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Preparazione per il cambiamento

Capitolo 3: Il leverage ratio: impatti e conseguenze sulle istituzioni finanziarie

3.4 Cosa rappresenta il supplementary leverage ratio per banche e clienti

3.4.3 Preparazione per il cambiamento

Alle grandi banche con interesse sistemico (G-SIB65), trenta oggi in tutto il mondo, con Unicredit unica rappresentante in Italia, viene richiesto dal Financial Stability Board (FSB) di detenere un requisito di capacità di assorbimento delle perdite (Total Loss Absorbing Capacity - TLAC) minimo del 16% delle attività ponderate per il rischio, per il primo gennaio 2019, un cuscinetto aggiuntivo di liquidità che salirà al 18% minimo, dal primo gennaio 2022. Attualmente sono questi i numeri definitivi sullo standard minimo per le grandi banche sistemiche annunciati dal Financial Stability Board, in consultazione con il Comitato di Basilea sulla supervisione bancaria. Inoltre, dallo stesso Financial Stability Board (FSB) viene previsto che il requisito di capacità di assorbimento delle perdite dovrà inoltre essere pari almeno al 6% dell’esposizione di leverage ratio, come definito da Basilea III, per le banche sistemiche a partire dal primo gennaio 2019, percentuale che salirà al 6,75% dal primo gennaio 2022. Le nuove regole mirano soprattutto a impedire che le banche con rilevanza sistemica diventino “too-big-to-fail”, e cioè troppo grandi per fallire, così da obbligare i governi ad intervenire con soldi dei contribuenti. Con le nuove regole, le grandi banche sistemiche dovranno avere un cuscinetto di riserva abbastanza capiente in modo da essere in grado di assorbire le perdite conseguenti ad una grave crisi di liquidità e adottare una soluzione che non comprometta la stabilità dell'intero sistema bancario globale. Il costo principale della risoluzione, come prevedono le nuove regole sul bail in66, sarà sostenuto dagli investitori azionisti, debitori e correntisti e non più dagli Stati e, quindi, dai contribuenti. Durante la recente crisi finanziaria, i contribuenti hanno investito miliardi di dollari nel salvataggio di banche in difficoltà. Con le nuove regole proposte dal Financial Stability Board, spetterà ai creditori sostenere le perdite bancarie. Il requisito di capacità di assorbimento delle perdite (TLAC) stabilito dal Financial Stability Board per gli istituti sistematicamente rilevanti a livello globale (G-SIB), si aggiunge a quanto già stabilito per i buffer patrimoniali nello schema di regolamentazione di Basilea III, come il buffer di conservazione del capitale, il buffer anticiclico e il buffer sistemico per le G-SIB. Questo ulteriore

65 Vengono considerati dalla CRD IV/ CRR intermediari finanziari sistematicamente rilevanti non solo le banche G- SIBs identificate dal Financila Stability Board a livello mondiale, ma anche le banche definite sistemiche dallo specifico Paese. I criteri con cui le autorità di vigilanza dei singoli stati membri identificano la lista delle G-SIBs devono tener conto delle dimensioni, dell’interconnessione, della sostituibilità dei servizi forniti all’economia, dell’attività internazionale svolta dal gruppo e della complessità. Dovranno essere individuate almeno 5 categorie di G-SIBs con buffer crescenti da quella più bassa a quella più alta.

66 Direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014 , che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento.

