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XVI- XVIII: uno sguardo d’assieme

9. La Lucania Sconosciuta : descrizione dell’opera

L’opera del Mandelli consta di due volumi contrassegnati con i codici X-D-1, di pagine 312, e X-D-2, di pagine 296, conservati nella Biblioteca Nazionale di Napoli.

Per comprendere pienamente le intenzioni e le cause che hanno portato il Mandelli a comporre un’opera sulla storia della Lucania, dobbiamo partire dall’introduzione. Le prime due pagine dell’introduzione sono mutile ed è impossibile ricostruirle con precisione. Possiamo dire, soltanto, che Mandelli esordisce polemizzando con gli storici calabresi (Barrio, Marafioti) che hanno travisato gli scritti degli studiosi antichi per “adornare “169 la loro terra. La volontà dell’autore è dunque difendere la Lucania dalle

164

A. Genovesi, Delle lezioni di commercio, in F. Venturi, Illuministi italiani, cit., pagg. 126-132. 165

G. M. Galanti, Descrizione del Molise, cit., pagg. 52-53. 166

E. Nuzzo, Caratteri dei popoli e identità patrie in Antonio Genovesi, in Antonio Genovesi a trecento anni dalla nascita, di G. Cacciatore e S. Cicenia (a cura di), Laveglia & Carlone, Avellino, 2016, pagg. 186-187.

167

Ivi, pag. 201. 168

Cfr. G. Galasso, L’Italia s’è desta. Tradizione storica e identità nazionale dal Risorgimento alla Repubblica, Le Monnier, Firenze, 2002; Id., Potere e Istituzioni in Italia dalla caduta dell’impero romano ai giorni nostri, Einaudi, Torino, 1974; Id., L’Italia come problema storiografico, Introduzione alla Storia d’Italia, dir. da G. Galasso, UTET, Torino, 1979.

169

menzogne di questi storici. Più avanti afferma di essere l’unico a scrivere per la prima volta su questo argomento:

Non vedendo io dunque alcun de’ nostri pigliarsi pensiero di adunare insieme le quasi sconosciute memorie della Lucania: nè potendo suffrire che le prerogative grandezze di così nobil paese, restino, più così disperse e rubbate; alla gloria mi sono disposto al meglio che sopra raccorle insieme, impiegando in q(ue)sta fatica q(ue)ll’hore che da più grande occupationi m’avvanzano170.

Scrivere per la prima volta implica il proposito di fondare una tradizione, di dare inizio alla costruzione di una memoria collettiva. Si notano i due predicati antitetici della dicotomia presenza-assenza. La presenza di altre opere che hanno trattato argomenti simili, come le storie di Calabria e l’assenza di studiosi che hanno scritto su questo specifico argomento171.

Lo scopo del Mandelli è dimostrare che i Lucani sono i discendenti della stirpe italica, di cui hanno ereditato le virtù. La prima parte avrebbe dato le notizie generali sulla Lucania; sito, storia, laghi, fiumi, idioma, ecc.; la seconda parte avrebbe trattato della nobiltà della Lucania e delle città di questa provincia, per dimostrare che anche questa regione ha i suoi valorosi rappresentanti, non degenerando dall’antico valore trasmesso dai progenitori italiani. Una terza parte dell’opera, dedicata alle “cose sacre”172 della

Lucania, è solo annunciata nell’introduzione.

Il testo è animato da un evidente passione antiquaria; di conseguenza tutta la narrazione è segnata dal ruolo predominante non soltanto delle fonti letterarie antiche e moderne, ma anche dal ricorso a documenti d’archivio e a materiali archeologici (iscrizioni, monete, ecc). L’attitudine antiquaria risente alla lontana dell’eredità di Flavio Biondo: la sola lettura di un documento o manufatto permette di poter ricostruire con esattezza cronologica e topografica la storia e il sito di una località173. Strabone è però la

170

Ivi, parte I, pag. 3. 171

E. Scarano, La voce dello storico. A proposito di un genere letterario, Napoli, Liguori, 2004, pagg. 49-50. 172

L. Mandelli, La Lucania Sconosciuta, parte I, pag. 4. 173

Su F. Biondo vedi M. Miglio, Una lettera di Lapo Castiglionchio il Giovane a Flavio biondo: Storia e Storiografia nel Quattrocento, in Storiografia pontificia del Quattrocento, Il Mulino, Bologna, 1994; L. Gambi, Per una rilettura di Biondo e Aberti, geografi, in Il rinascimento nelle corti padane. Società e cultura, Bari, 1977, pagg.

vera guida di Mandelli nella ricostruzione storica dei luoghi della Lucania. Questa influenza è percepibile nella descrizione minuta dei paesi, nella illustrazione della flora, dell’orografia e delle virtù dei Lucani174.

