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5. MALATTIE RESPIRATORIE BATTERICHE

5.2. RHODOCOCCUS EQUI (Prescott, 1991) 1 INTRODUZIONE

5.2.6. IMMUNITA’ ALL’INFEZIONE

Con l’eccezione dei giovani puledri, la malattia in altre specie è rara a meno che l’ospite sia immunodepresso, come nella maggior parte dei pazienti umani. Le basi dell’immunità dei cavalli, particolarmente quella legata ai meccanismi cellulo-mediati, è largamente sconosciuta. La comprensione dei meccanismi

immunitari nei cavalli è stata recentemente rivista (Woolcock et al.,

1987).

a.1) IMMUNITA’ UMORALE NEI CAVALLI

Studi recenti in puledri ammalati in via naturale o infettati sperimentalmente hanno mostrato un livello anticorpale, generalmente inconsistente o basso, determinabile tramite agglutinazione, emoagglutinazione passiva, fissazione del complemento o precipitazione (Bull, 1924, Magnusson, 1938;

Rajagopalan, 1938; Carter, 1974; Prescott, 1979; Wilks et al., 1982; Nakazawa, 1987). La conclusione di questi studi è stata che

la risposta umorale è trascurabile e che la risposta immunitaria è incentrata sui meccanismi cellulo-mediati (Bull, 1924; Prescott

1979; Prescott et al., 1980). Il successivo sviluppo di metodi più

sensibili per la ricerca di anticorpi, come ELISA, IFI, neutralizzazione equi factor, ha comunque dimostrato che gli anticorpi sono molto diffusi nella popolazione equina (Wilks et al.,

1982; Elienberger et al., 1984; Skalka et al., 1984/1985; Hietala et al., 1985, Takai et al., 1985; Skalka, 1987). Il tratto intestinale è

probabilmente la maggior fonte di stimolazione antigenica (Prescott

et al., 1980; Takai et al., 1986/ 1987; Chirino-Trejo et al., 1987).

Nei puledri, gli anticorpi materni assunti con il colostro declinano ai loro livelli più bassi intorno alle 8 settimane di età, dopo di che inizia la produzione autonoma di anticorpi da parte del puledro. Puledri con bassi livelli di anticorpi materni sono particolarmente sensibili alla naturale manifestazione di polmonite da R. equi (Hietala et al., 1985; Ardans et al., 1986), enfatizzando l’importanza degli anticorpi nell’incremento della cattura e dell’uccisione del batterio da parte di macrofagi e neutrofili (Martens et al., 1983; Hietala et al., 1987; Takai et al., 1989). La gravità clinica della polmonite da R. equi può essere collegata alla quantità di anticorpi specifici presenti, dal momento che puledri con

più alti livelli manifestano una malattia più leggera (Hietala et al.,

1985).

Recentemente, è stata dimostrata la capacità immunoprofilattica di plasma immune specifico in puledri con polmonite da R. equi sperimentalmente indotta (Martens et al.,

1989), a seguito di precedenti teorie per cui il plasma o il siero

sarebbero potuti essere usati per trattare le infezioni da R. equi (Magnusson, 1938; Boulay et al., 1958; Henry, 1979). Il decorso clinico della malattia in puledri immunizzati passivamente è stato decisamente meno grave rispetto a quello di puledri trattati con plasma proveniente da donatori non immunizzati (Martens et al.,

1989). I cavalli donatori di plasma per questo esperimento sono

stati immunizzati con R. equi vivo e i puledri immunizzati hanno mostrato più alti livelli di anticorpi “ELISA” (immunoglobuline IgA, IgG e IgM evidenziate tramite la metodica ELISA) rispetto al gruppo di controllo trattato con plasma di donatori non immunizzati. Tuttavia, in questo studio sull’immunità passiva, un puledro con livelli anticorpali molto bassi non ha sviluppato la malattia clinica, mentre un puledro con alti livelli “ELISA” è morto (Martens et al., 1989). Quindi manca la certezza della funzione protettiva delle immunoglobuline nei confronti di R. equi. La concentrazione anticorpale determinata tramite test ELISA è correlata in maniera debole con l’attività opsonizzante, con l’attività battericida e con i metodi di misura in chemiluminescenza (Martens

et al., 1987).

Parte dell’effetto protettivo del plasma immune potrebbe risultare da fattori non specifici nel plasma, inclusi linfochine e interferoni (Martens et al., 1989). Sono stati eseguiti esperimenti sul campo per confermare il valore dell’immunizzazione passiva nel controllo della polmonite da R. equi nei puledri e definire le basi della protezione osservata sperimentalmente.

