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L’orizzonte d’attesa di un’epoca

L’analisi condotta sul campione di opere a programma precedentemente il- lustrato può contribuire a capire qual era l’orizzonte di attesa che infl uenzava le reazioni del pubblico dei primi del Novecento. Le impressioni suscitate dai lavori di maggior successo nella cultura musicale francese a cavallo tra i due secoli contribuirono a formare una stratifi cazione di aspettative forti nei confronti di ogni nuova esperienza a programma. La musica che i critici erano soliti defi nire pittoresca, in particolare, divenne una moda diff usa, che deter-

minava precise aspettative a livello della fruizione. L’assimilazione di una serie di consuetudini linguistiche contribuì a defi nire alcune prerogative essenziali per la comunicazione del repertorio a programma. Una serie di connotazioni semantiche chiare erano pertanto imprescindibili per garantire la trasmissione del messaggio contenuto tra le righe della musica; e un codice di riferimento era accettato da compositori e ascoltatori come garanzia per una comunicazione esplicita. In Chabrier abbiamo incontrato il mondo variopinto della cultura spagnola, in d’Indy una serie di stilemi riferibili all’ambiente naturalistico della montagna, in Roussel allusioni esplicite agli eventi climatici e ambientali che si verifi cano in una foresta, in Charpentier alcuni ritratti abbaglianti di vita quotidiana dell’Italia; e anche di fronte ai riferimenti extramusicali di Ravel il pubblico trovava il modo di rintracciare percorsi piuttosto evidenti. Tutti i gran- di successi della musica a programma apparsa a Parigi tra la fi ne dell’Ottocento e l’inizio del Novecento trovarono nel pubblico di allora un destinatario ideale per esercitare un controllo sul livello della fruizione. Le reazioni immaginative reperite documentano alcune tendenze condivise, soggette ad accettare passi- vamente le indicazioni del compositore. Non si incontrano casi di rifi uto del programma extramusicale, diffi coltà palesi di raccogliere quanto suggerito dalla musica. Fare musica a programma voleva dire guidare in maniera inequivoca- bile la fruizione, evitando dispersioni o aperture immaginative eccessivamente divaricate. La maggior parte dei compositori di quegli anni si adeguava a questa indicazione estetica, teorizzata anche negli scritti precedentemente discussi, da Berlioz a d’Indy. Il programma doveva essere un sostegno grazie al quale annullare quel carico di ambiguità che da sempre pesa sull’indefi nitezza del linguaggio musicale.

Questo era l’orizzonte d’attesa con cui si trovò a fare i conti Debussy ; questi erano gli stimoli che il pubblico si aspettava di ricevere dalle mani del composi- tore. Principio estetico fondante era proprio quello di imporre vincoli manifesti alle reazioni del fruitore, esattamente quell’aspetto della musica a programma che Debussy non poteva sopportare nei contemporanei. I suoi scritti, come abbiamo visto nel primo capitolo, documentano un’insoff erenza sistematica nei confronti delle esperienze musicali volte a seguire vettori semantici ecces- sivamente costrittivi. Quale fu allora l’impatto della sua estetica sull’orizzonte d’attesa del pubblico dei primi del Novecento? A quali strumenti ricorsero le sue composizioni per cercare di deviare una tendenza fruitiva ormai consolidata? Quali furono le impressioni dei primi ascoltatori? Ma soprattutto, le reazioni suscitate dalle composizioni di Debussy possono aiutarci a capire quali scelte produssero l’avvento di un nuovo modo di ascoltare la musica?

Ai prossimi capitoli spetta il compito di rispondere a queste domande, sul- la base di un’adeguata discussione delle recensioni dei primi fruitori e di un

confronto attento con l’analisi delle partiture. Tale metodologia non solo può agevolare, attraverso la presentazione di materiale rimasto sotterrato negli ar- chivi della Bibliothèque Nationale de France, un’organica comprensione della società culturale nella quale nacque e si sviluppò il fenomeno debussysta, ma anche la migliore interpretazione di alcune particolarità stilistiche che favoriro- no un’epocale rivoluzione dei rapporti estetici.

