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L’immaginazione secondo Debussy

A che cosa si riferiva Debussy quando parlava di immaginazione? Molto spesso tale termine compare nelle sue rifl essioni, riferito sia al livello poietico che a quello estesico della comunicazione artistica. A proposito del rapporto tra la musica e il suo potere descrittivo Debussy nel 1902 scriveva:

59 S. Jarocinski cit., p. 124.

60 Th eodor W. Adorno , Il fi do maestro sostituto, trad. it. G. Manzoni, Torino, Einaudi 1969

Il n’y a plus imitation directe, mais transposition sentimentale de ce qui est ‘invisible’ dans la nature. Rend-on le mystère d’une forêt en mesurant la hauteur des arbres? Et n’est-ce pas plutôt sa profondeur insondable qui déclanche l’imagi- nation?61

[Non c’è più imitazione diretta, ma trasposizione sentimentale di ciò che è “in- visibile” nella natura. Si può rendere il mistero di una foresta misurando l’altezza degli alberi? E non è piuttosto la sua profondità insondabile a liberare l’immagi- nazione?]

Tali aff ermazioni sembrano esprimere un legame diretto tra la profondità inson- dabile della natura e la libertà dell’immaginazione; sono parole che avvicinano i misteri imponderabili del mondo esterno al potere immaginativo racchiuso nel messaggio musicale. L’immaginazione cui fa riferimento Debussy non sembra aff atto una raffi gurazione di immagini fedelmente descrittiva, ma una categoria della psiche che rifl ette un livello profondo, attingendo agli strati più nascosti della mente umana.

La formula con cui egli era solito defi nire la sua musica manifesta una pa- rentela evidente con l’estetica simbolista:

Je voulais à la musique une liberté qu’elle contient peut-être plus que n’importe quel art, n’étant pas bornée à une reproduction plus ou moins exacte de la nature, mais aux correspondances mystérieuses entre la Nature et l’Imagination.62

[Volevo per la musica una libertà che essa possiede forse più di qualsiasi altra arte, non essendo destinata a una riproduzione più o meno esatta della natura, ma alle corrispondenze misteriose tra la Natura e l’Immaginazione.]

Diffi cile non cogliere in queste parole un riferimento a Baudelaire e al suo sonetto Correspondances: quella di Debussy è una dichiarazione estetica che non nasconde il fascino provato nei confronti dei simboli indecifrabili che legano l’uomo alla realtà, quei parallelismi sinestesici che mettono a confronto l’esperienza con la natura, creando corrispondenze misteriose, indagabili solo in una dimensione inconsapevole. Proprio quell’«audelà» che Mallarmé cerca- va di materializzare attraverso le più imprevedibili combinazioni di parole, in un’inevitabile convergenza di intenti tra musica e poesia:

Je fais de la Musique, et appelle ainsi non celle qu’on peut tirer du rapprochement euphonique des mots, cette première condition va de soi; mais l’audelà magiquement

61 C. Debussy , Monsieur Croche et autres écrits (1897) cit., p. 96. 62 C. Debussy , Monsieur Croche et autres écrits (1971) cit., p. 62.

produit par certaines dispositions de la parole, où celle-ci ne reste qu’à l’état de com- munication matérielle avec le lecteur, comme les touches du piano.63

[Io faccio Musica, e chiamo così non quella che si può ottenere dall’accostamento eufonico delle parole, questa prima condizione va da sé; ma l’aldilà prodotto ma- gicamente da alcune disposizioni della parola, ove questa non resti che allo stato di comunicazione materiale con il lettore, come i tasti del pianoforte.]

Debussy alludeva a qualcosa di molto simile, quando rifl etteva sul concetto di immaginazione. È inutile ricordare quali fermenti stessero maturando a Vienna proprio in quegli anni; nello stesso periodo, però, anche a Parigi si stava diff on- dendo un notevole interesse nei confronti delle prime opere psicanalitiche. Nel 1908 tutti i periodici del tempo dedicarono molto spazio alla recensione di un testo di Albert Bazaillas 64, intitolato La musique et l’incoscient. Negli stessi anni

Proust stava indagando il problema, rifl ettendo sui percorsi imprevedibili della mémoire involontaire. Debussy non rimase certo indiff erente di fronte a quell’on- data di interesse nei confronti dell’analisi della mente umana. Le sue rifl essioni sulla musica e sull’immaginazione sembrano proprio alludere a quei meccanismi indecifrabili che regolano i rapporti tra l’uomo e la natura: stando alle sue idee, la musica doveva essere lo strumento in grado di riprodurre le corrispondenze insondabili che legano la realtà all’esperienza; e per raggiungere quest’obiettivo doveva appoggiarsi all’immaginazione, intesa come specchio concretamente per- cepibile di un movimento nascosto in una dimensione inconsapevole.