La prima parte della Lucania Sconosciuta si compone di cinque libri.

Il primo libro, detto Favoloso, comprende dieci capitoli in cui tratta dei primi nomi dati alla Lucania: Esperia, Enotria e da ultimo Italia, come asserito da Strabone175. Sul

nome Lucania, Mandelli contraddice le varie opinioni degli scrittori moderni, come Leandro Alberti, per affermare, con l’autorità di Plinio, che questo nome non derivava dal Lucio comandante dei Sanniti, poiché al tempo di Lucio i Lucani, da prima, abitavano questa regione176. Per stabilire la posizione della Lucania si rifà alla teoria dei climi e alle

coordinate di Tolomeo, ma dai geografi antichi si allontana riguardo ai confini della regione, che amplia, fissando come termini a Nord Eboli e a sud la città di Cirella, ben oltre il fiume Lao177. Mandelli estende i confini perché non dà fede alla tendenza dei

geografi antichi di fissare confini geografici, come il corso e le foci dei fiumi o i monti più conosciuti. Rifacendosi a una tradizione risalente a Biondo e ad Alberti, il nostro autore concepisce le regioni come entità territoriali non stabili, ma mutevoli nel corso dei secoli178.

Mandelli sa che gli antichi scrittori o meglio poeti mischiavano le storie con i racconti favolosi179; è cosciente della non attendibilità di alcuni racconti contenuti nelle sue fonti

antiche, ma li riporta ugualmente, perché attestano, anziché contraddirla, l’antichità dei luoghi. Ecco, allora, la favola di Filottete che fonda Petelia o Giasone che fonda il tempo di Giunone Argiva. La leggenda di Atteone interessa Mandelli, nonostante sia falsa, perché è ambientata nel Vallo di Diano, come attestano altri storici (Scipione Mazzella180 , Giovanni

259-275; G. Buttà, Gli storici nei nascenti stati regionali italiani, in Il ruolo della storia e degli storici nella civiltà, Messina, 1982.

174

Ch. Van Paassen, L’eredità della geografia greca classica: Tolomeo e Strabone, in Geografia e geografi del mondo antico. Guida storica e critica, a cura di F. Prontera, Bari, 1993, pagg. 229-273.

175

L. Mandelli, La Lucania Sconosciuta, parte I, pag. 14. 176

Ivi, parte I, pag. 21. 177

Ivi, parte I, pagg. 26 e ss. 178

L. Gambi, L’invenzione delle regioni, in Identità territoriali e cultura politica nelle prima età moderna, di M. Bellebarba e R. Stauber (a cura di), Il Mulino, Bologna, 1998, pagg. 375-380.

179

L. Mandelli, La Lucania Sconosciuta,parte I, pag. 31. 180

Scipione Mazzella nacque a Napoli intorno alla metà del XVI secolo; fu autore di una Descrizione del Regno di Napoli (Napoli, G. B. Cappello, 1586), più volte ristampata.

Valentini detto Cantalicio181), ma anche alcune tracce topografiche: il colle di Atena in

onore di Atteone, la fonte detta di Diana, in onore della dea182. Il rilievo dato al mito delle

origini serviva per dare maggiore importanza a questi luoghi, dimostrandone l’antichità. Non è interessante per Mandelli stabilire se il mito corrispondesse a verità o meno; esso è rilevante per l’antichità e la dignità di questi luoghi. L’agostiniano, come altri studiosi della sua epoca, cerca di dare un fondamento storico al mito183. Riferendosi ad

Omero descrive le sirene come donne dotte di poesia e scienze, non meretrici e lascive184 .

