L’autenticità nell’industria della musica: un’analisi empirica delle fasi di acquisto,
MODALITE LIBELLE DE LA VARIABLE
3.4 Dal consumatore al produttore: l’autenticità del comportamento di artisti, discografici e critici musicali.
3.4.1 I pilastri dell’autenticità nella Self Determination Theory: l’autonomia
In questa sezione si analizzeranno le risposte degli intervistati in merito al “bisogno di autonomia”, inteso come la necessità di compiere scelte che nascano dalla propria volontà o, di contro, il grado di influenza che hanno le scelte imposte dalla volontà altrui.
K1: “I compromessi ci sono nella vita, ma il compromesso non deve
compromettere le tue idee. Se ti propongono qualcosa, non è che se violenta la
tua parte artistica tu non lo debba valutare, perchè si capisce meglio quando si è
messi davanti alle cose”.
[Cantautore]
Sebbene la maggior parte degli intervistati abbia rivendicato la propria autonomia nelle scelte compiute, risulta evidente come gli stessi non ignorino il fatto che il “compromesso” sia un elemento all’ordine del giorno. L’autonomia è considerata come l’elemento principale di differenziazione tra gli artisti, intesa come capacità di sfuggire in qualche modo alle regole dettate dal music business.
Tuttavia, per molti, si pone il problema di riuscire a restare sulla cresta dell’onda e di non essere dimenticati. Il problema principale è la compressione dei tempi. Riuscire ad imporre la propria autonomia, per tutti gli intervistati, è una cosa strettamente legata al tempo e all’esperienza, elementi che oggi sono quasi completamente assenti dalle politiche di promozione delle major.
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K3: “Se mi sono sempre sentito autonomo? Ci ho provato, e probabilmente
certe volte sono stato vittima di una incapacità di gestirla, l’autonomia. Oggi,
con tanta esperienza alle spalle, so di avere trovato una maniera assolutamente
autonoma di gestire i miei processi creativi e anche di finalizzazione di un
lavoro”.
[Cantautore]
La situazione attuale dei mercati discografici porta, non di rado, a scelte che vent’anni fa, probabilmente, non sarebbero state fatte, come la partecipazione ai Talent Show, che garantiscono una visibilità immediata, a discapito quasi sempre della propria autonomia.
K9: “I Talent vengono gestiti interamente dalle major. Non ci sono etichette
indipendenti. Quindi, si crea una selezione fittizia basata sul fatto che questi
ragazzi, pur di apparire, pur di avere notorietà, firmano qualsiasi cosa,
imprigionandosi in contratti che fanno paura. Dietro hanno una macchina
promozionale da paura. Possono sostenere grossi investimenti. Però investono
su prodotti usa e getta. Il problema è che vengono destinate centinaia di migliaia
di euro su un prodotto che viene venduto solo per quel periodo e non si fa un
investimento a lungo termine” .
[Produttore discografico]
Il “tutto e subito”, tipico della competizione nell’attuale music business, limita questa autonomia, perché i tempi sono imposti dalle case discografiche, in particolare dalle major. Il risultato è che tanti artisti sconosciuti arrivano in cima alle classifiche in
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pochissimo tempo, quasi senza rendersene conto, per rimanere legati a contratti che ne limitano fortemente l’autonomia.
Sicuramente c’è un conflitto sia interiore che esteriore tra il musicista e se stesso e tra il musicista e l’ambiente: spesso, lavorare in base solo alla propria autonomia vuol dire dover decidere tra possibilità più o meno grandi di avere successo. Sentirsi autonomi è una necessità, una esigenza di dover e poter raccontare qualcosa nel modo e nei tempi che si ritengono più opportuni. Impostare la propria attività musicale sulla completa autonomia è una cosa che va seguita passo dopo passo, perché il messaggio che si invia al pubblico e allo showbiz, a quel punto, è univoco, ed avere la libertà di essere se stessi sempre e comunque diventa un elemento fondante del rapporto con le case discografiche e con il proprio pubblico. Questa consapevolezza non significa dover necessariamente bruciare le tappe o non tenere conto del fatto che la musica è un percorso graduale. Molti artisti sono riusciti ad imporre le proprie idee solo gradualmente, dopo anni di duro lavoro, e solo adesso viene loro riconosciuta una certa immagine.
