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Il quadro politico di Pisa

Nel documento La seconda discesa di Carlo IV a Pisa (pagine 125-132)

3. Le due discese di Carlo IV a Pisa: un confronto

5.2. Il quadro politico di Pisa

del potere imperiale in città con dei nuovi rappresentanti di Carlo. Il rientro del potente esiliato Bergolino, elemento che secondo questo progetto catalizzava i favori di gran parte della cittadinanza, poteva rientrare in questo nuovo ripensamento della politica dell’impero nei confronti di Pisa. Non bisogna infatti dimenticare che quasi sicuramente il monarca boemo permise il rientro del Gambacorta in città solo con la garanzia che quest’ultimo appoggiasse la sua politica nei confronti di Pisa. In quest’ottica le azioni di Pietro possono essere identificate come un vero e proprio tradimento nei confronti di Carlo.

5.2.

IL QUADRO POLITICO DI PISA.

Sempre a proposito di Raspanti e Bergolini, può essere interessante seguire attraverso i documenti l’evolversi progressivo del coinvolgimento dei loro esponenti nel governo cittadino in questo periodo. Nonostante il nuovo governo pisano a seguito della caduta del Doge fosse una coalizione tra Raspanti e Bergolini, fino a marzo una larghissima maggioranza di magistrature ed incarichi, fossero essi di natura politica, finanziaria o amministrativa, erano riservati a personaggi che almeno in quel periodo erano di provata fedeltà Raspante, a dimostrazione di quale fosse ancora la fazione dominante in città. Elencare ogni individuo Raspante che ricopriva un ufficio sarebbe un esercizio futile, quindi ci si limiterà solo ad alcuni esempi. Abbiamo già menzionato che una fra le cariche più importanti per il comune, vale a dire quella di vicario e rettore di Lucca, fu assegnata a partire da gennaio del 1369 a Piero Pucci del Fornaio, la cui famiglia era stata insignita a suo tempo da Giovanni dell’Agnello del privilegio di fare parte della casa dei Conti. Al fianco di questi era presente un giurista: Pietro Lante da Vico, appartenente ad una famiglia il cui esercizio della professione datava indietro di decenni243. Fra i predecessori di costoro si trova menzionato Antonio da Rasignano, che è attestato in carica nel settembre del 1368244, anch’egli già appartenente alla casata nobiliare dei Conti e che si dice avesse avuto parte attiva nell’esautorazione del Doge245. La carica che più di ogni altra era legata all’esercizio delle operazioni belliche, vale a dire quella di Capitano di guerra, fu assegnata a Ludovico della Rocca e a Silvestro Scacceri, anch’essi esponenti dei “de Comitibus”. La famiglia del primo, oltre ad essere probabilmente la consorteria più

243 Apparteneva alla stessa schiatta di quel Michele del Lante da Vico che aveva esercitato la carica di

Cancelliere degli Anziani durante la signoria di Fazio Novello da Donoratico; la famiglia è però attestata nella carica già dal XIII secolo. Si veda Poloni, Trasformazioni della società, pp. 136- 137.

244 ASP Com A 207 f. 3’.

influente ed identificativa della parte raspante, veniva da un impegno tradizionale nell’arte della guerra. Già il ricordato Tinuccio della Rocca aveva ricoperta la carica di Capitano delle masnade a cavallo, ma anche Roberto della Rocca viene ricordato nella carica di Capitano di Guerra nel 1361246. Nel medesimo anno lo stesso Ludovico della Rocca era investito del comando di due bannerie di stanza a Montecalvoli247. Bisogna poi ricordare come Ludovico della Rocca avesse guidato i suoi compagni durante i disordini del 20 maggio del 1355.

Più significativo indagare le eccezioni alla regola: nell’amministrazione del contado si continuò a seguire quella sorta di regola non scritta per cui gli aristocratici avevano una corsia preferenziale nell’assegnazione delle cariche relative248; la cosa non faceva

eccezione per la gestione del comitato lucchese. Le principali famiglie nobili cittadine (Gualandi, Sismondi, Lanfranchi) vengono adeguatamente rappresentate: Pellaio de’ Lanfranchi è vicario della rocca di Cerruglio nell’ottobre del 1368249; il parente Giovanni

de’ Lanfranchi, appartenente al ramo dei Chiccoli, a maggio è menzionato come “olim” vicario e capitano di guerra di Buti250; sempre nell’ottobre del 1368 Jacopo Gualandi era vicario di Camaiore251; infine, Manfredi Buzzaccarini Sismondi è attestato nel succitato periodo come vicario di Pietrasanta252. Esse non furono le uniche consorterie a trovare una

rappresentanza: oltre ai già citati da Caprona, si possono menzionare gli Scorcialupi, dei quali troviamo un esponente nelle vesti di camerario nel bimestre gennaio-febbraio253.