Ecco dunque che il mito è razionalizzato, spogliato degli elementi fiabeschi e denigratori. Così la sirena Leucosia poteva essere la vera fondatrice del promontorio e isoletta omonima. È il medesimo procedimento inaugurato da Giovanni Antonio Summonte, nella sua opera sulla storia di Napoli e la sirena Partenope185.

Il secondo libro, detto Veritiero, è diviso in undici capitoli e tratta della flora e della fauna della Lucania, dei fiumi, laghi e selve, uniti ai costumi, leggi e usanze dei Lucani. La provincia è descritta come terra fertile, prerogativa dovuta secondo Strabone ai monti dell’Appennino che l’attraversano186. Tutto si gioca su un’ideale descrizione dei luoghi,

tipica della storiografia barocca187. A queste prerogative si aggiungono i pascoli e i prodotti

della terra (grano, bambagia, ecc.). La bontà del sito è testimoniata dalle colonie romane dedotte, e dalla volontà di Goti, Longobardi e Greci di conquistarla188. E’ interessante il suo

attacco ad Annio da Viterbo e alla favola della venuta di Noè con i suoi seguaci, detti Enotri, a popolare la Lucania189. Mandelli con l’aiuto dei sacri testi smentisce questa

diceria190.

181

Giovanni B. Valentini (1450-1515) nacque in Cantalice (Rieti); vedi B. Croce, Uomini e cose della vecchia Italia, Laterza, Bari, 1927.

182

L. Mandelli, La Lucania Sconosciuta,parte I, pagg. 44-45. 183

P. Veyne, I Greci hanno creduto ai loro miti?, trad. it. Il Mulino, Bologna, 1984, pagg. 64 ss. 184

L. Mandelli, La Lucania Sconosciuta, parte II, pag. 106. 185

Vedi A. D’Andria, Biografie impossibili. Mito delle origini e valore della Biografia di Partenope in Giovanni Antonio Summonte, in “Rassegna Storica Lucana”, Anno XXVII, n. 45-46, Gennaio-Dicembre 2007.

186

L. Mandelli, La Lucania Sconosciuta,parte I, pag. 48. 187

A. Musi, Salerno moderna, Avagliano Editore, Cava de’ Tirreni, 1999, pagg. 14-15. 188

L. Mandelli, La Lucania Sconosciuta,parte I, pag. 50. 189

Ivi, parte I, pagg. 75-76. 190

La trattazione prosegue con l’analisi dell’idioma lucano, che secondo l’autore , in virtù di un’iscrizione a suffragio della sua tesi, è di origine osca o ausone, più antica del greco e del latino191.

Il terzo libro, detto Difensorio, tratta dell’origine dei Bruzi dai Lucani, e della concezione della nobiltà, alla quale abbiamo già accennato192.

Il quarto libro, detto Guerriero, affronta la ricostruzione delle guerre che i Lucani ingaggiarono con Greci, Sanniti, Romani, Cartaginesi. I Lucani scacciarono gli Enotri dalla Lucania. Dal racconto di questi eventi emerge la convinzione che i Lucani furono costretti a guerreggiare, così contro i Sanniti che contro i Romani, per le offese subite193. Mandelli

racconta, ricorrendo all’autorità di Livio, tutte le fasi della guerra e la sconfitta finale dei Lucani, che dovettero subire la perdita della libertà e la privazione di alcune città, come la città di Paestum, divenuta colonia romana194. Durante le guerre annibaliche i Lucani, come

attesta Livio, furono sempre alleati dei Romani195 con un “aequo foedere”, cioè un patto tra

popoli liberi, non soggetti196. Soltanto le popolazioni che confinavano con i Bruzi si

allearono con Annibale197. I Lucani parteciparono alla guerra sociale, poiché l’avarizia e

l’ingordigia dei Romani nel vessarli con troppi tributi e non concedere la dovuta cittadinanza, portarono al conflitto, giustificato anche da un’azione diplomatica, intrapresa dai Lucani e fallita miseramente198. Nella guerra sociale, i Lucani ebbero la cittadinanza

come tutti gli altri popoli, ma anche molte colonie quivi furono dedotte. Mandelli in merito a questi eventi, non sa esprimere il suo giudizio, positivo per la cittadinanza ottenuta o negativo per la mancanza di municipi e la folta presenza di colonie199.

