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La preparazione dei Trattati di Roma e le alternative sovietiche: l'Accordo

2. L'Unione Sovietica e i progetti di integrazione europea: dal “socialismo in un

2.6 La preparazione dei Trattati di Roma e le alternative sovietiche: l'Accordo

Economica Paneuropea

Intanto, in giugno aveva preso avvio la conferenza di Messina, organizzata dal ministro degli Esteri italiano Gaetano Martino, e che costituì il punto di partenza per il rilancio dell'integrazione europea dopo il fallimento della CED201. Le reazioni sovietiche si fecero però attendere in questo caso e per quasi tutto il periodo di elaborazione dei piani che porteranno alla firma dei Tratti di Roma il 25 marzo 1957. La prudenza sovietica fu dovuta principalmente al fatto che, dopo la conferenza di Ginevra, i dirigenti sovietici ritennero la situazione europea, per quanto grave, stabile e comunque irreversibile. Questo inoltre determinò il loro accresciuto interesse per il mondo extra-europeo: Stalin, tradizionalmente poco interessato a quelle vicende, era uscito di scena e la conferenza di Bandung, svoltasi nell'aprile del 1955, aveva messo in evidenza come anche i paesi del cosiddetto “terzo mondo” avessero un ruolo da giocare.

200 Ulam A., Storia della..., op. cit., p. 811. 201 Olivi B., L'Europa difficile..., op. cit. p. 47.

Poco tempo dopo la conferenza di Ginevra infatti Bulganin e Chruščev partirono per un viaggio durato diversi mesi, nel corso del quale visitarono tutti i più importanti Stati asiatici202. Un altro aspetto che allontanò l'attenzione dei vertici sovietici dal processo di integrazione, furono le divergenze in corso tra i vertici del regime conseguente alla presentazione del “Rapporto segreto” di Chruščev al XX Congresso del PCUS con il quale prese avvio la “destalinizzazione”.

Insomma la preparazione della CEE e dell'Euratom poté godere «di un certo grado e margine di autonomia rispetto ai grandi temi del dibattito politico. Non che essa non fosse legata e non risentisse profondamente delle fluttuazioni della congiuntura internazionale, ma la sua problematica non ne era sempre e direttamente coinvolta»203. Fino a questo momento abbiamo infatti visto come ad ogni passo in avanti in Europa, corrispondesse sempre una qualche reazione sovietica più o meno ostile. In questo caso, effettivamente caratterizzato da tali elementi di novità da rendere quantomeno complessa una risposta immediata, la risposta sovietica si fece attendere fino all'aprile 1956, quando ebbe luogo l'undicesima sessione della Commissione Economica per l'Europa delle Nazioni Unite. In quell'occasione venne discussa una proposta del governo sovietico finalizzata alla preparazione di una bozza per un “Accordo di Cooperazione Economica Paneuropea” all'interno del quadro della stessa Commissione. Lo stesso governo sovietico affermò di essere pronto ad elaborare una simile bozza, accompagnata da una nota esplicativa, da inviare al Segretario Esecutivo dell'ECE entro il luglio di quell'anno, così che questi la facesse circolare tra i paesi membri. All'inizio del 1957, 27 Stati membri avevano risposto riportando le proprie osservazioni. In risposta il governo sovietico preparò un memorandum che modificava l'Accordo tenendo conto dei rilievi ricevuti. La

202 Cfr. “L'Unità”, I rapporti sul viaggio di Bulganin e Krusciov, 29 dicembre 1955. 203 Levi Sandri L., Le ragioni dell'Europa, Comunità, No. 127, febbraio 1965, p. 2.

versione definitiva dell'Accordo fu inserita all'ordine del giorno della dodicesima sessione dell'ECE, da tenersi nell'aprile 1957204.

Gli elementi interessanti dell'Accordo erano almeno due. In primo luogo il fatto che l'Accordo si attenesse scrupolosamente alle posizioni già tenute dai sovietici in merito alla cooperazione economica internazionale negli anni precedenti – ad esempio nel caso dei negoziati di Parigi dell'estate 1947. All'articolo 1 si affermava che questa cooperazione economica fra gli Stati europei avrebbe dovuto essere messa in pratica «regardless of their social systems, on the basis of mutual advantage, respect of sovereignty rights and non- interference in the internal affairs of other states»205. Ovviamente nessuna nuova organizzazione sarebbe stata fondata per attuare gli obiettivi dell'accordo e le funzioni esecutive collegate sarebbero state delegate al Segretario dell'ECE, senza espanderne peraltro le funzioni (articolo 18). L'Accordo sarebbe servito a promuovere, oltre agli ovvi accordi multilaterali, anche accordi bilaterali come quelli che venivano allora conclusi nell'ambito del Comecon (articoli 2 e 6). Nell'Accordo potevano inoltre essere rinvenuti alcuni aspetti – come l'attivazione della clausola della “nazione più favorita” (articolo 5) – che negli anni a venire costituirono punti fondamentali della critica sovietica all'integrazione europea.