Anche il tradizionale ruolo di preminenza nelle ambasciate rimase inalterato: sia dalle cronache che dai documenti del comune è dimostrato che lo stesso Manfredi Buzzaccarini fece parte dell’ambasciata a Carlo IV che venne imprigionata da quest’ultimo a Lucca nell’aprile del 1369. Lo stesso vale per l’ambasciata del gennaio dello stesso anno all’imperatore di stanza a Siena, al quale partecipò il Conte Gualando di Castagneto. In più, sempre a gennaio, Albizzo de’ Lanfranchi fece parte di un ambasciata spedita a Lucca al patriarca di Aquileia254.

Sono degne di menzione le rarissime eccezioni riguardanti le cariche ricoperte da individui riconducibili ai Bergolini nel periodo in esame: fra il gennaio e l’aprile del 1369 ricoprirono l’incarico chiave di Soprastanti alle masnade a cavallo Giovanni Benigni e

246 ASP Com A 129 f. 112. 247 ASP Com A 65 f. 20.

248 A. Poloni, Trasformazioni della società, p. 184. 249 ASP Com A 207 f. 21’.

250 ASP Com A 145 f. 47’. 251 ASP Com A 207 f. 17’. 252 ASP Com A 207 f. 7. 253 Si veda ASP Com A 143. 254 ASP Com A 143 f. 9.

Lippo di Giovanni Alliata255, entrambi appartenenti a due famiglie estranee allo zoccolo

duro dei Raspanti. Se il secondo gruppo familiare è però oscillante nelle sue scelte politiche, il primo è senza dubbio una delle famiglie che più si mantennero a stretto contatto con l’area dei Bergolini: i Benigni ricoprirono diversi uffici ai tempi dell’egemonia di Francesco Gambacorta per poi scomparire dalle alte sfere della politica cittadina per tutto il periodo tra le due discese; tornarono infine alla preminenza subito dopo i disordini del 3-4 aprile quando un loro esponente fu eletto nel nuovo collegio degli Anziani monopolizzato dai Bergolini: ciò non lascia alcun dubbio su dove fosse riposta in ultima istanza la sua lealtà. L’attestazione di un elemento di certo “ideologicamente” lontano dai Raspanti come Giovanni Benigni in una carica così importante sorprende256: a gennaio, quando iniziò il suo incarico, la vita politica vedeva ancora ai vertici i Raspanti. È però probabile che dietro questa elezione vi sia l’influsso dei disordini cittadini. Si può quindi ipotizzare che i Raspanti abbiano voluto allargare la partecipazione politica ad alcuni elementi degli avversari per mitigare i contrasti. Non è da sottovalutare poi la presenza della Compagnia di San Michele: a questo proposito è possibile supporre che le pressioni venissero dalla società di popolo o che addirittura vi fosse in quel frangente un tentativo di accordo tra le due fazioni rivali per fronteggiare l’influsso della Compagnia.

Le anomalie non si arrestano qui: i già menzionati Manfredi Buzzacarini Sismondi e Gualterotto Lanfranchi non si potevano certo annoverare tra i sostenitori più integerrimi della parte dei Raspanti: il primo, parente dello stesso Pietro Gambacorta, fu protagonista di un vero e proprio tradimento ordito ai danni del comune durante la guerra con Firenze del 1362-64257. Il Lanfranchi era invece un tradizionale sostenitore della parte dei Bergolini, esiliato da Pisa nel 1355 ad opera del nuovo regime e in seguito protagonista di scorrerie nel contado pisano nella stessa guerra258; probabilmente egli fu riammesso in città in seguito all’amnistia promossa da Giovanni dell’Agnello. La loro influenza persistente nel tessuto politico cittadino è forse attribuibile alla loro condizione aristocratica, anche se non è possibile addurre motivazioni più precise in proposito; si può comunque far notare come il supporto delle più importanti famiglie nobiliari rappresentasse dei vantaggi innegabili per diversi motivi. Innanzitutto per le competenze che i membri di questi avevano sviluppato nel corso dei secoli e che gli avevano permesso di ottenere una certa

255 ASP Com A 144 f. 27.

256 Per un discorso organico e complesso sull’importanza di tale carica rimando, oltre ai cenni contenuti nel

secondo capitolo, a G. Ciccaglioni, Poteri e spazi politici, pp. 132-149. Basti comunque ricordare che la carica di Soprastante fu quella con cui Francesco Gambacorta riuscì ad esercitare la sua cripto-signoria su Pisa.