L’ultimo libro, dal titolo Historico, descrive lo stato della Lucania sotto i vari regni: gotico, longobardo, normanno, svevo, angioino, aragonese. Termina con un capitolo che ha per oggetto lo stato attuale della Lucania sotto la giurisdizione dei baroni.

191

Ivi, parte I, pagg. 96-97. 192

Vedi in questa introd. Il paragrafo dal tit. : L’idea di nobiltà nell’opera del Mandelli. 193

Ivi, parte I, pagg. 184 e ss. 194

Ivi, parte I, pag. 198. 195

Ivi, parte I, pag. 199. 196

Ivi, parte I, pag. 230. 197

Ivi, parte I, pag. 231. 198

Ivi, parte I, pagg. 219-220. 199

Il giudizio sul regno dei Goti non è negativo. Le figure di Teodorico e di Alarico sono ricostruite con tinte positive, in virtù di un parametro di giudizio costituito dal loro buon governo nei confronti dei sudditi200. Nella guerra tra Goti e Greci, i Lucani e i Bruzi

patteggiavano ora per l’uno ora per l’altro, perché posti in un’area di frontiera201. Il

giudizio complessivo sui Goti è positivo, perché essi concedettero poteri ai “nationali” lucani nell’amministrazione del governo dei territori202: è questo è il secondo paradigma su

cui si basa il giudizio relativo ai governi stranieri nella Lucania.

Al regno dei Goti risale l’istituzione del comes, magistrato a tempo, con funzione di amministrare giustizia in tutti i luoghi del regno203. L’arrivo dei Longobardi avrebbe

cambiato profondamente la situazione: furono istituite le figure di duchi e conti a titolo ereditario204, con il titolo di conte superiore a quello di gastaldo205. Soltanto poche città

lucane avevano un conte o un gastaldato ereditario: Conza, Acerenza e Marsico, città a proposito della quale Mandelli sostanzia la sua ipotesi con documenti altrimenti sconosciuti, tratti da un archivio oggi scomparso, quello di S. Stefano di Marsico206. Da

questa spia possiamo ricavare qualche indicazione interessante sul suo metodo storico: quando possibile, Mandelli non attingeva soltanto ad autori classici e a materiale antiquario, ma anche a fonti inedite, in questo caso di età medievale207.

Ma riprendiamo il sommario dell’opera. Durante il regno normanno, gli “italiani” si unirono ad essi, contro la superbia dei Greci. La città di Marsico fu amministrata da conti, il che ne definiva il rango: il titolo di barone era proprio di governanti di livello inferiore rispetto ai conti208. Mandelli ci tiene a precisare che non tutti questi signori erano

normanni; vi erano molti italiani o, secondo le sue parole, “nationali209”. I normanni

riconoscevano ai locali ricompense contro i superbi Greci, che avevano chiamato i

200

Ivi, parte I, pag. 237 201

Ivi, parte I, pag. 238 202

Ivi, parte I, pag. 239. 203

Ivi, parte I, pagg. 239-240. 204

Ivi, parte I, pag. 244. 205

Ivi, parte I, pag. 246. 206

Ivi, parte I, pag. 249. 207

Ivi, parte I, pagg. 247 e 249. 208

Ivi, parte I, pagg. 259-260. 209

Saraceni, nemici di Cristo210. La trattazione continua discorrendo della conquista

normanna del regno.

Il giudizio sul dominio degli svevi è nettamente negativo, per la loro opposizione alla Chiesa (Federico di Svevia211 è definito ateo)212. Si riprende qui un filone storiografico sul

governo svevo, con radici nel XV e XVI secolo213. La Lucania ebbe gran danno sotto

Federico, a cui si deve la divisione di questa provincia in un parte detta Principato (dal Sele ai Picentini) e in una seconda, dallo Jonio alla Puglia, detta Basilicata214.

