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L’INDUSTRIA AUTOMOTIVE.

2.2.3. Il settore pubblico.

È interessante osservare sia che la maggior parte delle aziende del campione analizzato da questo studio non abbia ottenuto fondi superiori ai 5 milioni di dollari, sia che soltanto il 25% aveva delle esperienze precedenti nell’industria dell’Automotive.

Questo avvalora l’ipotesi per cui, a causa del cambiamento delle basi su cui si compete (non più fisiche e meccaniche ma digitali), le aziende emergenti sono avvantaggiate dal possedere conoscenze avanzate ed esperienza nell’ingegneria elettronica, nei software e nell’informatica piuttosto che conoscenze meccaniche di ingegneria avanzata tipiche dell’industria.

2.2.3. Il settore pubblico.

Tra i soggetti protagonisti dell’industria non bisogna tralasciare il settore pubblico e l’importanza del suo intervento; secondo Mazzucato (2013), questo ha spesso giocato un ruolo cruciale nelle prime fasi dell’avvento delle più grandi innovazioni tecnologiche come ad esempio il Web (P. Wells, 2015; pag. 9).

In particolare, non bisogna considerare solamente l’intervento di per sé, ma anche tutto l’impatto generato dalle pratiche sociali, dai comportamenti, dalle attitudini e normative, che costituiscono la reale differenza e favoriscono il cambiamento. Per esempio, in seguito alla crisi del 2008, l’Unione Europea ha rinnovato la propria politica industriale, con una particolare attenzione per l’industria Automotive. Un esempio di tali politiche è l’European Green Vehicles Initiatives

(EGVI), che prevede un approccio non territoriale che incoraggi collaborazioni pubbliche e private,

anche tra differenti settori, al fine di incentivare progetti di ricerca collaborativi che contribuiscano a far crescere le industrie di Automotive, energia, ICT (Information and communications

technology) e tecnologie smart grids (egv.eu).

La Norvegia può essere un esempio di riferimento per molti altri Paesi. Nel paese scandinavo ci sono stati una serie di notevoli incentivi a favore dei veicoli elettrici, come per esempio l’esenzione dal pagare la tassa di acquisto, di circolazione e varie altre tasse, l’accesso all’interno delle ZTL, il parcheggio gratuito, strutture di ricarica utilizzabili gratuitamente, uso libero dei mezzi pubblici di trasporto (Huw Davies, L. Cipcigan, C. Donovan, D. Newman, P. Nieuwenhuis, 2015; pag. 192). Tali vantaggi hanno contribuito a rendere il mercato delle vetture elettriche norvegese il più importante d’Europa.

Se isolato e non integrato con gli altri attori dell’ecosistema, l’intervento governativo non basta, e può capitare che, nonostante tutti gli sforzi, tali iniziative non ottengano il successo desiderato (Huw Davies, L. Cipcigan, C. Donovan, D. Newman, P. Nieuwenhuis, 2015; pag 192).

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Tale esempio dimostra che, quando ci si trova di fronte a delle nuove tecnologie in mercati trainati dalla domanda, per il successo di queste, è fondamentale il sostegno della domanda pubblica e l’impegno nella costruzione di una infrastruttura adeguata.

L’impegno pubblico può essere ancora più incisivo, come dimostrano i casi seguenti.

Negli Stati Uniti, l’ “US department of transportation” si è impegnato ad emanare le linee guida per il settore driverless, stabilendo delle regole morbide, sufficientemente flessibili per lasciare spazio all’innovazione. Con il fine di ridurre i costi umani e sociali relativi alla guida e di favorire economicamente tutte le aziende impegnate direttamente o indirettamente nello sviluppo di queste nuove tecnologie, la direttiva ha stanziato notevoli incentivi all’innovazione.

Tali incentivi volevano agevolare e sostenere una rapida sperimentazione nel mondo reale e ridurre i tempi di sviluppo. Questo esempio testimonia quanto possa essere preziosa l’alleanza tra governo ed industrie (Schilling, & Izz, 2012; pag. 317-319).

Un caso ancor più rilevante di innovazione favorita dall’intervento pubblico riguarda Singapore. Il governo ha stanziato generosi finanziamenti pubblici e incentivato partnership con le imprese, al fine di trasformare Singapore in un “hub for disruptive technology”.

L’intento è quello di rendere tutta la città un laboratorio di innovazione a cielo aperto. Il governo si è impegnato a investire risorse, velocizzare gli aspetti amministrativi e a fornire le infrastrutture necessarie per velocizzare al massimo l’innovazione.

