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Le reazioni dei fruitori: i primi segnali d’allarme

È nelle reazioni dei primi ascoltatori, i testimoni più sensibili alle innovazioni estetiche, che si possono cogliere nei Nocturnes i segni evidenti di una rinno- vata concezione dell’ascolto musicale. Abbiamo visto come la presenza di una nota illustrativa dettagliata mantenga un contatto con le consuetudini di fi ne

Ottocento. Alcune tendenze individuate nelle impressioni del pubblico delle prime esecuzioni documentano diffi coltà fruitive poco frequenti nella recezione del repertorio pittoresco di quegli anni: anomalie sul livello dell’ascolto che determinano una deviazione netta rispetto all’orizzonte d’attesa maturato nei contemporanei.

La tendenza più comune è la diffi coltà di individuare un rapporto esplicito tra titoli e musica. Molte sono le recensioni che parlano di uno scollamento tra riferimenti extramusicali e linguaggio musicale. Alla prima esecuzione Camille le Sene reagì in questo modo:

Le premier est intitulé Nuages, le deuxième Fêtes. Mais ces titres ne sont que

simples étiquettes typographiques. Chaque auditeur peut laisser sa pensée fl otter dans la pénombre crépusculaire de cette musique franchement idéalisé, suivre ses ondulations capricieuses, s’abandonner aux impressions les plus contradictoires.16

[Il primo è intitolato Nuages, il secondo Fêtes. Ma questi titoli sono solo semplici

etichette tipografi che. Ogni ascoltatore può lasciare il suo pensiero navigare nella penombra crepuscolare di questa musica francamente idealizzata, seguire le sue fl ut- tuazioni capricciose, abbandonarsi alle impressioni più contraddittorie.]

Le Sene aveva avvertito una straordinaria libertà immaginativa ascoltando la musica dei primi due Nocturnes. Ma per il concerto al quale aveva assistito le Sene, Debussy non aveva previsto la distribuzione della nota illustrativa: mancava una guida esplicita all’immaginazione del fruitore. Era normale che il pubblico dei primi del Novecento non riuscisse a cogliere un legame tra la musica e i riferimenti extramusicali proposti dai titoli. Il problema è che la stessa diffi coltà fruitiva si incontra anche nelle recensioni successive alla seconda esecuzione, quella completa della nota illustrativa e di Sirènes.

Jacques d’Off oel , su «Le Guide musical», espresse una sistematica incapacità a cogliere i contenuti della musica di Debussy :

Inspirations arythmiques, imprécises, androgynes, pourrait-on dire, j’en doute pas, profondément expressives. Mais de quoi? C’est ce qu’il est plus diffi cile de déter- miner, au moins lorsqu’on les entend pour la première fois.17

[Ispirazioni aritmiche, imprecise, androgine, si potrebbe dire, non ne dubito, profondamente espressive. Ma di che cosa? È ciò che è più diffi cile da determinare, almeno al primo ascolto.]

16 «Le Siècle», 13 dicembre 1900. 17 «Le Guide musical», 3 novembre 1901.

Paul Dukas mise in evidenza il simbolismo accentuato dei Nocturnes, dichiaran- dosi incapace di cogliere i signifi cati sottesi alle analogie della partitura:

La signifi cation dernière du morceau demeure encore symbolique […] ce Noc- turne […] traduit l’analogie par l’analogie au moyen d’une musique dont tous les éléments, harmonies, rythmes […] semblent volatilisés dans l’éther du symbole et comme réduits à l’état impondérable.18

[Il signifi cato ultimo del brano resta ancora simbolico […] questo Notturno […] traduce l’analogia con l’analogia alla maniera di una musica i cui elementi, armonie, ritmi […] sembrano volatilizzati nell’etere del simbolo e come ridotti a uno stato imponderabile.]