Questo modo di leggere l’arte inevitabilmente amplifi ca la soggettività delle reazioni, mettendo in risalto la variegata molteplicità delle impressioni suscitate dalla musica. Le composizioni di Debussy , come già rilevato da Jankélévitch65

e Bartoli66 , escludono ogni coinvolgimento soggettivo dell’io, emarginando

decisamente il peso della fi gura umana; agiscono in profondità sulla psiche del fruitore favorendo la manifestazione di reazioni imprevedibili, radicate nell’in- dividualità inconsapevole di ogni singolo atteggiamento fruitivo.

Debussy era profondamente attratto da tutto ciò che produce molteplici ri- sultanti sul livello dell’esperienza; nel 1911, a una domanda di Henry Malherbe sul senso della musica, rispondeva:

63 Stéphane Mallarmé , Œuvres complètes, a cura di B. Marchal, Paris, Gallimard 1945, p. 807. 64 Albert Bazaillas , La musique et l’incoscient, Paris, Alcan 1908.

65 Vladimir Jankélévitch , La vie et la mort dans la musique de Debussy, Neuchâtel, Editions de

la Baconnière 1968, p. 91: «Le contact avec le réel est plus direct encore en l’absence de l’homme» (Il contatto con il reale è ancor più diretto in assenza dell’uomo).

66 Jean-Pierre Bartoli, Retorica e narratività musicali nel XIX secolo, in Enciclopedia della musica,

a cura di J.-J. Nattiez, 5 voll., Torino, Einaudi 2004, IV, p. 796: «l’elemento umano è totalmente assente da tutta la sua musica strumentale».

Qui connaîtra le secret de la composition musicale? Le bruit de la mer, la courbe d’un horizon, le vent dans les feuilles, le cri d’un oiseau déposent en nous des mul- tiples impressions. Et tout à coup sans que l’on y consente le moins du monde, l’un de ces souvenirs se répand hors de nous et s’exprime en langage musical.67

[Chi conoscerà il segreto della composizione musicale? Il rumore del mare, la curva dell’orizzonte, il vento tra le foglie, il verso di un uccello sollevano in noi im- pressioni multiformi. E improvvisamente, senza che nulla lo stimoli, uno di questi ricordi si espande al di fuori di noi e si esprime in linguaggio musicale.]

La musica per Debussy consisteva nella convergenza di una serie di impressioni mu- tevoli. Sulla fruizione dell’ascoltatore non poteva che trasferirsi questo complesso sistema di corrispondenze, determinando reazioni imponderabili, libere di seguire percorsi autonomi. Parlando nel 1908 a Jacques Durand delle sue Images per or- chestra, Debussy accennava alla volontà di realizzare qualcosa di nuovo, “realtà” rigorosamente al plurale, in grado di esprimere la categoria del molteplice:

J’essaie de faire ‘autre chose’ – en quelque sorte, des réalités.68

[Io cerco di fare “qualcos’altro” – in qualche modo, delle realtà.]

La musica quindi poteva realizzare realtà altre, diff erenti da quella in cui vivia- mo; il suo obiettivo non era quello di dipingere fedelmente l’esperienza della vita, ma di lasciare emergere quelle componenti misteriose e indecifrabili che vivono in una posizione latente della nostra esistenza.

Questo interesse per la molteplicità del reale è confermato dalla profonda attrazione che Debussy avvertiva nei confronti di una concezione relativistica dell’esistenza. Tra le fonti della sua poetica c’era certamente As you like it di Shakespeare , la commedia che celebra la soggettività dell’esperienza, che gioca più di altre sulla forza dell’ambiguità, il dramma che lascia esprimere a un perso- naggio come Paragone aff ermazioni memorabili sulla complessità dell’esistenza:

Corino: Cosa ne dite Paragone, di questa vita da pastore?

