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Le reazioni dei primi ascoltator

È un panorama molto denso e interessante quello che emerge dall’indagine sulle reazioni del pubblico alle prime esecuzioni de La mer. Questa volta, a diff erenza dei Nocturnes, Debussy non pensò a nessuna nota programmatica: pare che alla prima esecuzione del 1905 sia circolato un semplice programma di sala, con un breve scritto introduttivo curato da un critico musicale. Niente a che vedere, però, con il consueto percorso programmatico, volto a guidare l’immaginazione del fruitore. La mer fu pensata da Debussy come un’opera da ascoltare senza nessun sostegno letterario dichiarato.

Le diffi coltà fruitive che emergono dalla ricerca sulle recensioni dei contem- poranei sono in parte allineate a quelle suscitate dai Nocturnes. Anche in questo caso occorre notare i problemi dei fruitori nel rilevare il rapporto tra titoli e musica. Fu Pierre Lalo il critico che si espresse più esplicitamente a proposito:

Pour la première fois dans une œuvre pittoresque de Debussy j’ai l’impression d’être, non point devant la nature, mais devant une reproduction de la nature; re- production merveilleusement raffi née, ingénieuse, industrieuse, mais reproduction tout de même… je n’entends pas, je ne vois pas la mer.18

[Per la prima volta in un’opera pittoresca di Debussy ho l’impressione di essere non davanti alla natura, ma a una riproduzione della natura; riproduzione meravi- gliosamente raffi nata, ingegnosa, industriosa, ma comunque riproduzione… io non sento, io non vedo il mare.]

Come vedremo in seguito, Debussy non poté resistere alla tentazione di rispon- dere alla provocazione di un intellettuale che aveva sempre considerato suo so- stenitore. Ma l’osservazione di Lalo resta interessante soprattutto perché esprime con il consueto piglio mordace una diffi coltà fruitiva piuttosto comune. Jules Jemain , alla stessa esecuzione, provò un’impressione molto simile:

En débit du titre n’a fait dialoguer le vent et la mer que dans une langue incom- préhensible et sans grandeur.19

[A dispetto del titolo ha fatto dialogare il vento e il mare solo in una lingua in- comprensibile e senza grandezza.]

Ai primi ascoltatori la presenza del titolo appariva assolutamente inspiegabile in un’opera come La mer. Due anni dopo troviamo le stesse osservazioni nella recensione dell’anonimo cronista dell’«Evening Telegram»:

Th e dawn, the waves and the roaring sea, that inspired the composer […] could also suggest the unlimited expanse of the Saharan desert, the high peak of the Andes or the density in the Africans forests.20

[L’alba, le onde e il mare roboante, che hanno ispirato il compositore […] po- trebbero anche suggerire l’illimitata distesa del deserto sahariano, le elevate cime delle Ande o la densità delle foreste africane.]

Nel 1908, alla seconda esecuzione parigina, le reazioni furono molto simili. Luc Marvy commentò con disappunto:

18 «Le Temps», 24 ottobre 1905. 19 «Le Ménestrel», 30 novembre 1905. 20 «Evening Telegram», 22 settembre 1907.

Papillotement continuel et indéfi ni […]; la reproduction est manquée et l’œuvre ne signifi e plus rien… ou bien elle imite tous les bruits, et alors c’est du bruit et non plus de la musique.21

[Luccichio continuo e indefi nito […]; la riproduzione è fallita e l’opera non signifi ca più niente… oppure essa imita tutti i rumori, e allora è solo rumore e non più musica.]

Il cronista anonimo della «Revue musicale» ironizzò in maniera signifi cativa sullo scarto tra la precisione dei riferimenti extramusicali evocati dai titoli e la vaghezza della scrittura di Debussy :

Le compositeur veut peindre la mer de l’aube à midi (je ne dis pas midi moins le quart ou midi cinq, mais midi), puis nous faire entendre le dialogue du vent et des fl ots. […] un artiste qui ne fait pas comprendre nettement ce qu’il a voulu dire a manqué son aff aire. M. Debussy me paraît être dans ce cas.22

[Il compositore vuole dipingere il mare dall’alba a mezzogiorno (non dico mezzo- giorno meno un quarto o mezzogiorno e cinque, ma mezzogiorno), poi farci ascoltare il dialogo del vento e delle onde. […] un artista che non fa capire chiaramente ciò che ha voluto dire ha fallito il suo progetto. Il sig. Debussy mi sembra ritentrare in questa casistica.]

