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XVI- XVIII: uno sguardo d’assieme

10. La Lucania Sconosciuta : le fonti

Il principio storiografico che ha guidato Mandelli nella redazione della sua opera è dichiarato a più riprese: dire soltanto le cose che poggiano sull’autorità di gravi scrittori287 e,

seguendo il consiglio di Livio, rifarsi agli autori vicini ai tempi narrati e ai luoghi288. La

vera storia degli scrittori di quei tempi deve avere indubitata fede289. Le fonti sono quasi

sempre comparate con altre e sembrano spesso un baluardo dietro cui si difende la verità. Più fonti sono evocate a suffragare la posizione dell’autore, che però esprime il suo giudizio solo dopo aver elencato le varie opinioni dei suoi predecessori. È questa un’espressione delle idee seicentesche sull’arte di fare storia: la verità storica non dipende solo dall’accesso ai documenti, ma si lega al discorso e alle congetture che lo storico è

282

Ivi, parte II, pag. 167. 283

Ivi, parte II p. 96. 284

R. Bizzocchi, Genealogie incredibili,op. cit., pagg. 205-206. 285

Ivi, parte II, pagg. 290-291. 286

R. Bizzocchi, Genealogie incredibili op. cit., pag. 208. 287

L. Mandelli, La Lucania Sconosciuta, parte I, pag. 296. 288

Ivi, parte I, pag. 263. 289

capace di costruire su quei documenti290. Talvolta però i documenti mancano: in quei casi

Mandelli esprime congetture o, altre volte, si astiene da una sua valutazione, lasciando libero il lettore di formarsi una sua opinione: qualora non sia possibile ricercare la verità, ci si accontenta del verisimile, secondo l’esempio di Pietro Lasena291.

Mandelli non agisce in solitudine. Lo studio personale dell’autore è affiancato da una fitta collaborazione con altri studiosi del tempo. Mandelli si dichiara amico di Camillo Pellegrino292, di cui riporta nel testo alcune lettere, conosce il lavoro che proprio in quegli

anni G. C. Del Mercato sta compilando, dal titolo Comentaria, all’epoca ancora inedito293, e

consulta il ms. di G. B. Prignano, come dichiarato nell’introduzione “A chi legge” riportata della seconda parte dell’opera294.

All’inizio dell’opera il Mandelli pone una pagina con un elenco delle fonti utilizzate. Non è stato possibile ricostruirlo del tutto, risultando illeggibile in alcune sue parti. Nella compilazione della sua opera, Mandelli utilizza varie scritture storiche dal Medioevo all’età moderna, da Goffredo Malaterra agli Annali Ecclesiastici di Cesare Baronio, elencati nelle pagine introduttive dell’opera. A queste fonti si aggiungono quelle geografiche o cartografiche: primeggia la Geografia di Strabone, cui si aggiungono varie opere di ambito umanistico, per arrivare poi alla produzione storiografica sul Mezzogiorno medievale e moderno di vari contemporanei, da Summonte a Pellegrino; se ne è già parlato. Altre fonti documentarie usate da Mandelli sono pergamene di cui Mandelli aveva tratto copia, o di cui deteneva l’originale, tratte da vari archivi regionali e comprese nel periodo fra il XI e il XV secolo295.

290

E. Bellini, Agostino Mascardi tra ars poetica e ars storica, Vita & Pensiero Università, Milano, 2002, pagg. 161- 162.

291

Pietro Lasena (1590-1636) fu autore del volume Dell’Antico ginnasio napoletano, pubblicato postumo, Napoli, 1641.

292

Ivi, parte II, pag. 104. 293

Ivi, parte II, pag. 90. 294

Ivi, parte II, pag. 1. 295

L. Mandelli, La Lucania Sconosciuta, parte I, vedi l’elenco delle fonti situata nelle prime pagine dell’opera. Vedi anche nella stessa opera (per esempio) parte I pagg. 247,256, 277 e parte II, pagg. 68,94, 119, 122, 123.