Altri critici videro nella mancanza di un nesso lampante tra titoli e musica uno spunto per indagare i rapporti tra i Nocturnes e le categorie della musica asso- luta; Luc Marnold dedicò diversi articoli su «Le Courrier musical» a cercare di analizzare i tre brani come parti di una sinfonia in tre movimenti. I riferimenti extramusicali proposti dall’opera non gli sembravano abbastanza signifi cativi da poter essere presi in considerazione:

Le programme des Nocturnes ou tout autre pourront servir de prétexte aux com-

binaisons sonores. Celles-ci seront toujours diff érentes, toujours plus complexes. Peu à peu, leur association originelle au sentiment ou à l’objet interprété se révèle moins intime; le rapport entre lui et elles moins évident; l’interprétation arbitraire.19

[Il programma dei Nocturnes o un altro completamente diverso potranno servire

come pretesto per le combinazioni sonore. Queste saranno sempre diverse, sempre più complesse. Poco a poco, la loro associazione iniziale al sentimento o all’oggetto interpretato si rivela meno intima; il rapporto tra questo e quelle meno evidente; l’interpretazione arbitraria.]

Anche Pierre de Bréville vedeva nei Nocturnes l’espressione di una musica asso- luta, sostanzialmente priva di riferimenti extramusicali:

C’est qu’elle est musique pure (indéfi nissable), conçue en dehors de toute réalité, exclusivement dans le rêve, parmi les mouvements architectoniques que Dieu fait avec les vapeurs, les merveilleuses constructions de l’impalpable […] la musique est pour Debussy l’art de l’inexprimable chantant dès lors que la parole impuissante expire.20

18 «La Revue hebdomadaire», 2 febbraio 1901, pp. 274-5. 19 «Le Courrier musical», 1 maggio 1902, p. 133.

[Il fatto è che si tratta di musica pura (indefi nibile), concepita al di fuori di ogni realtà, esclusivamente nel sogno, attraverso i movimenti architettonici che Dio fa con i vapori, le meravigliose costruzioni dell’impalpabile […] la musica è per Debussy l’arte dell’inesprimibile che canta non appena cade la parola impotente.]

Addirittura Vincent d’Indy non riusciva a trovare una categoria nella quale inquadrare il lavoro di Debussy , rifi utandosi di individuare affi nità sia con la musica a programma sia con la musica assoluta:

Sonate? Jamais de la vie! Malgré les eff orts de Marnold pour les faire entrer à coups de poing dans ce gabarit. Suite? Pas davantage. Poème symphonique? Mal- gré les titres Nuages, Sirènes, Fêtes… dénominations très vagues, aucun programme

littéraire, aucune explication d’ordre dramatique ne vient autoriser les écarts de tonalité et les excursions thématiques agréables mais non coordonnées de ces trois morceaux. C’est donc de la belle et bonne fantaisie, car on ne peut rejeter ces œuvres pour malfaçon… elles sont artistiques, elles existent, donc elles doivent être classées par nous; où? Dans la fantaisie, je ne vois pas d’autre place.21

[Sonata? Assolutamente no! Malgrado gli sforzi di Marnold per farli entrare a suon di pugni in questa sagoma. Suite? Nemmeno. Poema sinfonico? Nonostante i titoli Nuages, Sirènes, Fêtes… denominazioni molto vaghe, nessun programma let-

terario, nessuna spiegazione di ordine drammatico autorizza gli scarti di tonalità e le escursioni tematiche piacevoli ma non coordinate di questi tre brani. È dunque fantasia bella e buona, poiché non si può rigettare queste opere per cattiva fattura… sono artistiche, esistono, dunque devono essere classifi cate da noi; dove? Nella fan- tasia, non vedo altro spazio.]

