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4. Gli anni di Chruščev

4.4 Il relativo, confuso, ritorno all'ortodossia

Pochi giorni dopo lo svolgimento della Conferenza, Pierre Pflimlin, ex Primo ministro francese, notò in un rapporto al Consiglio d'Europa il cambiamento di rotta nell'ideologia socialista. Egli ravvisava le cause di questo spostamento di prospettiva nell'accordo raggiunto a Bruxelles sulla politica agricola, nelle diverse domande di adesione o di associazione che erano state presentate fino ad allora, nella richiesta dei paesi africani per il rinnovo degli accordi di associazione335, nelle proposte di Kennedy per un abbassamento delle tariffe doganali oltre che nelle prospettive di unione politica e nella forza di attrazione che la CEE esercitava sul blocco sovietico336.

334 Ibidem.

335 Concretizzatosi da lì a qualche mese con la Convenzione di Yaoundé del 20 luglio 1963. 336 Documento No. 1479, Cosiglio d'Europa, Comitato politico dell'Assemblea Consultiva, 14

In effetti in quel periodo alcuni elementi, nonostante il sostanziale fallimento dei progetti di “Unione politica”, facevano pensare ad un possibile rafforzamento dell'integrazione europea e quindi alla necessità di dovere scendere a patti con essa quanto prima: i negoziati per l'adesione britannica proseguivano e Kennedy, nel discorso di Filadelfia del 4 luglio 1962, offriva agli europei un dialogo su posizioni di parità e proponeva quasi una zona di libero scambio di proporzioni atlantiche337. Quest'ultima proposta avrebbe poi condotto all'adozione del Trade Expansion Act nell'ottobre di quell'anno e in ultima analisi al Kennedy Round iniziato il 4 maggio 1964. Il tentativo dell'amministrazione americana si rivelò però tutto sommato maldestro. Esso si basava sul sicuro ingresso degli inglesi nella Comunità e non teneva sufficientemente conto del peso politico della Francia gollista in Europa338. Se l'Europa doveva infatti essere considerata su un piano di parità con gli Stati Uniti, questo avrebbe comportato necessariamente una revisione dei meccanismi di gestione delle forze nucleari dell'Alleanza atlantica. Gli americani sembrarono disposti a una simile mossa, ma non avevano considerato che la force de frappe francese avrebbe, in questo nuovo contesto, perso ogni «virtualità politica»339 e questo sicuramente non si accordava con le speranze del generale de Gaulle. Che poi l'esito del negoziato per l'adesione britannica non fosse scontato lo si era già intuito dalla formulazione della richiesta di Macmillan. La lettera ufficiale chiedeva infatti soltanto “l'apertura dei negoziati”340 e non l'adesione.

Il veto opposto in conferenza stampa il 14 gennaio 1963 dal presidente de Gaulle all'adesione britannica, colse di sorpresa i sovietici341 – e ovviamente anche l'amministrazione Kennedy. Chruščev dovette pensare allora a come

337 Olivi B., Santaniello R., Storia dell'integrazione..., op. cit., pp. 44-45. 338 Olivi B., L'Europa difficile..., op. cit., p. 81.

339 Ivi, p. 78. 340 Ivi, p. 79.

approfittare dell'esplosione di un conflitto politico dalle conseguenze notevoli all'interno del campo occidentale, proprio poco tempo dopo che le contraddizioni classiche erano state così apertamente ridimensionate. Nelle due settimane successive si assistette quindi sulla stampa sovietica ad un netto ritorno alle tesi ortodosse ed entro il 29 gennaio, quando il ministro degli Esteri francese Couve de Murville formalizzò quel veto342, le affermazioni delle Trentadue tesi tornarono ad essere quelle più in voga: Arsumanjan pubblicò addirittura sulla Pravda dell'8 marzo una “giustificazione” delle dichiarazioni che aveva reso alla conclusione della Conferenza di Mosca nel settembre dell'anno precedente343. Un altro elemento che ebbe con ogni probabilità un effetto decisivo nel determinare il ritorno dei sovietici su posizioni più ortodosse, fu la firma del trattato di amicizia e cooperazione tra Francia e RFT, avvenuta a Parigi il 22 gennaio. Una simile mossa era più che sufficiente per determinare una reazione decisa da parte dell'URSS. La creazione dell'asse Parigi-Bonn risvegliava infatti a Mosca la paura di un'Europa occidentale unita. La conclusione della crisi dei missili di Cuba di pochi mesi prima, sembrava avere sigillato una sorta di “diarchia planetaria”. Questa sorta di accordo con gli Stati Uniti avrebbe potuto permettere all'URSS di dedicare meno risorse al settore degli armamenti e concentrare invece gli investimenti nell'ambizioso progetto coltivato da Chruščev di potere, entro il 1970, raggiungere i livelli di produttività e di qualità della vita esistenti negli Stati Uniti344. Con l'apparente soluzione della rivalità che aveva tenuto il cuore dell'Europa diviso per secoli, riemergevano i timori sovietici per la propria sicurezza: la “vera minaccia” era infatti considerata più «un'Europa occidentale unita politicamente, militarmente ed economicamente» che non gli Stati Uniti345. Il ministro degli Esteri francese Couve de Murville inoltre, non contribuì certo a fugare i timori di

342 Olivi B., Santaniello R., Storia dell'integrazione... op. cit., p. 46.. 343 Forte D. F. P., The Response of Soviet..., op. cit., p. 384.

