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5. MALATTIE RESPIRATORIE BATTERICHE

5.2. RHODOCOCCUS EQUI (Prescott, 1991) 1 INTRODUZIONE

5.2.4. MALATTIA CONTAGIOSA: MANIFESTAZIONI CLINICHE E PATOLOGICHE

R. equi è un patogeno intracellulare facoltativo, che

sopravvive all’interno dei macrofagi e causa infiammazione granulomatosa. Con la distruzione dei macrofagi, i granulomi possono divenire purulenti e progredire verso la necrosi caseosa. In tutte le specie, il polmone è l’organo più frequentemente colpito, ma sono possibili anche massive infezioni intestinali a cui fanno seguito ulcere e linfoadeniti (Johnson et al., 1983). Il batterio può infettare ferite così come diffondere da un grande centro di infezione, per esempio nei polmoni, e causare la formazione di ascessi in tutto il corpo.

a) CAVALLI

Il puledro è l’unico ad avere una predisposizione naturale alla manifestazione di una broncopolmonite suppurativa da R. equi, che è una malattia cronica caratteristica associata allo sviluppo di ascessi polmonari multipli e di grandi dimensioni, così come di ascessi a carico dei linfonodi bronchiali e mesenteriali. Puledri con la polmonite cronica da R. equi possono anche sviluppare una colite ulcerativa e/o una linfoadenite granulomatosa mesenterica dopo ingestione di espettorato infetto. In rari casi si ha il riscontro della patologia intestinale in assenza di quella polmonare.

a.1) MANIFESTAZIONI CLINICHE NEI PULEDRI

La malattia compare ovunque i puledri siano allevati (Rooney,

essere sub-clinica e riconosciuta accidentalmente per la presenza di ascessi polmonari in animali sottoposti ad autopsia per altre ragioni (Rooney, 1966; Zink et al., 1986) o per la crescita dell’organismo in colture di materiale prelevato per via trans-tracheale da puledri apparentemente sani (Ardans et al., 1986). I puledri sono colpiti entro i 6 mesi di età; la maggior parte dei casi clinici si riscontra intorno ai 2 mesi (Magnusson, 1923/1938, Rajagopalan, 1938;

Ardans et al., 1986; Zink et al., 1986). In uno studio su 89 puledri

morti per polmonite o enterocolite, la durata della malattia è stata inferiore ad 1 settimana nel 26%, tra 1 e 3 settimane nel 25% e oltre le 3 settimane nel 49%. La malattia si manifesta nei mesi estivi, che di solito coincidono con il picco di suscettibilità dei puledri. Anche se non ben documentata, l’infezione può essere predisposta da una malattia respiratoria virale (Rooney, 1966).

I primi segni di una forma cronica e progressiva della malattia, associata agli ascessi polmonari multipli e massivi, sono febbre (oltre i 41°C), aumento della frequenza respiratoria con suoni broncovescicolari nelle vie respiratorie profonde e respiro affannoso, tosse e, qualche volta, scolo nasale bilaterale e depressione (Bain 1963; Falcon et al., 1985; Ardans et al., 1986). Con lo sviluppo degli ascessi polmonari, i puledri mostrano un progressivo aumento della frequenza e della profondità respiratoria, e il movimento diviene sempre più doloroso. La malattia cronica può progredire inesorabilmente negli animali non trattati fino alla morte per asfissia (Rajagopalan V. R., 1938;

Elienberger et al., 1986; Zink et al., 1986). Nei puledri con la

forma cronica, può sopravvenire anche una diarrea cronica come risultato di un’invasione della mucosa del colon da parte di R. equi (Rooney, 1966; Cimprich et al.,1977; Zink et al., 1986). Raramente, ci possono essere coliti senza il coinvolgimento polmonare (Rooney, 1966). Non ci sono segni patognomonici della polmonite da R. equi nei puledri, anche se è stata descritta una

sinovite cronica, attiva, asettica caratterizzata dalla distensione delle articolazioni in un terzo degli animali ammalati (Sweeney et

al., 1987).