Nella descrizione dei luoghi e nella loro storia la fonte principale è Strabone, seguito da Plinio. La fedeltà riposta in Strabone porta a volte il nostro autore ad accogliere per vere alcune false notizie296, mentre non esita a considerare scorretto l’Itinerario Antonino

sulle notizie sul fiume Tanagro297. D’altra parte può convenire integrare a volte fonti

antiche con testimoni contemporanei: pregi e la fertilità della Lucania sono dimostrati non soltanto da Strabone, ma da P. Emilio Santoro, abitante di questi luoghi, avendo la residenza nel monastero di Carbone. Con queste testimonianze si contrasta l’opinione di Leandro Alberti e di Paolo Merula, che non erano di questi luoghi. Le imprecisioni delle fonti classiche sono normalmente da addebitare ai loro interpreti moderni; ma a Mandelli capita anche di correggere il suo prediletto Strabone, come quando emenda Talao in Lao, restituendo la corretta denominazione del fiume che separava la Calabria dalla Lucania298.

Contraddice il geografo antico anche sulla descrizione di alcuni luoghi, appoggiandosi all’esame autoptico, come nella descrizione del tortuoso fiume Sinni, da Strabone ritenuto a torto navigabile299. Il Mandelli viaggiava e annotava ciò che aveva visto nei suoi

soggiorni in alcuni luoghi della Lucania. È lui stesso a rammentarcelo: qualche esempio. Sull’etimologia del nome Palinuro, attesta di aver sentito da alcuni pescatori calabresi che si chiamasse palo-ignudo il suo promontorio, per l’assenza quasi totale di vegetazione. Riporta queste parole: Sù Paulu nudu, allegramenti, che ti volimu vestiri300. In altra occasione,

durante un colloquio personale, il vescovo di Anglona gli suggerisce di identificare la città scomparsa con l’Aquilonia delle fonti antiche, che Mandelli ritiene però di dover localizzare nel Sannio301. In seguito al colloquio, Mandelli si reca poi presso Tursi, per

visitare le rovine di Anglona302.

Altre difficoltà di interpretazione vengono dal cambiamento degli assetti politico- geografici: Petelia è definita da Strabone città dei Lucani, mentre Mandelli la colloca in

296

L. Mandelli, La Lucania Sconosciuta, parte I, pag. 51. 297

Ivi, parte I, pag. 53. 298

Ivi, parte I, pag. 57. 299

Ivi, parte I, pag. 58. 300

Ivi, parte II, pag. 141. 301

Ivi, parte II, pp. 205-206. 302

Calabria303. Nel descrivere alcuni luoghi, mancando le fonti classiche, si rifà a quelle più

tarde, come Abramo Ortelio304. Le fonti letterarie sono usate a integrazione di quelle

documentarie: riprende alcuni passi delle Georgiche di Virgilio per descrivere il bosco di Eboli; si affida a Vibio Sequestre per individuare il bosco Anguitio305.

D’altra parte le fonti antiche possono essere oggetto di discussione, anche accesa. In una sua violenta polemica con il già citato Barrio, Mandelli contesta pesantemente la ricostruzione dello storico calabrese sui rapporti fra Bruzi e Lucani antichi portando in discussione passi di A. Gellio e Livio. Proprio la rilettura di questi passi permette a Mandelli di rivedere criticamente la posizione di Barrio riguardo al rapporto fra Bruzi, Lucani e Romani, i primi schierati con Annibale306.

La fede negli scrittori antichi non è quindi incondizionata ed è mitigata da un’apertura di metodo ad altre classi di fonti. Oltre e forse prima che l’osservazione diretta dei luoghi, l’archeologia, in particolare, costituisce per Mandelli la base della ricostruzione: le epigrafi, i marmi costituiscono una fonte essenziale. L’iscrizione di Polla, contenente le distanze tra alcune città antiche poste lungo la via romana da Capua a Reggio, è più volte citata307. Della lingua lucana si dimostra l’antichità appoggiandosi a un’iscrizione308. La

fonte migliore è senz’altro l’epigrafe, che attesta l’antichità di un luogo come il territorio degli Eburini, antico municipio romano309.