Il secondo aspetto interessante di questa proposta di Accordo, risiedeva nel fatto che essa fu intesa dai suoi autori come un mezzo per evitare – o quantomeno per dimostrare “l'opposizione costruttiva” dell'Unione Sovietica a questo riguardo – la nascita di «new exclusive political and economic alignments in Europe»206 e «come una sorta di complemento economico delle proposte sovietiche per un sistema di sicurezza paneuropea in campo politico»207. In una

204 Soviet Proposals for All-European Economic Co-operation, International Affairs (Mosca), Vol. 5, No. 3, 1957, pp. 156-163, p. 156.

205 Ivi, p. 158. 206 Ivi, p. 156.

nota spedita ai ministri degli Esteri dei paesi membri dell'ECE il 16 marzo208 quindi subito prima della firma dei Trattati di Roma – l'URSS cercò infatti di metterli in guardia, stavolta in modo specifico ed esplicito, contro i pericoli dell'Euratom e del Mercato Comune209. La nota anticipava sommariamente alcune delle argomentazioni delle “Diciassette tesi sulla creazione del Mercato Comune e dell'Euratom” che verranno analizzate nel capitolo successivo. In essa si affermava che queste organizzazioni, dato che tutti i suoi futuri Stati membri erano anche membri del Patto atlantico, sarebbero state «subordinate agli obiettivi NATO, il cui carattere aggressivo è ampiamente noto»210 e questo avrebbe condotto «inevitabilmente ad un ulteriore approfondimento della divisione in Europa e un aggravamento della tensione», introducendo nuovi ostacoli «sulla via del ristabilimento dell'unità nazionale del popolo tedesco»211. L'attuazione del Mercato Comune avrebbe significato «che i paesi economicamente più forti, e in effetti i più grandi monopoli, sarebbero [stati] in grado d'imporre le loro condizioni ai paesi europei più deboli. […] Nemmeno i più ferventi campioni del piano del Mercato comune negano che sono i monopoli della Germania occidentale quelli che ne trarranno maggior guadagno» e tutto ciò a detrimento soprattutto della Francia, la quale «perderebbe la libertà d'azione nelle sue relazioni commerciali» e dell'Italia che invece di risolvere il problema della disoccupazione, finirebbe semplicemente per inviare i propri disoccupati negli altri Paesi membri dove «come dimostrato dall'esperienza, verrebbero impiegati per i lavori più ardui e pericolosi e meno remunerati»212. La nota si concludeva con la reiterazione delle proposte di cooperazione economica paneuropea già menzionate.

208 Il testo integrale è in “Relazioni Internazionali”, L'Unione Sovietica contraria ai trattati

europei, No. 13, 1957, pp. 403-405.

209 In tutti I documenti sovietici dell'epoca si può notare come essi preferissero questa dicitura e quella di CEE.

210 “Relazioni Internazionali”, L'Unione Sovietica contraria..., op. cit., p. 403. 211 Ibidem.

Né la proposta di Accordo di Cooperazione Economica Paneuropea né la nota del 16 marzo riuscirono a dissuadere i governi dell'Europa occidentale. Alla prima proposta, tutti i paesi del blocco comunista reagirono positivamente, e benché anche i paesi neutrali – Austria, Finlandia e Svezia – si fossero dichiarati disponibili al dialogo, l'Accordo rimase sempre sulla carta. Gran Bretagna, Francia e RFT avevano risposto con una certa cortesia, invitando i paesi membri dell'ECE a studiare la questione ma sostanzialmente dubitando della possibilità che un accordo potesse essere trovato sulla base della proposta sovietica. Italia e Norvegia sollevarono addirittura la questione della differenza di sistemi economico-politici tra Est e Ovest. Gli Stati Uniti invece rifiutarono in toto la proposta sovietica e ciò fu sottolineato nel memorandum preparato da Mosca dopo aver ricevuto le risposte dei 27 Stati membri, facendo notare soprattutto come gli americani non avessero fatto alcuna controproposta, cosa che andava «counter to the basic aims of the Economic Commission for Europe»213.

