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Dalla filiera al sistema di interdipendenze: processi evolutivi e criticità del settore

2.2 Il ruolo della filiera discografica nell’industria culturale

Il settore discografico, tra tutti i comparti dell’industria culturale, è quello che ha subito maggiormente gli effetti del cambiamento tecnologico e dell’ascesa di internet. La digitalizzazione e la distribuzione in rete hanno permesso l’abbattimento dei costi di produzione e la possibilità di riprodurre la musica ovunque, su tantissimi dispositivi e con opportunità di condivisione praticamente infinite.

In particolare, dal lato della domanda, anche in contrasto con le normative sulla protezione del diritto d’autore, le possibilità offerte dalle nuove tecnologie hanno fatto aumentare l’elasticità rispetto al prezzo dei supporti fisici. Il fenomeno della pirateria, però, non è il solo problema cui oggi si deve far fronte o, meglio, è solo una parte del problema. Quello che sta avvenendo, a fronte di una velocissima rivoluzione tecnologica, è un progressivo distacco tra consumo di musica e consumo culturale. Non riconoscere agli artisti il diritto d’autore, è una deriva sociale e comportamentale che mostra una sostanziale indifferenza rispetto alla paternità di un’opera d’arte e quindi una sostanziale indifferenza rispetto all’apporto che quell’opera stia dando o abbia dato

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alla cultura in generale.

Le case discografiche, d’altra parte, si sono concentrate per troppo tempo soltanto sulle modalità con cui combattere la pirateria, con il risultato che i modelli di business utilizzati sono spesso risultati insufficienti a cogliere le opportunità di sviluppo e crescita offerte dalla rete. Cogliere le opportunità vuol dire andare a ridefinire i rapporti tra i vari sub-sistemi dell’industria discografica e stabilire regole del gioco che siano sintesi e sinergie delle interdipendenze, evitando di chiudersi in solitarie strategie che limitano la visione di insieme del settore.

Figura 2 – Dalla filiera discografica al sistema di interdipendenze.

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In uno studio del 2012 Ardizzone abbraccia l’ipotesi di poter analizzare il comparto musicale soltanto considerando le varie “anime” che lo compongono e, soprattutto, partendo dai contributi scientifici. Più in generale, il mercato discografico ha sostanzialmente la struttura di un oligopolio verticalmente differenziato (Ramello, 1997). Hannaford (2003 e 2007) lo definisce come “oligonomio” per descrivere la natura sia di oligopolio che di oligopsonio delle case discografiche.

Figura 3 – La filiera produttiva dell’industria discografica.

Fonte: Ardizzone, 2012, p. 3.

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Brousseau e Feledziak (2006), in un’analisi del settore musicale francese (più ampio rispetto al solo settore discografico), dimostrano che se da un lato i ricavi della musica registrata diminuiscono, dall’altro quelli per le esibizioni live aumentano, anche se non è chiaro se questo dato sia dovuto al fatto che la crisi ha colpito i consumi di prodotti discografici più di quelli live, oppure se l’aumento dei ricavi sia dovuto all’aumento dei prezzi dei biglietti delle esibizioni, dovuto alla perdita di ricavo da diritto d’autore. Ciò che emerge da questi studi, ed in particolare da uno studio della struttura dei mercati discografici di Brousseau (2008), è la necessità di cambiare i modelli di business, interpretando in modo diverso il ruolo di intermediazione tra artisti e pubblico.

Altri studi si sono occupati dello “star system”. Secondo Rosen (1981) nel mercato musicale ci sono troppe star che guadagnano troppo rispetto al livello del loro talento, a scapito di altri artisti che spesso sono costretti ad uscire dal mercato. Secondo Adler (1985), ciò avverrebbe a causa delle forti esternalità di rete e quindi a prescindere dal livello del talento. Il mercato della musica, e più in generale tutti quelli dell’intrattenimento, sono tipicamente dei “winner-take-all markets” (Frank e Cook, 1995), in cui anche differenze poco significative nelle performance determinano importanti differenze nelle retribuzioni.

Altri studi si sono concentrati sul mercato delle esibizioni live. In particolare, Krueger (2005) ha dimostrato che la flessione della domanda dei concerti negli Stati Uniti è dovuta all’imporsi delle piattaforme peer to peer ed in particolare alla diffusione della

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musica illegale. Mortimer e Sorensen (2007) in uno studio sul mercato americano e Balducci (2009) in uno studio su quello italiano arrivano a determinare, come causa delle inefficienze del mercato delle esibizioni live, la mancata integrazione o, meglio, collaborazione tra le case discografiche, che darebbe loro maggior potere contrattuale nei confronti degli organizzatori di eventi. Si assiste invece ad una totale autonomia nella gestione dei concerti, accentuata ancora di più dalle acquisizioni da parte delle case discografiche stesse (in particolare delle major) di società di organizzazione di eventi, che restringono ancora di più il mercato, facendo aumentare ulteriormente il prezzo dei biglietti, con conseguente diminuzione della domanda per concerti.

Diversi studi empirici e teorici in merito al fenomeno della pirateria, hanno dimostrato il nesso di causalità tra utilizzo di copie illegali e logoramento dei profitti da parte della major (Krueger, 2005; Gayer e Shy, 2006), anche se questa relazione viene parzialmente messa in discussione, affermando che una diminuzione della pirateria non corrisponde necessariamente ad un aumento dei profitti per le case discografiche, proprio perché in molti casi l’ascolto di musica è subordinato al concetto di gratuità. Per Gopal, Bhattacharjee e Sanders (2006) la pirateria danneggerebbe maggiormente le star e non gli artisti minori, e ciò spiegherebbe anche la focalizzazione su politiche di contenimento del fenomeno illegale, invece di puntare sulla creazione di business model che rimettessero al centro l’arte e l’educazione all’ascolto dei consumatori.

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consumo e sull’evoluzione della domanda di musica. In particolare, l’autore evidenzia come, conseguentemente all’evoluzione tecnologica e all’impatto di quest’ultima sulle abitudini di consumo, si possano distinguere due categorie di consumatori di musica, gli high tech lover che non essendo particolarmente interessati alla musica scaricano (peer to peer) o ascoltano (YouTube) musica illegalmente o da piattaforme che offrono servizi free (Spotify); e i music lover, che di norma acquistano musica e biglietti per concerti.

La maggior parte di questi studi, in ogni caso, considera il settore musicale in una accezione allargata, che va oltre la discografia (Ardizzone, 2012). Anche se il core sembra essere il comparto discografico, è giusto constatare che le implicazioni che la “gestione della musica” può portare riguardano settori interconnessi con la discografia: mercato degli strumenti musicali, mercato della formazione musicale, mercato dell’editoria (musica stampata), la “musica sparsa” (negozi, centri commerciali, jingle pubblicitari, radio, tv, discoteche, ecc.)..