E anche dietro alla tagliente battuta di Eric Satie si coglie un’allusione alla stessa diffi coltà fruitiva:

J’aime bien le passage entre dix heures et onze heures moins le quart.23

[Amo molto il passaggio tra le dieci e le unidici meno un quarto].

I primi ascoltatori non riuscivano a rilevare nella scrittura di Debussy elementi utili per orientarsi nel percorso che conduce dall’alba a mezzogiorno in De l’aube à midi sur la mer, per raccogliere i turbolenti moti ondosi che animano Jeux de vagues o per comprendere il misterioso dialogo di mare e vento che attraversa Dialogue du vent et de la mer.

Particolarmente interessante è il fatto che ad alcuni La mer sia sembrato un perfetto esempio di musica assoluta. Pierre Lalo , alla seconda esecuzione del 1908, dopo aver parzialmente ritrattato la dura critica della prima recensione, concluse esclamando meravigliato:

21 «Le Monde musical», 1 febbraio 1908. 22 «La Revue musicale», 1 febbraio 1908, pp. 81-2.

Il arrive cette chose surprenante: c’est que ces trois morceaux pittoresques, où M. Debussy s’est attaché à évoquer le spectacle des choses, ne donnent pas un mo- ment l’impression de la nature, mais paraissent simplement d’ingénieux morceaux de musique.24

[Succede questa cosa sorpendente: ovvero che questi tre brani pittoreschi, in cui il sig. Debussy si è sforzato di evocare lo spettacolo delle cose, non danno nemmeno per un attimo l’impressione della natura, ma sembrano semplicemente ingegnosi pezzi di musica.]

Ma non fu l’unico. Anche Guillaume Allix sul «Bulletin français de la S.I.M.» tre anni prima aveva espresso un’impressione simile, rilevando però in questa caratteristica della scrittura un notevole pregio:

On a rapproché à ce triptyque d’être plutôt de la musique pure que de la musique descriptive: je suis bien de cet avis, mais j’ai là un éloge plutôt qu’une critique.25

[Si è rimproverato a questo trittico di essere più musica pura che musica descrit- tiva: io sono senza dubbio di questo parere, ma in questo vedo più un elogio che una critica.]

E anche la cervellotica recensione di Paul Dukas pubblicata su «La Chronique des Arts et de la Curiosité» rileva ne La mer una confusione sistematica tra le categorie della musica a programma e quelle della musica assoluta. L’articolo documenta nel pubblico contemporaneo una comune diffi coltà a rilevare i ri- ferimenti extramusicali proposti dal titolo, ma nello stesso tempo non riesce ad additare una via per analizzare l’opera secondo categorie puramente musicali. L’invito di Dukas quindi è rivolto ad ascoltare la musica di Debussy , evitando rigorosi tentativi di classifi cazione:

Les uns n’y retrouvent pas la mer, d’autres n’y retrouvent point la musique. Mais, ni la mer, ni la musique, ne sont des abstractions, des choses en soi, pour continuer à parler la langue rébarbative des philosophes, des objets de connaissance séparables du sujet connaissant. Or, le sujet, ici, c’est M. Debussy . Il fallait donc s’attendre à ce qu’il remporta de la mer une impression musicale conforme à sa propre musique. D’où il suit que mer ou forêt, la forêt ou la mer, n’ont rien à voir ici relativement à la mer où à la forêt des peintres, des poètes ou des musiciens, qui ne sont pas Debussy, pas plus que sa musique avec celle de Tschaikovsky ou de Brahms . Et la mer et la musi- que ou, pour mieux dire, sa musique, étant au fond la même chose pour lui, rien de

24 «Le Temps», 21 gennaio 1908.

moins étonnant que la mer de Debussy ne soit pas autre qu’elle n’est. Tout se réduit à l’apprécier comme musique debussyste.26

[Alcuni non vi trovano il mare, altri non vi trovano aff atto la musica. Ma né il mare, né la musica sono astrazioni, cose in sé, per continuare a parlare la lingua arcigna dei fi losofi , oggetti di conoscenza separabili dal soggetto conoscente. Ora, il soggetto, qui, è il sig. Debussy. Bisognava dunque attendersi che egli riportasse del mare un’impressione musicale conforme alla sua musica. Ne consegue che mare o foresta, foresta o mare non hanno niente a che spartire qui con il mare e la foresta dei pittori, dei poeti o dei musicisti che non sono Debussy, così come la sua musica non ha nulla da spartire con quella di Čajkovskij o di Brahms. Essendo sia il mare sia la musica, o, per meglio dire, la sua musica in fondo la stessa cosa per lui, niente di meno sorprendente che il mare di Debussy non sia altra cosa rispetto a ciò che non è. Tutto si riduce ad apprezzarla come musica debussysta.]

