Il caso Breaking2
3.3 Il progetto Breaking2
insostenibile per un periodo di tempo così lungo come quello necessario per completare una maratona.
Il VO2 max è la massima quantità di ossigeno che un runner può usare in una determinata unitò di tempo. Soggetti con VO2 max più alto sono in grado di sostenere, a parità di tempo, esercizi di intensità più elevata o di durata più lunga rispetto a chi possiede un VO2 max inferiore. I maratoneti più forti hanno un massimo valore di ossigeno compreso tra 70 e 85 millilitri per chilo al minuto. La media per un uomo è di 45 millilitri per chilo al minuto.
Il VO2 max è dovuto quasi esclusivamente alla genetica, può essere migliorato del 10-‐ 25% al massimo con l’allenamento.
Chi romperà il muro delle due ore probabilmente dovrà possedere un’economia di corsa eccezionale, una statura medio-‐bassa (164-‐176 cm), un peso leggero (51-‐61 kg) e una vita trascorsa ad alte altitudini, caratterizzata da un elevato esercizio fisico nell’età dell’infanzia.
Non a caso i migliori atleti dell’Africa Orientale, sebbene solitamente non posseggano valori molto alti di VO2 max e soglia del lattato (che vengono comunque incrementati con l’allenamento), hanno tutte le caratteristiche sopra menzionate.
A conferma di questa teoria, vedremo più avanti le considerazioni del dottor Pitsiladis (par. 3.3.3).
3.3 Il progetto Breaking2
Breaking2 è un progetto organizzato da Nike con lo scopo di abbattere il muro delle due ore nella maratona. L’attuale record mondiale appartiene a Dennis Kimetto, che nel 2014 ha completato la maratona di Berlino in 2:02:57, con un passo di 2:54 min/km. Per stare sotto il muro delle due ore occorre viaggiare ad una velocità di 21,1 km/h con un passo medio di 2:50 min/km (o 4:34 al miglio per 26.2 miglia), andatura ritenuta per ora umanamente impossibile dalla maggior parte degli esperti.
L’obiettivo di fondo dell’azienda è quello di rafforzare la brand identity nel mondo della corsa di resistenza e in particolare nella maratona. L’attuale record di questa disciplina
infatti è stato conseguito con un paio di scarpe Adidas (le Adios Boost 2), così come i tre record precedenti.
Il team di ricerca di Nike ha iniziato a lavorare al progetto nel 2014. Per realizzare quello che è stato definito dall’azienda americana il Nike’s Moonshot, sono stati ingaggiati tre super atleti (fig. 24) sulla base di tre caratteristiche: la capacità aerobica (VO2 max), l’economia di corsa, la velocità sostenibile (basata sul test del lattato). Nike ha preso in considerazione una lista di atleti che avessero corso la maratona sotto le 2:05:00 e la mezza maratona sotto i 60 minuti.
I tre atleti prescelti sono: Eliud Kipchoge (Kenya), oro alle Olimpiadi di Rio 2016 nella maratona; Lelisa Desisa (Etiopia), due volte campione nella maratona di Boston; Zersenay Tadese (Eritrea), detentore del record nella mazza maratona con 58’23’’.
Fig. 24: Da sinistra Lelisa Desisa, Eliud Kipchoge e Zersenay Tadese. Fonte: nike.com
L’evento si è svolto in Italia all’autodromo di Monza il 6 maggio 2017, stessa data del record di Bannister del 1954.
La pista di Monza è stata scelta per i fattori ambientali favorevoli, non solo a livello di condizioni climatiche ma anche perché si trova sul fuso orario adatto per alterare il meno possibile i ritmi circadiani degli atleti. Il percorso è pianeggiante e protetto dal vento, l’orario – la corsa è iniziata alle 5:45 -‐ è stato pianificato per sfruttare al meglio temperatura (che il giorno della prova era di 12 °C).
L’unico dato sfavorevole del giorno della gara è stata l’umidità, giudicata favorevole sotto il 70% (è stata registrata un’umidità del 79%).
Sono stati applicati dei sensori sui muscoli per misurare la temperatura esterna, mentre quella interna è stata registrata attraverso altri sensori inghiottiti dagli atleti. Questo per controllare il gradiente di temperatura, ossia la differenza tra la temperatura interna e
quella della pelle. Inoltre Sono stati monitorati i dati sull’idratazione e l’apporto di carboidrati, questi ultimi grazie a test di imaging muscolare.