Passando al regno degli Angioini, Mandelli sottolinea il malgoverno del re francese Carlo d’Angiò215 che si accanì contro questa regione. Si ricordano per questo alcune

famiglie nobili della Lucania sollevatesi contro gli Angioini, come i Loria che prendevano il nome dalla città di Loria: erano quindi una famiglia di origina “italiana”216. Il figlio Carlo

II fu onesto e dotato di ogni virtù217. Il re Ladislao perseguitò la famiglia dei Sanseverino,

ma per avere Diano dalla sua parte, sede di feudo dipendente da questi principi e collocato nella Lucania, la riempì di privilegi218. La caratterizzazione dei re e dei loro

oppositori sembra rientrare in uno schema moralistico di contrapposizione fra vizi e virtù degli uomini, elaborato da alcuni storiografi del XVII secolo, come Bodin219 o Agostino

Mascardi220.

Con gli aragonesi il giudizio si concentra sulla personalità dei sovrani; Alfonso d’Aragona fu “virtuoso nelle lettere”221. In questo tempo i Sanseverino ebbero molti privilegi

come il mero e misto imperio e le seconde cause, ma il regno era debole e troppo sottoposto ai baroni222. Mandelli rileva come la Lucania fosse ora sottoposta all’ingordigia

dei baroni e mal governata a causa delle loro ingiustizie. Se la voce barone denota

210

Ivi, parte I, pagg.260-261. 211

L. Mandelli, La Lucania Sconosciuta,parte I, pag. 268. 212

Ivi, parte I, pag. 266. 213

F. Tateo, I miti della storiografia umanistica, Bulzoni, Roma, 1990, pagg. 44-45. 214

Ivi, parte I, pagg. 269-270. 215

Ivi, parte I, pag. 275. 216

Ivi, parte I, pag. 276. 217

Ivi, parte I, pag. 277. 218

L. Mandelli, La Lucania Sconosciuta,parte I, pag. 282. 219

G. Cotroneo, Bodin teorico della storia, ESI, Napoli, 1966, pag. 207. 220

S. Bertelli, Ribelli, libertini e ortodossi nella storiografia barocca, La Nuova Italia, Firenze, 1973, pag. 178. 221

Ivi, parte I, pag. 283. 222

dominio, non è esso autonomo ma sottoposto all’autorità del re223. L’ottica di Mandelli è

quella di un regno solido e accentrato, che abbia la partecipazione del potere baronale e della grande feudalità, nel rispetto dei ruoli e della fedeltà al sovrano. La figura del buon barone è caratterizzata dalla devozione a Dio e alla chiesa, nell’essere letterato e virtuoso, senza vizi224, tollerante con i sudditi.

Mandelli colloca la genesi dell’ereditarietà dei feudi dei baroni risalente ai longobardi. Il barone detiene un feudo di cui ha la giurisdizione225. Il feudo è una

concessione del sovrano Ruggiero, re normanno, che ebbe la volontà di riunire il regno e concesse ai baroni soltanto la giurisdizione civile226. Con gli aragonesi si concesse il mero e

misto imperio227. Se le terre sottoposte ai baroni possono vivere infelici perché sopraffatte

dal potere baronale, anche quelle demaniali non conoscono miglior sorte, essendo i governatori regi a tempo e ingiusti228. Qui parte l’elogio alla famiglia dei Sanseverino229,

sana amministratrice dei suoi domini. Con l’arrivo di Carlo V e la potentissima casa d’Austria i baroni furono sottoposti alle leggi sovrane230. L’attenzione è posta non soltanto

sull’ordine sociale o sul suo cambiamento, ma sulle qualità personali dei governanti.

L’ultimo paragrafo di questo capitolo è dedicato a ricostruire la fisionomia dei “vassalli”, che comparvero già con l’avvento dei Longobardi, tutti sottoposti al sovrano231.

Esistono, secondo Mandelli, tre tipologie di vassalli. I baroni, duchi e conti, sottoposti al re; i vassalli liberi e quelli schiavi o servi detti “angari” e “perangari”. Gli ultimi sono sottoposti alla giurisdizionale baronale, e con diversi obblighi; poi vengono i vassalli liberi, anch’essi sottoposti alla giurisdizione baronale, ma senza altro obbligo232. Ecco il paragone

con la Roma repubblicana, con una vera romanizzazione degli eventi. Roma rappresenta

223

Ivi, parte I, pag. 297. 224

Ibidem. 225

Ivi, parte I, pagg. 298-299. 226

Ivi, parte I, pag. 299. 227

Ivi, parte I, pagg. 300-301. 228

Ivi, parte I, pag. 301. 229

Ivi, parte I, pag. 302. 230

Ivi, parte I, pag. 303. 231

Ivi, parte I, pag. 305. 232

un modello di un forte parallelismo nella trattazione storica233. Gli schiavi dell’epoca antica

sono assimilati agli angari e perangari, invece i clientes ai vassalli liberi, discendenti degli antichi italiani234, assimilabili ai “nazionali235”.

