2. I L DIRITTO ALL ’ UNITÀ E AL RICONGIUNGIMENTO FAMILIARE NELLA NORMATIVA
2.2. Il ricongiungimento familiare nelle norme di diritto derivato
La prima fonte normativa da prendere in esame è il regolamento n. 1612/68, relativo alla libera circolazione dei lavoratori subordinati all’interno della Comunità; il quale riconosce al lavoratore che si reca in un altro Stato membro il diritto ad essere raggiunto dai propri familiari75. Nello specifico l’art. 10 prevede che il lavoratore possa
essere raggiunto dal coniuge e dai discendenti minori di anni 21 o a carico, ed oltre a loro possono godere di tale ricongiungimento anche gli ascendenti sia del lavoratore che del suo coniuge che siano a carico
nel Trattato stesso (art. 1, comma 1) una concretizzazione dei principi espressi nel TUE. Il TUE contiene infatti soprattutto i principi istituzionali. Il TFUE, invece, è composto da ben 358 articoli; in particolare spiega in modo più dettagliato il funzionamento degli organi dell'UE e stabilisce in modo molto puntuale in quali ambiti l'UE è attiva e con quali competenze. Il tentativo di fusione del TUE con il TFUE, che in un primo momento era stato pianificato in modo da dare all'UE una costituzione, fallì nel 2005 con gli esiti negativi dei referendum in Francia e nei Paesi Bassi.
75 La prima disciplina in materia di libera circolazione dei lavoratori fu varata dal Consiglio nel 1961 regolamento nr. 15/1961/CE.
67 del lavoratore nello Stato di origine76. Gli artt. dal 10 al 12 oltre a
prevedere il diritto al ricongiungimento, riconoscono in capo al familiare del lavoratore una serie di diritti “derivati”, dal contenuto analogo a quelli del lavoratore stesso, si prevede la possibilità per tali soggetti di frequentare corsi d'insegnamento generale, di apprendistato e di formazione professionale alle stesse condizioni previste per i cittadini dello Stato ospitante. Il regolamento 1612/68 presenta, tuttavia, fin da subito una serie di criticità nella sua formulazione, in quanto da un lato limita il diritto al ricongiungimento ad una sola categoria di soggetti, l’art. 1 del regolamento si riferisce, infatti, espressamente a colui che accede nel territorio di un altro Stato membro ad un “attività subordinata” e quindi un diritto riconosciuto al solo lavoratore subordinato, dall’ altro lato enuclea il diritto all’unità familiare riservandolo ai soli cittadini comunitari lavoratori subordinati residenti in uno Stato membro “diverso” da quello di cittadinanza77. Su
76 Per stabilire se gli ascendenti siano a carico del lavoratore cittadino comunitario, lo Stato membro ospitante deve valutare se, alla luce delle loro condizione economiche e sociali, essi siano o meno in grado di sopperire ai loro bisogni essenziali. La necessità del sostegno materiale deve esistere nello Stato di origine o di provenienza di tali ascendenti al momento in cui chiedono di ricongiungersi al detto cittadino comunitario. La prova della qualità di ascendente a carico del lavoratore dipendente o del suo coniuge ai sensi dell’art.10 del regolamento n. 1612/68 è fornita attraverso la presentazione di un documento rilasciato dall’autorità competente dello Stato d’origine o di provenienza che confermi che l’ascendente interessato è a cario del lavoratore o del suo coniuge.
Sent. 9 gennaio 2007, Yunying Jia c. Migrationsverket, C-1/05 punto 23/43 su genitore a carico.
77Art.10:
1. Hanno diritto di stabilirsi con il lavoratore cittadino di uno Stato membro occupato sul territorio di un altro Stato membro, qualunque sia la loro cittadinanza:
a) il coniuge ed i loro discendenti minori di anni 21 o a carico;
b) gli ascendenti di tale lavoratore e del suo coniuge che siano a suo carico.
2. Gli Stati membri favoriscono l'ammissione di ogni membro della famiglia che non goda delle disposizioni del paragrafo 1 se è a carico o vive, nel paese di provenienza, sotto il tetto del lavoratore di cui al paragrafo 1.