E’ stata utilizzata una Tesla (la scelta è ricaduta su un’auto elettrica per non compromettere la respirazione degli atleti con emissioni inquinanti) ad una distanza fissa di 6 metri dai protagonisti della corsa, con un tabellone sul tetto che indicava il tempo e il passo di gara. Inoltre dall’auto partiva un laser con la proiezione del tempo finale sulla pista.
Sono stati impiegati 30 pacer per aiutare gli atleti a tenere il passo giusto e tagliare l’aria.
I tre atleti hanno utilizzato un abbigliamento particolare testato per ridurre l’attrito con l’aria, un programma di allenamento e di alimentazione specifica e delle scarpe studiate ad hoc per ciascuno di essi, le più veloci mai realizzate da Nike.
3.3.1 Le Zoom Vaporfly Elite
Le scarpe utilizzate sono le Zoom Vaporfly Elite (fig. 25), che secondo quanto dichiarato da Nike sono in grado di garantire un risparmio del 4% nell’economia di corsa rispetto al precedente modello di scarpa più veloce dello stesso marchio, la Zoom Streak 6. Questo cosa significa?
Significa andare alla stessa andatura con un consumo di energia inferiore del 4%. Dunque se si riesce a ridurre il costo energetico per andare ad una certa velocità, con le stesse capacità fisiologiche sarà possibile andare più veloci.
Abbiamo visto in precedenza quanto l’economia di corsa sia fondamentale per un atleta che voglia abbattere il muro delle due ore. Nike ha lavorato proprio su questa variabile. Uno studio46 ha dimostrato che il prototipo delle Vaporfly Elite garantisce in media un
risparmio del 4% nell’economia di corsa rispetto alle Nike Zoom Strike 6 e alle Adidas Adizero Adios Boost 2, rendendole di fatto idonee per completare una sub-‐2-‐hour
marathon. Queste ultime sono le scarpe con cui è stato stabilito l’attuale record
mondiale della maratona da Kimetto nel 2014.
46 Hoogkamer, W., Kipp, S. (2017) A Comparison of the Energetic Cost of Running in Marathon Racing Shoes.
Fig. 25: Le Zoom Vaporfly Elite indossate dai tre maratoneti all’evento Breaking2. Fonte: nike.com
Le Vaporfly Elite non sono disponibili al grande pubblico in quanto sono pensate per chi corre con un determinato passo e un certo tipo di appoggio, potrebbero quindi causare problemi fisici ad un runner non professionista. In realtà in occasione della maratona di Berlino 2017 Nike ha dato la possibilità di poter acquistare la scarpa indossata da Kipchoge (fig. 26) a chi avesse corso almeno 5 km con la sua App, mettendone a disposizione 99 paia al prezzo di 500€.
Fig. 26: Le Vaporfly Elite indossate da Eliud Kipchoge alla maratona di Berlino 2017, vinta in 2:03:32. Fonte: nike.com
Le Vaporfly Elite sono delle scarpe pensate per chi utilizza una corsa avampodalica (sulle punte), più efficiente a livello metabolico per chi corre sotto i 3min/km.
Queste scarpe presentano una tomaia in Flyknit47 e una suola Zoom X in PEBA
(polyether block amide, un materiale più resiliente48 di quello delle Strike 6 in EVA) che
incorpora una piastra in fibra di carbonio, per favorire la propulsione (fig. 27).
47 Una tomaia senza cuciture realizzata con un tessuto leggero composto da fibre ultraresistenti.
48 La resilienza è la capacità di un materiale di resistere agli urti e in questo caso di assorbire energia meccanica e restituirla dopo l’impatto col suolo.
Fig. 27: La struttura della suola delle Vaporfly 4% e delle Vaporfly Elite. Fonte: nike.com
Il materiale della suola e la piastra in carbonio lavorano in sinergia garantendo un ritorno in termini di energia elastica più che doppio rispetto agli altri due modelli di scarpe.
Il drop è di 10 mm ed è lo stesso anche per le Zoom Vaporfly 4% e le Zoom Fly, due delle tre varianti (assieme alle Air Zoom Pegasus 34, fig. 28) della collezione “FAST” realizzata da Nike in occasione dell’evento.