Non è raro incontrare recensioni nelle quali i critici dichiarano di aver avvertito una spinta alla fruizione attiva. È il caso di Amédé Boutarel , che ebbe l’impres- sione di dover ricorrere proprio a uno sforzo dell’immaginazione per ricostruire i frammenti presentati da Debussy :

L’imagination aidant, on reconstitue l’ensemble d’après les détails. Ainsi l’on peut achever soi-même le tableau et trouver du plaisir à cette reconstruction.27

[Con l’aiuto dell’immaginazione, si ricostruisce l’insieme dai dettagli. Così si può completare da soli il quadro e trarre piacere da questa ricostruzione.]

La sua reazione è perfettamente allineata a quella del cronista anonimo della «Revue musicale»:

On ne fait pas de musique avec des sensations si pures. Il ne suffi t pas d’être ému; il faut penser, il faut construire.28

[Non si fa musica con sensazioni così pure. Non basta essere emozionati; bisogna pensare, bisogna costruire.]

Ma questa sensazione va strettamente collegata a un’altra impressione che ricorre frequentemente nelle recensioni dei primi ascoltatori: la tendenza a riscontrare nell’ascolto de La mer una straordinaria libertà immaginativa. La distanza che Debussy inserisce tra il suo pensiero creativo e il livello della fruizione obbliga

26 «La Chronique des Arts et de la Curiosité», 4 novembre 1905, p. 280. 27 «Le Ménestrel», 18 gennaio 1908, p. 28.

l’ascoltatore a fare uno sforzo per ricostruire il senso della composizione. Ma questa stessa spinta ad andare verso l’opera d’arte sottintende anche una libertà di movimento inusuale per gli ascoltatori dei primi del Novecento, generalmen- te abituati a trovare una guida sicura nella musica a programma del loro tempo. Alcuni non riuscirono a calarsi in questo nuovo ruolo, dichiarando – come possiamo leggere nelle parole di Luc Marvy – uno stupore quasi incredulo di fronte all’impenetrabilità del linguaggio di Debussy:

Le résultat est il la reproduction exacte des impressions prouvées devant la mer? J’en sais rien, ne sachant pas ce qu’il a ressenti.29

[Il risultato è forse la riproduzione esatta delle impressioni provate davanti al mare? Non lo so, non sapendo ciò che egli ha provato.]

Altri ascoltatori invece videro ne La mer un’occasione per sperimentare esperien- ze percettive diverse, per andare verso la musica, scoprendo autonomamente im- magini e signifi cati imprevedibili. Allix parlava di Debussy quando scriveva:

C’est à lui de transmuer ses impressions en musique, laquelle nous suggérera les mêmes images, ou d’autres, peu importe.30

[Sta a lui tramutare le sue impressioni in una musica, la quale ci suggerirà le stesse immagini, o altre, poco importa.]

Mentre Jean d’Udine assaporava meravigliato il gusto di un rapporto estetico, privo di corrispondenze perfette tra l’immaginazione del creatore e quella del fruitore:

En admettant toutefois que les traductions, les correspondances, comme eut dit Baudelaire , de cette musique avec les couleurs et les mouvements qu’elle prétend exprimer soient écloses spontanément dans le cerveau du compositeur et puissent s’imposer aussi spontanément au cerveau des auditeurs. Rien n’est moins sûr et, dans le cas contraire, les formules sonores de La Mer n’auraient qu’une valeur convention-

nelle, ne constitueraient qu’un langage chiff ré, intelligible aux seuls initiés par asso- ciations d’idées et cette musique, qu’ils déclarent et que son auteur lui-même croit sans doute purement sensuelle, serait au contraire la plus littéraire de toutes.31

[Ammettendo tuttavia che le traduzioni, le corrispondenze, come ebbe a dire Bau- delaire, di questa musica con i colori e i movimenti che essa pretende di esprimere

29 «Le Monde musical», 1 febbraio 1908.

