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Il problema del riconoscimento visto dagli immigrati e da chi difende i loro diritt

4.4. Il mondo dell’istruzione

4.4.1. Il CPIA – Centro Provinciale per l’Istruzione degli Adulti

I CPIA sono scuole pubbliche statali dedicate all'istruzione degli adulti. Sono accessibili alle persone che abbiano compiuto i sedici anni e sono particolarmente flessibili in termini di programmi e orari in modo da permettere a tutti di beneficiare quanto più

possibile del servizio. Prima dell’inizio dei corsi ogni candidato viene sottoposto ad un

colloquio personale con l’insegnante tutor che valuterà, se necessario anche con test scritti, le conoscenze e le competenze del corsista e raccoglierà tutte le informazioni utili per decidere assieme il percorso di istruzione più adatto, l'orario e la frequenza. I corsi sono gratuiti, ad esclusione di una tassa di 10 euro, e il materiale scolastico viene distribuito dagli insegnanti. In questo modo il CPIA diventa uno strumento accessibile e flessibile per imparare la lingua italiana e per ottenere la licenza media per candidati che parallelamente lavorano o hanno una famiglia. Gli studenti del CPIA hanno alle spalle le storie di vita diversissime e provengono dai luoghi più disparati, ma sono tutti accumunati dalla necessità di dover imparare la lingua italiana o ottenere il certificato di licenza media per poter continuare il loro percorso scolastico e lavorativo in Italia. Tra questi ci sono anche persone che hanno già raggiunto alti livelli di istruzione nel Paese d’origine ma che in Italia non gli sono stati riconosciuti e devono ricominciare così il percorso scolastico dalle basi.

“Anche per noi è molto frustrante...dirgli che devono ricominciare tutto da capo. Alla fine la giustificazione che possiamo dare è che devono imparare l’italiano, il vero ostacolo è quello. So benissimo che certe cose che gli spiego le sanno già, anzi, magari le sanno anche meglio di me, ma non le sanno in italiano. Lo strumento che io ho per aiutarli è la certificazione delle loro conoscenze pregresse acquisite tramite percorsi scolastici, lavorativi o in modo informale, in modo da togliergli delle ore: per esempio, se un ragazzo nel suo Paese aveva studiato matematica all’Università e vedo che è molto bravo, gli riconosco i crediti delle lezioni di matematica e magari intanto va a lezione di italiano, studia da casa oppure va a lavorare.”

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(Andrea, insegnante di lingua italiana per stranieri)

4.4.2. L’Università – I corsi internazionali e in lingua inglese

L’Ateneo di Bologna ha attivato negli anni un numero sempre maggiore di corsi di laurea internazionali erogati in lingua italiana o straniera e che si concludono con il rilascio del titolo dell’Università di Bologna, doppio, multiplo o congiunto con altre Università partner.

Avere la possibilità di seguire un corso in inglese diventa un modo per lo studente internazionale di accedere più facilmente, perché viene ovviato l’ostacolo linguistico, al mondo dell’istruzione superiore e, di conseguenza, al mercato del lavoro qualificato in Italia o in un altro Paese europeo. Per questo motivo è frequente che i candidati siano persone che hanno già completato il proprio percorso di studi nel Paese d’origine ma che preferiscono ripetere due anni di master piuttosto che intraprendere il difficile e incerto percorso di riconoscimento del proprio titolo estero.