Puledri con la polmonite mostrano un’elevata leucocitosi e neutrofilia. Il valore del fibrinogeno plasmatico è elevato, la concentrazione è correlata alla gravità del danno polmonare (Falcon et al., 1985). Occasionalmente, la malattia si sviluppa in maniera del tutto acuta (Rooney, 1966), caratterizzata dall’improvviso inizio della malattia respiratoria con morte nel giro di 24 – 48 ore. In alcuni casi questa è associata ad un’improvvisa esposizione del polmone ad un’elevata carica batterica (Rooney,

1966).

Radiograficamente, negli stadi acuti dell’infezione, i puledri con la polmonite da R. equi tendono ad avere un prominente pattern interstiziale di infiltrati che progredisce verso un pattern alveolare consolidato con lesioni nodulari e cavitarie. Particolarmente nei puledri gravemente ammalati, queste lesioni sono accompagnate da linfoadenite (Falcon et al., 1985). Radiografie toraciche seriali sono usate per monitorare la progressione della malattia (Ardans et al., 1986).

La linfangite ulcerativa causata da R. equi è stata riscontrata occasionalmente sulle zampe dei puledri (Bain, 1963; Etherington

et al., 1980; Smith et al., 1980; Perdrizet et al., 1987). Questa

sembra essere una zona di super-infezione, la cui origine può essere data in alcuni casi dalla migrazione delle larve di

Strongyolides westeri (Dewes, 1972/1989).

Occasionalmente, R. equi può diffondere dagli ascessi polmonari alle articolazioni intervertebrali, o ad altre articolazioni (specie quelle tra le ossa lunghe) o in altri siti del corpo, incluso l’occhio, dove causa infezioni localizzate (Magnusson, 1938;

Rajagopalan, 1938; Zink et al., 1986). Pleuriti e peritoniti sono

a.2) MANIFESTAZIONI CLINICHE NELL’ADULTO

La malattia causata da R. equi è rara nel cavallo adulto. Si manifesta sporadicamente con un quadro simile a quello osservato nei puledri, coinvolgendo primariamente i polmoni o il colon con i relativi linfonodi, o raramente come un’infezione locale (Simpson,

1964; Roberts et al., 1980; Genetsky et al., 1982; Elienberger et al., 1986; Zink et al., 1986). In un caso di ascessi polmonari in un

adulto è stata identificata un’immunodeficienza di origine sconosciuta (Freestone, 1987).

L’organismo è stato isolato dall’utero di fattrici non fertili e da feti abortiti (Bruner et al., 1939; Bain, 1963), ma gli isolamenti recenti sono scarsi (Genetsky et al., 1982; Zink et al., 1986).

a.3) MANIFESTAZIONE PATOLOGICA NEI PULEDRI

Le lesioni più comuni sono la broncopolmonite suppurativa sub-acuta o cronica con un’estesa ascessualizzazione e una linfadenite suppurativa associata (Yager, 1987). Gli ascessi polmonari vanno dalle dimensioni di un uovo di gallina ad altre considerevolmente più grandi e di solito contengono pus denso (fig.1).

FIG. 1. Polmoni di puledro con estesi ascessi piogranulomatosi nella porzione antero- ventrale, tipici della polmonite da R. equi

Oltre la metà dei puledri infetti può anche manifestare colite e tiflite ulcerative, multifocali.

