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XVI- XVIII: uno sguardo d’assieme

11. Il testimone principale

Lucido De Stefano, nel suo saggio sulla Valle di Fasanella, dice a proposito del Mandelli: “… da Luca Monnelli nella sua Lucania, che nel Monastero di Sant’Agostino di Salerno si conserva M.S.”322. L’opera è, quindi, rimasta sino alla fine del Settecento nel convento di

S. Agostino di Salerno, per poi essere trasferita nella Biblioteca Nazionale di Napoli, come riportato dal Signorelli, dove si conserva ancora oggi.

Il manoscritto, che è l’unico testimone completo, consta di due codici: il primo composto di 312 pagine, con segnatura X-D-1, e il secondo di 296 pagine, con segnatura X- D-2. La rilegatura settecentesca riporta sul dorso la dicitura: Mandelli Lucania Sconosciuta. La numerazione prende inizio dall’introduzione e i numeri di pagina sono segnati in alto a destra per il recto, e in alto a sinistra per il verso, mentre un’altra numerazione, molto probabilmente di altra mano, segue la numerazione per foglio e si trova in basso a sinistra. Alcuni numeri di pagina sembrano corretti, perché l’inchiostro è più scuro. Analizzando le

321

Ivi, parte I, pag. 68-69. 322

L. De Stefano, Della Valle di Fasanella nella Lucania, discorsi del dot.re Lucido de Stefano della Terra di Aquaro, libro primo (ms., Aquaro, 1781), Centro di Cultura e Studi Storici “Alburnus”, Salerno, 1994, pag. 178.

pagine del testo, è possibile ipotizzare a volte una mano diversa, poiché cambia la grafia e l’inchiostro sembra più marcato.

Il primo volume si apre con una pagina che elenca le fonti citate nell’opera, ovvero i nomi degli autori consultati, antichi e moderni, in ordine alfabetico. Purtroppo non è stato possibile leggere correttamente tutti i nomi, poiché la parte marginale destra del foglio è molto danneggiata, forse logorata dal tempo. Il titolo di tale elenco delle fonti reca questa dicitura: Autori che si citano nella presente [….]323. Le pagine seguenti lasciano spazio

all’indice, così intitolato: Tavola de’ capitoli di questa prima parte. Il recto in basso a sinistra è danneggiato, ma è stato possibile risalire ai titoli dei paragrafi. Ogni pagina termina con la parola d’inizio di quella successiva.

Questo primo volume è suddiviso in cinque libri: Libro favoloso, Libro veritiero, Libro defensorio, Libro guerriero, Libro historico. Ogni libro è suddiviso in vari capitoli segnati con numeri romani. La scrittura è chiara; soltanto all’interno del terzo libro, in un’aggiunta dopo il terzo capitolo, la scrittura si fa più fitta e occupa per intero tutta la pagina. Molto probabilmente proprio a causa di queste aggiunte troviamo una doppia numerazione, come già detto.

Non è possibile trovare il titolo esatto di questo codice, poiché la prima pagina introduttiva, che lo reca, è mutila. È proprio l’introduzione a comunicarci le prime notizie sulle intenzioni dell’autore e sul piano della sua opera. Aveva in mente non soltanto di scrivere la prima parte dedicata alle “notizie historiche in generale”324, cui aggiungere una

seconda che affrontasse le notizie particolari della Lucania, ma intendeva redigere una terza parte intitolata “delle cose sacre”325. Questa notizia è ripetuta diverse volte, soprattutto

nella seconda parte, quando trattando di Castrovillari e dei suoi monasteri Mandelli scrive: ”…e altre cose sacre dirassi, piacendo a Dio, nella 3ª parte”326.