“Il corso di Chemical Innovation and Regulation nasce nel 2013 ed è finanziato dall’Unione Europea tramite il progetto Erasmus Mundus che ricopre sia le tasse di iscrizione sia la borsa di studio degli studenti. Le candidature arrivano da 40-45 Paesi differenti, la maggior parte dei quali sono extra-europei, soprattutto dall’Africa in particolare da Etiopia, Nigeria e Camerun, e dall’Asia, in particolare da Filippine, Cina, Vietnam e Indonesia. Ogni anno riceviamo dalle 150 alle 200 domande di iscrizione e procediamo con una selezione sulla base dei documenti che ci vengono inviati: il curriculum vitae, il ranking dell’Università di provenienza, il livello di studi raggiunto e la pertinenza del titolo ottenuto con il corso, l’eventuale presenza di pubblicazioni ed esperienze professionali, il livello di inglese. Dall’analisi della documentazione viene stilata una graduatoria e a chi raggiunge i primi posti viene assegnata una consistente borsa di studio, agli altri considerati idonei viene comunque riservata la possibilità di iscriversi a spese loro. Ai candidati viene inviata una lettera di invito da parte dell’Università con cui andare all’ambasciata per richiedere il rilascio del visto anche se

118 questo passaggio ci riserva sempre molti problemi: a volte i visti arrivano talmente in ritardo che lo studente può raggiungere Bologna solo a corso iniziato.

Una volta ottenuta la laurea gli studenti dovrebbero tornare nel proprio Paese d’origine ma questo molto spesso non avviene: secondo le nostre statistiche interne, circa la metà dei nostri ex-studenti è rimasta in Europa dove ha trovato lavoro in meno di un mese all’interno del settore per cui si è formata. Per molti frequentare un corso come questo è un modo per avere accesso al mondo del lavoro europeo qualificato.”

(Emilio Tagliavini, Programme Director per l'Università di Bologna del Master Erasmus Mundus "Chemical Innovation and Regulation – ChIR”)

“Per noi è molto importante fare un colloquio conoscitivo durante le fasi di selezione

per evitare le candidature di persone non realmente interessate: a volte ci arrivano delle lettere motivazionali molto standardizzate, è evidente che il candidato ha mandato la stessa lettera a corsi diversi. A volte lo chiediamo espressamente durante il colloquio: sai per quale corso stai facendo l’application?

Una volta che la commissione didattica si è sincerata dell’interesse del candidato, gli viene mandata una lettera di invito da parte dell’Università con cui recarsi all’ambasciata per richiedere il visto, ed è qui che sorgono le difficoltà: l’anno scorso tre studenti etiopi non sono riusciti a venire perché non gli è stato rilasciato il visto, invece uno studente ghanese non l’ha ricevuto perché in ambasciata c’era una sola dipendente non riusciva a esaurire tutto il lavoro con le sue forze.”

(Antonio Schiavulli, Program Coordinator del Master in Global Cultures, Università di Bologna)

“Per il master di International Horticultural Science riceviamo circa 120/130 applications ogni anno, di cui circa un 50% proviene da Paesi stranieri. Alla fine a lezione abbiamo circa il 30% di studenti internazionali, che raggiunge il 50% se

119 consideriamo gli incoming Erasmus. Principalmente i candidati provengono dai Paesi asiatici, come la Thailandia, l’India o il Pakistan, ma c’è anche un’alta percentuale di studenti africani e dell’America Latina. Purtroppo ogni anno abbiamo problemi con i visti: a volte è colpa dei ragazzi che non seguono correttamente le procedure, altre volte ci sono problemi con le ambasciate. Per esempio ho avuto il caso dell’ambasciata nigeriana con cui nessuno riusciva ad entrare in contatto, né gli studenti né il personale dell’Università. Quest’anno su un totale di circa 20 studenti internazionali, 4 non sono riusciti ad ottenere il visto.

Alla fine del master la maggior parte degli studenti rimane in Europa, ultimamente chi viene qui lo fa per rimanerci. Frequentare un master in Italia, soprattutto se in inglese, è una porta d’accesso al mercato del lavoro qualificato. Quasi tutti gli ex-studenti di questo corso hanno trovato lavoro nell’ambito per cui hanno studiato, per esempio ora fanno ricerca o lavorano per aziende prestigiose, è raro per uno studente di agraria non trovare lavoro nel settore”

(Francesco Spinelli, Degree Programme Director del master in International Horticultural Science, Università di Bologna)

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