R. equi si comporta come un patogeno intracellulare

facoltativo, capace di persistere all’interno dei fagociti, che poi distrugge. Infezioni sperimentali di polmone o intestino di puledri hanno mostrato una caratteristica progressione delle lesioni associate a questo comportamento (Martens et al., 1982; Johnson

et al., 1983). Le prime lesioni polmonari sono caratterizzate da un

massivo afflusso delle cellule fagocitarie all’interno degli spazi alveolari. Queste cellule sono soprattutto grandi macrofagi, spesso nella forma di cellule giganti (in minor misura neutrofili) e R. equi vi viene ritrovato in gran quantità. I setti intraleveolari in questa fase della risposta dell’organismo sono intatti e, macroscopicamente, i polmoni mostrano una massiva consolidazione (infezione sperimentale) (Johnson et al., 1983). La degenerazione dei macrofagi coincide con lo sviluppo delle lesioni locali litiche a livello polmonare e la seguente distruzione del parenchima. La necrosi caseosa è la lesione dominante negli stadi avanzati della malattia in alcuni puledri infettati sia sperimentalmente che naturalmente (Johnson et al., 1983), ma nella maggior parte dei puledri con infezione naturale le lesioni più presenti sono suppurative piuttosto che caseose (Zink et al.,

1986).

Nell’intestino, un processo piogranulomatoso simile a quello descritto nel polmone inizia a livello delle placche del Peyer, che vengono distrutte con la formazione di aree ulcerate. L’infezione diffonde fino ad interessare i linfonodi che possono ingrandirsi considerevolmente (Johnson et al., 1983).

I macrofagi fissi nel corpo sembrano distruggere meglio R.

equi rispetto a quelli alveolari (questi ultimi sono relativamente

inefficienti nel provvedere alla funzione accessoria richiesta per l’inizio della risposta immunitaria (Mbawuike et al., 1988) ostacolando la batteriemia che può verificarsi durante l’infezione.

Fegato e milza vengono interessati raramente dalle lesioni (Yager et al., 1987).

b) UOMO

In pazienti immunosoppressi, l’infezione da R. Equi viene riscontrata soprattutto a livello polmonare. Di 32 casi riportati (tabella 1), l’88% è associato a immunosoppressione seguita alla progressione dell’AIDS, a trattamenti di tumori emolinfatici o alla prevenzione del rigetto nel post-trapianto renale. Due casi di panoftalmite seguiti a danni penetranti dell’occhio. In due casi (linfoadenite cervicale in un bambino e fistola epatica in un adulto) l’infezione sembra essere seguita alla disseminazione dalla bocca o dall’intestino (Thomsen et al., 1968; Jones et al., 1989).

La polmonite è il principale riscontro nei due terzi dei pazienti (21 su 32) ad eccezione di due casi di ferite penetranti dell’occhio (Ebersole et al., 1988; Hillerdal et al., 1988), un paziente con l’AIDS con una massa infiammatoria nella pelvi (Fierer et al.,

1986), un altro paziente con l’AIDS con diarrea ematica e cachessia

(Fierer et al., 1986), un paziente con spandimento pleurico (LeBar

et al., 1986), un paziente con osteomielite a cui ha fatto seguito un

episodio polmonare (Novak et al., 1988), un paziente con ascesso paraspinale a seguito di un trapianto renale (Jones et al., 1989), un terzo paziente con l’AIDS con ascesso psoas (Fierer et al., 1986 ), un paziente senza sintomi a seguito di un trapianto renale con un ascesso polmonare riconosciuto in una radiografia (Prescott, 1987), un quarto paziente con l’AIDS con uno “pseudotumore infiammatorio” al polmone (Bishopric et al., 1988) e un bambino con linfadenite cervicale (Thomsen et al., 1968).

Nell’usuale decorso della polmonite post infezione, i pazienti presentano febbre della durata di giorni o settimane, con malessere, dispnea e tosse non produttiva; in alcuni casi è riportata anche emottisi. I pazienti spesso lamentano dolore al

petto. Le anomalie radiografiche dei primi stadi cono tipicamente infiltrative, con lesioni opache localizzate nei lobi superiori. Le lesioni possono avere varie dimensioni da noduli di 2 cm fino a interessare gran parte del lobo affetto. Se non trattate o trattate in maniera inappropriata, le lesioni persistono, spesso si allargano e, nel giro di 2-4 settimane, evolvono in cavità caratterizzate dalla presenza di una linea aria-fluido all’interno. In pochi casi, le effusioni pleuriche sono state la lesione prominente (LeBar et al.,

1986; Prescott, 1987).

