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Immaginari urbani

Nel documento Catania e le altre città. (pagine 51-56)

Gli immaginari sono definiti attraverso complessi processi conoscitivi dei territori, dei loro caratteri fisici e di quelli legati all’immaginario collettivo e sociale (Castoriadis, 1975).

Carattere identitario del comune capoluogo è certamente l’ele-mento dell’acqua, il mare. Catania, dopo i sogni industriali da

“Milano del Sud” che l’hanno spesso snaturata e compromessa, prosegue a riconoscersi nella città del mare. Il rapporto che la città ha con il suo mare è radicato, infatti, nella sua storia, ma diviene oggi preminente questione urbana. Sebbene Catania sia infatti caratterizzata da una lunga porzione di costa oggi è difficile e improprio definirla una città di mare. Il mare a Catania c’è, ma sta altrove. Contribuisce solo debolmente alle dinamiche economiche della città ed è invece escluso dalle dinamiche di vita urbana. Tra il mare e la città c’è il porto, infrastruttura che dall’era dello zolfo ha contribuito enorme-mente allo sviluppo di Catania in quanto città commerciale, ma che oggi è dispositivo di separazione. Gli archi della marina, la ferrovia e il suo deposito, la stazione centrale, i silos, i manufat-ti industriali, gli edifici abbandonamanufat-ti e le aree di sciara desolate e recintate separano il centro storico dalla sua costa, negandone l’attraversabilità, la fruizione e la relazione. A Catania, città del mare, il mare è negato. Così come avviene nella costa più a nord di Catania, appare necessaria la programmazione di interven-ti in grado di garaninterven-tire l’apertura alle dinamiche urbane del waterfront a partire dalle specificità locali di quei quartieri che ancora, seppur sempre più debolmente, tendono a riconoscersi nella città del mare.

Se la Catania densa si riconosce nell’elemento dell’acqua, diver-so è l’immaginario della Catania diffusa dei paesi etnei, con-centrato intorno alla potente immagine della città del vulcano.

Connotato da forti caratteri naturali e rurali, parte del paesag-gio etneo è stato però stravolto e, nel suo versante meridiona-le, oggi si configura come pienamente urbanizzato. Parte del territorio etneo è compromesso irreversibilmente da aree ad elevata antropizzazione, soprattutto nei comuni più contigui al comune catanese. Il paesaggio agricolo del versante sud-est del vulcano è stato velocemente abbandonato e poi fagocitato, con-ducendo ad una urbanità sempre più squilibrata tra i comuni di prima corona e la città. Nonostante ciò si deve qui riconoscere il valore identitario che l’Etna ha per i comuni di tutta l’area metropolitana. Emotivamente legati al paesaggio vulcanico, oggi per i cittadini di Catania questo rappresenta lo spazio della naturalità catanese, dello svago e della villeggiatura.

Diverso e più complesso è invece il legame che i comuni dei versanti occidentale, settentrionale e nord-orientale hanno con il paesaggio etneo. Qui i comuni sono riusciti a svilup-pare una più dinamica e autonoma dimensione economica, sfruttando e valorizzando le risorse del paesaggio vulcanico e indebolendo la dipendenza socio-economica con il comune capoluogo. Oltrepassati i comuni dell’hinterland catanese, infatti, la città del vulcano è più autentica, caratterizzata da una potente identità storico-culturale ed economica intrinseca nei

Catania, città del mare.