257 Cronica di Pisa, p. 198.

influenza nel comune di Popolo. La loro abilità nel mestiere delle armi rappresentava un valore aggiunto, e i loro interessi nel territorio pisano li rendeva utili per le cariche relative all’amministrazione del contatto. Il persistere di contatti extracittadini faceva di loro uno strumento indispensabile nelle relazioni diplomatiche, la qual cosa è dimostrata dalla preferenza di cui erano investiti nella composizione delle ambascerie. Da non sottovalutare poi il prestigio di cui continuavano a godere nonostante gli annosi contrasti che contraddistinsero le loro relazioni con il comune di Popolo.

Fra il marzo e l’aprile del 1369, lasso di tempo in cui il predominio della Compagnia di San Michele trovò una conferma ufficiale del potere che esercitava, grazie alla composizione di un collegio anzianale da loro monopolizzato (e dopo il rientro in città dei Gambacorta), si registra in generale una ripresa di contatti diretti tra l’amministrazione comunale e vari esponenti dei Bergolini, nella cornice di quella che si può definire la loro scalata al potere. I già menzionati Pietro di Angelo Tosi e Lorenzo Bindacchi ricevettero una ricompensa per i 12.000 fiorini anticipati perché l’imperatore acconsentisse al ritorno dei Gambacorta. Tre mercanti riconducibili a tale schieramento sono ricompensati perché donarono per “amore domini Petri Gambacurte”259 del grano al comune spossato dalle

richieste imperiali. Nel contempo troviamo altri segnali della scalata al potere di Pietro Gambacorta: ad esempio a marzo egli e il fratello Gherardo sono esentati per qualche tempo dal pagamento di qualsiasi gabella, imposta o prestanza, e vengono dispensati dal pagare quelle cumulate durante l’esilio260.

Naturalmente la situazione conobbe un cambiamento radicale dopo la rivolta del mese di aprile che portò in via ufficiosa Pietro Gambacorta in cima alla piramide del comune pisano. Il nuovo collegio anzianale entrato in carica ad Aprile dimostra subito una fortissima preponderanza dell’elemento bergolino. Nella magistratura vengono eletti personaggi di famiglie che in qualche caso erano da più di un decennio politicamente scomparse dai radar, alcune delle quali di importante levatura: Papa (fra i sostenitori più accesi dei Gambacorta), Benigni, Gatto, Grassi, Alliata, Grassi, Lapi e Andrea di Mone Topparuolo261. Se nomi riconducibili all’area bergolina furono presenti anche nei collegi precedenti, essi erano di persone di scarsissima rilevanza politica, al fianco di elementi Raspanti di grande carisma ed esperienza; i nuovi aderenti alla parte eletti in questo mese erano senza dubbio di estrazione più eminente e quindi anche di peso maggiore. Anche per quanto riguarda le magistrature elettive si nota un cambiamento a favore dei nuovi capi del

259 ASP Com A 144 f. 16’. 260 ASP Com A 144 f. 57’. 261 ASP Com A 215 f. 150’.

comune: nel mese di maggio troviamo Colo Grassi e Bartolomeo Alliata investiti della carica di responsabili della dogana del sale262, mentre Gaddo Galli è attestato come vicario

del distretto della Marittima263. Si continuò poi a favorire i congiunti di Pietro Gambacorta con altre esenzioni tributarie: dopo Pietro e Gerardo era la volta di Nicola e Tommasa, figlia di quel Bartolomeo giustiziato nel 1355264. Da segnalare è inoltre il provvedimento con cui il 19 aprile si richiamò in città gli sbanditi, fatta eccezione per coloro che avessero compiuto delitti contro i propri consanguinei e i condannati per “falsitate”265. La misura