I cambiamenti descritti sono caratteristici anche di infezioni tubercolari o da funghi, che possono essere differenziate tramite appropriati test cutanei o microbiologici, sebbene la reazione immunitaria danneggiata nei pazienti con l’AIDS riduce la validità dei test immunologici (Emersole et al., 1988). Il fluorocromo usato per riconoscere il micobatterio può dare falsi positivi con R. equi nei primi stadi della malattia (Fierer et al., 1986; Kunke, 1987).

R. equi è una delle cause di formazione di caverne a livello

polmonare in pazienti con l’AIDS e può essere un possibile indicatore di tale malattia (Haglund et al., 1989). La disseminazione dai focolai polmonari verso cervello, pelle, tessuto paraspinale e ossa è stata descritta occasionalmente (Golub et al.,

1967; Berg et al., 1977; Prescott, 1987;Novak et al., 1988; Jones et al., 1989).

Non c’è un’apparente predisposizione di età o sesso, ma il 78% dei pazienti sono maschi (maggior presenza di casi di AIDS negli uomini rispetto alle donne). Una possibile fonte di infezione animale è stata registrata in 12 dei 32 pazienti, ma solo uno di questi era un’allevatore (Weingarten et al., 1988).

La via di infezione più frequente avviene tramite il suolo contaminato dal letame degli erbivori per cui non desta sorpresa che alcuni pazienti siano allevatori di bovini (Hillidge, 1986;

animale in giardino (Berg et al., 1977) o che abbiano pulito i recinti polverosi di maiali, pecore e bovini (Golub et al., 1967). Ciononostante, molti pazienti non hanno avuto un’anamnesi di esposizione da collegare alla loro infezione, anche se le feci degli uccelli potrebbero essere una delle cause di contagio (Carman et

al., 1987).

TABELLA1: FATTORI PREDISPONENTI NELL’INFEZIONE DELL’ UOMO DA R. EQUI

FATTORI

PREDISPONENTI N°PAZIENTI POSSIBILE CONTAGIO ANIMALE

BIBLIOGRAFIA

AIDS 11 1 Bishopric, 1988; Fierer, 1986,

Haglund, 1989; Kunke, 1987; MacGregor, 1986;

Samies et al., 1986; Sane et al., 1986; Sonnet et al., 1987;

Weingarten, 1988 Tumori emolitici

(uso di prednisone

8 5 Berg, 1977 ; Carpenter et al., 1976; Gardner et al., 1976 ;

Golub, 1967 ; Jones et al., 1989; Marsch et al., 1973; Prescott, 1987 Trapianto renale (uso di prednisone e azotiofrina)

6 3 Gainsford, 1986 ; Jones et al., 1989; Novak, 1988 ;

Rubin, 1982;

Savdie et al., 1977; Prescott 1987; Williams et al., 1971

Terapia con corticosteroidi

2 2 Hillerdal et al., 1988 , MacGregor, 1986 Ferite oculari

penetranti 2 /

Ebersole et al., 1988, Hillman, 1989

Alcoolismo 1 / LeBar W. D., 1986

Ingestione di

carote crude 1 1

Thomsen V. F. et al., 1968.