In nero i dispositivi di separazione che sanciscono la fine della città del mare in prossimità della costa, della quale il complesso urbano è negato.

tradizionali paesaggi agricoli etnei. Seppur indebolita dalle scarse dimensioni delle aziende e dalla limitata presenza di forme associative e reti organizzative che possano contribuire alla facilità di accesso ai mercati esteri, per questi territori l’at-tività agroalimentare presenta grandi potenzialità. Le risorse ambientali dell’Etna e gli associati settori agricolo e turistico, insieme a quello dell’artigianato, continuano a rappresentare le grandi risorse capaci di sostenere lo sviluppo sostenibile dei suoi comuni. Rilevanti sono infatti il valore e le potenzialità di crescita socio-economica associate alle colture tradizionali (agrumi, ulivi, viti, pistacchi, frutteti promiscui, colture arboree tradizionali), che costituiscono componenti cospicue, per lo più, per la sola economia locale. Oltre all’attività legata ai prodotti agricoli, in alcuni casi, i comuni dell’Etna riescono ad essere buoni centri di produzione industriale. Belpasso ne rappresen-ta un magnifico esempio, con una spiccarappresen-ta cultura d’impresa che ha saputo sfruttare le risorse del territorio. Qui la zona industriale nella frazione di Piano Tavola, ricca di acqua, ospita medie e piccole imprese d’eccellenza che, con fatturati che si aggirano intorno ai 20 milioni di euro, riescono a conquistare cospicue fette del mercato nazionale e internazionale, tradu-cendosi in termini positivi di occupazione e benessere (Cerruti But, 2020).

Se nuovi e ben strutturati processi di sviluppo si stanno consolidando nel panorama della città del vulcano, rispettan-do il patrimonio naturale e mantenenrispettan-do la propria identità socio-culturale e su questa costruire una rinnovata economia locale, gli equilibri tra la città del mare e il suo territorio si sono invece spezzati. L’assenza di un coordinato piano terri-toriale ha condannato il territorio catanese e il suo sviluppo impedendo la salvaguardia delle risorse naturali. Questo oggi si traduce nell’aggravarsi della condizione urbana e del suo sistema economico e produttivo. Si osserva così una marca-ta terziarizzazione dell’economia camarca-tanese, particolarmente riferibile al settore commerciale, ricettivo e della ristorazio-ne, i quali assorbono la richiesta lavorativa proveniente dai contenitori residenziali dei comuni dell’hinterland etneo. La sovrapposizione di contrapposti immaginari è fenomeno noto del presente, definito dall’immagine della “contemporaneità del non-contemporaneo” (Bloch, 1935). Le implicazioni urbane e di trasformazione sono tuttavia rilevanti: se da un lato Cata-nia promuove uno sviluppo e una governance metropolitane, dall’altro sembra non siano chiare né le direzioni né le priorità.

Tra un mare negato e un vulcano devastato, Catania è immagi-ne di una preponderante fragilità.

Foto satellitare di Catania e la sua costa.

Catania, città del vulcano.

Sistemi colturali orto-floro-vivaistici

Seminativi semplici

Centri urbanizzati Frutteti

Oliveti e oliveti consociati a carrubeti Vigneti e vigneti consociati

Aree a pascolo naturale e praterie

L’istituzione delle aree metropolitane, seppur esito di discutibili politiche di governance, ha tuttavia il merito di aver ridefi-nito l’idea di territorio (per lo meno a Catania), traducendosi sostanzialmente in relazioni prospettate all’uso capitalistico delle risorse ambientali. L’alterazione dell’ambiente, segnata da mere valutazioni economiche, si traduce in termini negativi di disuguaglianza spaziale perché ridefinisce beni comuni quali lo spazio, il clima, l’ambiente, entro una dimensione di profitto che ripensa il valore di tale capitale spaziale (Levy, 2003).

L’ecosistema della metropoli è un sempre più consolidato sce-nario di flussi, di scambi tra la città, il suo hinterland e il terri-torio circostante. Risorse, materia ed energia vengono introdot-ti all’interno dell’ecosistema urbano per il suo funzionamento;

allo stesso modo questo restituisce all’ambiente gli scarti del processo ecosistemico, quali sono i rifiuti, l’inquinamento delle acque, dei suoli e dell’aria e l’alterazione del sistema climatico.