La musica dei Nocturnes quindi si impose in maniera indecifrabile all’attenzione dei contemporanei. Nonostante la presenza di alcuni riferimenti extramusicali espliciti (la nota illustrativa, i titoli) il pubblico dei primi del Novecento rilevò una forte distanza tra musica e programma: una tendenza fruitiva che attesta una nuova concezione dei rapporti tra compositore e destinatario dell’opera d’arte. Debussy , come dimostrano gli scritti analizzati nel corso del primo capitolo, chiedeva al suo ascoltatore di esercitare una funzione liberamente immaginativa nei confronti della musica. Gli ascoltatori più sensibili riuscirono ad avvertire quest’esigenza estetica, leggendo nei Nocturnes uno stimolo a reagire in maniera diversa. Nelle parole di Jacques Rivière, ad esempio, se ne possono cogliere alcuni segni evidenti:

A la limite cet art fi nirait par ressembler au délicat symbolisme des paysages japo- nais: composition de quelques lignes très précieuses, entre lesquelles des couleurs avec atténuation se souviennent. Mais si je veux éprouver cette image, il y faut faire un eff ort;

la sensation en moi ne naît plus du premier coup; je ne peux que la retrouver.22

[Al limite quest’arte fi nirebbe per assomigliare al delicato simbolismo dei paesaggi giapponesi: composizione di alcune linee molto preziose, tra le quali si ricordano alcuni colori in maniera attenuata. Ma se io voglio provare quell’immagine, bisogna

fare uno sforzo; la sensazione non nasce più in me al primo colpo; non posso che ritrovarla.]

La sua aff ermazione è estremamente interessante perché fa uso addirittura dello stesso lessico impiegato da Debussy : quel «petit eff ort»23 che egli riteneva neces-

sario per accedere a una corretta fruizione della sua arte.

Altre recensioni documentano una sensibilità altrettanto raffi nata. Alfred Bruneau lodò proprio la libertà immaginativa stimolata dall’ascolto di Nuages:

Dans l’un, intitulé Nuages, passent les vapeurs changeantes qui, sur le ciel my-

stérieux, prennent les formes diverses que crée notre imagination.24

[In uno, intitolato Nuages, passano i vapori cangianti che, sul cielo misterioso,

prendono le forme diverse che la nostra immaginazione crea.]

Ma non è solo l’atteggiamento attivo e immaginativo a emergere dalle rifl es- sioni di alcuni fruitori particolarmente sensibili. Nel primo capitolo abbiamo rilevato i legami tra il concetto di immaginazione nella lettura di Debussy e la sfera dell’inconscio. Questa ipotesi è confermata anche dalla lettura di alcune reazioni dichiaratamente riferite all’atmosfera del sogno inconsapevole; Jean Huré defi nì i Nocturnes «pages de rêve»25; il critico de «La Vie parisienne» parlò

di «éblouissement d’un rêve trop beau»26; Paul Dukas vi rilevò l’impressione

sfuggente di una festa ambientata in un sogno:

Peut-être M. Debussy n’a pas cherché cet eff et, mais sa musique produit l’im- pression rare d’une fête en songe, tant ses riches éclats sont savamment amortis, tant son rythme s’adoucit dans le lointain de la perspective sonore.27

22 Jacques Rivière , Études, Paris, Gallimard 1944, pp. 133-4. 23 C. Debussy , Correspondance 1884-1918 cit., p. 247. 24 «Le Figaro», 28 ottobre 1901.

25 «Le Monde musical», 30 novembre 1904, p. 314 (pagine di sogno).

26 «La Vie parisienne», 15 dicembre 1900, p. 705 (abbagliamento di un sogno troppo bello). 27 «La Revue hebdomadaire», 2 febbraio 1901, pp. 275-6.

[Forse il sig. Debussy non ha cercato questo eff etto, ma la sua musica produce l’impressione rara di una festa in sogno, tanto le sue ricche esplosioni sono sapien- temente smorzate, tanto il suo ritmo si addolcisce nella lontananza della prospettiva sonora.]

E anche Charles Joli su «Le Figaro» accennò a una suggestione molto simile:

M. Debussy nous a prouvé que l’on pouvait développer des harmonies. […] vous le suivez toujours ravi, jusqu’au moment où, l’orchestre s’arrêtant, tout s’évanouit comme dans un rêve.28

[Il sig. Debussy ci ha provato che si potevano sviluppare delle armonie […] voi lo seguite sempre rapiti, fi no al momento in cui, fermandosi l’orchestra, tutto sva- nisce come in un sogno.]