Il progetto ambisce ad essere la prima città al mondo a guida autonoma, e grazie alle nuove tecnologie punta a mantenere lo stesso livello di mobilità ma con una diminuzione di 60% dei veicoli circolanti e una notevole riduzione dei costi (Schilling, & Izz, 2012; pag. 116-121). I casi appena discussi evidenziano come l’intervento pubblico sia un importante catalizzatore per l’innovazione orientata ai nuovi trend.

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2.3. I Trend emergenti.

L’accelerazione al cambiamento è dovuta a diversi fattori:

- le nuove forme di mobilità che, grazie a business model rivoluzionari, hanno messo in discussione il possesso dell’auto;

- le nuove tecnologie e le pressioni governative stimolano continuamente i progressi nella guida autonoma e nell’elettrificazione;

- la digitalizzazione offre possibilità illimitate.

Dopo l’analisi dei player più importanti appena conclusa, questa sezione analizza i trend responsabili della disruptive innovation all’interno dell’industria Automotive.

2.3.1. La sostenibilità.

L’industria dell’Automotive occupa oggi una posizione di rilievo nella società e in molte delle economie nazionali.

È risaputo che l’utilizzo dell’automobile provoca delle esternalità negative sotto forma di costi ambientali, decessi e infortuni stradali. La sfida che molti dei governi si pongono, supportati dai trend emergenti e dal continuo miglioramento dei veicoli, è quella di ridurre fino ad eliminare tali esternalità nocive. Tra le esternalità ambientali negative, che si aggravano esponenzialmente nelle aree urbane, troviamo lo sfruttamento di terreno, il consumo di energia, la congestione, il rumore e l’inquinamento atmosferico (P. Nieuwenhuis, P. Wells, 2015; pag. 154).

Negli ultimi decenni, due minacce hanno attirato maggiormente l’attenzione: la questione del cambiamento climatico e lo sfruttamento delle risorse naturali sempre più estremo.

Di fronte a queste due minacce, è improbabile che siano i consumatori a smettere di utilizzare i veicoli, ma è molto più plausibile che sia il sistema dell’auto a monte a doversi adattare.

Il primo passo è sicuramente ridurre la dipendenza dal carbone fossile. Per quanto riguarda le emissioni inquinanti, i clienti sono sempre più informati e attenti a questioni legate alla sostenibilità: essi sono consapevoli di problematiche come il riscaldamento globale, sanno quali tecnologie sono amiche dell’ambiente e quali non lo sono. È in questo frangente che il governo detiene la credibilità e l’autorità necessaria per stabilire una regolamentazione da rispettare (A. Ignatius & C. Ghosn, 2016). D’altra parte, il ruolo che le aziende ricoprono è fondamentale per garantire una mobilità sostenibile. Esse devono assumersi la responsabilità di guidare il

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cambiamento, aiutando le istituzioni nella definizione delle politiche pubbliche necessarie al raggiungimento di una mobilità più sostenibile. L’unico modo per raggiungere tale obiettivo è ripensare al paradigma di produzione-utilizzo-consumo dei veicoli e di tutta la mobilità in generale, riducendo o eliminando le problematiche già menzionate al fine di migliorare la qualità della vita in generale.

Uno dei passaggi più importanti in tal senso è sicuramente l’Accordo di Parigi. Alla Conferenza di Parigi, tenuta nel Dicembre 2015, 195 Paesi hanno adottato il primo accordo universale sul clima; “Il cambiamento climatico rappresenta una minaccia urgente e

potenzialmente irreversibile per le società umane e per il pianeta” (Internazionale.it, 2018) e per

questo è necessario l’impegno di tutti i Paesi verso ad una cooperazione atta a ridurre le emissioni. L’obiettivo dell’accordo è appunto quello di ridurre le emissioni per almeno il 40% entro il 2030 (radio24.ilsole24ore; 2018). L’accordo prevede inoltre il contenimento del rialzo della temperatura entro i 2 gradi centigradi, controlli ogni cinque anni, erogazione di 100 miliardi da parte dei Paesi industrializzati e dei rimborsi per i Paesi più esposti ai cambiamenti climatici. Nonostante tale accordo abbia ottenuto il consenso globale, anche da parte dei maggiori inquinatori, non mancano le critiche. Non ci sarà infatti alcun intervento su aerei e navi, i controlli saranno autocertificati e non è stata prevista alcuna data per l’azzeramento delle emissioni (Internazionale, 2018).

I temi maggiormente connessi al tema della sostenibilità all’interno dell’Automotive – elettrificazione, carburanti alternativi, mobilità condivisa, ecc. – sono sviluppati nei paragrafi seguenti.