3. Ai fini dell'applicazione dei paragrafi 1 e 2 il lavoratore deve disporre per la propria famiglia di un alloggio che sia considerato normale per i lavoratori nazionali nella regione in cui è occupato, senza che tale disposizione possa provocare discriminazioni tra i lavoratori nazionali ed i lavoratori provenienti da altri Stati membri. (Articolo
68 tale questione alcuni chiarimenti si ricavano dalla sentenza 27 ottobre 198278, in cui le ricorrenti cittadine del Suriname chiedevano il
permesso di soggiorno nei Paesi Bassi al fine di stabilirsi presso i figli cittadini olandesi dei quali sarebbero state a carico, permesso rigettato dalle autorità competenti. È vero, infatti, che l’art. 10 del succitato regolamento stabilisce che taluni familiari del lavoratore, tra cui gli ascendenti a carico, abbiano diritto di stabilirsi con il lavoratore cittadino di uno Stato membro occupato sul territorio di un altro Stato membro qualunque sia la loro cittadinanza, è anche vero però che le disposizioni del Trattato e la normativa adottata per la loro attuazione, come in questo caso, non si possono applicare a circostanze che non abbiano alcun nesso con uno qualsiasi dei casi considerati dal diritto comunitario. Ciò è quanto avviene per i lavoratori che non hanno mai esercitato il diritto di libera circolazione all’interno della Comunità; partendo da tale presupposto, e seguendo un’interpretazione restrittiva del diritto di libera circolazione, in quanto ritenuto applicabile solo a coloro che effettivamente lo esercitano e non inteso come un diritto di cui è titolare incondizionatamente ogni cittadino dell’Unione, le autorità competenti hanno negato il permesso per motivi di ricongiungimento familiare alle due donne, in quanto i loro figli non avevano mai esercitato effettivamente il diritto di libera circolazione, essi infatti non si erano mai spostati per lavoro in uno Stato diverso, presupposto considerato essenziale per il conseguente riconoscimento del diritto al ricongiungimento negato.
Una serie di ulteriori sentenze chiarivano innumerevoli dubbi che la formulazione di questi articoli ha fatto sorgere: l’art. 10 ad esempio nel
abrogato con effetto dal 30 aprile 2006 dall’art. 38 della direttiva 2004/38/CE come rettificata in GUUE L 158 del 30 aprile 2004).
78 Sent. 27 ottobre 1982 Elestina Esselina Morson c. Stato dei Paesi Bassi e Capo della polizia locale ai sensi della Vreemdelingenwet; Sewradjie Jhanjan c. Stato dei Paesi Bassi, C-35 e 36/82 punti 16-18 sul ricongiungimento di ascendenti.
69 prevedere che taluni familiari del lavoratore migrante possano entrare nel territorio dello Stato membro in cui questo si sia stabilito e stabilirvisi con lui, nulla in più specifica su cosa si debba intendere con tale locuzione, cioè se tale indicazione costituisca un obbligo per il familiare di dover vivere con il lavoratore o invece semplicemente una possibilità. Ebbene la sentenza 13 febbraio 198579 chiarisce che,
tenendo conto del contesto e delle finalità perseguite dall’art. 10 questo non possa interpretarsi restrittivamente, perciò la norma dispone che il familiare di cui trattasi ha il diritto di stabilirsi con il lavoratore e che il lavoratore debba a tal fine disporre di un alloggio che possa considerarsi adeguato ad ospitare la propria famiglia, ma ciò non vuol dire che tale soggetto vi debba abitare obbligatoriamente ed in permanenza, una tale deduzione implicita non può ammettersi. Inoltre, tale interpretazione risulta corretta anche alla luce dell’art. 11 del regolamento, che conferisce al membro della famiglia il diritto di accedere a qualsiasi attività subordinata all’interno del territorio dello Stato e ciò anche se questa attività venga esercitata in un posto lontano dal luogo di soggiorno del lavoratore migrante. Quanto detto non deve però portare a conclusioni devianti: il combinato disposto degli artt. 10 e 11 riconoscono al familiare del lavoratore una serie di facoltà e diritti, come si è detto la possibilità di esercitare un’attività lavorativa in ogni parte del territorio statale con la conseguenza di poter alloggiare liberamente nello Stato; fermo restando che mai si potrà desumere da ciò un diritto di soggiorno autonomo del familiare, in quanto il suo diritto di ricongiungimento prima, e di soggiorno poi, comunque resta legato alla libertà di circolazione di cui è titolare il solo cittadino dell’Unione.