Il nostro autore esprime il suo giudizio sui vari regni, attraverso la stima della qualità personale dei sovrani o del loro governo, che sembrano combaciare: re buono uguale buon governo.

Il secondo volume si apre con un apparato iniziale, in cui l’autore tratta delle colonie e dei municipi romani. Dopo una digressione sulla loro nascita, Mandelli affronta il tema seguendo la storia della Lucania. A questo fa seguito una ripresa del tema della nobiltà, con l’analisi di alcuni esempi concreti. Dopo questa introduzione tematica, il racconto storico riprende dal libro primo che tratta delle città del litorale tirrenico; il secondo di quelle appartenenti al litorale jonico; il terzo considera le città del Mediterraneo Cisappennino a cui segue un quarto libro incompleto, forse per la sopraggiunta morte dell’autore, dal titolo Mediterraneo “Trasappennino”.

Le colonie formate da cittadini romani non rimanevano separate; la popolazione si amalgamava con gli abitanti indigeni. I municipi erano di due specie, quelli con cittadinanza romana e con proprie leggi, e quelli nati dopo la guerra sociale con tutti i privilegi della cittadinanza romana236. Il cittadino di un municipio ha due patrie, secondo

Mandelli: l’una per diritto (la natia), l’altra, quella romana, per onore237.

Proseguendo nel suo lungo discorso, l’agostiniano afferma che il titolo di marchese nacque con i Normanni238 e che da quel momento i disordini sopraggiunsero nel regno

quando i baroni non distinsero tra vassalli liberi e schiavi239. La trama concettuale

soggiacente a quest’affermazione è evidente: il non rispetto dei ruoli sociali crea disordini.

233

A. D’Andria, Identità sommerse. L’antico nelle storie locali della Basilicata in età moderna, in “Bollettino Storico della Basilicata, n. XXV, 2009, pagg. 75-76.

234

L. Mandelli, La Lucania Sconosciuta,parte I, pag. 305-306. 235

Ivi, parte I, pag. 309. 236

Ivi, parte II, pagg. 2-3. 237

Ibidem. 238

Ivi, parte II, pag. 12. 239

I capitoli successivi sono dedicati alla nascita dei cavalieri romani, visti come antecedente dei moderni cavalieri europei240. Nell’antica Roma, per essere nobile

bisognava possedere delle virtù che trovavano il loro riconoscimento attraverso le cariche di governo e i titoli corrispondenti241. Il cingolo militare è il simbolo della nobiltà dei

cavalieri ed è concesso anche ai popolari242; allo stesso modo in cui l’anello d’oro sanciva lo

status dei cavalieri romani243.

Nella concezione del Mandelli la nobiltà si fonda sulla virtù e proprio perciò viene meno se i discendenti degli antichi nobili si allontanano dall’esempio degli antenati244; una

visione etica della nobiltà, messa in luce dagli studi importanti sull’argomento di R. Bizzocchi245. Proprio seguendo questo solco, Mandelli, lettore di Carlo Sigonio246, distingue

tra patriziato e nobiltà nell’antica Roma. La nobiltà si origina dagli onori ricevuti, dal servizio reso allo stato nelle maggiori magistrature di governo247, che venivano concesse in

rapporto alla virtù di ogni uomo. Anche i plebei potevano ambire a ricoprire una carica di governo ed essere riconosciuti nobili248. La possibilità di giungere alla nobilitazione

derivava dalla comune discendenza di un unico nobile padre, Abramo. Mandelli riprende la genealogia dell’umanità dal vangelo di Matteo, sposando l’dea di una comune discendenza da Abramo, di cui molti hanno perso la nobiltà249.

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