Le impressioni descritte da Dukas , Joli , Huré e alcuni altri alludono a un’atmo- sfera onirica, regolata da movimenti inconsapevoli dell’immaginazione: un at- teggiamento fruitivo molto vicino all’identikit emerso dagli scritti di Debussy . Era questa la reazione nuova che Debussy chiedeva al pubblico dei primi del Novecento. Naturalmente furono pochi i critici in grado di godere di questa nuova potenzialità dell’ascolto musicale. Ma la comune diffi coltà nell’individua- re un rapporto chiaro tra titoli, programma e musica prova il tentativo da parte di Debussy di sollecitare reazioni estranee alle consuetudini fruitive del tempo. Nel capitolo precedente abbiamo potuto constatare quali fossero le impres- sioni più diff use all’ascolto del repertorio pittoresco di fi ne Ottocento e inizio Novecento. In nessuno dei casi esaminati abbiamo rilevato una diffi coltà eviden- te nel cogliere le relazioni tra musica e programma. Nei Nocturnes invece questa tendenza diventa molto comune e trova spazio a tutti i livelli della recezione.

Occorre a questo punto chiarire alcuni aspetti essenziali del problema. Nei capitoli precedenti abbiamo sottolineato quale grado di insoff erenza Debussy manifestasse nei confronti dei vincoli imposti all’immaginazione del fruitore: quale funzione occorre attribuire allora ai riferimenti extramusicali, che possia- mo indiscutibilmente rintracciare nelle sue composizioni? Come si può conci- liare la libertà immaginativa del fruitore con la presenza in partitura di elementi dotati di connotazioni semantiche precise? Infi ne, quali problemi particolari sollevò tale estetica a contatto con l’orizzonte d’attesa maturato nel pubblico di inizio Novecento?

Fêtes

Musica assoluta o musica a programma?

Per cominciare a rispondere subito in maniera soddisfacente alle domande poste alla fi ne del paragrafo precedente, è opportuno intraprendere lo studio dei Nocturnes partendo dall’analisi del secondo brano della raccolta, Fêtes. La scelta è dettata da diverse motivazioni: l’estrema ricchezza di precedenti musicali riferibili allo stesso soggetto; la maggiore pertinenza delle reazioni raccolte a livello della recezione; e la grande densità di procedimenti tipici del linguaggio maturo di Debussy . Per questi motivi la rifl essione su Fêtes, ancor prima che su Nuages, può aiutarci a entrare nel vivo del problema.

Dalla discussione delle reazioni ai Nocturnes documentate nel capitolo pre- cedente una tendenza è emersa con estrema evidenza: la diffi coltà di cogliere un contatto solido tra titoli e musica.

La spiegazione più intuitiva che si potrebbe dare a questa tendenza è l’assenza di riferimenti extramusicali espliciti, con conseguente prevalenza delle categorie della musica assoluta su quelle della musica a programma. Ma siamo davvero certi che la musica di Debussy rifi uti sistematicamente l’uso di elementi dotati di connotazioni semantiche esplicite, al fi ne di esibire una struttura puramente musicale?

Il lessico su cui si fonda la partitura di Fêtes può smentire facilmente questa pri- ma ipotesi. Il tema ai clarinetti e al corno inglese che genera la composizione non esprime nessuna frattura esplicita con la tradizione francese dei temi di festa:

Es. 1. C. Debussy , Fêtes, batt. 3-4.