La differenza tra questi due modelli sta nel peso (184 g per un n.45 Vaporfly 4%, 248 g per un n. 44,5 Zoom Fly) e nella suola. Le prime hanno la stessa delle Elite, compresa la piastra in fibra di carbonio, mentre le Zoom Fly hanno un’intersuola in schiuma Lunarlon con una piastra in nylon fuso e carbonio. Inoltre la tomaia delle Vaporfly 4% è in Flyknit, quella delle Zoom Fly in Flymesh.
Le Pegasus 34, variante più economica della collezione, hanno un’intersuola in schiuma Cushlon ST con inserti Zoom Air.
Fig. 28: Da sinistra le Nike Vaporfly 4%, le Zoom Fly e le Air Zoom Pegasus 34. Fonte: nike.com
Come abbiamo visto in precedenza, le Vaporfly Elite e le Vaporfly 4% hanno consentito agli atleti di Nike di guadagnare 19/36 podi nel 2017 (fig. 29). Inoltre il 2016 è stato un anno di prova in cui i prototipi di queste scarpe sono stati testati nel corso di diversi eventi. Kipchoge vinse la maratona di Londra in 2:03:05 -‐ terzo miglior tempo in
assoluto -‐ e quella di Rio alle Olimpiadi (anche gli altri due medagliati della gara maschile indossavano questa scarpa). Bekele ottenne il secondo miglior tempo di sempre, 2:03:03, con un prototipo di Vaporfly alla maratona di Berlino sempre nello stesso anno. Il numero di successi conseguito con queste scarpe in così poco tempo è impressionante. Nike ha comunicato le sue vittorie utilizzando l’espressione “It’s gotta be the shoes”. Ovviamente le scarpe stavano ai piedi di alcuni tra i migliori maratoneti del mondo e il loro talento non si discute, tuttavia la tecnologia è probabilmente correlata positivamente ai risultati (lo vedremo più tardi nella nostra analisi).
Fig. 29: I traguardi delle Vaporfly 4% nel 2017. Fonte: nike.com
In occasione della maratona di Berlino del 24 settembre 2017, Eliud Kipchoge non è riuscito ad eguagliare il record di Kimetto per soli 35 secondi, chiudendo in 2:03:32. Le condizioni meteo sfavorevoli non hanno aiutato l’atleta kenyano: la pioggia e l’alta percentuale di umidità hanno influito negativamente sulla prestazione e l’acqua assorbita dalle scarpe ne ha aumentato il peso.
Quest’esperienza è servita a Kipchoge per fornire informazioni al team design e da questa sinergia è nata la nuova Zoom Vaporfly Elite Flyprint (fig. 30), resistente all’acqua e più leggera di 11 grammi rispetto alla Zoom Vaporfly Elite.
Questa scarpa è stata utilizzata da Kipchoge in occasione della maratona di Londra del 22 aprile 2018, vinta in 2:04:17. Anche in questa occasione il keniano non è stato aiutato dalle condizioni ambientali: è stata l’edizione più calda di sempre (la temperatura è arrivata a 23 gradi).
Fig.30: Le Zoom Vaporfly Elite Flyprint. Fonte: Nike.com
La domanda da porsi è: “E’ legale utilizzare una scarpa nella cui intersuola è incastonata una piastra in fibra di carbonio che funziona da propulsore?”49
Secondo le regole della IAAF non è consentito applicare alle scarpe alcun tipo di tecnologia in grado di conferire un vantaggio sleale a chi le indossa. Non è molto chiaro definire cosa rappresenta uno svantaggio sleale in quanto la Federazione non è esplicita a riguardo. Nella nostra analisi cercheremo di capire qual è il pensiero dei consumatori in merito all’utilizzo di una tecnologia di questo tipo nelle Zoom Vaporfly 4% e nelle Zoom Fly, i modelli della collezione “FAST” che incorporano una piastra nell’intersuola.
3.3.2 Com’è andata
“Let all generations from all the world have hope, because the hope of when we first came here, the hope of running under two hours, was two minutes and 57 seconds.
Now we are only 25 seconds away.”
