• Non ci sono risultati.

Il sistema cannabinoide endogeno

Nel documento Cannabis (pagine 48-53)

Nell’organismo umano sono stati identificati finora due tipi di recettori per i cannabinoidi: il recettore CB1, prevalentemente espresso nel sistema nervoso e in alcuni tessuti periferici, scoper- to nel 1990 (Matsuda, 1990); e il recettore CB2, identificato fino- ra quasi esclusivamente in cellule del sistema immunitario dei mammiferi, e individuato per la prima volta solo nel 1993 (Mun- ro, 1993).

tori per il THC ha condotto, nel 1992, all’identificazione del pri- mo endocannabinoide, la cui struttura chimica risultò essere l’am- mide dell’acido arachidonico con l’etanolammina. A tale compo- sto, l’arachidonoiletanolammide, fu attribuito anche il nome anan-

damide (Devane et al., 1992), dalla parola sanscrita ananda (stato di grazia). Tre anni dopo, un altro derivato del metabolismo dell’aci-

do arachidonico, il 2-arachidonoil-glicerolo (2-AG), mostrò discre- ta affinità per i recettori dei cannabinoidi (Sugiura et al. 1995; Mechoulam et al. 1995). In seguito venne scoperto che, mentre l’a- nandamide e i suoi analoghi attivano preferenzialmente il recettore CB1, il 2-AG può attivare indifferentemente entrambi i tipi di recet- tori (Gonsiorek et al., 2000). Più recentemente è stato identificato un terzo endocannabinoide, il 2-arachidonil-gliceril-etere (noladin), un analogo strutturale del 2-arachidonoil-glicerolo in grado di atti- vare preferenzialmente il recettore CB1 (Hanus et al., 2001). L’i- dentificazione di recettori specifici per il THC, nonché l’esistenza degli endocannabinoidi, dimostrava l’esistenza di un sistema canna-

binoide endogeno alla base degli effetti farmacologici attribuiti ai

derivati della cannabis, e il cui preciso ruolo fisiologico e patologi- co, una volta compreso, potrà condurre allo sviluppo di nuovi far- maci da utilizzare per lo sviluppo di terapie alternative per la cura di patologie di primaria importanza.

Il chiarimento dei processi metabolici degli endocannabinoidi (v. riquadro su Biosintesi e degradazione degli endocannabinoidi) ha permesso di identificare le situazioni fisiologiche in cui essi risul- tano essere coinvolti, e di comprendere come possibili variazioni dei livelli degli endocannabinoidi possano essere associate a con- dizioni patologiche. Gli endocannabinoidi sembrano essere coin- volti nei processi di apprendimento e memoria (Davies et al., 2002), nella modulazione del controllo motorio extrapiramidale (Romero et al., 2002) e nella regolazione dell’asse ipotalamo/ipo-

fisi/surrene (Wenger et al., 2002); a livello periferico modulano il battito cardiaco e la pressione arteriosa (Kunos et al., 2000), rego- lano impianto e sviluppo embrionale (Maccarrone et al., 2002), e rilassano la muscolatura liscia del tratto gastrointestinale (Izzo et al., 2001). In particolare, in modelli animali, è stato possibile sug- gerire che patologie che comprendono morbo di Parkinson (Di Marzo et al., 2000), obesità (Di Marzo et al., 2001), stipsi (Pinto et al., 2002) o aborto spontaneo (Maccarrone et al., 2000) posso- no essere associate a livelli endogeni di endocannabinoidi più ele- vati del normale. Di contro, un malfunzionamento del sistema endocannabinoide sembra essere coinvolto in patologie legate all’alimentazione, alla corea di Huntington e, possibilmente, ad alcune fobie (Glass et al., 2001; Marsicano et al., 2002).

Biosintesi e degradazione degli endocannabinoidi

È stato necessario interpretare i meccanismi che regolano la biosinte- si e la degradazione degli endocannabinoidi al fine di chiarirne il ruolo di mediatori endogeni, e di verificare l’esistenza di un sistema “endo- cannabinoide”. Sia l’anandamide che il 2-AG vengono prodotti “su domanda” a partire da precursori fosfolipidici, e in seguito a depolariz- zazione della membrana neuronale. In particolare, per l’anandamide il meccanismo comunemente accettato prevede l’idrolisi enzimatica, catalizzata da una fosfolipasi di tipo D, di un precursore fosfolipidico, l’N-arachidonoil-fosfatidiletanalammina (NArPE). Il NArPE viene forma- to a sua volta attraverso l’azione di una trans-acilasi in grado di effet- tuare il trasferimento di una unità di arachidonato dalla posizione sn-1 di una 1,2-sn-diarachidonoil-fosfatidilcolina all’azoto della fosfatidil- etanolammina (1). I processi biosintetici che portano alla formazione del 2-AG possono seguire meccanismi diversi, ma l’ipotesi più consisten- te è quella che prevede la formazione (dipendente o indipendente da fosfolipasi C) di un di-acil-glicerolo che viene poi idrolizzato a 2-AG attraverso l’azione di una lipasi specifica per la posizione sn-1 (Di Mar- zo, 1998). Questi meccanismi biosintetici non prevedono la sintesi e la