70 Ulteriore spunto di riflessione riguardo alle disposizioni in esame ci arriva dall’art. 12, in cui si riconosce ai figli del lavoratore migrante il diritto di soggiornare nello Stato ospitante al fine di seguirvi corsi di studio. Spontanea sorge la seguente domanda: cosa accadrebbe se il genitore che godeva del diritto di soggiorno in quanto lavoratore migrante non eserciti più attività economica? Il figlio perde il proprio diritto di soggiorno in tale Stato? A tale proposito sono intervenute diverse sentenze80 in cui si è riconosciuto al cittadino che sia stato
occupato nel territorio di altro Stato membro quale lavoratore migrante e nel quale suo figlio abbia iniziato e prosegua gli studi, la facoltà di avvalersi nella sua veste di genitore che ha l’effettivo affidamento del figlio, del diritto di soggiorno nello Stato membro ospitante basato sul solo fondamento dell’art. 12 ovvero senza essere tenuto a soddisfare ulteriori requisiti o condizioni, questo in quanto il figlio ha diritto di proseguire nelle migliori condizioni possibili la carriera scolastica iniziata81. Il diritto al soggiorno di cui fruisce il
genitore viene meno solo al compimento della maggior età del figlio, salvo però che il figlio continui a necessitare della presenza e delle cure dello stesso per poter terminare gli studi, spetterà al giudice nazionale valutare tali circostanze. C’è una sorta di applicazione autonoma dell’art. 12 rispetto alle altre disposizioni del diritto dell’Unione che
80 Sent. 23 febbraio 2010, Maria Teixeira c. London Borough of Lambeth e Secretary of State for the Home Department, C-480/08 v. anche C-310/08 del 23 febbraio 2010, London Borough of Harrow c. Nimco Hasson Ibrahim e Secratary of State for the Home Department.
Sent. 17 settembre 2002, 421/89, Baubast e R. c. Secretary of State for the Home Department, punto 68-75 (su: figlio che la persona affidataria ha diritto di accompagnare per l’intera durata degli studi).
81 Tale disposizione deve essere interpretata nel senso che consente al genitore effettivamente affidatario dei figli, a prescindere dalla sua nazionalità, di soggiornare con i medesimi in modo da agevolare l’esercizio del diritto sancito dall’art.12 indipendentemente dal fatto che il matrimonio tra i genitori sia stato medio tempore sciolto o che il genitore cittadino dell’Unione europea non sia più lavoratore migrante nello Stato membro ospitante.
71 disciplinano espressamente le condizioni di esercizio del diritto di ricongiungimento e soggiorno in altro Stato; tale interpretazione oltre a rispecchiare pienamente l’esigenza di tutela della vita familiare così come sancita dall’art.8 della CEDU, non è stata messa in dubbio nemmeno dall’entrata in vigore della direttiva 2004/38. In conclusione, il regolamento n. 1612 prevede il diritto al ricongiungimento per i familiari del lavoratore e appresta per questi soggetti una serie di ulteriori tutele, così pregnanti che possono sussistere anche al venir meno del presupposto per cui sono state riconosciute, ovvero in caso di cessazione del rapporto di lavoro.
Le categorie dei soggetti destinatari del diritto al ricongiungimento familiare furono ampliate dalla direttiva 73/148/CEE, relativa alla soppressione delle restrizioni al trasferimento e al soggiorno dei cittadini di uno Stato membro in materia di stabilimento e di prestazione di servizi, con gli art. 1 e 2 che attribuiscono, infatti, al lavoratore autonomo che si rechi nel territorio di un altro Stato membro a svolgere attività lavorativa a titolo di stabilimento o di prestazione di servizi il diritto a ricongiungersi ai propri familiari, così come individuati dall’art. 10 del regolamento 1612/68 e nel rispetto delle medesime condizioni e requisiti previsti da quest’ultimo.