Arrivato a questo punto il lettore si chiederà quali siano i motivi che hanno spinto chi scrive a intraprendere la rifl essione sull’opera di Debussy proprio a partire dai Nocturnes. La produzione precedente ai Nocturnes è nutrita e non mancano lavori capaci di manifestare i segni evidenti della portata rivoluziona- ria debussysta. Una ricerca deve però operare inevitabilmente una selezione, e in questo caso le motivazioni che hanno prodotto la scelta sono direttamente determinate dalla fi nalità dello studio: l’indagine sulla fruizione dell’opera di Debussy.

Una rifl essione condotta sul livello dell’ascolto non può che avvalersi delle testimonianze degli ascoltatori; e il presente lavoro, come si è già avuto modo di aff ermare, ha scelto di rilanciare il peso ermeneutico delle reazioni dei primi frui- tori, contando sulla maggiore sensibilità alle innovazioni connaturata a un ascolto privo di sovrastrutture stratifi cate nel tempo. Il reperimento delle impressioni dei primi ascoltatori è però inevitabilmente legato alle recensioni pubblicate sui perio- dici del tempo. E, come spesso accade anche nelle testate odierne, allora a essere privilegiati erano gli eventi musicali di carattere sinfonico, quelli che richiamavano un pubblico più vasto e che si svolgevano nelle sale dalla maggiore capienza. È quindi molto diffi cile rinvenire materiale critico a proposito delle opere precedenti ai Nocturnes: si tratta di lavori che ebbero una risonanza di gran lunga inferiore rispetto alle composizioni presentate ai Concerts Lamoureux nel primo decennio del Novecento. Fu con i Nocturnes che Debussy raccolse il primo grande successo su grande scala, riuscendo a far parlare di sé tutto l’ambiente musicale del tempo. Questa situazione produsse una nutrita serie di recensioni, tra il 1900 e il 1901, materiale abbondante, ideale per favorire l’individuazione di tendenze anomale rispetto all’orizzonte d’attesa rilevato nelle recensioni di quegli anni.

Inoltre non va trascurato il fatto che i Nocturnes siano la prima opera ispirata a situazioni naturalistiche e priva di espliciti riferimenti letterari. I Nocturnes, a diff erenza del Prélude à l’après-midi d’un faune, alludono nei loro titoli alla natura senza passare necessariamente attraverso il fi ltro di un’opera letteraria. Costituiscono quindi un termine di paragone perfetto per intraprendere un confronto con il campione di lavori indagato nel capitolo precedente.

Per Debussy era il primo passo verso una decisiva rivoluzione delle relazioni estetiche; i Nocturnes sfuggono a ogni tentativo di classifi cazione, e segnano un primo turbolento scossone al codice comunicativo maturato alla fi ne dell’Ot- tocento. Le reazioni dei primi fruitori testimoniano la recezione di un’opera straordinariamente complessa, in bilico tra l’adesione alle convenzioni tra- smesse dal repertorio precedente e il rovesciamento dell’orizzonte d’attesa dei contemporanei.

Gli anni sono quelli in cui Debussy faceva le prime rifl essioni estetiche circa la fruizione della musica; fu proprio intorno al 1901 che i suoi scritti comin- ciarono a manifestare l’esigenza di forgiare un tipo di ascolto immaginativo libero. In quell’anno Debussy scrisse alcune delle aff ermazioni citate nel primo capitolo in merito alla natura esoterica della sua arte, destinata a una piccola cerchia di ascoltatori1.

Per questo i Nocturnes costituiscono un inevitabile punto di partenza per rifl ettere sulla fruizione della musica di Debussy . Sono i lavori che hanno accompagnato la prima maturazione delle idee estetiche di un compositore proiettato nel Novecento: la loro scrittura dimostra una consapevolezza ancora più solida a livello compositivo che a livello teorico. È pertanto nella loro posi- zione originale rispetto al panorama musicale contemporaneo che si può leggere un primo signifi cativo tentativo di abbattere le categorie fruitive tramandate dall’Ottocento.