Nella sezione della sua opera dedicata ai regni, Mandelli procede in modo parzialmente diverso, dovuto alla diversa tipologia delle fonti a sua disposizione. Battezza una fonte principale, che gli serve da guida per una determinata epoca: le epistole di Cassiodoro per i Goti; la cronaca di Romualdo per i Longobardi, integrata da documenti dell’archivio di S. Giorgio di Salerno per descrivere il ruolo dei conti, che per amministrare

303

Ivi, parte I, pag. 103. 304

Ivi, parte I, pag. 67. 305

Ivi, parte I, pag. 72. 306

Ivi, parte I, pagg. 109-118. In queste pagine è racchiusa la polemica con G. Barrio in merito alla discendenza dei Bruzi dai Lucani e dell’alleanza, dei primi, con Annibale.

307

Ivi, parte I, pag. 144. 308

Ivi, parte I, pag. 94. 309

la giustizia si servivano dei scoldaiz (sculdasci)310; documenti detenuti in originale da

Mandelli sono impiegati per mostrare le varie accezioni del titolo di conte e duca sotto i Normanni311. Fonti d’archivio in originale, come i documenti dell’archivio di Diano, che

ritiene affidabili, servono per dimostrare che i vari sovrani del regno vollero mantenere Diano città demaniale312. La concordia di tutte le fonti è il criterio principe da seguire per

appurare la verità storica313.

Un altro documento originale, datato al 1220, serve per rievocare la cerimonia di creazione dei baroni314. Le fonti documentarie abbondano, come Mandelli nota, per la

storia delle famiglie315. Non se ne può prescindere: critica il Duca della Guardia, perché

non ha consultato i documenti dell’archivio di Cava sulla storia della famiglia Fasanella316.

A questa attitudine erudito-antiquaria, declinata diversamente in sede geografico- topografica e in sede propriamente storica, si affianca un gusto della scrittura che attinge a volte a matrici diverse. Sappiamo che i discorsi diretti hanno costituito un utile strumento della storiografia umanistico-rinascimentale, ripresa più volte da molti storiografi seicenteschi, come Agostino Mascardi, che li considerava strumento per la rappresentazione di un verisimile vero in contrapposizione ad un verisimile falso317. Le

orazioni sono pronunciate da diversi personaggi, sovrani, condottieri, ambasciatori318.

Costituiscono anche l’escamotage che permette a Mandelli di superare la mancanza di fonti, come nel caso in cui affida ad orazioni l’individuazione delle cause della guerra contro i Romani319. Alcune orazioni sono però ricavate da fonti antiche come Plutarco320.

310

Ivi, parte I, pag. 247. 311

Ivi, parte I, pag. 258-259. 312

Ivi, parte II, pag. 294-296. 313

Ivi, parte I, pag. 15 e parte II pagg. 49,91,166,202; per citare qualche esempio. 314

Ivi, parte I, pagg. 298-299. 315

Ivi, parte II, pag. 120-121. 316

Ivi, parte II, pag. 122. 317

E. Bellini, Agostino Mascardi tra ars poetica e ars storica, cit., pag. 152. 318

L. Mandelli, Lucania Sconosciuta, op. cit., parte I, pagg. 183; 221-222. 319

Ivi, parte I, pagg. 185;212. 320

Alle orazioni si affianca il racconto dei miracoli, spesso con riferimento diretto alle fonti. Lo scopo dell’opera è sicuramente delectare, ma all’interno di un piano apologetico e pedagogico. Un esempio fra i molti: la fonte di Diana, cioè l’attuale chiesa di S. Giovanni in Fonte presso Teggiano, è descritta con queste parole:

Ogni anno una volta in q(ue)l sacrato giorno, che il sacerdote benediceva il fonte battesimale, l’acqua non più scorreva fuora del Fonte, ma fermatavisi dentro s’alzava da per se stessa in alto con molti raggiri, ricoprendo gl’altri due gradi, come che applaudendo alle glorie dell’acque santificate in quel giorno. Meraviglia stupenda che un elemento privo di senso, come ch’udisse le sacre voci del sacerdote mostrava sentirle per mostrarci la gratia che Dio c’ha fatta con l’acqua. Non vi sarebbe creduta meraviglia si grande se no(n) apportarsi la testimonianza d’un Re d’Italia e di Cassiodoro321.

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