Il movimento ritmico per terzine sottolinea un andamento danzante e scher- zoso. Debussy utilizza l’indicazione 4/4, per garantirsi la possibilità di mettere a stretto contatto tempi semplici e tempi composti, ma in realtà scrive tutta la parte iniziale in 12/8. La scelta non è certo casuale, visto che da sempre sono i tempi composti quelli che in musica dipingono i movimenti di danza popolare. Debussy non si allontana dallo stilema ritmico off erto dalla tradizione e imposta tutta la sezione introduttiva di Fêtes su un tema saltellante in tempo composto. Alcuni esempi possono confermare il legame tra questa linea melodica e la tradizione dei temi di festa. Berlioz nell’Ouverture du Carnaval romain basa gran parte della composizione su un motivo in 6/8, che presenta un arco melodico piuttosto simile a quello ideato da Debussy :

Es. 2. H. Berlioz , Ouverture du Carnaval romain, batt. 136 sgg.

Il tempo composto e l’indicazione agogica movimentata sono da sempre due elementi caratteristici delle melodie danzanti di ispirazione popolare. Na- turalmente non si tratta di temi autentici, ma di stilemi prodotti dalla cultura musicale dell’Ottocento. Berlioz nel 1844 compose l’Ouverture du Carnaval romain su un saltarello del Benvenuto Cellini (1838). Impronta ritmica e melo- dica sono però la stesse che animano l’atmosfera squisitamente parigina di Fêtes. E anche a est del Reno, in terra tedesca troviamo melodie simili per dipingere suoni di festa:

Es. 3. F. Liszt , Festklänge, batt. 158 sgg.

In Festklänge (1853) di Franz Liszt si possono incontrare facilmente archi melodici brevi, ricchi di terzine, nella maggior parte dei casi affi dati ai fi ati, proprio come avviene in Berlioz e Debussy .

La melodia che apre Fêtes quindi non entra in confl itto con la tradizione a cui si riferisce. Non ci stupiremmo di trovarla nel Carnaval romain, in Festklänge, o in Fête bohème di Massenet . E anche l’impostazione modale non compromette il legame con la tradizione, ma contribuisce a conferire al tema un’atmosfera popolareggiante.

L’episodio centrale, il corteo che passa attraverso la folla, è altrettanto ricco di riferimenti extramusicali espliciti. La fanfara delle trombe (in fa) in sordina, ad esempio, presenta alcune caratteristiche tipiche della lunga tradizione di suoni d’ottoni in lontananza:

L’andamento omofonico per intervalli consonanti, la regolare presenza di terzine, i rintocchi sullo stesso accordo sono caratteristiche facilmente riscon- trabili nei precedenti storici di questo luogo musicale. Si pensi alle trombe «in weiter Entfernung» del fi nale della Seconda Sinfonia di Mahler (1894-95). De- bussy non poté ascoltarle, visto che in occasione della prima esecuzione parigina, il 17 aprile 1910, uscì dalla sala assieme a Dukas e Pierné alla fi ne del primo movimento. Ma la fanfara di Mahler è un elemento lessicale perfettamente alli- neato a quello stilema che per tutto l’Ottocento ha circolato abbondantemente nella musica europea.

Es. 5. G. Mahler , Seconda Sinfonia, V mov., batt. 344 sgg.

E anche il disegno delle trombe «hinter der Szene» che compaiono in Ein Heldenleben, il poema sinfonico di Richard Strauss che Debussy defi niva laco- nicamente e con una punta di disprezzo niente più che un album di fotografi e dai tratti cinematografi ci29, non si discosta di molto dalla fi sionomia del corteo

in lontananza che attraversa la sezione centrale di Fêtes:

Es. 6. R. Strauss , Ein Heldenleben, batt. 369 sgg.

29 C. Debussy , Monsieur Croche et autres écrits (1987) cit., pp. 138-9: «Encore une fois, c’est

Debussy naturalmente non poteva ignorare il peso semantico di una simile scelta musicale; e i suoni del suo corteo non manifestano lineamenti stridenti rispetto all’immagine musicale off erta dalla tradizione.