La natura degli antigeni che inducono un miglioramento dell’opsonizzazione e un possibile effetto protettivo del siero specifico anti R. equi non è stata ancora stabilita. Antigeni usati nelle procedure ELISA sono stati prelevati per lo più dalla superficie batterica o dal surnatante di colture e quindi includono probabilmente sia i polisaccaridi capsulari che gli esoenzimi (“equi factors”) (Elienberger et al., 1984, Hietala et al., 1985, Takai et al.,

1985/1986). Nonostante gli anticorpi per gli “equi factors” possano

essere coinvolti nella risposta immunitaria è molto probabile che gli antigeni protettivi siano componenti della superficie batterica. L’immunoblotting di sieri di puledri sani e con polmonite mostra una risposta prevalentemente umorale nei confronti dei prodotti del surnatante piuttosto che all’intera cellula di R. equi (Chirino-Trejo

et al., 1987).

a.2) IMMUNITA’ CELLULARE NEI CAVALLI

Si ritiene che i meccanismi cellulo-mediati siano alla base dell’immunità nei confronti di R. equi e altri patogeni intracellulari come il Mycobatterium tubercolosis (Kaufmann et al., 1988; Murray

1988). La protezione contro questi patogeni dipende da una

complessa coordinazione della risposta immunitaria cellulo- mediata, che è ancora poco conosciuta.

Un primo evento nell’uccisione intracellulare è l’attivazione dei macrofagi da parte dell’interferone gamma (γ), una linfochina secreta soprattutto dai linfociti CD4+ (Kaufmann et al., 1988). Alcuni ceppi di micobatterio, comunque, sono resistenti all’azione di questi macrofagi, suggerendo che altre cellule siano coinvolte, per esempio le cellule citotossiche CD8+ o i macrofagi attivati da altre citochine, come ad esempio il tumor necrosis factor (TNF). Così, l’interferone γ gioca un ruolo centrale nella protezione contro i patogeni intracellulari tramite l’attivazione dei macrofagi, ma è anche necessaria una collaborazione con le altre cellule T, che però

non è stata ancora del tutto scoperta (Kaufmann et al., 1988). I meccanismi molecolari che terminano con la formazione di antigeni stimolata dall’interferone γ sono complessi e poco noti.

Teoricamente, ogni interferenza, con uno o più di questi passi chiave nell’attivazione dei macrofagi (funzione cellulare accessoria, secrezione di interleuchina 1 e 2, soppressione del recettore dell’interleuchina 2), potrebbero portare ad un’insufficiente produzione di interferone γ, con la conseguente inefficacia dell’immunità nei confronti dei patogeni intracellulari. Non c’è riscontro del fatto che R. equi interferisca specificamente con uno di questi passi nei puledri. Nei pazienti umani con gravi manifestazioni di leishmaniosi, lebbra e TBC, la difettosa produzione di interferone γ indotta dagli antigeni è limitata all’insufficienza della risposta all’infezione del solo patogeno (Murray, 1988). Questo difetto antigene-specifico ristretto e reversibile è correlato con la mancanza di una sensibilità generalizzata ai patogeni opportunisti in questi pazienti. Non c’è alcuna prova che un simile evento si verifichi nei puledri, tuttavia sembra probabile che i componenti di R. equi possano indurre immunosoppressione di qualche tipo come fa, per esempio, il costituente della parete cellulare del micobatterio:, l’arabinomannano (Goren, 1982). Il supporto alla teoria dell’azione immunosoppressiva dei componenti di R. equi viene da uno studio in cui si è effettuata l’iniezione di un estratto solubile in acqua di R.

equi in topi e questa ha provocato la soppressione della produzione

di anticorpi reaginici contro gli apteri (Furuichi et al., 1981).

Poco si sa al riguardo del ruolo e dell’importanza dell’immunità cellulo-mediata, così come di quella umorale, nei confronti di R. equi. A causa della natura intracellulare dell’organismo, l’immunità cellulo-mediata ha assunto un ruolo di primaria importanza nelle infezioni di R. equi (Prescott et al., 1980;

Reazioni cutanee da ipersensibilità ritardata sono state dimostrate in cavalli infettati sperimentalmente ed apparentemente sani (Wilson, 1955; Wilks et al., 1982; Elienberger et al., 1984) e indicano una diffusa esposizione a R. equi. Questa ipersensibilità si sviluppa con l’età, ma non riflette l’estensione di una contaminazione ambientale (Wilks et al., 1982).