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buffer serve per tener conto dei maggiori rischi che tali istituti pongono per il sistema finanziario nonché del potenziale impatto che una loro insolvenza può generare per i contribuenti e i risparmiatori. Nell’ipotesi che le Autorità Nazionali decidano di applicare il buffer sistemico alle G- SIB sarà prescritto il più elevato fra il buffer G-SIB (requisito di capacità di assorbimento delle perdite) e quello sistemico. Il buffer sistemico, previsto dal framework regolamentare di Basilea III67, dovrà essere costituito da Common Equity Tier1 e può variare a discrezione delle Autorità Nazionali fra l’1% e il 3% dell’attivo ponderato per il rischio, ivi comprese le esposizioni situate in altri Paesi. In ambito europeo, valori superiori, fino ad un massimo del 5% potranno essere autorizzate in ambito europeo, dalla Commissione Europea. Prima della crisi finanziaria i rischi erano nascosti e le catene di finanziamento molto complesse, come ha evidenziato la crisi. Inoltre, molte delle maggiori banche erano sottocapitalizzate e hanno accumulato un grado di leva finanziaria 40 - 50 volte superiore al capitale disponibile. L'obiettivo delle riforme annunciate è rendere il sistema finanziario globale più semplice, sicuro ed equo. La crisi ha messo in evidenza diverse lacune della vecchia regolamentazione, che il regulator oggi sta cercando di colmare, riconoscendo comunque agli intermediari la loro funzione principale, ovvero il sostenimento dell’economia reale. La crisi finanziaria ha palesato la necessità di armonizzare in tutta l'Unione europea, e soprattutto nella zona euro, la regolamentazione delle attività bancarie e la vigilanza su tali attività. Ha rivelato in particolare che un'errata valutazione dei rischi da parte del settore bancario può compromettere la stabilità finanziaria di interi Stati membri. Nel giugno 2012 il Consiglio europeo ha pertanto deciso di spezzare il circolo vizioso tra banche e debito sovrano. Una delle risposte dell'Unione Europea intese a correggere precedenti carenze è consistita nella creazione di due nuove istituzioni, che costituiscono gli elementi portanti della cosiddetta Unione bancaria. Il primo elemento portante è il Meccanismo di Vigilanza Unico (MVU), in vigore da ottobre 2014, che assegna alla Banca Centrale Europea (BCE) la vigilanza bancaria diretta, al fine di garantire che le maggiori banche europee (banche significative68) siano soggette a una vigilanza indipendente sulla base di norme comuni. L’unione bancaria ha rappresentato una tappa fondamentale nel processo di integrazione delle istituzioni europee. Un segnale importante, della volontà di assicurare stabilità finanziaria nell’area dell’euro, premessa indispensabile per un pieno

67 Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria (2010), Basilea III: Schema di regolamentazione internazionale per il rafforzamento delle banche e dei sistemi bancari, Dicembre.

68 Un istituto bancario è considerato significativo se soddisfa una qualsiasi delle seguenti condizioni: il valore totale delle attività supera i 30 miliardi di euro o, a meno che il valore totale delle attività sia inferiore a 5 miliardi di euro, supera il 20% del PIL nazionale; rappresenta uno tre dei istituti bancari più significativi in uno stato membro; riceve assistenza diretta dal meccanismo europeo di stabilità; il valore totale delle attività supera i 5 miliardi di euro e il rapporto tra le attività transfrontaliere in più di un altro Stato membro partecipante e le attività totali è superiore al 20% o il rapporto tra le passività transfrontaliere in più di un altro Stato membro partecipante e le passività totali è superiore al 20%.

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supporto del sistema bancario alla ripresa dell’economia. Per le autorità nazionali di vigilanza e per le banche significative dell’area dell’euro la prima sfida che il Meccanismo di Vigilanza Unico (MVU) ha comportato è stata quella del cambiamento. Il dover dialogare in una lingua per molti Paesi diversa da quella propria, con supervisori formatisi in ambiti culturali e professionali a volte lontani e abituati a differenti prassi bancarie e di vigilanza. Il comprehensive assessment è stato il primo banco di prova del cambiamento. Si è trattato di un esercizio ambizioso, finalizzato a valutare la rischiosità delle banche, attraverso l’analisi della correttezza dei dati contabili (Assets Quality Review) e della tenuta prospettica delle dotazioni di capitale a fronte di ipotetici scenari negativi, anche estremi (stress test). Si è trattata di una valutazione approfondita della solidità delle banche europee che la Banca Centrale Europea (BCE) ha avviato a novembre 2013 e che è durato 12 mesi. La BCE ha condotto questa analisi di concerto con le autorità nazionali competenti degli stati membri partecipanti al Meccanismo di Vigilanza Unico (MVU) e con l’Autorità bancaria europea (EBA).

Le fasi con cui si è articolato il comprehensive assessment sono state tre:

1. una revisione della posizione di liquidità, del livello di indebitamento e della raccolta fondi, quindi un’analisi dei rischi a fini di vigilanza;

2. un esame della qualità degli attivi intesa a migliorare la trasparenza delle esposizioni bancarie (Asset Quality Review);

3. una prova di stress per verificare la tenuta dei bilanci bancari in scenari avversi.

