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Metodi di produzione della cannabis

Nel documento Cannabis (pagine 40-46)

La canapa coltivata per produzioni agricole (fibra, semi, ecc.) può essere monoica (con i sessi riuniti sulla stessa pianta) o dioica (con piante a sessi separati). Per ottenere dalla cannabis prodotti da desti- nare ad impieghi erboristici o farmaceutici si impiegano varie tec-

niche. In primo luogo vanno distinte le modalità di coltivazione: 1) in ambiente chiuso con condizioni completamente artificiali (indoor);

2) in serra, con prevalente luce naturale; 3) a terra in piena aria (outdoor).

Non tenendo conto delle problematiche legali che costituiscono spesso i fattori che condizionano la scelta del tipo di tecnica di col- tivazione, la produzione di cannabis per usi medici è in funzione soprattutto della standardizzazione del prodotto che si vuole otte- nere e dei costi. Potendo controllare la temperatura, l’intensità di luce, la disponibilità d’acqua e gli elementi nutritivi disponibili, si può fare in modo che la pianta raggiunga determinate produ- zioni e arrivi a maturazione in tempi prefissati.

La moltiplicazione della cannabis può avvenire per seme (tradi- zionale o monosessuato femminile), oppure mediante riprodu- zione vegetativa (talee erbacee). Utilizzando il seme derivato da piante dioiche si otterranno circa una metà di piante maschili e metà di femminili. Il grado di eterogeneità di forma e di conte- nuto di cannabinoidi in questo tipo di materiale è normalmente molto elevato. Nelle varietà monoiche è più semplice ridurre la variabilità degli individui perché si possono fare, in modo sem- plice, più cicli di autofecondazione e arrivare a fissare genetica- mente i caratteri desiderati. Il seme monosessuato femminile lo si ottiene inducendo con trattamenti ormonali la comparsa di fiori maschili in piante geneticamente femminili. Tutte le piante origi- nate da seme monosessuato avranno lo stesso sesso della pianta madre e, in condizioni di isolamento da fonti esterne di polline, non saranno in grado di produrre e maturare semi. Queste sono le piante sinsemilla che, non destinando assimilati per la forma- zione del seme e non allegando semi, continuano a produrre fio- ri che sono la parte della pianta più ricca di tricomi in cui si accu-

mulano i metabolici secondari, tra cui i cannabinoidi e i terpeni. Il grado di massima stabilità genetica della cannabis si ottiene riproducendo vegetativamente la stessa pianta. Il metodo consiste nel prelevare, da un singolo individuo “elite” ben caratterizzato dal punto di vista del contenuto dei cannabinoidi, porzioni termina- li di rami (talee) e farli radicare. In questo modo si riproducono infiniti cloni identici.

Pare opportuno precisare che piante di canapa transgeniche, cioè geneticamente manipolate, non esistono, né sul mercato e nep- pure nei vari laboratori del mondo. Solo un paio di brevi notizie, non verificate, giunte rispettivamente da autori russi e cinesi, segnalano il superamento della prima difficoltà insita nel proces- so di manipolazione genetica, e cioè la rigenerazione in vitro del- la pianta intera, partendo dal callo (tessuto indifferenziato toti- potente).

Quando la pianta è allevata all’esterno è esposta all’attacco di parassiti o può essere danneggiata da grandine, freddo o secco. I costi di produzione in pieno campo sono minori di quelli in serra o in condizioni completamente artificiali. Tuttavia, nel- l’ambiente in cui non è controllabile la lunghezza del fotope- riodo, la cannabis completa in un anno un singolo ciclo di svi- luppo, mentre, in ambiente artificiale, se ne possono raggiun- gere anche più di quattro.

Il tipo di cannabinoide o miscela di cannabinoidi prodotto dalla cannabis è legato ad un fattore genetico controllabile. Nel caso del THC e CBD questo carattere è co-dominante e, di conseguenza, si possono ottenere linee di cui tutte le piante producono un singolo cannabinoide (al 99% del totale dei cannabinoidi nel caso di linee selezionate per il THC, e a circa il 95% per le linee di CBD). Se si incrocia una pianta con solo THC con una pianta che produce solo CBD, l’ibrido derivato produrrà sia THC che CBD in un rappor-

to tra i due di circa 1:1. Questo significa che con la selezione gene- tica tradizionale è possibile ottenere delle linee che producono un solo cannabinoide, o una combinazione stabile di cannabinoidi. Diversamente, la quantità di cannabinoidi prodotti dalla pianta è influenzata dall’ambiente in quanto alcuni caratteri modificatori, associati alla produzione dei cannabinoidi anch’essi geneticamente controllati, sono regolati da fattori esterni alla pianta.