era indubbiamente di carattere politico, volta a riammettere a Pisa i sostenitori dei Gambacorta ancora in esilio, rafforzando così ulteriormente la posizione di Pietro nell’agone politico. Non è un caso infatti che molte volte nella documentazione le disposizioni di amnistia per i fuoriusciti fossero coincise con dei cambi di regime nel comune266. In aggiunta, in questo periodo non dovevano essere molti gli sbanditi da Pisa, se si considera che questa era la terza ordinanza sulla questione in poco più di tre mesi (escludendo un indulto decretato come da tradizione il venerdì santo in cui si scarcerava individui imprigionati per reati di poco conto come vagabondaggio267), se si calcola che il 20 febbraio venne concesso l’ingresso in città agli sbanditi di parte guelfa268 e che il 9

marzo venne emanato un altro ordine secondo il quale gli sbanditi delle città di Lucca e Pisa dovevano presentarsi nelle loro città nonostante qualunque condanna essi avessero ricevuto269. Secondo Banti questa è la data del ritorno in città di Jacopo d’Appiano270 ma

non vi sono elementi decisivi per provare tale ipotesi. La prima notizia del futuro signore di Pisa in città risale al 13 maggio271. È dubbia quindi la notizia secondo il quale Jacopo avrebbe fatto da tramite tra la Compagnia di San Michele e Pietro Gambacorta.

Per quanto riguarda i vecchi dominatori essi non vennero completamente emarginati dalla vita politica. Diverse famiglie invero scomparirono dalla documentazione in seguito ai disordini: si tratta di quelli che si possono definire tra i capi della fazione, come i Della Rocca, gli Scacceri e gli Scarsi, che, costretti all’esilio, combatterono il comune di Pisa anche con le armi. Altre famiglie Raspanti di primo piano non ricoprirono per lungo tempo incarichi politici, ma non è chiaro se anch’essi scegliessero la strada della fuga della patria

262 ASP Com A 145 f. 16. 263 ASP Com A 144 f. 87. 264 ASP Com A 144 f. 77. 265 ASP Com A 144 ff. 82’- 84.

266 Si veda ad esempio il provvedimento del novembre del 1355 (ASP Com A 123 ff. 42’-43’), poco tempo

dopo la presa del potere da parte dei raspanti.

267 ASP Com A 144 f. 72.

268 ASP Com A 143 f. 76’. Per guelfi in questo periodo si intende in generale i nemici del comune. 269 ASP Com A 144 f. 56

270 O. Banti, Jacopo d’Appiano, p. 49. 271 ASP Com A 145 f. 8’.

o se rimanessero in città, senza più alcuna speranza a breve termine di esercitare il potere ed esposti a possibili rappresaglie. Fra queste si possono annoverare i Rau, i Maggiolini, i da Rasignano, i Rosselmini o i Benetti, di cui Ranieri Sardo dice che fu costretto a pagare un prestito forzoso di 1000 fiorini, una misura incontrovertibilmente politica volta a togliergli ogni supporto economico272.

Ma alcuni Raspanti vennero incorporati nel nuovo ordine politico: a volte sicuramente per rapporti di ordine personale, come fu il caso per gli Aiutamicristo , legati con vincoli di parentela ai Gambacorta. Non solo costoro vennero risparmiati dalla furia della reazione popolare273, ma una loro influenza è dimostrabile con il già citato risarcimento che Conte Aiutamicristo aveva ottenuto. Un'altra famiglia raspante di non trascurabile rilevanza che continuò ad esercitare un certo peso politico fu quella dei Botticella, che nonostante facessero parte del collegio anzianale raspante di marzo e aprile, nella persona di Colo si aggiudicarono un incarico ufficiale nel comune nel trimestre aprile-giugno, vale a dire quello di Camerlengo274. Più delicato il caso dei San Casciano: Simone ebbe l’incarico di castellano della rocca di Pietracassia nel bimestre maggio-giugno, pagato con la somma, singolarmente alta per tale compito, di 40 fiorini mensili275. Se da un lato questo faceva di lui un ufficiale comunale, quindi formalmente fedele ai nuovi padroni del comune e da essi accettato, il suo incarico, in una località dalla trascurabile importanza strategica per Pisa, suona quasi come un confino, un modo per tener lontano dalla città un personaggio sicuramente influente. Ciccaglioni ha inoltre notato come i castellani e i sergenti delle fortificazioni del contado appartenessero perlopiù agli strati medio-bassi della popolazione276. D’altra parte nello stesso periodo lo troviamo investito di compiti ben più importanti, come quello di ambasciatore verso l’imperatore277. Una conclusione possibile è

che il comune non si volesse privare di una famiglia la cui ricchezza quasi proverbiale costituiva indubbiamente una risorsa per la città, ma che si muovesse cautamente, quasi per saggiarne la fedeltà.

