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5. Diverse condizioni politiche ed economiche: prove generali di distensione

5.3 Un esempio di cambiamento nelle argomentazioni sovietiche

Un esempio dell'atteggiamento pragmatico, ma ancora fortemente critico, dei teorici sovietici ci viene dato da M. Maximova, la principale studiosa sovietica del processo di integrazione economica tra paesi capitalisti418. In un articolo comparso su International Affairs neli primi mesi del '65419, la studiosa analizzava le difficoltà cui la CEE era andata incontro in seguito alla crisi dell'inizio del '63. Nel suo scritto si trovano valutazioni non troppo distanti dal dibattito tradizionale sulle Comunità europee: il Mercato, viste le difficoltà politiche seguite alla crisi, avrebbe rinunciato all'allargamento ma stava cercando, grazie alle iniziative della Commissione – come “Iniziativa 1964”, con la quale la Commissione proponeva un calendario per accelerare la conclusione dell'unione doganale – di proseguire “l'approfondimento” dell'integrazione. Inoltre, riconosceva il cambiamento avvenuto all'interno della Comunità nei metodi negoziali, facendo riferimento alle pretese di immediata compensazione e quindi alla sopramenzionata “sincronizzazione”420. Nel suo articolo Maximova cercò di enfatizzare quindi tutti gli aspetti della crisi, dimostrando di aver compreso il meccanismo fondamentale dei negoziati di quegli anni – ossia il confronto fra gli interessi agricoli francesi e quelli industriali tedeschi421. Menzionava anche la minaccia espressa dall'allora Primo ministro del generale de Gaulle, Pompidou, il quale arrivò ad affermare che la Comunità «mourra – de sa belle mort» qualora le richieste francesi, soprattutto in tema di politica agricola, non fossero state accettate422. In generale l'analisi di Maximova si

418 Cutler R. M., The View from the Urals..., op.cit., p. 86.

419 Maximova M., Trouble and Strife of West European Integration, International Affairs, No. 3, Vol. 11, pp. 32-38.

420 Ivi, pp. 32 e 35. 421 Ivi, p. 33.

rivelava molto attenta alle dinamiche in corso in Europa occidentale, come dimostrato anche dall'affermazione secondo la quale, visto lo stato delle relazioni tra i paesi membri, molto improbabile sarebbe stato il passaggio in Consiglio dei Ministri al voto a maggioranza qualificata su molte materie, dopo il '66, e la quasi totale scomparsa del diritto di veto dopo il 1970, come previsto dal Trattato di Roma423. Maximova dimostrò in questo caso una notevole capacità d'analisi visto che da lì a pochi mesi sarebbe esplosa la cosiddetta “crisi della sedia vuota”424. Vero è che aveva anche pensato che le difficoltà di quel momento avrebbero costituito un impedimento a tutti i piani della Commissione, compresa la “fusione degli esecutivi”425 che invece avverrà nell'aprile dello stesso anno, ma in quel momento poteva sembrare una considerazione ragionevole.

Una parte dell'articolo veniva poi dedicata alle difficili relazioni con l'EFTA426 e un'altra alle crescenti difficoltà nelle relazioni tra i Sei e gli Stati Uniti427. Queste difficoltà sarebbero state una conseguenza del fallimento dei negoziati per l'ingresso della Gran Bretagna nella CEE, oltre che della crescente competitività delle economie europee428. Il disappunto statunitense sarebbe stato quindi dovuto al fatto che nonostante tutti i mezzi impiegati – dollari, propaganda, pressioni diplomatiche – per promuovere l'unità europea, in modo da farne una base economica della NATO, essi si sarebbero comunque trovati di fronte a «two isolated economic groups whose rivalry is leading to disunity within

423 Maximova M., Trouble and Strife..., op. cit., p. 36.

424In seguito ad alcune proposte presentate al Consiglio dei Ministri della Comunità dalla Commissione Hallstein, riguardanti la politica agricola comune, la creazione di risorse proprie per la Comunità e il rafforzamento dei poteri di bilancio del Parlamento europeo, de Gaulle decise, a partire dal 30 giugno 1965, che la Francia non avrebbe più preso parte ai lavori della Comunità. La crisi durò quasi sette mesi e venne risolta con l'adozione del cosiddetto “compromesso di Lussemburgo”. Cfr. Palayret J., Wallace H. e Winand P. (a cura di), Visions, Votes and Vetoes. The Empty Chair Crisis and the Luxembourg Compromise Forty

Years On, Bruxelles, Presses Interuniversitaires Européennes, 2006.

