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Il ruolo dell’insegnante nel problem solving

1.4. Il problem solving

1.4.2. Il ruolo dell’insegnante nel problem solving

Il problem solving è unanimamente riconosciuto come un importante contesto naturale per sviluppare e riconoscere le abilità metacognitive, mettere in luce l’importanza del lavoro collaborativo tra gli allievi e mo- dificare il ruolo dell’insegnante, che pone domande piuttosto che fornire risposte e che stimola processi di pensiero significativi, anziché guidare verso la risoluzione corretta.

Garofalo, Kroll e Lester (1987) descrivono un progetto finalizzato allo sviluppo delle capacità cognitive in studenti di 12-13 anni.

L’attività di problem solving avviene collettivamente o individual- mente. L’insegnante dirige le discussioni con l’intera classe su un pro- blema da risolvere: osserva, pone domande e guida gli studenti, mentre risolvono problemi; guida la discussione con l’intera classe nei tentativi di soluzione; aiuta gli studenti a costruire un repertorio di euristiche e strategie di controllo.

Tali metodologie si ritrovano nelle tecniche suggerite da Schoenfeld (1987) per lo sviluppo delle capacità metacognitive, anche se egli le uti- lizza in corsi di problem solving con studenti di scuola superiore “bravi

in matematica”. Questi corsi prevedono che l’attività in classe sia realiz- zata collettivamente, con l’insegnante che modera o a piccoli gruppi. L’insegnante comunque non guida gli alunni verso la soluzione corretta, ma li aiuta nel dare massima espressione a ciò che viene da loro genera- to e li invita a riflettere sui loro processi. Nella discussione in classe sui problemi, la presenza dell’insegnante è quella di un moderatore che “forza” la classe a focalizzare l’attenzione su decisioni di controllo. Nei piccoli gruppi l’insegnante modera e pone domande: «Cosa state facen- do? Come lo state facendo? Perché lo state facendo? Come vi posso aiu- tare?».

Anche ricercatori italiani hanno utilizzato il problem solving per lo sviluppo di abilità metacognitive: il gruppo di Modena, coordinato da Nicolina Malara (Malara, 1993) ha condotto un progetto finalizzato a migliorare l’abilità di risoluzione dei problemi, con un’enfasi esplicita sulle abilità metacognitive coinvolte. Gli alunni si trovavano di fronte a problemi di tipo logico, volutamente distanti da situazioni problemati- che aperte, in campi di esperienza tipici del mondo reale. In questo con- testo l’insegnante stesso veniva sfidato dagli allievi e aveva quindi la possibilità di mostrare in diretta come egli si poneva di fronte a un pro- blema nuovo e quali percorsi seguiva, a volte anche in modo infruttuo- so, per giungere alla soluzione (Malara, 1993, p. 932).

Il problem solving può essere realizzato secondo modalità diverse: individualmente, in piccoli gruppi, collettivamente dall’intera classe. Un’ulteriore possibilità è data dal problem solving a coppie, che viene utilizzato spesso per mettere in luce i processi metacognitivi di un sog- getto durante la risoluzione di un problema (Schoenfeld, 1983 a). La si- tuazione a due infatti forza ognuno dei componenti a portare alla luce le proprie riflessioni.

Lester e Charles (1992, pp. 3 - 7) hanno classificato i fattori coinvolti nelle attività di problem solving sulla base di quattro ampie categorie:

category 1: Extra-classroom Considerations; category 2: Teacher Planning; ca- tegory 3: Classroom Processes; category 4: Instructional Outcomes.

Approfondiamo di seguito la categoria che ci interessa particolarmen- te, in relazione a questo specifico paragrafo che riguarda gli insegnanti: la Teacher planning, la pianificazione degli insegnanti.

Per pianificazione degli insegnanti gli Autori intendono: le diverse decisioni prese prima, durante e dopo le attività di problem solving; le tecniche istruttive, i metodi di insegnamento, le procedure di gestione della classe, la valutazione delle prestazioni degli studenti e il tempo da dedicare alle attività e ad argomenti in particolare.

Il fare matematica in classe, quando si propone un’attività significati- va di problem solving, comporta una valorizzazione del ruolo dell’insegnante, rispetto ad altri approcci che prevedono un uso massic- cio di esercizi standard. Tale valorizzazione è legata alla maggiore re- sponsabilità che viene ad avere l’insegnante nel processo di apprendi- mento dei suoi allievi (Di Martino, 2001, p. 94).

Il ruolo dell’insegnante non è legato solo alla scelta dei problemi, che comporta comunque più responsabilità e perizia rispetto alla semplice assegnazione degli esercizi di routine; si devono intercettare le reazioni emozionali negative degli allievi e cercare, da esperti, di insegnare a dominare le conseguenze di queste emozioni, facendo prevalere le cono- scenze sullo sconforto e sulla paura del “buio”, nella consapevolezza di possedere determinate risorse.

I problemi si possono risolvere in più modi ed ogni soluzione ha la sua dignità. La paura del problema è soprattutto una paura di non saper risolvere il problema, che può essere superata grazie a una valorizzazio- ne dei processi nelle attività di problem solving, senza lasciarsi condi- zionare dall’ansia del prodotto.

Dal punto di vista matematico tale scelta sarebbe una scelta epistemo- logicamente corretta. Il teorema di Fermat ne è un esempio: per arrivare alla soluzione di alcuni difficili problemi c’è stato bisogno del contributo di matematici di luoghi ed epoche diverse (ibid.).

Un altro aspetto fondamentale per la didattica del problem solving, così come di tutti gli altri argomenti della Matematica, è il ruolo decisivo che gli insegnanti hanno sul piano della comunicazione. Facendo riferi- mento alla prospettiva della matematica come discorso, brevemente illu- strata alla fine nel paragrafo precedente, agli insegnanti spetta il ruolo di promuovere, indirizzare e coordinare le interazioni tra gli alunni, per favorire in loro lo sviluppo del pensiero. Di fondamentale importanza è sollecitare la comunicazione nella classe, utilizzando e promuovendo usi linguistici ampiamente accessibili e tali da non creare ostacoli inutili (D’Aprile & Ferrari, 2003, pp. 4-5).

Bisogna rendere il linguaggio utile alle funzioni che deve svolgere. Spesso sono preziose le caratteristiche del linguaggio parlato, con la pos- sibilità successiva di precisare e correggere successivamente i testi, an- che attraverso processi di verifica e di negoziazione collettiva (ibid.).