Paragone: In verità per se stessa, pastore, è una bella vita; ma come vita da pa- store, non vale niente; come vita solitaria, mi piace molto; ma come vita appartata, è uno schifo. Come vita all’aperto, mi è senz’altro gradita; ma, poiché non si svolge a corte, è una noia. Come vita frugale, vedete, si confà al mio umore; ma, come vita che non dà più di quel che dà, si scontra con gli interessi del mio stomaco.69

67 C. Debussy , Monsieur Croche et autres écrits (1987) cit., p. 325. 68 C. Debussy , Correspondance 1872-1918 cit., p. 1080.

69 William Shakespeare , Come vi piace (1599-1600), trad. it. a cura di A. Calenda – A. Mediani,

Ma soprattutto As you like it è la commedia che si conclude con un epilogo, nel quale Rosalinda si rivolge agli spettatori dichiarandosi del tutto incapace di convincerli sulla bontà del testo appena presentato; il suo intervento può solo spingere ognuno ad apprezzare aspetti soggettivi del dramma, godendo di un «piacere singolare»70. Le donne ne apprezzeranno alcuni aspetti, gli uomini altri:

ma le loro reazioni saranno libere e prive di una guida in grado di orientarne gusto e opinione.

Debussy amava molto As you like it; per tutta la vita pensò a come realiz- zarne una trasposizione musicale. Risalgono al 1902 le sue prime trattative con Paul-Jean Toulet per un adattamento della commedia. Il progetto rimase in- compiuto, ma nel 1917 la sensazione di essere vicini alla realizzazione musicale di As you like it era davvero palpabile; Debussy era ossessionato dal fi nale della commedia, il momento in cui si riassume tutto il senso del dramma, l’epilogo che celebra il relativismo della fruizione estetica; in una lettera a Toulet del 7 giugno scriveva:

Vous avez déjà deviné le dénouement que je souhaite? Il ne reste donc plus que votre consentement à bien vouloir friper vos méninges […] Et à me dire, dans un délai que mon impatience n’ose fi xer, si cette histoire vous amuse.71

[Avete già indovinato il fi nale che auspico? Non resta dunque che il vostro con- senso a voler spremere le meningi a dovere. […] E a dirmi, in un arco di tempo che la mia impazienza non osa fi ssare, se questa storia vi diverte.]

Ricapitolando, il disprezzo nei confronti della limitazione immaginativa del fruitore wagneriano, la defi nizione nella sfera inconsapevole dei rapporti tra natura e immaginazione e l’interesse nei confronti di una lettura relativistica dell’esistenza concorrono a precisare meglio l’identità del pensiero di Debussy circa le categorie della fruizione. Come si è detto, era l’immaginazione a essere in cima ai suoi interessi; l’ascoltatore doveva essere stimolato ad attivare percorsi immaginativi autonomi, liberi da una guida predefi nita; ma questo modo di concepire il rapporto con l’ascoltatore equivaleva inevitabilmente a una disper- sione delle reazioni fruitive, a una sottolineatura della natura mutevole e relativa dell’arte, proprio come si aff erma nell’epilogo di As you like it. Debussy lavorava alla realizzazione di una musica in grado di moltiplicare le risposte immaginative degli ascoltatori; si proponeva di materializzare nelle loro menti determinate immagini, ma nello stesso tempo si asteneva da ogni volontà di controllo.

70Ibid., p. 171.

Il suo ascoltatore ideale doveva fare uno sforzo per raccogliere gli stimoli dettati dalla musica, ma nello stesso tempo doveva godere della libertà che gli veniva concessa dalle scelte del compositore. In questo probabilmente consisteva quel «petit eff ort» che Debussy non riusciva a sollecitare nel pubblico del suo tempo; in questo consisteva la natura del fruitore, che egli si auspicava di poter formare con la nascita del Novecento; in questo consisteva quell’esasperazione dell’interiorizzazione dell’ascolto, che James Johnson comincia a individuare negli atteggiamenti del pubblico pargino già a partire dalla prima metà dell’Ot- tocento72. Non era più però solo un atteggiamento di natura sociale, il rifl esso di

una collettività in divenire, di un delicato gioco tra equilibri mutevoli. L’ideale fruitivo maturato nella mente di Debussy rispecchiava un’esigenza prima di tutto estetica, un pensiero musicale alla ricerca di un nuovo rapporto tra opera e destinatario: qualcosa che faticava a prendere forma, tra le pieghe di un’estetica collettiva istintivamente votata alla conservazione degli atteggiamenti fruitivi acquisiti nel corso dell’Ottocento.