323

L. Mandelli, La Lucania Sconosciuta, parte I. 324

Ivi, parte I, pag. 4. 325

Ivi, parte I, pag. 4. 326

Il testo presenta dei guasti meccanici in alcuni punti, ma nella maggior parte dei casi siamo riusciti a ricostruire la lezione corretta327. È possibile notare a volte l’intervento di

un’altra mano, poiché diversa è la scrittura e la penna328. L’autore sembra intervenire nel

testo anche per riscrivere ciò che ha cancellato in precedenza329. Alcune parole finali con

cui dovrebbero incominciare le pagine successive sono cancellate e non appaiono nella pagina seguente330, altre, invece, non sono cancellate331. La scrittura si fa talvolta più fitta e

minuta perché il nostro autore interviene in un secondo momento332. Vi sono, a margine

del testo, dei rinvii a numeri di pagine non presenti333. Alcune note, inserite a margine,

sembrano di altra mano334, altre non sono state inserite nel corpo del testo, perché

completamente indipendenti. Sono annotazioni che coprono la lunghezza di un rigo o di più righe335. A volte nel margine inferiore della pagina, o anche in quello superiore, sono

stati inseriti successivamente dei periodi336, segno evidente di ripensamenti o aggiunte

posteriori. In alcune pagine sono stati cancellati interi periodi, ma comunque sono stati riportati in sede di edizione, perché si legavano a quelli successivi e non considerarli avrebbe creato maggiore confusione e perdite di significato del pensiero dell’autore337. Il

primo volume riporta alcune parti incomplete. L’ultimo libro, al capitolo IV, presenta questa frase incompiuta: “Ma il gentil cielo d’Italia...”338. L’autore, probabilmente, intendeva

terminare questo capitolo in seguito. In alcune parti del testo vi sono dei rinvii, contrassegnati con un asterisco, ad aggiunte successive, mai inserite339.

Poiché siamo di fronte ad un unico testimone, si è seguito un principio conservativo nella stesura dell’edizione, com’è facilmente intuibile da quanto detto. Non è stato sempre

327

Ivi, parte II, pag. 124. 328

Ivi, parte I, pag. 202. 329

Ivi, parte I, pag. 133. 330

Ivi, parte I. pagg. 144-145. 331

Ivi, parte I, pagg. 275-276. 332

Ivi, parte I, pag. 250. 333

Ivi, parte I, pag. 123. 334

Ivi, parte I, pag. 175. 335

Ivi, parte I, pag. 125. 336

Ivi, parte I, pag. 28. 337

Ivi, parte I, pag. 152. 338

Ivi, parte I, pag. 273. 339

facile scegliere tra le varianti del testo, derivanti da correzioni e da aggiunte in interlinea, quindi si è ricorso a dei criteri interni riassumibili nell’usus scribendi dell’autore e nella lectio difficilior340.

L’autore pone le fonti ai margini del testo insieme ai rinvii ad altre parti dell’opera. È riportato il libro e il relativo capitolo341, ma questi rimandi sono spesso incompleti.

L’autore poi cancella alcune note marginali rinviando alla seconda parte342. Anche questi

richiami non sono sempre precisi. Nella prima parte, per esempio, al capitolo 11, mentre parla di Crotone, rinvia alla seconda parte, ma si confonde tra Contursi, cui è dedicato il relativo capitolo, e Crotone, di cui si parla invece nel libro 2343.

Si è proceduto all’emendatio del manoscritto in alcuni punti. Gli interventi hanno riguardato il testo. Le cancellature di lunghi periodi sono state riprese, poiché erano collegati tra loro. Eliminarli del tutto avrebbe significato creare forti incongruenze, che rischiavano di travisare il pensiero dell’autore. Tutto questo in virtù di quel principio conservativo più volte citato344.

L’emendatio ha riguardato anche singole parole: arroscice per arroscisce345, peduta per

perduta346, poprie per proprie347, superbai per superbia348. Gli interventi sono stati anche più

marcati, per correggere dei veri e propri errori: si ferisce per riferisce349.