30 «Bulletin français de la S.I.M.», 15 febbraio 1905. 31 «Le Courrier musical», 15 febbraio 1908.

siano sbocciate spontaneamente nel cervello del compositore e possano imporsi altret- tanto spontaneamente nel cervello degli ascoltatori. Niente è meno sicuro e, nel caso contrario, le formule sonore de La mer non avrebbero che un valore convenzionale,

non costituirebbero che un linguaggio cifrato, intelligibile da soli iniziati attraverso associazioni di idee e questa musica, che essi dichiarano e che il suo autore stesso crede senza dubbio puramente sensuale, sarebbe al contrario la più letteraria di tutte.]

L’assenza di una guida vincolante si fece sentire anche a livello profondo; in alcuni casi incontriamo allusioni ai movimenti della mémoire involontaire, a ricordi indefi nibili, sfuggenti come pulsioni incontrollabili. Nelle parole di Jean Chantavoine si coglie uno stimolante gusto del déja-vu, che sembra attingere a immagini lontane, personali come un orizzonte inconscio:

Il est impossible de ne pas voir, ou plutôt de ne pas revoir, l’écharpe irisée que

froisse la brise, le clapotis, les embruns, la brisure des vagues, le jaillissement de l’écume, le miroitement du soleil sur l’inégal miroir glauque, toute cette féerie dont on jouit quand on n’a pas le mal de mer.32

[È impossibile non vedere, o piuttosto rivedere, la sciarpa iridata che la brezza

sgualcisce, lo sciabordio, il taglio delle onde, lo zampillare della schiuma, il luccichio del sole sul glauco specchio ineguale, tutta questa magia di cui si gode quando non si ha il mal di mare.]

Il est je pense impossible à un auditeur pas trop récalcitrant de ne pas sentir, à cette musique réveiller mille souvenirs ou impressions endormies, dont il s’étonne qu’ils ne fussent point oubliés à jamais; miroitement d’un rayon, fuite d’une vague, grondement d’un rocher ou caresse d’une lame qui crève ses bulles sur la sable d’où elle se replie.33

[È, penso, quasi impossibile per un ascoltatore non troppo recalcitrante non sen- tire all’ascolto di questa musica risvegliare mille ricordi o impressioni addormentate, che ci si stupisce non fossero del tutto dimenticate; luccichio di un raggio, fuga di un’onda, sgocciolamento di una scogliera o carezza di una lama che fa scoppiare le sue bolle sulla sabbia su cui si ripiega.]

Ed è davvero probabile – come rilevato da George D. Painter 34 e Jean-Jacques

Nattiez 35– che sia stata La mer a suggerire a Proust un’epifania così complessa e

ricercata come è quella che si materializza all’ascolto del Settimino di Vinteuil:

32 «L’Excelsior», 18 dicembre 1911.

33 «La Revue hebdomadaire», 28 ottobre 1905.

34 George D. Painter , Marcel Proust , Paris, Mercure de France 1966, p. 575.

35 Jean-Jacques Nattiez , Proust musicista, trad. it. R. Ferrara, Palermo, Sellerio 1991, p. 22 (ed.

La nuova opera s’iniziava, in mezzo a un silenzio acerbo, in un vuoto infi nito, su superfi ci uniformi e piane come quelle del mare, in un mattino temporalesco già tutto tinto di porpora; e in quel rosa di aurora, quell’universo ignoto veniva tratto fuori dal silenzio e dalla notte, per formarsi progressivamente dinnanzi a me. Quel rosso così nuovo […] tingeva come l’aurora tutto il cielo di una misteriosa speranza. […] L’atmosfera fredda, lavata dalla pioggia, elettrica […] mutava a ogni istante, cancellando la promessa purpurea dell’aurora. All’ora del meriggio, tuttavia, in uno splendore solare bruciante e passeggero, sembrava che materializzasse la gioia più densa.36

Queste descrizioni raccontano un ricordo ineff abile, impossibile da localizzare in una precisa area della memoria: una sorta di analogia dell’indecifrabile, che scaturisce corrispondenze involontarie e ingovernabili. Ma il percorso è inequi- vocabile: si passa da un’alba lucida di pioggia a un mezzogiorno infuocato, che materializza per un attimo un’impressione di calda e accogliente felicità. Eppure tutto scorre attraverso una memoria labile e irrequieta, densa di collegamenti latenti, in cui le cose sembrano fi ltrate da un “come se” irreale ed evocativo.