Da quanto emerso dalle fonti normative esaminate fin qui, risulta confermata la visione secondo cui il diritto al ricongiungimento familiare è totalmente ed esclusivamente strumentale alla libera circolazione dei lavoratori, a prescindere che essi siano subordinati o autonomi, ed infatti proprio i lavoratori che si siano recati a svolgere un’attività in uno Stato diverso da quello di origine sono unici titolari e beneficiari del diritto in questione. Tale impostazione è frutto dell’originaria vocazione esclusivamente economica dell’ordinamento europeo e subisce importanti evoluzioni sia grazie alle pronunce della Corte di giustizia sia grazie all’entrata in vigore dalle tre direttive del
72 1990 che hanno riconosciuto a quasi tutti i cittadini degli Stati membri un diritto di circolazione e di soggiorno nel territorio comunitario, svincolandolo in parte dall’esercizio di una attività economica. In questo modo si amplia il novero dei beneficiari del diritto al ricongiungimento familiare peraltro riferendosi ad una nozione di famiglia molto più ampia di quella fin ora intesa dalla normativa comunitaria. Tale diritto è stato subordinato, però, ad una rigorosa “prova dei mezzi” richiesta per i diversi soggetti a cui si applicano le direttive in questione. In particolare è stato richiesto l’obbligo di essere economicamente autosufficienti, ossia di disporre per sé e per i propri familiari di risorse superiori al livello minimo sufficiente ad escludere il ricorso ad aiuti sociali allo Stato ospitante o, in mancanza, di disporre di pensione minima di sicurezza sociale nonché essere titolari di copertura assicurativa contro ogni forma di rischio come malattia e/o invalidità, in modo da evitare di gravare sull’assistenza sociale dello Stato di accoglienza.
La direttiva 90/365 all’art. 1 accorda il diritto di soggiorno “ai cittadini
di uno Stato membro che hanno esercitato nella Comunità un’attività come lavoratori salariati o non salariati nonché ai loro familiari come sono definiti nel paragrafo 282”, chiaro appare il riferimento a tutti i
lavoratori pensionati che cittadini di uno Stato membro in passato si siano recati in tale altro Stato ad esercitare un’attività professionale, naturalmente fatti salvi i casi in cui tali soggetti non godano già di un autonomo diritto di restare nel territorio di tale “nuovo” Paese in virtù del regolamento 1251/70 o della direttiva 75/34. Nella seconda parte dell’articolo sono poste le condizioni a che tali soggetti possano godere
82 Art. 1 direttiva 90/365, paragrafo 2. Hanno il diritto di installarsi in un altro Stato membro con il titolare del diritto di soggiorno, qualunque sia la loro cittadinanza: a) il coniuge ed i discendenti a carico; b) gli ascendenti del titolare del diritto di soggiorno e del coniuge che sono a carico.
73 del diritto ivi previsto, ovvero devono “beneficiare di una pensione di
invalidità, di un pensionamento anticipato o di una pensione di vecchiaia oppure di una rendita per infortunio sul lavoro o per malattia professionale di livello sufficiente per evitare che, durante il loro soggiorno, costituiscano un onere per l’assistenza sociale dello Stato membro ospitante e a condizione che dispongano di un’assicurazione per malattia che copra tutti i rischi nello Stato membro ospitante”. Ed
ancora: “le risorse del richiedente sono ritenute sufficienti qualora
risultino superiori al livello di risorse al di sotto del quale un aiuto sociale può essere accordato dallo Stato membro ospitante ai propri cittadini
(…)”.
La direttiva 93/96 è rivolta agli studenti 83, cui è riconosciuto il diritto al
ricongiungimento e anche per loro l’esercizio di tale diritto è subordinato alla presenza di talune condizioni che esamineremo meglio in seguito, qui basta ribadire che anche lo studente deve dichiarare di disporre di risorse sufficienti per sé e per la famiglia, in modo da non diventare un onere finanziario per lo Stato ospitante. È necessario però rilevare che questi soggetti godono di un regime più liberale di quello riservato ai pensionati e come vedremo ad altri soggetti non attivi per cui il legislatore chiede di fornire non una dichiarazione ma una vera prova dell’esistenza di tali risorse adeguate. La seconda condizione riguarda nello specifico il corso di studi; l’art 1 espressamente chiede che l’iscrizione dello studente avvenga ad un “istituto riconosciuto per seguirvi, a titolo principale, una formazione
professionale” e che lui e la sua famiglia “dispongano di
83 Le disposizioni contenute nella direttiva in esame sono state originariamente contenute nella direttiva 90/366/CEE relativo al diritto di soggiorno degli studenti, ma la direttiva è stata annullata dalla Corte di giustizia in Parlamento Europeo c. Consiglio causa C-295/90, in Racc., 1992, p. I-4193.
Tale direttiva si riferisce agli studenti che non godono del diritto di soggiorno in virtù di altre disposizioni del diritto comunitario, basti ricordare in tal senso l’art. 12 del regolamento 1612/68.