Fistola epatica 1 / Gainsford, 1986; Jones M. R. et al., 1989

I casi riportati nelle bibliografie Gainsford, 1986; Jones et al., 1989; MacGregor, 1986 e Sane et al., 1986 riguardano gli stessi pazienti.

c) INFEZIONE NATURALE IN ALTRE SPECIE

R. equi è stato isolato da molte altre specie oltre a cavallo e

uomo (tabella 2), ma con l’eccezione del maiale che sviluppa una linfadenite mascellare, il riscontro nelle altre specie non è comune. Le lesioni sono generalmente quelle tipiche riscontrate nel cavallo e nell’uomo. La tabella illustra la predominanza di malattia negli erbivori e la tendenza del batterio ad essere isolato da polmoni,

linfonodi granulomatosi, ascessi o infezioni da morso. Questo spettro di malattie è simile a quelle osservate in cavalli e uomini. Indagini più vecchie riportano l’isolamento di R. equi da feti abortiti e da animali con mastiti e metriti (Rajagopalan, 1938; Bruner et

al., 1939; Craig et al., 1940; Bruner et al., 1941).

Nelle capre l’organismo può avere la tendenza a causare ascessi al fegato, probabilmente seguenti alla penetrazione da tratti intestinali.

R. equi è stato isolato da linfangiti ulcerative nei bovini

(Neave, 1951) apparentemente seguenti a ferite sulla pelle provocate da spine. Similmente ai suini, l’organismo può essere isolato dai granulomi dei linfonodi, soprattutto a livello del tratto respiratorio (McKenzie et al., 1979). In entrambe le specie, le lesioni da R. equi assomigliano in modo straordinario a quelle della TBC e pertanto hanno generato considerevole interesse tra i veterinari. R. equi è stato isolato dai linfonodi sottomascellari dei maiali con lesioni “tubercolari” (Feldman et al., 1940; Karlson et

al., 1940; Cotchin, 1943; Woodroofe, 1950; Barton et al., 1984; Elienberger et al., 1986) e da maiali sani (Feldman et al., 1940; Karlson et al., 1940; Cotchin, 1943; Takai, 1986). Per esempio,

Karlson e co. (Karlson et al., 1940) hanno isolato R. equi dal 22.4% di 89 linfonodi con TBC suina, ma anche dal 24% di 25 linfonodi di maiali sani. Tuttavia, sia loro che altri studiosi non sono stati in grado di riprodurre la linfoadenite sottomascellare in suini da colture di R. equi in suini sensibili (Karlson et al., 1940; Cotchin,

1943). Il ruolo causale di R. equi nella linfoadenite sottomascellare

nei suini rimane non provato, anche se è possibile, e sembra sia basato sui cambiamenti di tipo infiammatorio e sulla similarità della linfoadenite da R. equi in altre specie. In alcuni casi le lesioni tubercolari presenti possono essere spiegate con la concomitante presenza di varie specie di Mycobatterio (Feldman et al., 1940;

TABELLA2: TIPO E LUOGO DI ISOLAMENTO DI R. EQUI DA ALTRE SPECIE ANIMALI

SPECIE ANIMALE SITO DI ISOLAMENTO BIBLIOGRAFIA

Linfoadenite sottomascellare (+++) Cotchin, 1943, Feldman et al., 1940; Karlson et al., 1988; Rao et al., 1982; Thal et al., 1959 ; Woodroofe, 1950 Maiale

Polmonite (-) Woodroofe, 1950

Linfoadenite (mesenterica, brochiale) (+) McKenzie R. A. et al., 1979, Woolcock et al., 1973 Polmonite cronica (+) Holtman, 1945; Moitra, 1972

Piometra Craig, 1940

Bovini

Linfangectasia ulcerativa Neave, 1951

Piometra (-) Rajagopalan, 1938

Bufalo

Mastite (-) Rahman et al., 1983

Polmonite, ascessi epatici e splenici (-) Carrigan et al., 1988 ; Whitford et al., 1974 Capra

Ascessi epatici (-) Carrigan et al., 1988

Polmonite (-) Addo et al., 1977; Roberts, 1957 Pecore

Aborto (-) Dennis et al., 1966

Cervidi Scessi polmonari (-) Carman M. G. et al., 1987

Gatto Linfadenite, pioganulomi, ascessi (-) Elliot et al., 1986; Higgins et al., 1980; Jang et al., 1975

