieme di pratiche mantenute esclusivamente in virtù del loro carattere di tradizione sacra; queste vanno così a formare i vincoli più forti contro cui deve combattere la razionalizzazione nel senso di razionalità rispetto allo scopo e oggettivamente corretta, caratterizzando la religione come una delle forze

irrazionali (da un determinato punto di vista) che si oppongono alla razionalizzazione (in una particolare direzione). Si tratta di un rovesciamento che è avvenuto, come abbiamo visto, anche a proposito dello spirito del capitalismo e della sue relazione con esigenze e significati religiosi, in quanto il capitalismo razionale moderno, trasformatosi in gabbia d’acciaio, “non ha più bisogno di farsi sostenere dall’approvazione di qualche potenza religiosa e, nella misura in cui si può ancora sentire l’influsso delle norme ecclesiastiche nella vita economica, lo sente come un ostacolo” [Ep 95].

Per quanto riguarda il tema che qui stiamo considerando, il superamento della visione magica del mondo, Weber scrive che “per spezzare la magia e imporre una razionalizzazione della condotta di vita vi è stato, in tutte le epoche,

Nel documento La razionalizzazione del mondo in Max Weber (pagine 115-155)

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