K6: “Più conosci le possibilità che hai di relazionarti alla musica e più
diventi autonomo. Costruisci la tua integrità. Certo, si rimane aperti a tutto: io
stesso ascolto dalla musica classica alle colonne sonore e alla radio… mi lascio
influenzare da tutto. É come avere tanti batteri che generano la febbre, ma
ognuno ce l'ha in modo diverso, a una temperatura diversa, con sintomi e
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Ma sono autonomo quando poi mi siedo al piano e mi lascio andare al mio
flusso emotivo. Il cervello e il mio retaggio culturale fanno il resto. È proprio in
questo che consiste la crescita di un artista”.
[Compositore/pianista/tastierista]
D’altra parte, invece, vi è consapevolezza che ogni musicista dovrebbe sempre partire da ciò che gli piace, ma spesso, soprattutto per i musicisti più giovani, non è semplice fare quadrato intorno al proprio bisogno di sentirsi realizzati facendo ciò che piace di più. Fondamentale è il passaggio dal “suonare per diletto” al “suonare per lavoro”. Molti sacrificano la propria autonomia in virtù di guadagni, ma ci sono modi differenti di affrontare questo passaggio. Si può lavorare rimanendo se stessi e non necessariamente snaturando le proprie competenze e le proprie attitudini.
Spesso, i primi ostacoli all’autonomia degli artisti sono gli artisti stessi. Si tratta di individuare gli ambienti in cui le proprie competenze possono essere espresse liberamente, senza sentirsi forzati a fare qualcosa imposto da altri o “svendersi”.
K7: “Ogni volta che mi sono esibito con musiche che non mi piacevano, mi
sembrava di prendere in giro il pubblico... una sensazione strana. Se non ti senti
sincero in quello che fai è finita. Relazionarsi con il pubblico è fondamentale
[…]. Suonare un brano che può essere osannato da milioni di persone, quando
poi a me non piace, mi fa stare male”.
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Un altro concetto che sembra fondamentale per gli intervistati è l’essere prima di tutto grandi fruitori di musica. L’ascolto di musica permette di capire cosa piace e cosa non piace. Ascoltare musica vuol dire capire come funziona una canzone, cosa c’è di bello in un artista e cosa c’è di bello in una canzone. Il background musicale permette di essere autonomi in maniera direttamente proporzionale. Se un musicista, un cantante, un artista in generale non ascolta abbastanza musica, rimarrà più facilmente schiavo delle idee altrui perché, tranne rarissimi casi di genialità innata, quello che si compone, si suona o si canta è sempre il risultato di un percorso di ascolto. Ascoltare musica vuol dire rafforzarsi, diventare autonomi.
K8: “Siamo pienamente soddisfatti di quello che facciamo e siamo
pienamente consci di
quello che facciamo. Non pensiamo di fare qualcosa per piacere a nessuno.
Quello che cacciamo fuori, probabilmente, rispecchia anche la nostra visione di
fare musica, di fare rock'n'roll. Quindi, creativamente o no, facciamo un po'
quello che ci pare, anche perchè non riusciamo ad esistere se non facciamo
quello che ci piace. E questa è una condizione primaria della nostra esistenza.
Riusciamo solo ed unicamente a sopravvivere essendo noi stessi”.
[Rock band]
In conclusione, il bisogno di autonomia, più che essere soddisfatto, andrebbe in primis riscoperto. La musica è strettamente legata ai comportamenti e ai sentimenti umani, e
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non tenerne conto vuol dire creare qualcosa che non appartiene né ai musicisti, né al pubblico. Per chi lavora nel music business essere se stessi è fondamentale (cfr. fig. 8), per evitare di essere trascinati in un sistema privo di differenziazione tra le persone. E se tutti sono uguali, tutta la musica sarà uguale.
Figura 8 – Visione sinottica del concetto di autonomia.
Fonte: Elaborazione dell’autore, 2016.