Cane Lesioni cutanee aspecifiche (-) Prescott, 1981 Koala Rinite purulenta e polmonite (-) Rahman, 1975 Foca Ascessi polmonari e linfoadenite (-) Bauwens et al., 1987 Marmoset Broncopolmonite piogranulomatosa (-) Stein et al., 1979 Alligatore,

coccodrillo

Batteriemia fulminante (-) Jasmin et al., 1969

• +frequente, - raro

d) INFEZIONE SPERIMENTALE NEGLI ANIMALI

L'infezione polmonare sperimentale non è stata indotta frequentemente in animali che non fossero puledri. La somministrazione intranasale o per via aerosol di colture di maiale o topo hanno portato ad una polmonite interstiziale sub-acuta, ricca di macrofagi che ha esitato nella risoluzione, piuttosto che evolvere allo stadio degli ascessi polmonari, tipico dell'infezione naturale (Bowles et al., 1987; Zink et al, 1987).

Il polmone normale di topo può ripulire progressivamente (ma molto lentamente) un pesante inoculo di R. equi (Mutimer et

al., 1982). Studi dei primi eventi che si verificano all’inizio di

un’infezione intrabronchiale con una dose batterica definita nei topi hanno dimostrato la clearance della carica batterica nell’arco di 24 ore ad opera di fagociti non specifici, soprattutto neutrofili. Ciononostante, una parte dei batteri sopravvive all’interno dei macrofagi. Una difesa efficace contro la popolazione batterica sopravvissuta richiede una specifica immunità cellulo-mediata (Bowles et al., 1989). I topi infettati per via intranasale e sottoposti alla somministrazione di ciclofosfamide spesso arrivavano a sviluppare un’infezione fatale, a differenza dei topi non trattati, suggerendo l’importanza di una funzionale immunità cellulomediata nella protezione contro l’infezione (Mutimer et al., 1982).

Altri studi sulla suscettibilità dei topi all’infezione sperimentale di Nocardia asteroides sono stati rilevanti per comprendere l’immunità a R. equi, dato che si tratta di organismi strettamente correlati tra loro. La sensibilità e la risposta tissutale dei topi nelle infezioni sperimentali da N. asteroides sono dipese dal tipo di topo utilizzato, dato che i topi più suscettibili hanno difetti genetici a carico del sistema dei linfociti T (Beaman et al., 1985). Per esempio, topi omozigoti senza timo (Nu/Nu) sono stati protetti dagli effetti letali della somministrazione intranasale di N.

asteroides tramite una trasfusione di linfociti T estratti da topi

eterozigoti immunizzati (Beaman et al., 1985). La protezione appare essere correlata in parte all’attivazione dei macrofagi e in parte al diretto effetto citotossico dei linfociti nei confronti del batterio (Beaman et al., 1985). I macrofagi alveolari polmonari (PAM) di normali topi (BALB/c) immunizzati sono meno efficaci nell’uccidere N. asteroides rispetto a quelli isolati da fegato, cavità peritoneale e milza (Beaman et al., 1985). In studi su normali topi infettati con R. equi per via venosa, intranasale o tracheale sono

state usate normali cavie senza alcun difetto genetico a carico della funzione immunitaria (Nakazawa et al., 1983; Takai et al., 1985;

Bowles et al., 1987). L’inoculazione per via tracheale nei criceti ha

portato a lesioni polmonari suppurative simili e quelle riscontrate nella malattia naturale dei puledri, ma non è stato osservato lo sviluppo degli ascessi e le lesioni sono guarite nel giro di poco tempo (Thal et al., 1959; Ishino et al., 1987; Zink et al., 1987).

Le infezioni sperimentali nei suini sono state descritte meno dettagliatamente (Thal et al., 1959).

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