Eliud Kipchoge
Kipchoge è stato il primo atleta a tagliare il traguardo correndo 42,195 km in 2:00:25, 2 minuti e 32 secondi in meno rispetto al record mondiale (fig. 31).
Nonostante l’incredibile risultato, il keniano non è riuscito a scendere sotto il muro delle due ore. Tadese ha chiuso in 2:06:51, scendendo di 3’50’’ sotto il suo record personale, Desisa in 2:14:10.
Fig. 31: Eliud Kipchoge taglia il traguardo in 2:00:25. Fonte: nike.com
Il record di Kipchoge non è stato riconosciuto dalla IAAF a causa dell’utilizzo di pacer intercambiabili e per la gestione dei rifornimenti.
Sebbene questo evento venga considerato come un vero e proprio esperimento scientifico, in cui ogni particolare è stato studiato nei minimi dettagli, Nike è riuscita a trasformarlo in un momento culturale che resterà nella storia della corsa.
Condensando i suoi valori in Breaking2, l’azienda americana è riuscita ad avvicinare a questa disciplina molte persone lontane dal mondo della corsa.
Le parole di Kipchoge al termine della corsa (nella citazione a inizio paragrafo) sono un messaggio di speranza per le nuove generazioni e un monito a spingersi oltre i propri limiti: il muro delle due ore è un po’ meno lontano.
E’ stato condotto uno studio50 molto interessante per indagare l’influenza dell’auto e dei
pacer sul tempo finale di Breaking 2.
Come abbiamo visto in precedenza, l’auto stava a 6 metri dall’atleta in testa alla corsa e inoltre vi erano 6 pacer disposti in una formazione a diamante. Secondo le analisi riportate nell’articolo di Ferguson è possibile individuare due scenari estremi, uno positivo e uno negativo.
Nel caso dello scenario positivo, quello di breaking 2, la somma dei fattori auto + pacer avrebbe garantito un risparmio totale di 4’35’’ rispetto all’estremo negativo. In particolare l’auto avrebbe concorso al 10% del vantaggio e i pacer al restante 90%. L’effetto-‐scudo della Tesla contro il vento infatti avrebbe fatto risparmiare 26 secondi,
50 Ferguson, S. (2017). Uncovering the Aerodynamic Trickery behind Nike's Breaking 2 Project.
mentre la scia creata dai pacer e la loro funzione di supporto per il ritmo di gara avrebbe fatto risparmiare i restanti 4 minuti e 9 secondi.
Lo scenario negativo è quello in cui si ipotizza che ciascun runner corra da solo per tutti i 42,195 km senza protezioni dal vento. Si tratta di un caso estremo, in quanto durante una maratona non capita mai che un runner professionista corra per tutta la gara col vento in faccia, ma segue sempre una scia perlomeno per 35 km.
In conclusione, il risparmio di tempo in condizioni normali durante una maratona in città sarebbe stato significativamente inferiore ai 4’35’’.
3.3.3 I progetti concorrenti
Nike non è la sola azienda ad aver elaborato un progetto per abbattere il muro delle due ore.
Nel 2011 il progettista di Adidas Andy Barr, designer della scarpa indossata da Gebrselassie nel 2008 quando fissò l’allora record mondiale, ideò il progetto Sub2.
Come Nike, anche Adidas ha sviluppato il progetto nel corso degli anni e ha prodotto una scarpa per raggiungere il suo obiettivo, la Adizero Sub2 (fig. 32). Indossata per la prima volta da Wilson Kipsang alla maratona di Tokyo nel 2017, la scarpa ha consegnato la vittoria all’atleta keniano con un tempo di 2:03:58.
Fig. 32: Le Adidas Adizero Sub2 indossate a Tokyo da Kipsang. Fonte: adidas.com
L’intersuola con schiuma BOOST Light più leggera delle precedenti realizzate da Adidas e il materiale della tomaia lavorano in sinergia per migliorare l’economia di corsa. Inoltre il battistrada Continental garantisce un grip maggiore sull’asfalto.
Attualmente le Vaporfly 4% di Nike e le Adizero Sub2 di Adidas sono le scarpe più veloci sul mercato. Nel 2017 queste scarpe non sono riuscite a consegnare un primato mondiale su un circuito ufficiale ma il 2018 potrebbe essere l’anno giusto.