344 Di Nolfo E., Dagli imperi militari..., op. cit., pp. 289-290.

Mosca quando affermò, durante il dibattito per la ratifica del patto all'Assemblea nazionale, che esso si giustificava «anche come antidoto quanto meno parziale all'egemonia dell'URSS, unica potenza in grado di aspirare al dominio in Europa»346. I sovietici avevano infatti sempre ritenuto, come abbiamo visto, che «this venture in capitalist integration was directed primarily against the Soviet Union»347. Questi nuovi sviluppi non potevano che confermare i loro timori e la firma del patto provocò l'invio ai due governi, il 5 febbraio, di note di protesta particolarmente dure. In esse si denunciava la costituzione di un'alleanza «politico-militare mirante ad acuire la tensione internazionale, a minare la pace e la sicurezza in primo luogo in Europa»348. Vi si denunciava inoltre la falsità dell'affermazione secondo la quale l'alleanza avrebbe reso i paesi europei più forti: «Le alleanze militari e la corsa agli armamenti sono armi a doppio taglio e non accresceranno la forza dei paesi dell'Europa occidentale»349 (mostrando in queste affermazioni il “lato minaccioso” della politica di Chruščev). Inoltre i sovietici non erano gli unici a non vedere di favorevolmente questa “nuova amicizia”. Lo stesso ministro degli Esteri belga Spaak affermò, in un'intervista rilasciata al quotidiano sovietico Izvestija in maggio, che il patto era «stato accolto molto male in molti paesi», incluso il suo, e che era «in contrasto con l'accordo di Roma sul Mercato comune»350.

Il patto franco-tedesco si dimostrò in realtà quasi morto sul nascere351 per via di fondamentali divergenze di vedute fra il generale de Gaulle e la sua politica di relativo distacco dall'Alleanza atlantica e la politica tedesca, impegnata in un intenso dibattito sulla propria posizione rispetto agli Stati Uniti e che in ottobre sostituì Adenauer «con il più filo-atlantico» Ludwig Erhard352.

346 Soglian F., L'integrazione europea..., op. cit., (vol. 2) p. 576. 347 Adomeit H., Capitalist Contradictions..., op. cit., p. 3.

348 Il testo integrale della nota sovietica si trova in Relazioni internazionali, No. 7, 1963. 349 Ibidem.

350 Una traduzione dell'intervista è stata pubblicata in Relazioni internazionali, No. 21, 1963. 351 Soglian F., L'integrazione europea..., op. cit., (vol. 2) p. 584.

Questi sviluppi e l'arresto del temuto processo espansivo della CEE diedero in qualche modo ai sovietici “tempo per riflettere”, mentre gli ulteriori disaccordi e la mancanza di progressi nel processo di integrazione attorno alla metà degli anni '60, permisero il ritorno in auge definitivo delle Trentadue tesi, citate ancora come un documento autorevole nel 1972353. Quelle del 1962 furono quindi le ultime tesi pubblicate sull'argomento e non vi furono altre campagne di stampa. Bisognerà aspettare gli anni a cavallo tra i '60 e i '70 per assistere a qualche cambiamento in questo “stallo ideologico”354 dopo un decennio di intense trasformazioni nella politica del continente.

Intanto però, un primo cambiamento irreversibile si era prodotto: il dibattito di quegli anni comportò il cambio di atteggiamento anche ufficiale di molti partiti comunisti occidentali – e soprattutto quello italiano – nei confronti delle Comunità europee355. Non è possibile analizzare questo aspetto approfonditamente in questa sede, ma è possibile che la Conferenza dell'agosto- settembre 1962 abbia costituito un primo passo verso una certa emancipazione dei partiti comunisti occidentali dalla “tutela” del PCUS. Certo non poté essere quel dibattito in sé a comportare un simile cambiamento di rotta, ma ebbe a mio parere un ruolo determinante per l'avvio di quel processo che porterà alla nascita del cosiddetto “Eurocomunismo” intorno alla metà degli anni '70.

353 Binns C. A. P., From USE to EEC..., op. cit., p. 256.

354 Ibidem. Vedi anche Cutler R. M., The View from the Urals..., op. cit., p. 92; Pinder J., Soviet

Views of..., op. cit., p. 110.

5. Diverse condizioni politiche ed