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Il regime di stabilità del provvedimento emesso dalla

Fermo restando che, ad oggi, il coordinamento operato dalla giurisprudenza tra gli strumenti del reclamo alla Corte d’appello e della revoca e modifica ad opera del giudice istruttore non appare per nulla soddisfacente in termini di garanzie e tutela per le parti, gli interpreti non possono non interrogarsi su una ulteriore questione che le lacune normative lasciano aperta, ossia quale sia il grado di stabilità del provvedimento emesso dalla Corte d’appello in sede di reclamo di cui all’art. 708 c.p.c.

Come si è già avuto modo di evidenziare, il provvedimento reso dal giudice di seconda istanza non è ulteriormente reclamabile, né ricorribile in cassazione, né assoggettabile a regolamento di competenza.

Ci si domanda, tuttavia, se esso possa essere sottoposto al potere di revoca e modifica che l’art. 709 c.p.c. attribuisce al giudice istruttore con specifico riferimento ai provvedimenti presidenziali e, in caso di risposta affermativa a tale quesito, se tale potere sia illimitato e incondizionato, ovvero sia subordinato al verificarsi di un mutamento nelle circostanze.

In dottrina sono state prospettate diverse soluzioni. Vi è chi36 ritiene che il giudice istruttore possa esercitare il potere di revoca e modifica a

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D’ALESSANDRO, Profili, cit., 284; LUISO, Diritto processuale, cit., 300; MANDRIOLI, Diritto

processuale civile, III, XX ed., Torino, 2009, 101; SALVANESCHI, I procedimenti, cit., 145; ID., Alcuni profili, cit., 1287.

prescindere dal sopravvenire di nuove circostanze, semplicemente sulla base di una diversa valutazione dei fatti. A sostegno di questa tesi è stata invocata, oltre alla specificità del reclamo introdotto ex art. 708 c.p.c., che non lascerebbe spazio all’applicabilità delle norme dettate con riferimento al rito cautelare, la peculiare struttura della fase introduttiva dei procedimenti di separazione e di divorzio, che consente alle parti di delineare il thema decidendum in un momento successivo rispetto all’udienza presidenziale37. È stato altresì rilevato che il provvedimento della Corte d’appello avrebbe la medesima efficacia di quello presidenziale, con la conseguenza che dovrebbe essere assoggettato al medesimo regime di stabilità38.

Laddove si aderisse a tale orientamento, si dovrebbe ammettere che il provvedimento emesso dal giudice di secondo grado sarebbe privo di ogni efficacia preclusiva, potendo esso in ogni momento essere rivisitato dal giudice istruttore, anche sulla base di una mera valutazione di opportunità.

Altri autori39 ritengono, invece, che la pronuncia della Corte d’appello possa essere revocata e modificata dal giudice istruttore solo laddove vengano prospettate nuove circostanze. Tale soluzione sarebbe – a detta dei sostenitori di questa tesi – rispettosa del dato normativo che

letteralmente svincola dal sopravvenire di nuove circostanze

esclusivamente il potere di revoca e modifica avente ad oggetto i provvedimenti emessi dal presidente, e non dal giudice di seconda istanza.

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Tali considerazioni sono di SALVANESCHI, I procedimenti, cit., 145; ID., Alcuni profili, cit., 1287.

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Tale osservazione è di LUISO, Diritto processuale, cit., 300.

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DANOVI, Reclamo, revoca e modifica dei provvedimenti sommari nella separazione e nel divorzio, in

Il giusto processo civile, 2008, 222; GRAZIOSI, Profili processuali della L. n. 54 del 2006 sul c.d. affidamento condiviso dei figli, in Dir. fam. pers., 2006, 2, 1856; LUPOI, Aspetti, cit., 1091;

L’art. 709 c.p.c. non sarebbe, infatti, applicabile ai provvedimenti emessi dalla Corte d’appello, stante la natura sostitutiva del reclamo che farebbe venire meno i provvedimenti presidenziali, per i quali la norma è stata specificamente dettata. Laddove, diversamente, si ammettesse la libera modificabilità e revocabilità del provvedimento reso dalla Corte d’appello, soprattutto nell’eventualità in cui il presidente assegni a se stesso la causa in qualità di istruttore, si frustrerebbe di fatto, a detta dei sostenitori della tesi in esame, la funzione del reclamo.

Si discosta parzialmente da tale orientamento l’opinione40, già richiamata in precedenza, secondo la quale la pronuncia della Corte d’appello avrebbe un effetto preclusivo limitato per il giudice istruttore, il quale non potrebbe quindi revocare o modificare, senza che siano intervenuti nuovi elementi, i provvedimenti contenuti nei capi che siano stati oggetto di pronuncia da parte del giudice di seconda istanza, mentre potrebbe esercitare liberamente il proprio potere, anche a prescindere da eventuali sopravvenienze, su tutti quegli aspetti eventualmente dedotti in sede di reclamo, ma non oggetto di una espressa previsione del giudice di seconda istanza.

Vi è, infine, la posizione intermedia di quella parte della dottrina41 che ritiene che si debba operare una distinzione tra i provvedimenti della Corte d’appello concernenti i coniugi, revocabili e modificabili dal giudice istruttore esclusivamente in presenza di nuove circostanze, e quelli concernenti la prole, sui quali il potere del giudice istruttore potrebbe essere liberamente ed incondizionatamente esercitato, semplicemente re melius perpensa, essendo esso finalizzato a garantire l’interesse del

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LUPOI, Aspetti, cit., 1091.

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minore. A fondamento di questa tesi è stata invocata42 la disciplina in materia di revisione delle condizioni contenute nella sentenza di separazione: mentre l’art. 155 ter c.c. prevede, infatti, la modificabilità delle disposizioni concernenti la prole senza condizionarla alla presenza di particolari presupposti, l’art. 156 c.c. subordina la revisione delle condizioni relative ai rapporti patrimoniali tra coniugi al sopravvenire di “giustificati motivi”.

In effetti, se i provvedimenti concernenti la prole contenuti nella sentenza di separazione possono essere modificati a prescindere dall’emergere di nuovi elementi, non si vede perché ciò non dovrebbe essere possibile con riferimento ai provvedimenti emessi all’esito del giudizio incidentale di reclamo, dotati, senza dubbio, di un grado di stabilità inferiore.