Anche queste reazioni sono il frutto di un rinnovato modo di interpretare il rapporto con il fruitore, che trascura l’esigenza di aderire a meccanismi di comunicazione universale, per stimolare attivamente le facoltà percettive di ogni singolo ascoltatore. Per questo non deve stupire il fatto che le reazioni suscitate da La mer siano spesso così diverse e contraddittorie. Nel secondo ca- pitolo abbiamo osservato come generalmente il repertorio a programma di fi ne Ottocento tendesse a indirizzare in maniera piuttosto precisa la fruizione degli ascoltatori. L’ascolto de La mer invece documenta spesso impressioni opposte, che sembrano scontrarsi violentemente nel percorso di defi nizione dei signifi cati sottesi alla composizione. Prendiamo ad esempio il sentimento di grandezza, che inevitabilmente si tende ad associare a una dimensione sconfi nata come è quella del mare. Per gli ascoltatori dei primi del Novecento un’opera intitolata La mer automaticamente doveva esprimere la categoria dell’immensità. Eppure anche in questo caso le impressioni non furono aff atto univoche. Si confrontino le seguenti osservazioni:

Léon Vallas : «J’étais impatient d’entendre cette œuvre si discuté […] je n’ai rien remarqué de petit et d’artifi ciel, mais j’ai trouvé de l’ampleur et une réelle puissance, avec tout le charme de sonorités orchestrales très neuves».37

36 Marcel Proust , La prigioniera, trad. it. P. Serini, Torino, Einaudi 1950, p. 227.

37 «Revue musicale de Lyon», 2 febbraio 1908, p. 458 (Ero impaziente di ascoltare quest’opera

così discussa […] non ho notato niente di piccolo e di artifi ciale, ma vi ho trovato grandezza e una reale possenza, con tutto il fascino di sonorità orchestrali molto nuove).

Jules Jemain : «En débit du titre n’a fait dialoguer le vent et la mer que dans une langue incompréhensible et sans grandeur».38

Cronista anonimo: «Une préciosité de facture qui ne sied pas aux grands sujets […] Il faudrait de la grandeur et de la puissance».39

Charles Koechlin : «Nous y pensons davantage aux golfes heureux de la Méditer- ranée, voire au charmant bassin d’Arcachon, qu’aux vagues puissantes de l’Océan (celles qu’on découvre de l’autre coté de la haute dune, au cap Ferret). On peut regretter que la voix de l’humaine détresse ne s’y fasse point entendre; et dans le spectacle de la mer, un sentiment d’infi ni est là, que parfois l’orchestre debussyste semble négliger un peu».40

Vallas e Koechlin lodarono La mer proprio per la sua capacità di evocare l’esten- sione smisurata della distesa marina. Mentre Jemain e il cronista della «Revue musicale» non riuscirono a ritrovare questa stessa caratteristica nella partitura di Debussy . E il discorso può essere perfettamente esteso ad altre categorie; Jean Chantavoine non riusciva a vedere nessuna profondità ne La mer, segnalando una lettura decisamente divergente rispetto a quella di alti fruitori:

Jean Chantavoine : «Ce qui manquait à cet océan est la profondeur: on ne se sent pas soulevé par la masse incommensurable qui affl eure seulement à nos yeux».41

L’“Ouvreuse”: «Je ne cache pas ma vive admiration pour ces trois ‘Marines’ […] le rythme profond et irrésistible de l’Océan, vous soulève dès les premières balancements des harpes divisées sur la pédale des contrebasses jusqu’à la fi n du troisième esquisse».42

Jean Marnold : «Il y a des pages où l’on croit de côtoyer des abîmes et discerner jusqu’au fond de l’espace».43

38 «Le Ménestrel», 30 novembre 1905 (A dispetto del titolo ha fatto dialogare il vento e il mare

in una lingua incomprensibile e senza grandezza).

39 «La Revue musicale», 1 novembre 1905, pp. 525-6 (Una raffi natezza di fattura che non si

adatta ai grandi soggetti […] Ci vorrebbe della grandezza e della potenza).

40 Charles Koechlin , Claude Debussy , Paris, Henri Laurens 1927, pp. 31-2 (Noi pensiamo più

ai golfi sereni del Mediterraneo, vedi il seducente bacino di Arcachon, che alle onde possenti del- l’Oceano – quelle che si scoprono dall’altro lato dell’alta duna, a Cap Ferret. Si può rimpiangere