successiva conservazione in vescicole secretorie, e differenziano quin- di gli endocannabinoidi da altri neuromodulatori classici rendendoli più simili ad altri derivati bioattivi dell’acido arachidonico, quali le prosta- glandine. Una volta sintetizzati, gli endocannabinoidi vengono imme- diatamente rilasciati dalla cellula e si legano ai recettori del THC pre- senti su cellule limitrofe o sulla stessa cellula che li ha prodotti, com- portandosi così come mediatori autocrini o paracrini. Infatti, essendo poco idrosolubili non diffondono nella matrice extracellulare o nel san- gue. Espletata la loro azione biologica, gli endocannabinoidi verranno inattivati mediante meccanismi di degradazione o di riciclo regolati enzi- maticamente. Tali processi prevedono: (i) la “ricaptazione” per diffusio- ne attraverso la membrana cellulare – processo che sembra essere mediato da un trasportatore specifico, (ii) l’idrolisi enzimatica e (iii) il rici- clo dei prodotti di idrolisi nei fosfolipidi di membrana (1). L’enzima responsabile dell’idrolisi dell’anandamide, la Fatty Acid Amide Hydro- lase (FAAH), caratterizzato, purificato e clonato in diverse specie di mammifero, in alcune condizioni è responsabile anche dell’idrolisi del 2-AG per il quale, comunque, esistono anche altre “idrolasi” più o meno selettive. All’interno della cellula, inoltre il 2-AG può essere re-esterifi- cato nei fosfolipidi prima dalla sua idrolisi enzimatica. Il noladin, la cui biosintesi non è stata ancora chiarita, e la cui struttura non ne consen- te l’idrolisi enzimatica, viene metabolizzato dopo la ricaptazione cellu- lare mediante incorporazione in fosfolipidi di membrana (Fezza, 2002).

Indubbiamente, ancora numerosi sforzi saranno necessari per conoscere compiutamente il ruolo fisio-patologico degli endo- cannabinoidi. Allo stato attuale disponiamo comunque di alcune significative evidenze che ci aiutano a chiarire le basi razionali degli usi terapeutici dei cannabinoidi.

In particolare, è stato almeno parzialmente chiarito che le pro- prietà antiemetiche dei cannabinoidi sono da mettere in relazio- ne al ruolo del sistema cannabinoide endogeno nella regolazione dei circuiti cerebrali del vomito (Darmani, 2001).

che regolano l’assunzione del cibo è stato recentemente eviden- ziato da un significativo aumento dei livelli di endocannabinoidi in tre differenti modelli animali di obesità (Di Marzo et al., 2001). Tali animali sono caratterizzati da un difetto genetico legato alla sintesi della leptina o del suo recettore, che regolano i segnali ano- ressici/oressici nell’ipotalamo. Di contro, la somministrazione di leptina in ratti riduceva i livelli di anandamide e 2-AG nell’ipota- lamo. Questi dati suggerirono che i livelli di endocannabinoidi sono negativamente modulati dalla leptina, e che nell’ipotalamo un tono di endocannabinoidi contribuisce a regolare l’assunzione di cibo partecipando ai circuiti neuronali regolati dalla leptina. In accordo con il loro ruolo di modulatori dell’appetito, i livelli ipo- talamici degli endocannabinoidi risultano essere aumentati anche in ratti privati di cibo per diciotto ore.

È stato evidenziato un coinvolgimento del sistema endocannabi- noide endogeno nella modulazione della spasticità associata alla sclerosi multipla (Baker et al., 2001). La quantificazione dei livel- li di endocannabinoidi in un modello animale di sclerosi multi- pla, l’encefalomielite allergica sperimentale, ha permesso di evi- denziare un aumento dei livelli di endocannabinoidi nel cervello e nella spina dorsale di topi selettivamente durante la fase di spa- sticità associata alla patologia, mentre un miglioramento di tale sintomo veniva riscontrato in seguito a trattamento con endo- cannabinoidi o, ancor meglio, mediante somministrazione di ini- bitori selettivi dell’inattivazione degli endocannabinoidi stessi. Recentemente è stato ancora evidenziato il ruolo del sistema endo- cannabinoide nei processi che regolano la memoria, con partico- lare attenzione alla fase di estinzione dei ricordi di eventi negati- vi, come ad esempio traumi e altri eventi spiacevoli (Marsicano et al., 2002). Utilizzando topi geneticamente privi del recettore CB1 è stato infatti possibile dimostrare il coinvolgimento di tale recet-

tore nella fase di estinzione di ricordi sgradevoli, così come è sta- to evidenziato, in topi normali, un aumento dei livelli di endo- cannabinoidi all’inizio della fase di estinzione e nell’amigdala basolaterale, cioè nella regione del cervello deputata al controllo dell’estinzione di tali ricordi.

Un recentissimo studio ha inoltre approfondito le proprietà anti- convulsivanti degli endocannabinoidi. In particolare l’anandami- de si è rivelata efficace in un modello animale di epilessia. Vice- versa, un bloccante del recettore CB1 ha ridotto la soglia massi- ma di convulsione, facilitando la crisi, e indicando che probabil- mente anche l’attività convulsiva è modulata dal tono del sistema cannabinoide endogeno (Wallace et al. , 2002).

Una menzione particolare merita, per concludere, il ruolo del sistema cannabinoide nella regolazione dei processi di prolifera- zione cellulare che sono alla base della crescita dei tumori (Biful- co & Di Marzo, 2002). Vi sono a riguardo promettenti evidenze che meritano di essere approfondite con attenzione, per un’anali- si dettagliata delle quali rimandiamo al Capitolo 6.

Nel documento Cannabis (pagine 48-53)