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L’orientamento della giurisprudenza Pag

Si è già più volte richiamata, nel corso del presente lavoro, quella giurisprudenza cosiddetta “difensiva” formatasi presso le Corti d’appello a mezzo della quale i giudici di seconda istanza hanno cercato di limitare il numero dei ricorsi ex art. 708 c.p.c., utilizzando due differenti argomentazioni.

Da un lato, in diverse occasioni i collegi hanno ristretto l’ambito di applicazione del reclamo, asserendo che tale strumento può essere utilizzato per far valere unicamente profili di erroneità dell’ordinanza presidenziale immediatamente rilevabili, con la conseguenza che il relativo giudizio non potrebbe essere aperto ai nova né all’espletamento di alcuna attività istruttoria27.

I margini di utilizzabilità del reclamo sarebbero, sempre secondo l’orientamento dei giudici di seconda istanza, ulteriormente ridotti dalla circostanza che la possibilità di intervento del giudice istruttore sarebbe oggi, per esplicita volontà legislativa, non più subordinata al verificarsi di un mutamento nelle circostanze.

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Così App. Bologna, 8 maggio 2006, cit.; Id., 13 novembre 2006, cit.; App. Trento, 6 luglio 2006, cit.; Id., 24 agosto 2006, cit.; App. Cagliari, 26 marzo 2011, in Fam. pers. succ., 2011, 6, 471.

Dall’altro, la Corte d’appello di Firenze28 ha individuato un ulteriore e diverso espediente finalizzato ad evitare un ricorso massiccio allo strumento del reclamo, osservando che la pronuncia della Corte potrebbe giustificarsi esclusivamente laddove preceda di un apprezzabile margine temporale l’udienza di comparizione e trattazione avanti al giudice istruttore. In sostanza, come è stato osservato in dottrina29, il reclamo sarebbe sottoposto, secondo il collegio fiorentino, ad una condizione risolutiva di natura cronologica: laddove, nelle more del relativo giudizio, la causa transiti avanti al giudice istruttore, o sia destinata a transitarvi di lì a poco30, essendo l’udienza avanti all’istruttore fissata a breve, la pronuncia della Corte non avrebbe più alcuna ragione di essere, con la conseguenza che il ricorso ex art. 708 c.p.c. dovrebbe essere dichiarato inammissibile.

La decisione della Corte avrebbe dunque, da quel che pare emergere dalle pronunce in esame, la funzione cautelare di evitare che, nel tempo che separa l’udienza presidenziale da quella avanti all’istruttore, i provvedimenti temporanei ed urgenti che siano viziati da abnormità o non rispondenza alle emergenze della causa già evidenziatesi possano danneggiare le parti31.

Dall’esame della citata giurisprudenza parrebbe, dunque, emergere che gli errori manifesti del presidente, di norma sottoponibili all’attenzione del giudice istruttore laddove la causa sia in procinto di transitare avanti a

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App. Firenze, 10 luglio 2008, in Foro it., 2009, 4, I, 1216, con nota di CEA, Il difficile rapporto tra

reclamo e revoca dei provvedimenti nell’interesse della prole e dei coniugi; Id., 9 aprile 2010, ivi, 2010,

I, 2199.

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CEA, Il difficile rapporto, cit., 1218.

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Nel caso di specie su cui App. Firenze, 10 luglio 2008, cit., si è pronunciata, il reclamo è stato dichiarato inammissibile il 4 luglio 2008 e l’udienza di comparizione e trattazione era fissata per il 23 settembre 2008.

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questi, possano essere fatti valere con lo strumento del reclamo solo qualora l’udienza di comparizione e trattazione sia fissata ad una data eccessivamente distante rispetto all’udienza presidenziale, dispiegando l’intervento della Corte una funzione cautelare.

Il potere di revoca e modifica del giudice istruttore sarebbe, invece, incondizionato, ossia sollecitabile non solo quale unico strumento per adeguare i provvedimenti temporanei ed urgenti al mutare della situazione di fatto, ma anche per far valere eventuali errori decisionali commessi dal presidente, laddove l’urgenza non imponga un intervento anticipato della Corte d’appello.

In sostanza, lo strumento “ordinario” di controllo avverso i provvedimenti presidenziali sarebbe, a prescindere dalla circostanza che si vogliano fare valere dei vizi del provvedimento ovvero delle sopravvenienze, il potere di revoca o modifica che l’art. 709 c.p.c. attribuisce al giudice istruttore. Nei casi di particolare urgenza e laddove l’intervento dell’istruttore sia previsto decorso un lasso temporale eccessivamente lungo rispetto all’udienza presidenziale, gli errori commessi dal presidente, e solo questi, possono essere fatti valere con il reclamo.

