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Impatti su raccolta, gestione del capitale, volumi di intermediazione

Capitolo 3: Il leverage ratio: impatti e conseguenze sulle istituzioni finanziarie

3.1.1 Impatti su raccolta, gestione del capitale, volumi di intermediazione

L’adeguatezza patrimoniale rappresenta una componente fondamentale della vigilanza prudenziale che si basa sull’idea di lasciare alla banca, come avviene per qualsiasi altra impresa, la scelta delle proprie combinazioni produttive, ma nello stesso tempo di tutelare il risparmio raccolto e l’interesse pubblico, peculiarità dell’attività bancaria, imponendo alla banca di mantenere una dotazione patrimoniale adeguata per fronteggiare le eventuali perdite derivanti dall’assunzione di attività più rischiose. Già partire dagli anni Ottanta, nei Paesi anglosassoni e, successivamente, nell’Europa Continentale, si assiste ad un cambiamento di indirizzo delle politiche monetarie, con una progressiva riduzione del peso dello Stato nell’economia e l’attribuzione di un maggiore ruolo alle forze di mercato nell’allocazione delle risorse. Il sistema finanziario ha beneficiato particolarmente del processo di deregolamentazione posto in essere, in termini sia di crescita che di produttività. L’intensificarsi della concorrenza, la possibilità di sfruttare nuove tecnologie per la creazione e valutazione di nuovi strumenti finanziari, l’ampliamento delle fonti e degli impieghi grazie all’apertura internazionale e alla liberalizzazione dei movimenti di capitale, una quota elevata e crescente di fusioni e acquisizioni, sono solo alcune delle conseguenze di tale processo. In tale contesto, la ricerca di nuove opportunità di profitto in risposta alle pressioni concorrenziali nell’intermediazione finanziaria tradizionale, ha indotto le banche a perseguire livelli di leverage molto elevati, ampliando il quadro di attività degli intermediari creditizi. Come già affermato più volte, una delle principali cause della crisi finanziaria attuale è da ricercarsi nell’elevatissimo effetto leva utilizzato direttamente o indirettamente dagli istituti finanziari. Il rischio, quando la leva è eccessiva, è che una svalutazione di parti dell'attivo, titoli, ma ovviamente anche derivati, comporti un'erosione ampia del patrimonio. In numerosi casi le banche avevano accumulato una leva eccessiva pur mantenendo in apparenza robusti coefficienti patrimoniali basati sul rischio. Nella fase più acuta della crisi i mercati finanziari hanno costretto il settore bancario a ridurre la propria leva, il che ha amplificato le pressioni al ribasso sui prezzi delle attività. Questo processo di riduzione della leva finanziaria ha accentuato la spirale tra perdite, erosione del capitale delle banche e contrazione della disponibilità di credito. L’introduzione del leverage ratio, oltre a contribuire a contenere il livello di indebitamento nelle fasi di eccessiva crescita economica, al fine di limitare i processi di deleveraging forzato in caso di crisi, può anche supplire alle eventuali carenze dei modelli interni per la valutazione del rischio, soprattutto di quelli sviluppati per prodotti

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finanziari particolarmente complessi o innovativi. Si mira ad introdurre uno strumento relativamente semplice da calcolare e di agevole lettura da parte del mercato. Il deleverage consiste nella riduzione della leva finanziaria, ossia il disinvestimento che si realizza rimborsando il debito pregresso con la liquidità disponibile o vendendo assets finanziari in portafoglio per fare cassa. In questa fase economica, il deleverage è risultato uno degli elementi di instabilità dell'economia. Infatti, molti investitori hanno ridotto la leva disinvestendo, generando in questo modo un aumento dell’offerta. L’eccessiva offerta, di conseguenza, ha generato una riduzione dei prezzi degli assets, la quale a sua volta ha generato perdite e quindi assottigliamento del capitale e conseguente contrazione del credito. Un punto importante della proposta è l’inclusione nel calcolo del rapporto anche delle attività fuori bilancio, escluse, attualmente, nella regolamentazione statunitense. Si tratta di un profilo essenziale che pone al riparo dai rischi di arbitraggio regolamentare e di aggiramento del limite. I benefici derivanti dall’introduzione di un leverage ratio sono diversi:

1. misura anticiclica: l’evidenza empirica ha dimostrato che la leva aumenta durante i periodi di boom, e cade durante le recessioni. La leva si dice che sia prociclica perché l’espansione e la contrazione dei bilanci amplifica, piuttosto che contrastare, il ciclo del credito. Tale indicatore è sufficientemente versatile, in modo da poter essere utilizzato come strumento di politica macro e micro prudenziale;

2. Minore arbitraggio regolamentare: la maggiore sensibilità al rischio dei requisiti patrimoniali proposti da Basilea, potrebbe incentivare un meccanismo per cui gli istituti tendano a strutturare prodotti tali da qualificarsi con requisiti patrimoniali più bassi. Quando questo incentivo è collettivamente sfruttato, il sistema rischia di finire con alte concentrazioni di esposizioni strutturate, soggette a bassi requisiti patrimoniali regolamentari. Un leverage ratio minimo, pertanto, può contribuire a smorzare tale incentivo perverso, agendo come un fermo di requisiti patrimoniali basati sul rischio;

3. Semplicità: è di facile applicazione e controllo; può essere adottato rapidamente e senza costi elevati o requisiti di competenza per tutti gli intermediari o le loro autorità di vigilanza. Inoltre, sulla base della regolamentazione di Basilea II, una definizione troppo ampia di patrimonio di vigilanza ha consentito alla banche di sostituire il capitale in senso stretto, Common equità, con strumenti solo in parte adesso assimilabili, con limitata, se non nulla, capacità di assorbire le perdite. Basilea III introduce un insieme di misure tese a migliorare la resistenza del sistema bancario che cercano di risolvere le problematiche connesse a Basilea II emerse nella crisi. L’attuale presidente della BCE, Mario Draghi, sottolinea i vantaggi per l’economia e per le singole banche affermando che l’effetto netto sull’economia di un maggior patrimonio delle banche è positivo, infatti esso aumenta la resistenza del sistema a shock avversi, riduce la probabilità di crisi,

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per i singoli intermediari viene ridotto il premio per il rischio sulla raccolta. Sebbene più alti requisiti di capitale e liquidità avranno complessivamente effetti positivi nel lungo termine, nello stesso tempo essi potrebbero frenare la crescita nel breve e medio periodo inducendo le banche a ridurre il volume di credito all’economia e ad aumentare il costo del credito, con particolare rischi di inasprimento per le piccole e medie imprese. L’implementazione di Basilea III48, infatti, ha comportato per le banche la necessità di coprire il deficit di capitale per adeguarsi ai nuovi più stringenti vincoli di capitalizzazione. Tale deficit di capitale, ossia il fabbisogno di capitale regolamentare originato dal passaggio da Basilea II a Basilea III, deriva da:

a. l’aumento dei requisiti minimi per il CET1 e T1, incluso il buffer di conservazione del capitale49, un’ulteriore buffer per gli intermediari sistematicamente rilevanti, e altri buffer, quando applicati come ad esempio la riserva di capitale anticiclica50 attivabile solo in determinate circostanze;

b. la nuova definizione degli strumenti ammessi nelle diverse componenti del patrimonio di vigilanza51;

c. le maggiori deduzioni52, che riducono l’ammontare del capitale computabile ai fini del rispetto dei requisiti;

48 Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria (2010), Basilea III: Schema di regolamentazione internazionale per il rafforzamento delle banche e dei sistemi bancari, Dicembre.