Debussy sceglie di realizzare l’impressione della lontananza attraverso l’uso della sordina; le partiture di Mahler e Strauss invece prevedono la dislocazione di un gruppo strumentale di ottoni al di fuori della sala da concerto. Ma la scelta di Debussy è legittimata da un riferimento extramusicale altrettanto evidente: l’avvicinamento progressivo del suono. La sezione centrale di Fêtes delinea così un percorso netto, che dal pianissimo giunge al fortissimo, raffi gurando, a livello sonoro, l’immagine di una banda in continuo e regolare avvicinamento.

Anche le percussioni aiutano a sottolineare questa situazione, ribattendo con regolarità il ritmo che defi nisce la melodia degli ottoni. Man mano il loro intervento prende forma sino ad arrivare a esplodere nelle battute fi nali dell’epi- sodio, dove si sommano in maniera fragorosa i timbri dei timpani, dei piatti e addirittura del tamburo militare, lo strumento più effi cace per esprimere il riferimento a un corteo militare:

Es. 7. C. Debussy , Fêtes, batt. 156 sgg.

Debussy in sostanza non disdegnava aff atto l’utilizzo di elementi lessicali espliciti, di strutture musicali dotate di connotazioni semantiche precise. Fêtes asseconda il percorso delineato dal programma, proponendo riferimenti extra- musicali evidenti, allineati alla tradizione e diffi cilmente fraintendibili.

Ma la descrizione di queste caratteristiche, a contatto con la lettura delle prime reazioni dei contemporanei, ci obbliga a porre una delle domande che stanno alla base di questo studio: se in partitura sono presenti riferimenti così espliciti al programma, perché molti dei primi fruitori non riuscirono a cogliere legami evidenti tra musica e titoli?

La risposta più scontata che si potrebbe dare a tale quesito è la prevalenza delle categorie della musica assoluta rispetto a quelle della musica a programma.

Molti dei primi fruitori, come abbiamo avuto modo di notare sopra, celebra- rono soprattutto l’aspetto formale e puramente musicale dei Nocturnes, confes- sando una decisa inettitudine a seguire il percorso tracciato dal programma. E per tutto il Novecento è stata proprio la forma uno degli aspetti più indagati dalla letteratura musicologica dedicata ai Nocturnes. Jean Barraqué parla di Fêtes come di uno scherzo di sinfonia30, Christian Goubault non propone una vera

e propria analisi strutturale della partitura, ma comunque parla chiaramente di tre sezioni, che defi nisce, prendendo a prestito il lessico analitico tradizionale, A-B-A’31. Bruno Plantard e Jean-Louis Leleu propongono un’analisi dedicata

all’individuazione delle geometrie formali32. E anche uno studio approfondito

come quello di Elke Lang-Becker rileva in Fêtes un equilibrio formale basato sullo schema Scherzo-Trio-Scherzo da Capo.

Schema della forma di Fêtes secondo Elke Lang-Becker33

Scherzo A Batt. 1-26 Tema V (batt. 3)

B Batt. 27-115

Temi VI (batt. 27), VII (batt. 50), VIII (batt. 70)

Trio

C Batt. 116-173

Temi IX (batt. 124) IX’ (batt. 132), IX’’ (batt. 148)

Scherzo

A’ Batt. 174-207

Tema V’ (batt. 174), Tema secondario (batt. 190)

B’ Batt. 208-279

Temi VI (batt. 208), VI’ (batt. 214), VII’ (batt. 224), IX’ (batt. 236)

Coda

Batt. 252-260

Elke Lang-Becker in particolare tiene a sottolineare la condivisione di materiale tematico tra i vari brani che compongono i Nocturnes, individuando in questa scelta un atteggiamento dettato da una logica puramente musicale e priva di

30 Jean Barraqué , Claude Debussy , Paris, Editions du Seuil 1962, p. 109: «Fêtes est un scherzo,

également de forme ternaire. Le Trio est une fanfare.»

31 Christian Goubault , Claude Debussy , Paris, Honoré Champion 1986, pp. 143-4. 32 AA.VV., Claude Debussy: Jeux de formes, Paris, Editions rue d’Ulm 2004, pp. 159-220.