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L’impaginazione dei test

La propaganda partigiana si componeva per la maggior parte di fogli semplici, stampati a macchina e ciclostilati. Della povertà dei mezzi e della difficoltà nel reperire la strumentazione idonea in clandestinità si è già parlato nel capitolo II in “Che cos’è una tipografia clandestina”. Dall’opera di stampa e propaganda risultavano fogli con impaginazioni semplici, nei quali ci si limitava a dividere il testo in paragrafi, non firmati o recanti nomi vaghi: “Il comitato segreto di agitazione” “I partigiani” o “i patrioti”. Eccone un esempio del marzo ’44 (immagine n. 9).505

Immagine n. 9

Vi era poi un genere un po’ più ricco di fogli nei quali si riuscivano anche a riprodurre immagini e titoli più appariscenti come il giornale partigiano Il castellano (immagine n. 10):506

505 AISTRESCO, n. inv. 38, fasc. CLN Provinciale, "Giovani operai e operaie !" volantino del marzo 1944. 506 AIVSREC, sez. I, busta 41, fasc.1 Fondo Corletto, Il castellano n. 5.

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Immagine n. 10

Esemplari del primo genere si possono trovare durante tutta la durata della Resistenza.

In alcuni casi, la collaborazione di personale competente o l’accresciuta professionalità degli addetti, permisero di migliorare la qualità dell’impaginazione e della ‘grafica’. Infatti, progressivamente, si trovarono fogli più chiari con destinatari e firmatari ben individuati, oppure con i titoli messi in maggior evidenza e sottotitoli che aiutassero a contestualizzare il manifesto. Questa maggiore attenzione rendeva più comprensibili i volantini che dovevano poter essere letti in fretta. Chi li riceveva aveva infatti la necessità di capire subito quale fosse il messaggio, chi ne fosse l’autore e chi il destinatario.

Per quanto riguarda il Vittoriese, si ritrova una progressivo e costante miglioramento nella costruzione e impaginazione dei volantini. I partigiani mutarono già nel periodo estivo l’impianto dei manifesti, corredandoli di intestazioni più dettagliate quali:

“CORPO VOLONTARI DELLA LIBERTA’

aderente al Comitato di Liberazione Nazionale

G. BRIGATE D’ASSALTO GARIBALDI “VITTORIO VENETO”507

Quest’indicazione era però stampata ancora con le stesse dimensioni di carattere del resto del testo.

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Solo dai primi giorni del marzo ‘45 l’intestazione fu chiaramente separata dal messaggio. Dopo la scritta che chiariva chi fosse l’autore, si trovava di seguito il nome del destinatario, per esempio “Alle popolazioni dell’Alpago”. Sempre in questo periodo si iniziarono a stampare con caratteri di diversa grandezza le varie sezioni del manifesto, prestando attenzione alla suddivisione in paragrafi.

Non si può però parlare di chiara e definitiva impostazione dei volantini. Nel marzo ’45, sebbene la gran parte dei ciclostilati fosse ormai stampata con i criteri sopra descritti, si avevano ancora esempi di manifesti stilati alla maniera della primavera del ’44: senza intestazione, né paragrafi, né sottotitoli.508

Oltre a queste accortezze, come si è anticipato, i manifesti della Divisione Nannetti furono corredati dei motti “morte al fascismo, libertà ai popoli!” o “Morte all’invasore tedesco e al traditore fascista, Viva l’Italia libera e redenta”.

Nonostante queste migliorie la propaganda partigiana continuava comunque a presentarsi con una veste molto povera.

Attraverso una carrellata di manifesti è possibile osservare come la veste grafica dei manifesti stampati nel Vittoriese migliorasse nel tempo.

Il primo volantino proposto (immagine n. 11) fu distribuito nei giorni immediatamente successivi al 12 aprile 1944, giorno in cui furono uccisi i cittadini vittoriesi Boffa, Casoni e Tomassi.509 La rappresaglia fu compiuta dai fascisti per vendicare l’uccisione di un volontario repubblicano avvenuta l’11 aprile ‘44.

