• Non ci sono risultati.

Il segnale del rivelatore è costituito dalla differenza di potenziale ai cap

della resistenza R e cresce in funzione della carica raccolta agli elettrodi della camera. L’ampiezza di questo impulso di tensione si riporta quindi a zero con un tempo determinato dalla costante di tempo RC del circuito. Se la costante RC è sufficientemente grande rispetto al tempo di raccolta delle cariche, si ha un impulso la cui ampiezza è proporzionale alla quantità di carica prodotta all’interno della camera. Tipici tempi di raccolta degli elettroni sono dell’ordine dei microsecondi, mentre per gli ioni sia positivi che negativi, essi sono dell’ordine dei millisecondi. Come sarà illustrato più avanti, i portatori di carica nelle camere a ionizzazione di uso più frequente (il cui gas è l’aria) sono essenzialmente ioni, anziché ioni ed elettroni. Per avere quindi un segnale che rappresenti tutta la carica prodotta, la costante di tempo del circuito deve essere dell’ordine di qualche millisecondo. Questa circostanza costituisce una limitazione nell’impiego delle camere operanti in regime impulsivo poiché in queste condizioni la camera a ionizzazione può essere usata solo con bassi ratei di fluenza. In compenso questa modalità di misura permette di fare della spettrometria, cioè di determinare anche l’energia delle particelle incidenti. Tale possibilità si ha tuttavia solo se la radiazione incidente perde tutta la sua energia nel rivelatore. Le misure spettrometriche con camere a ionizzazione a impulsi sono perciò possibili con particelle alfa e comunque con radiazioni di energia sufficientemente bassa da essere completamente arrestate nel volume di gas del rivelatore. Va comunque tenuto presente che per le misure spettrometriche con rivelatori a gas altri tipi di rivelatori, come i contatori proporzionali (vedi oltre), sono di norma preferibili.

A parità di fluenza di energia della radiazione incidente il segnale fornito da una camera a ionizzazione dipende dal gas e dal materiale delle pareti del rivelatore. L’ampiezza del segnale dipende dal numero (e dall’energia) delle particelle cariche che ionizzano il gas del rivelatore. Quando la radiazione è costituita da fotoni, l’ampiezza del segnale cresce all’aumentare del numero atomico, Z, del gas e delle pareti. In camere a ionizzazione di volume non molto grande il valore dello Z del materiale delle pareti del rivelatore può avere un ruolo prevalente rispetto a quello del gas. Poiché il materiale delle pareti è un solido, il numero di interazioni con cui i fotoni producono gli elettroni che successivamente ionizzano il gas, può essere maggiore nelle pareti che nel gas del rivelatore. La dipendenza della risposta, RE,G (cfr. eq. 8.5), di una camera

a ionizzazione dall’energia dei fotoni può essere perciò sensibilmente modificata a seconda del materiale usato come parete della camera. Se la grandezza dosimetrica G è riferita a un materiale tessuto equivalente (cfr. cap. 7), sarà quindi necessario utilizzare per le pareti della camera

(e anche per il gas) un materiale con uno Z possibilmente non molto dissimile da quello del tessuto, affinché si possa avere una trascurabile dipendenza di RE,G dall’energia dei fotoni.

Nelle camere a ionizzazione il regime di completa saturazione nella raccolta della carica (cfr. fig. 8.7) in pratica non è mai raggiunto. L’incompleta raccolta delle cariche si riscontra prevalentemente nelle camere a ionizzazione, rispetto ad altri tipi di rivelatori, poiché il gas prevalentemente usato nelle camere a ionizzazione è l’aria. La presenza nell’aria di un gas elettronegativo come l’ossigeno fa sì che gran parte degli elettroni liberati dalle ionizzazioni si “attacchino” (ancor prima di raggiungere l’anodo) alle molecole di ossigeno formando così ioni negativi. Questi ultimi hanno, non appena formati, un’elevata probabilità di interagire con gli ioni positivi originariamente prodotti dalla ionizzazione. Ioni di segno opposto possono perciò neutralizzarsi (ricombinazione ionica) causando una riduzione del segnale.

Il fenomeno della ricombinazione ionica nelle camere a ionizzazione con aria è sempre presente anche per tensioni di polarizzazione relativamente alte. Come sarà descritto più in dettaglio nel capitolo 15, l’entità della ricombinazione dipende dalle caratteristiche del campo di radiazione oltreché da quelle della camera. Tuttavia per i campi di radiazione cui si è più usualmente interessati in radioprotezione, in particolare nella dosimetria della radioattività ambientale, la correzione per l’effetto della ricombinazione ionica si può ritenere generalmente trascurabile.

Gli effetti di ricombinazione della carica sono praticamente sempre trascurabili se il gas di riempimento delle camere a ionizzazione è costituito da gas nobili e in generale da gas non elettronegativi. Non sempre l’uso di questi gas è tuttavia possibile poiché la scelta del gas influenza, in relazione al suo numero atomico Z, la risposta del rivelatore sia rispetto al tipo che all’energia della radiazione che s’intende misurare. D’altra parte l’uso dell’aria come gas di riempimento rende la costruzione e l’impiego di una camera a ionizzazione molto più semplice ed economico rispetto all’uso di qualsiasi altro gas.