Le reazioni occidentali alla nota del 16 marzo, furono invece molto più dure e le note formali di risposta furono inviate solo dopo la firma dei trattati. La risposta italiana ad esempio affermò che tutto il testo della nota del 16 marzo dimostrava come il governo sovietico partisse «da una concezione del tutto inesatta delle vere cause della tensione internazionale e della realtà dei rapporti economici e politici che regolano la vita dei paesi»214. Inoltre essa classificava come «un'indebita ingerenza nei propri affari interni le argomentazioni sulle condizioni degli italiani che lavorano all'estero». Inoltre, «a prescindere dall'assurdità delle suddette argomentazioni», proseguiva chiedendo se il governo sovietico avrebbe ritenuto legittimo che «il governo italiano notificasse il proprio avviso sulle eventuali ripercussioni negative che, a suo giudizio, potrebbero avere sui lavoratori sovietici impegni internazionali o

213 Soviet Proposals..., op. cit., p. 160-161.

214 Il testo integrale della nota italiana è in “Relazioni Internazionali”, L'Italia risponde alla

provvedimenti interni presi dal governo sovietico nel libero esercizio della propria sovranità»215. Dopo aver respinto la pretesa che la CEE e l'Euratom potessero essere un impedimento per la cooperazione sul continente europeo e aver affermato che anzi essi rispondevano agli stessi obiettivi che approvava il governo dell'URSS, la nota proseguiva negando il carattere offensivo della NATO216. La nota concludeva affermando che l'integrazione non poteva «essere intrapresa con successo che da paesi i cui sistemi economici e sociali e le strutture politiche [fossero] comparabili» e che non si poteva trovare altra spiegazione alle affermazioni della nota del 16 marzo se non «l'opposizione preconcetta ed ingiustificata del governo sovietico»217.

È comprensibile, d'altra parte, che vi fossero delle riserve sulla serietà e buona fede delle proposte sovietiche. Alcuni aspetti erano infatti probabilmente del tutto irrealizzabili, come quella, sottolineata dal governo sovietico in entrambi i documenti, della cooperazione nello sviluppo degli usi civili dell'energia atomica. Ad ogni modo ritengo si sia trattato di documenti interessanti e utili a ricostruire l'atteggiamento sovietico di quegli anni nei confronti di simili aspetti della politica internazionale. Va ricordato infatti che, una volta compresa l'impossibilità a impedire la conclusione degli accordi che avrebbero dato vita alla CEE e all'Euratom, i dirigenti sovietici decisero di tornare a occuparsi del Comecon, un'organizzazione rimasta fino a quel momento dormiente218. Fin dalla Quarta Sessione del Comecon, tenutasi a Mosca dal 26 al 27 marzo 1954 si cominciò a parlare di specializzazione, ossia dell'introduzione di forme di divisione internazionale del lavoro, sebbene solo in termini molto generali219. Alla Sesta Sessione del Consiglio, tenutasi a Budapest nel dicembre 1955 e con la quale tornò in vigore la rotazione delle

215 Ivi, p. 589. 216 Ivi, p. 590. 217 Ivi, p. 591.

218 Kaser M., COMECON, op. cit. 1972, p. 75. 219 Ivi, p. 76.

capitali ospitanti voluta al momento della fondazione del Comecon, si discusse dello stesso tema in termini più specifici e si arrivò a degli accordi in merito alla specializzazione nel settore meccanico220. Nel maggio 1956 ebbe poi luogo a Berlino la Settima Sessione. Essa introdusse, oltre ad un ampliamento ad altri settori degli accordi sulla specializzazione, un'importante innovazione organizzativa e istituzionale con l'introduzione di undici Commissioni permanenti settoriali di consultazione tecnica221 (agricoltura, industria chimica, carbone, energia elettrica, meccanica, metalli ferrosi, metalli non ferrosi, commercio estero, petrolio e gas, legname e cellulosa, geologia)222. Degno di nota è inoltre il fatto che nella stessa occasione le delegazioni di RDT e Ungheria proposero che i verbali delle sedute di queste Commissioni e dei loro sottogruppi venissero pubblicati, così da mostrare all'opinione pubblica interna e internazionale che i governi delle “democrazie popolari” non erano succubi, come molti pensavano, dell'Unione Sovietica, e che le decisioni adottate in seno al Consiglio erano il risultato di leali trattative223. Infine, alla Dodicesima Sessione, tenutasi a Sofia nel dicembre 1959, venne finalmente approvato uno Statuto che rendeva più chiari il ruolo e le ragioni del Comecon, facendo di quella organizzazione una risposta, sia pur modesta, a quelle nate in Europa occidentale224.

Nonostante questi tentativi, le responsabilità e l'impatto del Comecon rimasero ancora per molto tempo decisamente più limitate rispetto a quelle della CEE. Non esisteva in effetti ancora un impianto teorico adeguato per far venire a patti il marxismo-leninismo con il fenomeno dell'integrazione tra gli Stati. 220 Ivi, pp. 84-85. 221 Ivi, p. 99. 222 Ivi, appendice 8. 223 Ivi, p. 100. 224 Ivi, p. 120.

3. Dei fenomeni nuovi: la CEE e