Il dottor Yannis Pitsiladis nel 2014 ha fondato il Sub2 Project con lo scopo di raggiungere questo risultato entro il 2019. Esperto di antidoping al Comitato Olimpico Internazionale e professore di Sport e Scienze dell’Esercizio all’Università di Brighton in Inghilterra, nel 2014 ha lanciato un sito, una raccolta fondi e avviato la ricerca di scienziati per portare a termine il progetto.
Pitsiladis crede che la superiorità genetica influenzi le abilità sportive, nei suoi discorsi ama ripetere una frase di Per-‐Olof Åstrand: “Per diventare un atleta olimpionico, scegli bene i tuoi genitori”. Ma crede anche nell’influenza dei fattori culturali e socio-‐ economici. In altre parole, i geni hanno bisogno dell’ambiente giusto in cui crescere.51
Secondo Pitsiladis il primo uomo ad infrangere la barriera delle due ore sarà qualcuno cresciuto in un villaggio rurale ad alta quota nell’Africa Orientale, migliorando la sua capacità di VO2 max e abituato a ore e ore di attività giornaliera. L’unica variabile su cui il dottore possiede ancora forti incertezze è l’età.
Durante il suo intervento al TEDxUniversityofNicosia a Cipro nel 2015 ha sottolineato come la durata media dell’attività fisica giornaliera dei ragazzi africani sia di 170 minuti, contro una media di 20-‐40 minuti per i ragazzi europei.52 Emblematica la citazione del
maratoneta etiope H. Gebrselassie ricordata dal professor Pitsiladis: “Corro da quando avevo 4 o 5 anni, per noi la vita è una sorta di sport”.
I piedi dei keniani sono forgiati dalla loro infanzia, il risultato è un mix di muscoli ipertrofici che sono in grado di restituire una spinta maggiore con una minore dispersione di energia rispetto ala stragrande maggioranza degli atleti.
Non a caso i detentori del record mondiale negli ultimi quindici anni provengono dalla stessa area geografica e devono il loro successo alla propria storia personale.
51 Longman, J. (2016). Man vs. Marathon. One scientist’s quixotic quest to propel a runner past the two-‐ hour barrier. NY Times
52 Pitsiladis, Y. (2015). Why white men can’t run: where is the scientific evidence. TEDxUniversityofNicosia
Capitolo 4
L’impostazione dell’indagine e i risultati
L’obiettivo della tesi è quello di analizzare la diffusione e l’accettazione di un prodotto innovativo nel settore del running, in particolare due modelli di scarpe lanciati da Nike per i runner intenzionati a migliorare le loro prestazioni.
I modelli di cui stiamo parlando sono le Nike Zoom Fly e le Zoom Vaporfly 4%, che abbiamo descritto nel capitolo precedente.
Partendo dalle innovazioni tecnologiche in diversi sport, il campo di analisi si è ristretto sempre di più concentrandosi sul mondo della corsa e nello specifico sulle scarpe. Considerando l’evento Breaking2 abbiamo visto come le scarpe da corsa realizzate da Nike abbiano avuto un enorme successo nel 2017 permettendo ai suoi atleti di migliorare i loro tempi e guadagnare 19 podi sui 36 totali delle principali maratone. La nostra analisi ha come obiettivo quello di verificare come questa scarpa si è diffusa sul mercato e se è stata accettata dagli atleti professionisti e non, valutando inoltre se i miglioramenti in termini di performance sono dovute esclusivamente alla scelta da parte di Nike dei migliori runner elite oppure se possono essere generalizzati a tutti i suoi utilizzatori e dunque essere connessi all’innovazione della scarpa.
4.1 Il questionario
Il questionario è costituito da una successione ordinata di domande ed è lo strumento principale per ottenere informazioni nell’ambito delle ricerche di mercato.53
Il questionario è stato sviluppato partendo dalla base teorica sulla diffusione dell’innovazione che abbiamo visto nel primo capitolo ed è stato elaborato in più step fino a raggiungere la versione definitiva.
L’esperienza dell’Active Learning Lab, un laboratorio didattico che ho frequentato a Ca’ Foscari nel 2017, mi è stata molto utile per lavorare in maniera organizzata e predisporre nel migliore dei modi il questionario. Durante questo corso abbiamo