Come è possibile immaginare, non tutti i cittadini erano disposti a schierarsi apertamente per una delle due fazioni. Alcuni di essi si mantennero neutrali e quindi poterono avere contatti con il comune o addirittura ricoprire alcune cariche indipendentemente da chi esercitava il potere a Pisa. È il caso di figure come Cino da

272 Ranieri Sardo, Cronaca di Pisa, p. 187. 273 Cronica di Pisa, p. 223.

274 Numerose attestazioni nei registri ASP Com A 144-145. 275 ASP Com A 145 ff. 3’,52.

276 G. Ciccaglioni, Poteri e spazi politici, p. 168. 277 ASP Com A 145 f. 29.

Piombino, che ebbe contatti di natura economica con il comune già dai tempi del dogato per poi continuare ad avere rapporti di intermediazione anche dopo l’ascesa di Pietro Gambacorta, o come Ettore da Sarzana, che sotto Giovanni dell’Agnello ricoprì l’incarico di Capitano della custodia di Lucca278, e che in seguito esercitò la carica di ufficiale maggiore delle gabelle. Esemplificativi della continuità tra i regimi sono i da Vico, importante famiglia di giuristi: dapprima importanti Bergolini molto presenti negli anzianati del primo regime gambacortiano, poi presenti nei collegi Raspanti fino a guadagnarsi l’ingresso nella casata dei Conti durante il dogato con Albizzo, che poi fu di nuovo presente nelle cariche Bergoline in seguito ai sommovimenti seguiti alla seconda discesa di Carlo IV. Un percorso simile fu percorso dai Sampante, nello specifico da Ranieri. Quelli che possono apparire come degli esempi lampanti di trasformismo politico sono con ogni probabilità legati alla loro professione di giurisperiti. A prescindere dalle idee personali dei vari individui, le loro competenze e il loro know-how gli permettevano di essere strumenti imprescindibili dei vari governi (non a caso anche in questo periodo uno o più giuristi era immancabilmente parte di un’ambasceria), senza contare la fitta rete di contatti che il loro mestiere gli permetteva di intessere279.

Quello che più colpisce del periodo immediatamente successivo alla cacciata dei Raspanti è l’intenso lavorio diplomatico operato dal comune: le numerose delegazioni spedite a Lucca, tra le quali anche alcune inviate specificatamente al Cardinale Guy de Boulogne280, riflettono l’intenso svolgersi delle trattative tra Pisa e l’impero. Si assiste poi

a un vero e proprio moltiplicarsi di ambascerie da e per diverse località, fra le altre Perugia, Genova, Lombardia, Ferrara, Padova, Venezia e Roma281 . Esse riflettono la difficile situazione del nuovo governo pisano, con la necessità di instaurare nuovi contatti diplomatici che riflettessero i mutati indirizzi in politica estera. Pisa, nei mesi in cui si era trovata sotto la tutela imperiale, non aveva avuto controllo sulla propria politica estera, e aveva dovuto soggiacere ai voleri di Carlo in questo proposito, ritrovandosi poi nella difficile evenienza di essere isolata politicamente. La modificazione dell’atteggiamento verso Firenze, che si avviava ad essere l’alleata più stretta di Pisa trova conferma nei documenti; appare anzi probabile che non fosse solo il comune gigliato ad avere interesse ad allargare la sua influenza sulla città vicina, ma che anche Pisa cercasse attivamente il favore della vicina. Ciò appare anche plausibile per i lunghi rapporti di amicizia che

278 ASP Com A 141 f. 30.’

279 Si veda anche A. Poloni, Trasformazioni della società e mutamenti delle forme politiche, pp. 259-63. 280 ASP Com A 145 f. 10’.

legavano i Gambacorta a Firenze, che rendevano un avvicinamento tra le due città logico se non addirittura concordato in precedenza. Prove della ricerca attiva del favore fiorentino si trovano nella larghezza e nella deferenza con cui il comune pisano aveva ricevuto i delegati provenienti dalla città vicina: troviamo testimonianze di ricchi regali fatti a figure istituzionali del comune di Firenze come i priori o il vessillifero282.

5.3 L’ISTITUTO DELL’ANZIANATO IN OCCASIONE DELLA

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