Una parte dei medici ritiene che, per impiegare come farmaci i derivati della cannabis, sia necessario conoscere esattamente la sua composizione chimica e titolare in modo preciso la concen- trazione del principio attivo. Inoltre, ritengono indispensabile eliminare anche le tracce di altre sostanze naturali che possono avere interazioni indesiderate con i principi attivi. Un’altra par- te dei medici e molti pazienti sono del parere che sia il fitocom- plesso, tal quale o concentrato, l’ideale fitoterapico: e che perciò non sia necessario ricercare la purezza del principio attivo responsabile dell’azione farmacologica. In entrambi i casi è comunque indispensabile poter disporre di cannabis che produ- ca costantemente la stessa composizione di principi attivi e in rapporto costante tra loro. Mediante semplici operazioni di con- centrazione e purificazione, se la materia prima è standardizza- bile, è possibile titolare il preparato e distribuire alla medesima concentrazione uno o più principi attivi.

La ragione per cui un gran numero di lavori scientifici riguardan- ti gli effetti della cannabis non vengono da molti considerati atten- dibili deriva proprio dal fatto che in essi non viene riportata la composizione completa, sia quantitativa che qualitativa, del mate- riale vegetale impiegato nelle prove. In effetti, la prima ditta in Europa che dal 1999 ha intrapreso la via per la produzione di far- maci a base di estratti naturali di cannabis è partita dal reperimento e dalla selezione di linee autofecondate e stabili, le quali sono in

grado di sintetizzare un singolo cannabinoide. Per quanto è pos- sibile conoscere delle esperienze estere, e in base a ciò che è stato fatto presso l’Istituto Sperimentale per le Colture Industriali, si può affermare che sono state o stanno per essere realizzate linee di can- nabis che producono singolarmente i seguenti cannabinoidi: can-

a)

nabidiolo (CBD), delta-9-tetraidrocannabinolo (d-9-THC), can- nabicromene (CBC), cannabigerolo (CBG), cannabidivirina (CBDV), delta-9-tetraidrocannabivirina (d-9-THCV). È stata anche ottenuta una linea di cannabis che non produce alcun can- nabinoide, e questa costituisce il placebo ideale. Nella Figura 2 sono riportati i gas-cromatogrammi di quattro chemiotipi ottenuti in Ita- lia, che potenzialmente potrebbero essere impiegabili in campo far- c)

maceutico.

Conclusioni

I paesi dell’Unione Europea che hanno avviato le ricerche sulla cannabis sono già un buon numero e, nel caso dell’Olanda, lo stes- so Ministero della sanità ha realizzato un dipartimento per gesti- re direttamente la produzione e la distribuzione di cannabis allo stato naturale per uso terapeutico. Questa scelta politica consen- te di mettere a disposizione, per i pazienti che ne hanno bisogno anche per lunghi periodi, materiale vegetale, standardizzato, sta- bile e sicuro, a prezzi contenuti. Seguendo questo esempio anche nel nostro paese, in tempi brevissimi si può arrivare ad offrire una preliminare soluzione al problema della reperibilità di materiali fitoterapici derivati dalla cannabis. Resta ancora completamente aperto il problema della registrazione e protezione intellettuale delle nuove varietà di cannabis destinabili all’impiego terapeuti- co. Pare assolutamente necessario arrivare quanto prima a una nor- mativa che possa garantire prima di tutto i destinatari di questi prodotti, e poi anche i produttori.

Figura 2: Gas cromatogrammi di linee di cannabis con chemiotipo stabile; a) cannabidiolo, b) delta-9-tetraidrocannabinolo; c) cannabigerolo; d) nessun cannabinoide.

BIBLIOGRAFIA

IDe Meijer, E.P.M., van der Kamp, H.J. , van Eeuwijk, F.A., “Characterisation of Cannabis accessions with regard to cannabinoid content in relation to other

5

5.. CCaannnnaabbiiss ee ccaannnnaabbiinnooiiddii

Nel documento Cannabis (pagine 40-46)