La migliore descrizione delle importanti interazioni tra l’immunità cellulo-mediata e quella umorale viene fuori da uno studio in vitro dell’uccisione di R. equi da parte dei macrofagi (Hietala et al., 1987). I macrofagi alveolari di puledri sperimentalmente esposti a R. equi hanno fagocitato e ucciso sia il batterio opsonizzato che quello non opsonizzato in maniera molto più efficiente rispetto a quelli dei puledri di controllo non esposti. L’attività dei macrofagi dei puledri esposti è risultata essere simile a quella dei macrofagi dei cavalli adulti, sebbene la quantità di batteri opsonizzati uccisi sia lievemente minore nei puledri. In tutti i macrofagi alveolari testati, l’opsonizzazione di R. equi incrementa considerevolmente la fusione di fagosoma e lisosoma rispetto a quanto succede con il batterio non opsonizzato.

Il surnatante delle colture di linfociti di puledri stimolati con gli antigeni di R. equi ha aumentato sensibilmente l’uccisione di R.

equi ad opera dei macrofagi alveolari isolati sia dai puledri esposti

che da quelli non. La combinazione delle immunità umorale (batteri opsonizzati) e cellulo-mediata (macrofagi-celluleT) porta alla totale uccisione batterica da parte dei macrofagi incubati in vitro (Hietala

et al., 1987).

Questi studi sottolineano l’importanza dei due tipi di risposta immunitaria nella protezione dei cavalli contro la polmonite da R.

equi e rafforzano la conclusione degli studi in pazienti umani con

l’AIDS in cui si ipotizza la maggiore importanza della risposta cellulo-mediata nella resistenza all’infezione. La comprensione degli aspetti dell’immunità cellulo-mediata nei puledri è fondamentale.

Sebbene non ben documentata, l’esperienza annedotica suggerisce che determinate fattrici possono generare puledri particolarmente sensibili all’infezione (Wilson, 1955; Wilks et al.,

1982). Tale sensibilità potrebbe essere spiegata dal basso livello di

anticorpi colostrali, dall’immaturità funzionale dei neutrofili in alcuni puledri (Martens et al., 1988) o da una predisposizione genetica all’infezione. I resoconti circa la predisposizione di razza dei cavalli all’infezione sono discordanti, con ipotesi al riguardo dei maggiori rischi di Arabo (Falcon et al., 1985) o Trottatori (Zink et al., 1986). La resistenza dei topi ai patogeni intracellulari è geneticamente determinata e collegata al livello dei macrofagi, indipendentemente dalla funzione delle celluleT (Buschman et al., 1988). Il singolo gene, o complesso di geni, che determina tale resistenza a patogeni intracellulari come M. lepraemurium, Salmonella

typhimurium, Leishmania donovani e M. bovis (BCG) è il gene (o

complesso) Bcg sul cromosoma 1 (Buschman et al., 1988). Altre specie come i bovini sembrano avere una resistenza innata basata sui macrofagi nei confronti di altri patogeni intracellulari facoltativi (Price et al., 1990).

b) IMMUNITA’ ALL’INFEZIONE NELL’UOMO

L’indebolimento dei meccanismi immunitari cellulo- mediati predispone i pazienti umani all’infezione da R. equi.

Farmaci immunosoppressivi (ciclosporina A, corticosteroidi e antimetabolici) sopprimono in vitro la produzione di interferone γ indotta dai fitogeni della parte delle cellule CD4+ in molti riceventi di trapianto di midollo osseo e renale e in pazienti trattati per leucemie linfatiche (tabella 1). Inoltre, questi pazienti sono sensibili ad una serie di infezioni opportuniste causate da patogeni intracellulari (Murray, 1988).

In pazienti adulti con l’AIDS, la caratteristica distruzione delle cellule CD4+ ad opera del virus danneggia i meccanismi immunitari

cellulo-mediati e predispone a infezioni causate da una grande varietà di organismi intracellulari contro cui servirebbe un sistema macofagi-celluleT intatto (Eales et al., 1988). Queste infezioni possono rappresentare la riattivazione di forme latenti (toxoplasmosi, TBC, herpes simplex, cytomegalovirus), essere causate da agenti come Pneumocystis carinii che non causa malattia in ospiti sani, o richiamare opportunisti come il complesso

M. avium-M. intracellulare, Salmonella enteriditis, Cryptococcus neoformans, Cryptosporidium parvum (Blaser et al., 1986), o,

raramente, R.equi. Il complesso M.- avium-M.-intracellulare è un evento tardivo nei pazienti con l’AIDS che causa una malattia sistemica disseminata ed è osservato nel 25-30 % dei pazienti adulti con l’AIDS in punto di morte (Chaisson et al., 1988; Young,

1988). La relativa infrequenza delle infezioni con altri patogeni

ambientali opportunisti come N. asteroide o Listeria

monocytogenes (o anche R. equi), comparata con la frequenza

delle infezioni dal complesso M. avium-M. intracellulare (Lynn et

al., 1989) suggerisce che il virus HIV ha una speciale preferenza

per le cellule T coinvolte nei processi immunitari contro le cellule dei micobatteri (Deo, 1988).

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