425 Maximova M., Trouble and Strife..., op. cit., p. 32. 426 Ivi, p. 36.

427 Ivi, p. 37. 428 Ibidem.

the imperialist camp and the formation of several economic centres within its framework»429. Infine un'altra parte notevole di quest'articolo, era quella dedicata al ruolo dei big monopolies, secondo Maximova i veri capi della CEE430. Si può riscontrare in quest'argomentazione un'eco delle più vetuste argomentazioni leniniste delle Diciassette tesi, quelle secondo le quali le Comunità europee non sarebbero altro che un'espressione dei monopoli internazionali, gli unici a potere guadagnare sostanzialmente da un mercato comune. Tuttavia ben diverso è il modo in cui queste argomentazioni venivano presentate da Maximova. Non più teoremi irrinunciabili e autosufficienti di una generale costruzione teorica delle relazioni economiche internazionali, ma dati sul commercio e sulle aziende e conoscenza dei meccanismi interni alla CEE. Maximova faceva riferimento al potere di pressione che gli industriali europei sarebbero stati in grado di esercitare tramite la Union of Industrialists of the European Community (UNICE, anche nota come BUSINESSEUROPE) soprattutto sul Comitato Economico e Sociale, attraverso il quale avrebbero cercato di «exercise a monopoly of advising the Commission»431. Non interessa qui entrare nel merito di quest'argomentazione. Tuttavia essa ci mostra come in quegli anni gli studiosi sovietici avessero cominciato a sviluppare un interesse più preciso e dettagliato per i processi di integrazione economica. Sebbene Maximova non rinunciasse alla fine dell'articolo a fare riferimento alle inevitabili, crescenti, “contraddizioni” tra le potenze capitaliste, il suo articolo si discostava notevolmente, nell'approccio e nella sostanza, dalle Trentadue tesi, ossia il documento che avrebbe dovuto costituire il punto di riferimento per gli accademici sovietici in tema di integrazione occidentale. Se queste avevano infatti innovato in qualche modo non tanto nel riconoscere la “realtà” della CEE, quanto nel riconoscerne la relativa indipendenza dalle politiche americane e nel considerarla un emergente “terzo polo” all'interno del campo occidentale,

429 Ibidem. 430 Ivi, p. 33. 431 Ivi, p. 34.

continuavano però a non riconoscere a questa alcun merito particolare, soprattutto in termini economici (seconda tesi). Maximova invece riconosceva che, grazie alla CEE, i monopoli dei Sei erano ormai in grado di competere con i monopoli, britannici, giapponesi432 e perfino americani433. Questo equivale a molto più che riconoscere la sua mera “realtà”.

In definitiva possiamo affermare che durante gli anni '60, nonostante lo stallo in termini di relazioni ufficiali dopo il timidissimo tentativo sovietico dell'estate del '63 e gli accordi specifici con alcuni degli Stati membri del Comecon, non tutto rimase uguale e soprattutto non rimase uguale ai risultati delle Trentadue tesi. Le evoluzioni all'interno della CEE si intrecciarono, sebbene non in modo diretto, con il tentativo sovietico di portare, tra il 1962 e il 1971, la cooperazione economica all'interno del campo socialista ad un livello superiore attraverso rilevanti modifiche istituzionali434. Durante la Ventottesima riunione del Comitato esecutivo del Comecon, nel febbraio 1967, venne ventilata, nel comunicato finale, la possibilità di allacciare contatti diretti con «altre organizzazioni economiche internazionali»435. Inoltre venne creato nel 1969, all'interno del quadro delle istituzioni del Comecon, un gruppo di studio speciale sull'integrazione occidentale, ideato con il preciso scopo di apprendere da quella esperienza436. Questi elementi, insieme agli accordi economici parziali visti sopra, rendono decisamente esagerata l'affermazione secondo cui l'atteggiamento sovietico durante gli anni '60 sarebbe stato improntato alla «assoluta negazione della realtà comunitaria»437, sebbene indubbiamente le Comunità europee continuarono a essere guardate dai dirigenti sovietici, almeno a livello diplomatico, con diffidenza se non con ostilità, come dimostrato

432 Paese che nella seconda delle Trentadue tesi veniva presentato come più dinamico dei Sei. 433 Maximova M., Trouble and Strife of West European Integration, op. cit., p. 33.

434 Shlaim A., Yannopoulos G. N., Economic Relations between the EEC and Eastern Europe, in Shlaim A., Yannopoulos G. N. (a cura di), The EEC and Eastern Europe, op. cit., p. 2.

435 Soglian F., L'integrazione europea..., op. cit., (vol. 2) p. 590. 436 Binns C. A. P., From USE to EEC..., op. cit., p. 257.

dalla sistematica opposizione all'ammissione o anche solo alla rappresentanza della CEE nelle organizzazioni internazionali delle quali l'URSS era membro e soprattutto dell'ONU e delle sue agenzie438

Per tutte le ragioni affrontate in questo capitolo il mondo sovietico fu costretto a riflettere con maggiore decisione su tutti gli aspetti dell'integrazione e, probabilmente grazie agli sviluppi ideologici, politici ed economici degli anni qui analizzati, riuscì a farlo su basi molto più realistiche e proficue per il dialogo e la cooperazione nel continente europeo.

6. Un nuovo ordine per il continente