La seconda parte della Lucania Sconosciuta oltre a essere incompiuta, poiché manca tutto il quarto libro dedicato al “Mediterraneo Trasappennino”, possiede alcune pagine in bianco (17)350 e alcuni capitoli incompleti351. Alcuni capitoli sono conclusi a metà della

340

B. Bentivogli, P. Vecchi Galli, Filologia Italiana, Bruno Mondadori, Milano, 2002, pag. 65. 341

L. Mandelli, La Lucania Sconosciuta, parte I, pag. 49; parte II, pag. 108. 342

Ivi, parte I, pag. 36. 343

Ivi, parte I, pag. 41. 344

Ivi, parte I, pag. 217. 345

Ivi, parte I, pag. 114. 346

Ivi, parte I, pag. 184. 347

Ivi, parte I, pag. 239. 348

Ivi, parte I, pag. 252. 349

Ivi, parte I, pag. 248. 350

Ivi, parte II. Le pagine in bianco sono le seguenti: 102-103; 137-140; 220; 232-234; 242; 251; 256-258; 261-262; 278-280.

pagina, il resto rimane in bianco e il capitolo riprende dalla pagina successiva352. Questo è

un segno evidente del sistema compilativo dell’autore che, come già accennato, lasciava vuoti alcuni fogli, per poi tornare indietro e terminare le pagine precedenti. Anche il capitolo dedicato al Cilento di là del fiume Aliento è incompleto. Il testo riprende, infatti, al capitolo seguente, quando tratta della storia di Palinuro353. La parte finale della pagina

riporta al margine sinistro la dicitura: Laurino Terra, ma ne manca il testo354.

Questa seconda parte dell’opera presenta diverse lacune, ma sembra più chiara, con pochissime correzioni ed errori.

Non essendo un autografo, non abbiamo la certezza che sia opera diretta del Mandelli, anche perché questi errori, disseminati nel testo, a un’attenta analisi sono classici errori di copia355. Può darsi che il Mandelli stesso o un suo allievo e collega abbia trascritto

l’opera. È opportuno, a questo punto, elencare un piccolo catalogo, che valga da esempio, per fornire prova di quanto detto:

Aplografie: ordi per ordine356.

Dittografie: felicicitare per felicitare357; partitironsi per partironsi358; rimunargli per

rimunerargli359.

Errore di ripetizione: articolo: la360; particella riflessiva: si361; locuzione: d’altro362, al

presente363; avverbi: non364.

351

Ivi, parte II; nella pagina introduttiva dal titolo: A chi legge, dopo il periodo finale, a capo è riportato MI. A pag. 20 una frase: “E per darne un domestico esempio…”.

352

Ivi, parte II, pag. 117;126. 353

Ivi, parte II, pag. 141. 354

Ivi, parte II, pag. 126. 355

A. Stussi, Introduzione agli studi di filologia italiana, Il Mulino, Bologna, 1994, pag. 126 e segg. 356

L. Mandelli, La Lucania Sconosciuta, parte II, pag. 24. 357

Ivi, parte I, pag. 141. 358

Ivi, parte I, pag. 243. 359

Ivi, parte II, pag. 1. 360

Ivi, parte I, pag. 116. 361

Ivi, parte I, pag. 126. 362

Ivi, parte I, pagg. 131-132. 363

Ivi, parte I, pag. 249. 364

Errori d’anticipo: verbi: rinfaccian365; congiunzioni: nondimeno366; avverbi: sempre367,

sostantivi: battaglia368; parole latine: suscipiens369, campis370; preposizione: per371.

Alcuni di questi errori non sono cancellati dall’autore, segno evidente di distrazione emersa durante la fase di copiatura. Gli errori d’anticipo rivelano, maggiormente, che l’antigrafo è copia di un archetipo andato perduto. A favore della nostra tesi è esemplare il caso riguardante la prima parte del manoscritto, in cui l’autore aggiunge all’inizio del periodo la parola battaglia372facendo perdere di significato la frase e una volta cancellata, la

inserisce nel rigo immediatamente successivo. Siamo allora con tutta probabilità di fronte ad una copia. Gli errori di ripetizione e di anticipo riguardano anche la trascrizione delle fonti in latino.

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