La mancata proposizione del reclamo non avrebbe, dunque, alcuna portata preclusiva, neppure con riferimento ai vizi del provvedimento ictu oculi rilevabili, nonostante la previsione del termine di dieci giorni dalla notificazione del provvedimento entro il quale l’art. 708 c.p.c. impone che il reclamo venga proposto.

L’orientamento “difensivo” delle Corti d’appello, che, a parere di chi scrive, appare condivisibile nella parte in cui qualifica il reclamo ex all’art. 708 c.p.c. come una forma di riesame allo stato degli atti, ma non laddove

introduce quella che la dottrina ha definito una condizione risolutiva di natura cronologica, desta notevoli preoccupazioni se si considera che fortemente restrittiva è altresì la posizione dei Tribunali sulle istanze di revoca e modifica presentate dai coniugi.

Com’è stato osservato in dottrina32, volendo parlare in termini scacchistici, la partita tra Corti di appello e giudici istruttori è in fase di stallo. I giudici di seconda istanza, infatti, utilizzando gli espedienti di cui sopra, tendono a rigettare i ricorsi dei coniugi, senza neppure esaminarli nel merito, ritenendo le parti sufficientemente tutelate dalla possibilità di ottenere in qualsiasi momento la revoca o la modifica dei provvedimenti presidenziali ad opera del giudice istruttore, il cui potere di intervento dovrebbe, a detta delle Corti d’appello, considerarsi illimitato e non più subordinato al verificarsi di un mutamento nelle circostanze.

I coniugi sarebbero in effetti sufficientemente garantiti se i giudici istruttori si ritenessero legittimati ad utilizzare il potere loro attribuito dall’art. 709 c.p.c. senza alcuna limitazione, sulla base di una semplice valutazione di opportunità ed a prescindere da eventuali sopravvenienze. Tuttavia è assolutamente prevalente tra i giudici di prima istanza33 la tesi secondo la quale la revoca e la modifica dei provvedimenti presidenziali sarebbero ammissibili esclusivamente in presenza di circostanze sopravvenute, o laddove si alleghino, come previsto in ambito cautelare, fatti anteriori di cui si sia avuta conoscenza successivamente al provvedimento presidenziale. In particolare, i giustificati motivi che potrebbero essere addotti al fine di ottenere la revoca o la modifica di un

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Queste parole sono di CEA, Il controllo, cit., 2203.

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Trib. La Spezia, 25 novembre 2006, in www.affidamentocondiviso.it; Trib. Pisa, 14 febbraio 2007, in

Dir. fam. pers., 2007, 3, 1228; Trib. Pistoia, 7 gennaio 2010, in Foro it., 2010, 7-8, 2199; Trib. Busto

provvedimento presidenziale potrebbero essere non solo di tipo sostanziale, ossia fatti nuovi, ma anche di tipo processuale, ossia nuove allegazioni o prove34.

Consta, invece, una pronuncia, peraltro isolata, che si discosta parzialmente dall’orientamento della giurisprudenza ora menzionata: secondo il Tribunale di Modena35, l’istanza di revoca sarebbe ammissibile solo in presenza di un mutamento nelle circostanze esclusivamente laddove il giudizio di reclamo sia stato instaurato; il requisito delle sopravvenienze non sarebbe invece necessario laddove la via del reclamo non sia stata coltivata e sia quindi ormai perenta.

È evidente che, questi essendo gli orientamenti formatisi tra i giudici di prima e di seconda istanza, viene a crearsi un inaccettabile vuoto di tutela per quei coniugi che vedano il proprio ricorso per reclamo, instaurato per fare valere un errore decisionale del presidente, dichiarato inammissibile dalla Corte d’appello perché la causa è destinata a transitare a breve avanti ad un giudice istruttore che, in realtà, non potrà considerare l’istanza di revoca o modifica in quanto non fondata su nuove circostanze.

Il sistema restrittivo delineato dai collegi di seconda istanza potrebbe, infatti, essere efficace e sufficientemente garantistico se effettivamente accompagnato da un potere incondizionato di revoca e modifica avanti all’istruttore. Ma, ad oggi, la giurisprudenza dei Tribunali non pare essere orientata in questo senso, con la conseguenza che l’incertezza lasciata agli interpreti dalla scarna e mal coordinata normativa delle L. 14 maggio 2005, n. 80 e L. 8 febbraio 2006, n. 54 diventa fonte di un secco rifiuto di tutela per i coniugi, ancor più inaccettabile se si

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Così si legge nella massima di Trib. Pisa, 3 marzo 2010, in Foro it., 2010, 7-8, 2199.

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considera la delicatezza degli aspetti trattati con i procedimenti di separazione e di divorzio.

8. Il regime di stabilità del provvedimento emesso dalla Corte