Il caso Breaking2
3.2 La sub2 marathon
Cinquanta e Sessanta (negli anni Settanta non vennero stabiliti nuovi record), per alcuni motivi: dopo la Seconda Guerra Mondiale i maratoneti iniziarono ad allenarsi più duramente (i più forti per più di 160 km a settimana); nel 1960 gli atleti dell’Africa Orientale iniziarono a partecipare alle competizioni.
Abebe Bikila fu il primo atleta africano a stabilire il record della maratona, correndo scalzo alle Olimpiadi di Roma nel 1960 (nel 1964 stabilì un nuovo record alle Olimpiadi di Tokyo, questa volta con un paio di Puma). In quell’anno fu accolto in patria come un eroe e gli venne regalata una Volkswagen Beetle. La stessa auto nove anni più tardi gli procurerà un incidente lasciandolo paralizzato. Nel 1973, all’età di 41 anni, morì per un’emorragia cerebrale legata a complicazioni dell’incidente di quattro anni prima. Bikila è l’unico atleta della storia ad aver vinto consecutivamente l’oro nella maratona alle Olimpiadi.
I miglioramenti a partire dal 1980 riflettono l’aumento dei premi in denaro e le opportunità per gli atleti di guadagnarsi da vivere con la corsa, segnando l’inizio dell’era del professionismo. Negli ultimi 15 anni il record del mondo è stato appannaggio degli atleti kenioti ed etiopi, per le ragioni che vedremo nel prossimo paragrafo.
In questo paragrafo abbiamo fatto riferimento soltanto ai record maschili della maratona. Le donne hanno caratteristiche fisiche che impediscono loro di raggiungere le stesse performance degli uomini e sarebbe impossibile fare un paragone tra i loro tempi. L’attuale record femminile appartiene a Paula Radcliffe, che nel 2003 ha completato la maratona di Londra in 2:15:25.
3.2 La sub2 marathon
“E’ tipico del tempo smentire.”
Ed Caesar, giornalista e autore di Due Ore. Alla ricerca della maratona perfetta
La maratona in meno di due ore, una volta completata, sarà il terzo momento più significativo del mondo della corsa dopo il miglio in meno di quattro minuti e i 100 metri sotto i 10 secondi.
Nessuno credeva che si potesse correre un miglio (1,609 km) sotto i quattro minuti negli anni Cinquanta, almeno fino al 1954. Il 6 maggio di quell’anno Roger Bannister, uno studente di medicina all’Università di Oxford, corse il miglio in 3 minuti e 59,4 secondi sulla pista di atletica di Iffley Road ad Oxford.
Nel 1968 negli Stati Uniti sono stati corsi per la prima volta i 100 metri piani sotto i 10 secondi.
La maratona in meno di due ore si colloca tra due numeri, che definiscono la differenza tra tempo finale potenziale ed effettivo: il primo è 1:57:58, il limite fisiologico umano calcolato da M. Joyner nel 1991; il secondo è 2:02:57, il record attuale di D. Kimetto. Tra questi due numeri sta il tempo di 2:00:25 registrato da E. Kipchoge durante l’evento Breaking2, che vedremo fra poco.
Il primo tempo è stato stimato da M. Joyner nel 1991, in quello che è considerato il documento cardine del dibattito sulla sub2 marathon41, e fa riferimento ad un atleta
perfetto aiutato da condizioni esterne ottimali.
Per atleta perfetto Joyner intende una persona con un VO2 max di 84 millilitri per chilo al minuto, soglia del lattato42 che raggiunge l’85% del massimo consumo di ossigeno43
(che corrisponde a 71,4 millilitri per chilo al minuto) e un’economia di corsa44
eccezionale.
Secondo uno studio condotto da alcuni studenti della Michigan Technological University in collaborazione con M. Joyner nel 2017 quest’ultimo valore dovrebbe aggirarsi sui 180 millilitri per chilo al chilometro45. Con questi valori sarebbe possibile correre una
maratona ad una velocità media di 21,46 km/h, un passo più rapido dei 21,1 km/h necessari per chiuderla in due ore esatte.
Migliorare la propria economia di corsa significa andare ad una velocità maggiore con lo stesso consumo di ossigeno (diminuendo così il proprio costo energetico).
Durante lo sforzo fisico in una maratona viene coinvolto il metabolismo aerobico, che necessita di una grande quantità di ossigeno per produrre energia. Se si supera l’85%
41 Joyner, M. (1991). Modeling: optimal marathon performance on the basis of physiological factors. Journal of Applied Physiology, 70. 683-‐687
42 Velocità massima che può essere sostenuta per correre una maratona senza accumulare acido lattico nel sangue e nei muscoli. Oltre questa soglia entra in gioco il metabolismo anaerobico.
43 Fino a questa percentuale di VO2 max è possibile sostenere uno sforzo di 2-‐3 ore.
44 L’energia (e di conseguenza l’ossigeno) necessaria per correre un chilometro ad una determinata velocità.
45 Elmer, S. J., Joyner, M. and Carter, J. R. (2017). The 2-‐hour marathon: what do students think? Advances in Physiology Education, 41. 522-‐525
del proprio VO2 max entra in gioco il metabolismo anaerobico e lo sforzo diventa insostenibile per un periodo di tempo così lungo come quello necessario per completare una maratona.
Il VO2 max è la massima quantità di ossigeno che un runner può usare in una determinata unitò di tempo. Soggetti con VO2 max più alto sono in grado di sostenere, a parità di tempo, esercizi di intensità più elevata o di durata più lunga rispetto a chi possiede un VO2 max inferiore. I maratoneti più forti hanno un massimo valore di ossigeno compreso tra 70 e 85 millilitri per chilo al minuto. La media per un uomo è di 45 millilitri per chilo al minuto.
Il VO2 max è dovuto quasi esclusivamente alla genetica, può essere migliorato del 10-‐ 25% al massimo con l’allenamento.
Chi romperà il muro delle due ore probabilmente dovrà possedere un’economia di corsa eccezionale, una statura medio-‐bassa (164-‐176 cm), un peso leggero (51-‐61 kg) e una vita trascorsa ad alte altitudini, caratterizzata da un elevato esercizio fisico nell’età dell’infanzia.
Non a caso i migliori atleti dell’Africa Orientale, sebbene solitamente non posseggano valori molto alti di VO2 max e soglia del lattato (che vengono comunque incrementati con l’allenamento), hanno tutte le caratteristiche sopra menzionate.
A conferma di questa teoria, vedremo più avanti le considerazioni del dottor Pitsiladis (par. 3.3.3).
3.3 Il progetto Breaking2
Breaking2 è un progetto organizzato da Nike con lo scopo di abbattere il muro delle due ore nella maratona. L’attuale record mondiale appartiene a Dennis Kimetto, che nel 2014 ha completato la maratona di Berlino in 2:02:57, con un passo di 2:54 min/km. Per stare sotto il muro delle due ore occorre viaggiare ad una velocità di 21,1 km/h con un passo medio di 2:50 min/km (o 4:34 al miglio per 26.2 miglia), andatura ritenuta per ora umanamente impossibile dalla maggior parte degli esperti.
L’obiettivo di fondo dell’azienda è quello di rafforzare la brand identity nel mondo della corsa di resistenza e in particolare nella maratona. L’attuale record di questa disciplina