L’urbanistica, nel riconoscere le questioni urbane che attana-gliano la città, non si può limitare alla sola zona comunale, ma occorre che riconosca e valuti le relazioni che questa stringe con il territorio circostante. Le questioni urbane della mobilità, dei rifiuti e dell’inquinamento, del consumo di suolo e risorse ambientali ed energetiche non possono più essere considerate alla sola dimensione cittadina.

Catania più che mai, come si è visto, non si esaurisce all’inter-no dei suoi confini amministrativi, ma è consistente nei centri etnei saldati al polo urbano e ai suoi spazi naturali, ancora di grande valore potenziale e che necessitano di salvaguardia.

A Catania i limiti dell’Amministrazione si registrano nella ristretta programmazione urbana limitata a quelle aree interne comunali, negando l’idea di riconoscere l’area metropolitana come un unico ecosistema in cui coesistono diverse parti, ognuna influenzabile dall’altra, e attraversate dagli stessi flussi.

Scoraggianti sono i dati forniti dal rapporto 2020 di Legam-biente. Questo, considerando le sei principali aree tematiche di valutazione, quali aria, acqua, rifiuti, mobilità, ambiente urbano e energia, registra la città metropolitana di Catania come 101esimo ecosistema urbano virtuoso sulle 104 italiane (Laurenti, Bono, 2020). Se tra le note positive viene ricono-sciuto a Catania il recente avvio di progetti e investimenti per migliorare il sistema di trasporto pubblico, con particolare rife-rimento all’ammodernamento e ampliamento della metropoli-tana, questo certo non riuscirà a servire una buona parte della popolazione dell’intera area metropolitana, condannandola al prosieguo dell’impiego dei mezzi privati. Alla città di Catania

Flussi

viene inoltre riconosciuto di essere una delle città italiane con più MW di fotovoltaico installato (circa 55 MW nel 2019). Se è vero che queste vie vengono seguite con convinzione, appaio-no tuttavia come progetti circoscritti alla loro realtà. Sarebbe invece necessario, ad esempio, incentivare anche altre possibi-lità di trasporto green, da integrare alla prima, costruendo un sistema di trasporto reticolare e sostenibile ambientalmente, nonché in termini di diritti di cittadinanza, da integrare ad al-tre iniziative sostenibili che tengano conto dei restanti cinque fattori considerati da Legambiente. Uno dei grandi nodi della questione della sostenibilità diviene per Catania lo spreco delle acque dolci, oltretutto considerando di trovarci in un territo-rio come quello siciliano, in cui si registrano elevati rischi di desertificazione (Petrosillo [et al], 2021). Nella provincia catane-se, mediamente, il 45,5% di acque potabili viene disperso dalla rete idrica durante il loro trasporto (Laurenti, Bono, 2020). Allo spreco delle acque si aggiunge l’impreparatezza da parte della provincia nella gestione dei rifiuti. Ogni cittadino della me-tropoli catanese produce mediamente 733 kg di rifiuti urbani annui contro i circa 500 kg/abitante/anno della media nazio-nale (Laurenti, Bono, 2020). Su questi dati scoraggianti, la città pubblica non riesce a costruire adeguati programmi di gestione dei rifiuti e loro conseguente smaltimento differenziato; giran-do per le strade della città i cassonetti della differenziata sono un miraggio. Solo 7,7% dei rifiuti urbani prodotti annualmente in tutta la provincia vengono adeguatamente differenziati.

A questo si aggiunge, e ne è conseguenza, l’inquinamento dei suoli, la scarsa qualità delle acque marine e dell’aria che vanno ad influire sulla questione del cibo, in termini di allevamento, pesca e agricoltura. Appare dunque necessario, nella proget-tazione della città, valutare le diverse questioni ambientali in maniera congiunta al fine di poter attutire gli effetti, ormai inevitabili, degli squilibri ambientali nonché socio-economici odierni e futuri e raggiungere una migliore qualità dell’ambien-te urbano.

Catania, città

Nel documento Catania e le altre città. (pagine 51-56)