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Il riconoscimento dei titoli di studio: un percorso ad ostacoli?

3.6. Il riconoscimento delle qualifiche dei rifugiat

In Europa il riconoscimento dei titoli di studio in possesso dei rifugiati, dei profughi e delle persone in condizioni simili a quelle dei rifugiati, ovvero titolari di protezione sussidiaria o, in Italia, di protezione umanitaria, viene regolato dalla Convenzione di

Lisbona, all’articolo VII:

“Ogni Parte, nell’ambito del proprio sistema di istruzione ed in conformità con le

proprie disposizioni costituzionali, giuridiche e normative, adotterà tutti i provvedimenti possibili e ragionevoli per elaborare procedure atte a valutare equamente ed efficacemente se i rifugiati, i profughi e le persone in condizioni simili a quelle dei rifugiati soddisfano i requisiti per l’accesso all’insegnamento superiore, a programmi complementari di insegnamento superiore o ad attività lavorative, anche nei casi in cui i titoli di studio rilasciati da una delle Parti non possono essere comprovati dai relativi documenti”

In Italia il decreto legislativo n.251 del novembre 2007, in attuazione della direttiva 2004/83/CE recante le norme minime sull’attribuzione a cittadini di Paesi Terzi o

apolidi della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta,

regola, agli art. 25 e 26, l’accesso all’occupazione e all’istruzione di questa particolare categoria di immigrati.

All’articolo 25 è sancito che: “I titolari dello status di rifugiato e dello status di

protezione sussidiaria hanno diritto di godere del medesimo trattamento previsto per il cittadino italiano in materia di lavoro subordinato, lavoro autonomo, per l’iscrizione agli albi professionali, per la formazione professionale e per il tirocinio sul luogo di lavoro. È consentito al titolare dello status di rifugiato l’accesso al pubblico impiego, con le modalità e le limitazioni previste per i cittadini dell’Unione europea.”

L’articolo 26, invece, tratta specificatamente l’accesso all’istruzione. I minori titolari di protezione internazionale hanno accesso agli studi secondo le modalità previste per il cittadino italiano, mentre i maggiorenni: “hanno diritto ad accedere al sistema di

86 istruzione generale e di aggiornamento e perfezionamento professionale nei limiti e nei modi stabiliti per gli stranieri regolarmente soggiornanti. Si applicano ai titolari di status di rifugiato o di protezione sussidiaria le disposizioni concernenti il riconoscimento dei diplomi, certificati ed altri titoli stranieri per i cittadini italiani.”

Entrambi gli articoli hanno subito delle modifiche a seguito dell’approvazione del decreto legislativo n.18 del 2014, in particolare all’articolo 26, dopo il comma 3, è stato aggiunto il seguente 3-bis: “Per il riconoscimento delle qualifiche professionali, dei

diplomi, dei certificati e di altri titoli conseguiti all’estero dai titolari dello status di rifugiato o dello status di protezione sussidiaria, le amministrazioni competenti individuano sistemi appropriati di valutazione, convalida e accreditamento che consentono il riconoscimento dei titoli ai sensi dell’articolo 49 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n.394, anche in assenza di certificazioni da parte dello Stato in cui è stato ottenuto il titolo, ove l’interessato dimostra di non poter acquisire detta certificazione.”

Il citato decreto del Presidente della Repubblica del 31 agosto 1999, n.394, è il

Regolamento recante le norme di attuazione del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, più

comunemente conosciuto con il nome di Testo unico sull’immigrazione.

All’articolo 49 viene disciplinato il riconoscimento dei titoli abilitanti all’esercizio delle professioni. Come già detto i cittadini stranieri regolarmente soggiornanti in Italia che intendono iscriversi agli Ordini, Collegi ed elenchi speciali istituiti presso le amministrazioni competenti, nell’ambito delle quote previste dagli annuali ‘decreti flusso’, possono richiedere il riconoscimento dei loro titoli di studio conseguito in un Paese esterno all’Unione europea ai fini dell’esercizio professionale in Italia. Nel caso si dimostrasse necessario, il Ministero competente può subordinare il riconoscimento al superamento di misure compensative come prove attitudinali o un periodo di tirocinio di adattamento.

La condizione del beneficiario di protezione internazionale viene quindi associata a quella dell’immigrato con permesso di soggiorno per motivi di lavoro, ma gli viene

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riconosciuta in più la possibilità di accedere al riconoscimento del proprio titolo da parte dell’amministrazione competente anche se impossibilitato a presentare tutta la documentazione necessaria.

Alle istituzioni di istruzione superiore viene raccomandato, a livello europeo e a seguito degli impegni presi con la ratifica della Convenzione di Lisbona, di accettare che le informazioni fornite dal richiedente non siano complete e di contribuire alla ricostruzione del suo percorso accademico. Come strumento di aiuto è consigliabile redigere un background paper nel quale inserire informazioni esaustive rispetto alla qualifica ottenuta in patria, l’istituzione che l’ha rilasciata, il tipo e il contenuto del programma e ogni prova o documento a supporto di quanto affermato. Più che la rigida collezione di dati, è consigliabile mantenere un approccio orientato al determinare se il richiedente ha le abilità per portare a termine con successo lo scopo per il quale viene richiesto il riconoscimento, eventualmente accertandole tramite una procedura di valutazione delle competenze.

A sostegno delle istituzioni preposte al riconoscimento, la Convenzione di Lisbona prevede che le Parti contraenti si impegnino ad attivare i meccanismi attuativi della stessa, tra cui l’istituzione della Rete Europea dei Centri Nazionali di Informazione sulla mobilità accademica ed il riconoscimento (ENIC). In Italia il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ha incaricato il CIMEA come centro afferente alla rete ENIC e NARIC (National Academic Recognition Information Centres). Il centro si pone come organo intermedio tra i richiedenti e le istituzioni, sostenendole nel caso di valutazione di situazioni complesse come quelle rappresentate dai rifugiati che richiedono il riconoscimento del titolo di studio ma senza disporre della documentazione prevista dalle disposizioni di legge. Il centro ENIC-NARIC può sviluppare descrizioni autorevoli della qualifica che il richiedente sostiene di aver conseguito, basata su quanto affermato dal richiedente e sulla conoscenza del centro rispetto al sistema di educazione del Paese d’origine. La descrizione ufficiale può essere utilizzata come parte della procedura di riconoscimento dell’apprendimento

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pregresso, laddove le competenze del richiedente possono essere verificate (Lantero e Finocchietti, 2016).