Le camere a ionizzazione possono essere di tipo sigillato o non sigillato a seconda che il volume che contiene il gas di riempimento sia o meno a tenuta. Le camere di tipo non sigillato sono costruttivamente più semplici e il gas (di norma l’aria) è sempre in equilibrio con l’aria dell’ambiente esterno. Questa circostanza rende d’altra parte il segnale della camera dipendente, a parità di tutte le altre condizioni, dalla temperatura e dalla pressione atmosferica. La massa d’aria (interna al rivelatore) in equilibrio con l’aria esterna varia infatti in funzione della temperatura e della pressione atmosferica. Questa dipendenza richiede una correzione del segnale che può variare da qualche percento a

qualche frazione di percento. Tale correzione deve quindi essere sempre determinata ogni qualvolta si richieda un’incertezza sulla misura non superiore a qualche percento. Per il calcolo di questa correzione si rinvia al capitolo 15 con specifico riferimento alla dosimetria in radioterapia con camere a ionizzazione. Le camere a ionizzazione possono rivelare qualsiasi tipo di radiazione ma con una sensibilità molto variabile in funzione del gas e del materiale delle pareti utilizzate. Le camere a ionizzazione ad aria, che per la loro semplicità costruttiva costituiscono la componente maggioritaria di questi rivelatori, sono usate prevalentemente per la dosimetria di radiazione x e gamma. L’efficienza delle camere a ionizzazione ad aria alla radiazione gamma è piuttosto modesta, ma questa limitazione è compensata dal fatto che la gran parte dei dosimetri con camere a ionizzazione ha una dipendenza poco pronunciata dall’energia dei fotoni per tutte le grandezze dosimetriche G di maggiore interesse.

I contatori proporzionali

I contatori proporzionali su cui sono basati diversi tipi di dosimetri per radioprotezione sono rivelatori con volume generalmente più piccolo di quello tipico delle camere a ionizzazione. Infatti la moltiplicazione della carica tipica di questo tipo di rivelatori fa sì che, a parità di altre condizioni (campo di radiazione, volume e materiali del rivelatore ecc.), essi abbiano una sensibilità molto maggiore di quella delle camere a ionizzazione. Questa maggiore sensibilità può variare di un fattore da 10³ a 10⁶, a seconda del fattore di moltiplicazione del contatore considerato. La configurazione di base di un contatore proporzionale è mostrata in figura 8.11. Lo schema generale è quello tipico di un rivelatore a gas dove però, a differenza della camera a ionizzazione, è molto importante che l’elettrodo centrale sia costituito da un filamento molto sottile. Questo è un requisito costruttivo del contatore proporzionale, poiché grazie a questa configurazione è possibile raggiungere campi elettrici elevati in prossimità dell’anodo anche con modeste differenze di potenziale fra catodo (l’involucro metallico esterno) e anodo (l’elettrodo centrale). Se la forma del contatore è cilindrica, come nello schema mostrato in figura 8.11, il campo elettrico

( )

r E diminuisce fortemente all’aumentare della distanza, r, dall’elettrodo centrale (sull’asse del rivelatore) essendo:

( )

( )

a b r V r E ln = (8.10)

dove V è la differenza di potenziale tra gli elettrodi, a è il raggio del filamento (l’elettrodo centrale) e b è il raggio interno dell’involucro

cilindrico (l’elettrodo esterno). Il rapporto a/b nei contatori proporzionali è di norma inferiore a 10⁻³. In prossimità dell’elettrodo centrale, lungo tutta la sua estensione, si hanno i valori più elevati dell’intensità del campo elettrico. Il valore massimo del campo elettrico si ha sulla superficie dell’anodo dove, a parità delle altre condizioni, il campo è tanto maggiore quanto minore è il raggio dell’anodo. Si ha infatti dalla (8.10):

( )

( )

a b a V a E ln = (8.11)

Solo nella regione del contatore vicinissima all’elettrodo centrale, il campo elettrico è sufficientemente intenso (almeno 10⁶ V m⁻¹) da permettere la raccolta delle cariche prodotte dalle ionizzazioni e da innescare il processo della loro moltiplicazione. Il volume, intorno all’anodo, entro cui avviene il processo di moltiplicazione e di raccolta della carica è piccolissimo rispetto al volume totale del contatore, essendo il rapporto fra questi due volumi dell’ordine di 10⁻⁵. Da ciò consegue che i segnali prodotti da un contatore proporzionale sono quelli dovuti ai soli eventi originati nelle immediate vicinanze del filamento centrale. Se tale circostanza non fosse verificata, l’ampiezza di ciascun impulso fornito dal contatore dipenderebbe anche dal punto, interno al rivelatore, dove ha avuto luogo l’evento iniziale di ionizzazione da cui l’impulso deriva. Grazie alla loro elevata sensibilità i contatori proporzionali, anche se di volume relativamente piccolo, sono utilizzabili per la dosimetria in campi di radiazione poco intensi come quelli che più frequentemente si riscontrano nelle misure ambientali. Per misure di radiazioni x e gamma la sensibilità dei contatori proporzionali è resa ulteriormente elevata (rispetto alle camere a ionizzazione) dall’elevato numero atomico, Z, dei materiali di cui sono costituiti sia il gas che le pareti di gran parte di questi rivelatori.

I gas usati nei contatori proporzionali devono essere tali da dar luogo a un elevato fattore di amplificazione e minimizzare il fenomeno della ricombinazione ionica. Questa necessità esclude l’uso di gas come l’aria (che contiene ossigeno) e comporta l’impiego di gas non elettronegativi come i gas nobili e fra essi, prevalentemente, quelli con più alto numero atomico. Un gas tipicamente utilizzato nei contatori proporzionali è l’argon, di norma miscelato con metano (10%) per impedire la formazione di scariche.

I contatori proporzionali consentono non solo misure di fluenza di radiazioni ma anche misure spettrometriche, cioè di distribuzione dell’energia della radiazione incidente. Le misure spettrometriche con i contatori proporzionali sono rese possibili dal fatto che essi possono agevolmente operare in regime impulsivo. A differenza di quanto accade