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Secondo la definizione di Basilea III, il buffer di conservazione del capitale è pari al 2,5% dell’attivo di rischio ponderato ed è costituito da Common Euity Tier 1, da detenere in aggiunta al 4,5% che rappresenta il requisito minimo di Common Equity Tier 1 ratio. Qualora tale buffer sia utilizzato, dovrà essere ricostituito l’accantonamento a riserve di utili non distribuiti. Qualora il patrimonio scende sotto il 7% (dato dalla somma tra il requisito minimo di Common Equity Tier 1 ratio e riserva di conservazione del capitale), l’intermediario non è tenuto a ricapitalizzarsi, e può continuare la propria operatività, ma sarà assoggettato a vincoli alla distribuzione del capitale. Tali vincoli aumentano man mano che il capitale si avvicina al requisito minimo di Common Equity Tier 1 ratio (4,5%).

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Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria (2010), “Basilea III: Schema di regolamentazione per il rafforzamento delle banche e dei sistemi bancari”, Dicembre - La riserva di capitale anticiclica sarà attivata dalle autorità nazionali, qualora si reputi che un’eccessiva crescita del credito aggregato sia associata all’accumulo di rischi sistemici, con l’obiettivo di assicurare che il sistema bancario disponga di una riserva patrimoniale che lo tuteli dalle perdite potenziali future.

51 Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria (2010), “Basilea III: Schema di regolamentazione per il rafforzamento delle banche e dei sistemi bancari”, Dicembre – il patrimonio di vigilanza complessivo secondo la definizione della nuova regolamentazione di Basilea III è composto dalla somma algebrica dei seguenti elementi:

1. patrimonio di base o Tier 1, ovvero il patrimonio in grado di assorbire le perdite in condizioni di continuità d’impresa o going concern, suddiviso in:

a. patrimonio di qualità primaria (Common Equity Tier 1); b. Tier 1 aggiuntivo.

2. Patrimonio supplementare o Tier 2, ovvero il patrimonio in grado di assorbire le perdite in caso di crisi o gone concern.

Per ciascuna categoria il Comitato di Basilea stabilisce un singolo insieme di criteri che gli strumenti devono soddisfare prima di poter essere computati nella relativa categoria. Il patrimonio di vigilanza totale o total capital, ovvero patrimonio di base(Tier 1) più patrimonio supplementare (Tier 2) deve essere pari in qualsiasi momento ad almeno l’8% delle attività ponderate per il rischio.

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d. l’aumento dell’attivo di rischio ponderato, e, in particolare, dei coefficienti di ponderazione per il rischio per il trading book, le cartolarizzazioni e il rischio di controparte, che si traducono in aumento del rapporto fra attivo di rischio ponderato e totale attivo, comprese le poste fuori bilancio.

Gli intermediari, per adeguarsi ai nuovi vincoli di capitale, imposti dal nuovo framework regolamentare di Basilea III, possono:

a. aumentare il capitale con risorse interne e/o esterne; b. ridurre l’attivo;

c. modificare i propri modelli di business, in modo da ridurre le componenti dell’attivo il cui maggiore assorbimento di capitale non è compensato da tassi di redditività crescenti.

Gli intermediari che hanno potuto affrontare il passaggio al nuovo regime, con livelli di capitalizzazione e di condizioni di redditività migliori hanno avuto un importante vantaggio competitivo, dato che sono stati in grado di mantenere livelli di intermediazione adeguati alle richieste del mercato per effetto di un minor costo del capitale e di una maggiore capacità di autofinanziamento. In Italia, in cui la redditività degli intermediari ha registrato negli anni recenti, specie a partire dal 2010, un andamento decrescente, per effetto del deterioramento della qualità del credito dovuto alla recessione, le banche hanno incontrato maggiori difficoltà ad aumentare il loro capitale. Questo spiega perché l’adeguamento ai nuovi vincoli di capitalizzazione, in Italia sia avvenuto principalmente attraverso la riduzione dei volumi di intermediazione, e, in particolare, il contenimento dell’offerta di credito all’economia.