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un'assicurazione per malattia che copra tutti i rischi nello Stato membro ospitante”. Si tratta di requisiti posti da un lato a garanzia delle finanze
dello Stato, dall’altro lato l’espressa previsione che l’iscrizione debba avvenire presso un istituto riconosciuto per seguirvi, a titolo principale, una formazione professionale, ha l’obbiettivo di evitare che tale direttiva possa diventare un canale privilegiato per l’afflusso di soggetti che in realtà non potrebbero godere del diritto in questione, quindi che si verifichi il fenomeno della circolazione di studenti cosiddetti fittizi. L’ultima delle tre direttive del 90, la n. 364, possiamo definirla come direttiva di completamento, in quanto accorda in maniera generale, oltre che residuale, il diritto di soggiorno ai cittadini degli Stati membri nonché ai loro familiari, che non beneficiano di questo diritto grazie ad altre disposizioni del diritto comunitario. Grazie all’intervento della giurisprudenza della Corte si ottiene un quadro più preciso dei soggetti da far rientrare in questa categoria, ed anche per essi si applica la condizione relativa alla presenza di risorse economiche adeguate84.
Possiamo ad esempio riferirla a soggetti che abbiano risorse tali da non dover svolgere alcuna attività professionale, cui questa direttiva garantisce il diritto di soggiorno per loro e per i loro familiari in uno Stato membro diverso da quello di origine, una diversa categoria di soggetti a cui, a titolo esemplificativo, è composta da coloro che svolgono un lavoro presso uno Stato terzo che ovviamente non è quello di origine e che decidano di trasferirsi in uno Stato ospite diverso da
84 Art. 1 paragrafo 2 (…) a condizione che essi dispongano per sé e per i propri familiari di un’assicurazione malattia che copre tutti i rischi nello Stato membro ospitante e di risorse sufficienti per evitare che essi diventino durante il soggiorno un onere per l’assistenza sociale dello Stato membro ospitante. Le risorse di cui al primo comma sono sufficienti quando sono superiori al livello di risorse al di sotto del quale un aiuto sociale può essere accordato dallo Stato membro ospitante ai propri cittadini, tenendo conto della situazione personale del richiedente ed eventualmente di quella delle persone ammesse in conformità del paragrafo 2. Se il secondo comma non può essere applicato in uno Stato membro, le risorse del richiedente vengono considerate sufficienti quando sono superiori al livello della pensione minima di sicurezza sociale versata dallo Stato membro ospitante.
75 quello in cui svolgano la propria attività. Anche in questa direttiva al paragrafo 2 dell’art. 1 si prevede comunque la necessità di avere risorse sufficienti e un’assicurazione per malattia a che tali soggetti possano vedersi accordato il riconoscimento del diritto.
Nell’ottica di accorpare in un unico atto la disciplina della materia e definire chiaramente la natura delle formalità - anche amministrative - connesse alla libera circolazione, al fine di chiarire lo status di cui godono i cittadini dell’Unione e i loro familiari ricongiunti, facilitando l’esercizio del diritto, restringendo la portata delle eccezioni e eliminando la precedente differenziazione tra lavoratori subordinati, lavoratori autonomi, studenti ed altre persone85, in modo da
semplificare il quadro comunitario normativo è intervenuta la direttiva n. 38/2004 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 29 aprile 200486,
la cui base giuridica risiede negli artt. 45 e 21 TFUE. Tale intervento ha avuto la chiara finalità di parificare la circolazione dei cittadini comunitari all’interno dell’Unione Europea alla circolazione dei cittadini di uno Stato all’interno del medesimo territorio equiparandolo ad un mero cambio di residenza87. La direttiva non si è limitata a
“codificare” e “ordinare” il diritto vigente ma ha introdotto una serie di importanti novità, che si avrà modo di evidenziare in seguito. Non si sottovaluti inoltre il continuo processo di evoluzione che subisce la
85 Considerando 3 della direttiva 2004/38: La cittadinanza dell'Unione dovrebbe costituire lo status fondamentale dei cittadini degli Stati membri quando essi esercitano il loro diritto di libera circolazione e di soggiorno. È pertanto necessario codificare e rivedere gli strumenti comunitari esistenti che trattano separatamente di lavoratori subordinati, lavoratori autonomi, studenti ed altre persone inattive al