Immagine n. 11

La veste grafica è elementare: al testo dattiloscritto e poi ciclostilato, senza titoli o data, viene apposta la firma molto vaga de “I PARTIGIANI”.

508 ASREV, busta 10, fasc. a: Manifestino rivolto alla popolazione da parte della Brg. “Cacciatori delle Alpi” del

31 marzo 1945.

509ASREV, busta 10, fasc. a: Volantino partigiano in occasione dell’uccisione dei vittoriesi Boffa – Casoni –

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Il secondo manifesto invece è dell’estate del 1944 (immagine n. 12).510 In questo

caso il CLN di Vittorio Veneto spronava la popolazione ad aiutare i partigiani e contribuire così alla liberazione del paese. In questo caso vi è un chiaro destinatario “Ai cittadini di Vittorio Veneto”, il testo inizia ad essere sistemato in paragrafi ben individuabili, ma manca la firma. La scritta in matita alla base del testo fu apposta successivamente.

Immagine n. 12

Il terzo manifesto è del 10 settembre 1944 (immagine n. 13).511 In questo caso il foglio clandestino dà tutte le informazioni del caso:

- L’intestazione che chiarisce che l’estensore del messaggio fa parte delle Brigate

Garibaldi: “Corpo Volontari della Libertà etc.” - Il destinatario “Alle popolazioni del Cansiglio etc.”

- Il testo diviso in paragrafi e con una sottolineatura che permette di individuare

le due parti del discorso contenuto

- La firma che, oltre alle parole d’ordine “Morte all’invasore tedesco e al

traditore fascista. Libertà ai popoli”, riporta in modo chiaro chi sia l’estensore del messaggio “Comando Gruppo Brigate d’Assalto Garibaldi ‘Vittorio Veneto’”

510 ASREV, busta 10, fasc. a: CLN di Vittorio Veneto: ai cittadini di Vittorio Veneto dell’estate 1944.

511ASREV, busta 10, fasc. a: Il Cdo GB “Vittorio Veneto” alle popolazioni dell’Alpago e dei paesi pedemontani e

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Immagine n. 13

Il quarto volantino che si presenta è invece del 26 marzo 1945 (immagine n. 14),512 circa un mese prima della fine della guerra. Qui si sviluppa ulteriormente l’impaginazione grafica esposta prima. All’interno del foglio trovano spazio in modo più ordinato e chiaro tutti gli elementi precedenti (Intestazione, destinatario, testo e firma). Tutti i manifesti pensati e stampati dalla tipografia della Divisione Nannetti tra marzo e aprile ’45 rispettarono questa forma.

Immagine n. 14

512 ASREV,busta 10, fasc. a: Proclama del GB VV ai cittadini del Mandamento di Vittorio Veneto dell’Alto

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Conclusioni

Questa ricerca ha cercato di leggere la Resistenza da una prospettiva originale. Tale proposito è nato dalla genuinità del materiale consultato, non sottoposto alle riletture politiche e storiche succedutesi negli ultimi settant’anni.

La Resistenza, sulla carta valore fondativo della democrazia italiana, è oggetto di contese che la vogliono connotata moralmente e politicamente e che ne hanno fatto, di volta in volta, rappresentazioni legate ai più diversi fini e interessi. Inoltre le narrazioni avvicendatesi hanno dato luogo a rappresentazioni tanto diverse da lasciare il legittimo dubbio sulla loro durevolezza. Questa affermazione nasce dal fatto che le reinterpretazioni sembrerebbero parlare più dei diversi frangenti in cui furono prodotte che non dei fatti complessi e controversi che si consumarono tra 1943 e 1945.

Come se non bastasse, pressioni derivanti dalle proprie e altrui convinzioni mediano inevitabilmente le letture dei documenti, delle biografie e delle narrazioni di quel periodo.

Per tutti questi motivi, la propaganda clandestina, documentazione prodotta dai Resistenti durante la guerra, sembrava la più adatta per superare quelle barriere.

Con la tesi triennale si è intrapreso così lo studio della stampa partigiana riprodotta nel Vittoriese. Durante la tesi magistrale, visti i risultati ottenuti, si è pensato di proseguire nel lavoro per farne qualcosa di più ‘completo’. Si è deciso così di approfondire il tema e allargare la zona di indagine: la dimensione provinciale e la maggiore e meglio circostanziata documentazione hanno permesso di ampliare alcune osservazioni e di metterne in discussione altre precedentemente sostenute.

È stato interessante, e bello, ripercorrere i fili interrotti nella prima ricerca e vedere come e dove sbucassero le radici di quell’organizzazione della quale forma e sostanza erano state soltanto intuite.

Riprendendo il lavoro, la ricerca è sembrata crescere autonomamente. Una volta abbandonato il classico approccio crono-storico per un altro legato al protagonista della ricerca, il volantino, è parso di seguire una strada già tracciata.

Una volta individuati i centri di produzione, è stato ‘naturale’ interrogarsi sul genere di organizzazioni che sostennero l’opera di diffusione della stampa. In seguito, attraverso le biografie dei loro membri, il quadro si è allargato facendo emergere le interconnessioni che, dagli anni Venti, convinsero a lottare contro il fascismo con la parola scritta: mezzo apparentemente inoffensivo e pacifico.

Come non domandarsi poi chi leggesse e come si interpretassero i volantini? Un nodo complesso da sciogliere, certamente, ma per il quale alcuni episodi,

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interrogatori e la vox populi hanno potuto suggerire almeno degli approcci interpretativi.

Al termine è stata l’analisi dei testi a concludere il lavoro. Essa si è concentrata sugli espedienti retorici, sulle contaminazioni culturali e sui rapporti fondamentali tra la ‘realtà’, la volontà che la vorrebbe determinare e la sua rappresentazione.

In breve ora i risultati della ricerca: la stampa partigiana ebbe, alternativamente, i ruoli di affermazione, educazione e informazione.

Piccoli gruppi, delle più diverse convinzioni politiche, si impegnarono attivamente per combattere le truppe germaniche e il fascismo nella sua riedizione repubblicana.

Il popolo, soltanto in seguito alle sconfitte e alla fame, cominciò non tanto a sostenere la Resistenza, quanto ad osteggiare il fascismo.

La stampa passò in breve a dover interpellare e convincere la popolazione ad abbracciare la causa partigiana. Il foglio clandestino era arma pericolosa e potente. I possessori erano perseguiti con severità dal regime. Chi possedeva tale materiale, o sosteneva l’organizzazione che lo stampava e smistava, era di fatto appartenente al movimento partigiano. Anche per pochi istanti il volantino certificava l’appartenenza alla Resistenza.

Per questo si è ripreso il concetto di “guerra di popolo” ampliandolo e in parte alleggerendolo dandogli una connotazione pre-politica e spontaneistica.

Infatti quelli che potrebbero sembrare resoconti fine a sé stessi, persi tra le ‘minutaglie’ di nomi, luoghi e contatti, permettono invece di verificare e dare corpo al concetto di ‘guerra di popolo’. Se così non fosse stato fatto tutte le affermazioni sulla rete organizzativa sarebbero rimaste sospese tra ventilate ipotesi e realistiche supposizioni.

Inoltre, trattando della stampa, l’opera femminile è emersa autonomamente, e attribuire ad essa parte della trattazione è stato irrinunciabile. Resoconti e fonti, quella strada già tracciata, hanno fatto cogliere la profonda interconnessione del ruolo femminile con ogni aspetto di quella stagione, permettendo di parlare delle donne attraverso la storia e non della storia attraverso le donne.

Infine, un approccio importante della ricerca è stato quello di non fermarsi alla decostruzione dei resoconti, della documentazione e delle fonti.

Il lavoro di ricerca impone di scomporre le scelte e le affermazioni dei protagonisti in tutte le loro parti: l’estensore, l’età, la distanza cronologica dai fatti narrati, la posizione politica, sociale etc.. Infatti la scelta di chi entrò a far parte della Resistenza non era solo ideale, ma dettata dall’opportunità, dalla famiglia e dal contesto.

Questa necessaria opera di smontaggio non è però sufficiente. Se, al termine, non si ricompongono le parti scomposte si rinuncia all’immediatezza e all’onestà del resoconto. Altrimenti scelte di vita totalizzanti diverrebbero azioni predeterminate e immobilizzate nelle circostanze: così facendo la spontaneità e l’idea che ogni

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protagonista ha di sé verrebbero schiacciate sotto altre rappresentazioni, non più dei testimoni, ma dello storico.

Infine, molto importante è stata l’analisi dei testi. Si è affrontato il tema della retorica, variamente trattato nelle precedenti opere riferite alla propaganda partigiana, cercando di far emergere i diversi stili interni alla stampa clandestina. Il dilettantismo fu il vero tratto distintivo degli autori che scrissero seguendo le loro convinzioni e in base alla loro formazione personale.

Per questo non si può parlare di generale e indistinta influenza stilistica fascista. Se questa si ritrova in forma esplicita nella propaganda di montagna, scritta da giovani usciti da poco dalle file del dissolto Regio Esercito, altri autori con la loro formazione universitaria, piuttosto che politica, danno modo di vedere come il quadro sia più frammentato.

Sempre dando credito ai testimoni, si sono messi a confronto i loro progetti e i risultati delle loro azioni. Una guerra, segnata quotidianamente da difficoltà di ordine materiale e morale, non è semplice da combattersi all’insegna di coerenza, onestà e giustizia. Alcune contraddizioni emerse dalla propaganda hanno permesso di segnalare l’altezza dei principi, e forse l’idealismo, dei patrioti e della guerra partigiana.

Per questi motivi, si è ritenuto che i partigiani fossero armati, per così dire, di ‘idee’. Tale osservazione nasce non solo dalla penuria di mezzi e armi con la quale i partigiani affrontarono la guerra, ma per la convinzione che quella stagione è stata profondamente ideologica. Certo, si trattava di un’ideologia semplice, non mediata forse da partiti, ma non per questo meno chiara e dirimente.

Combattere su base volontaria richiede una forte convinzione. I bandi di reclutamento, la famiglia e gli eventi possono solo mediare e spingere ad una decisione che però deve essere presa dai singoli. Inoltre, per scegliere della vita propria e altrui, è necessario avere un chiaro paradigma ideologico al quale fare riferimento. Tali difficoltà e problemi, si ricorda, dovettero essere sciolti in buona parte da dei giovani che affrontarono una guerra in “quelli che dovevano essere i migliori anni delle [loro] vita”.513

Lo studio e la frequentazione assidua della propaganda partigiana chiariscono come la rappresentazione della Resistenza fosse stata profondamente introiettata dai combattenti e dai membri dell’organizzazione. Quei fogli poveri, stracciati e a volte illeggibili consegnano in primo luogo un messaggio, un testimone. Quella stampa, priva di rielaborazioni e riletture, racconta espressamente che fu combattuta una battaglia, una guerra fratricida, segnata da lutti e ingiustizie. Soltanto attraverso quella prova terribile, in quel frangente, ci si poteva liberare della dittatura e della guerra. Trattandosi di una ideologia, credervi o meno è incombenza di ciascuno.

513 Il riferimento è tratto dal titolo del libro: Ugo Pianon, Quelli che dovevano essere i migliori anni della mia

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Ringrazio

Ringrazio la mia famiglia, unità indissolubile nelle sue singole determinazioni; Ringrazio Sara, il cui passato e futuro sono il mio presente;

Ringrazio, infine, i professori Pier Paolo Brescacin, Alessandro Casellato, Mario Isnenghi e Mario Ulliana per aver contribuito, in diversi momenti, alla nascita, allo

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Schedatura

di volantini e giornali