Obiettivo dell’unione bancaria è stato quello di dare vita a un quadro finanziario integrato per salvaguardare la stabilità finanziaria e ridurre al minimo il costo dei fallimenti delle banche. Nell’analisi della BCE sono state coinvolte circa 130 banche europee, di cui 15 appartenenti al nostro territorio. L’analisi della BCE prevedeva che tali istituti per superare l’esame dovevano presentare un Common Equity Tier1 (capitale di primaria qualità) non inferiore all’8% in uno scenario normale e non inferiore al 5,5% in caso di scenari stressati. Il non rispetto di tali requisiti minimi comportava il non superamento dell’esame. In caso di non superamento dell’esame, inoltre, veniva valutato se nel corso dell’anno corrente erano state intraprese azioni per migliorare la solidità, come ad esempio cessioni di asset o ricapitalizzazioni. Se queste erano ritenute sufficienti la banca veniva comunque promossa, altrimenti disponeva di 15 giorni di tempo per varare un piano di azione disponendo tra i 6 e i 9 mesi per attuarlo. Nel caso peggiore, in cui l’istituto non riusciva a trovare capitale per rafforzarsi, doveva cercare strade alternative di finanza straordinaria, come ad esempio la fusione con altri istituti. Ad ottobre 2014 la Banca Centrale Europea (BCE) diffonde i risultati degli stress test sulle 130 banche europee. Gli istituti che non avevano superato l’esame a fine 2013 erano 25, a cui mancavano complessivamente 25 miliardi di euro di patrimonio. Tra

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questi 25 istituti, 9 erano italiani (Monte dei paschi di Siena (Mps), Carige, Banca popolare di milano, la Popolare di Vicenza, Veneto Banca, Banco Popolare, Credito Valtellinese, Popolare di Sondrio, Popolare dell'Emilia-Romagna ), che sommavano una carenza di 9,7 miliardi di euro. Durante il 2014, tuttavia, 7 di esse hanno sistemato la loro posizione, restando a fine 2014 in 2 gli istituti non ammessi dalla BCE, Monte dei Paschi di Siena (Mps) e Banca Carige. A fine 2014, insieme alle due banche italiane si sommavano anche altri 11 istituti che non avevano superato l’esame formando una carenza di capitale totale di circa 10 miliardi di euro. Tali istituti, all’indomani dell’uscita dei risultati, hanno dovuto presentare i loro piani di ricapitalizzazione, e disponevano di 9 mesi per attuarli, una volta ricevuto parere favorevole da parte dell’istituto centrale europeo (BCE).

Fonte:http//:bankingsupervision.europa.eu

All’indomani del comprehensive assessment, le banche “significative” e le Autorità di Vigilanza Nazionali hanno dovuto affrontare un esercizio ancora più radicale di cambiamento, con l’avvio della vigilanza unica europea. Ormai, passato più di un anno dal suo avvio, il Meccanismo di Vigilanza Unico (MVU) ha compiuto importanti progressi. È divenuto un sistema basato su una stretta collaborazione tra la Banca Centrale Europea (BCE) e le sue Autorità di Vigilanza Nazionali.

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Durante tutto l’intero periodo del 2015 sono stati trattati diversi problemi sia legati alle singole banche, sia al funzionamento del sistema bancario nel suo complesso. Il comprehensive assessment ha contribuito trasparenza ai bilanci bancari e fugato dubbi circa la tenuta degli intermediari europei. Il secondo pilastro dell’unione bancaria, entrato di recente, è rappresentato dal Meccanismo di Risoluzione Unico (MRU), in vigore dal primo gennaio 2016, cui spetta la predisposizione di misure qualora si verifichi lo scenario meno favorevole, ossia il dissesto di una banca, per garantire che la situazione possa essere gestita in modo ordinato, a un costo minimo per i contribuenti. La volontà di evitare che i contribuenti sostengano il costo di future risoluzioni bancarie ha portato a una modifica delle norme di riferimento, ossia le disposizioni della direttiva sul risanamento e la risoluzione degli enti creditizi, in base alla quale le risoluzioni devono essere sostanzialmente finanziate dagli azionisti e dai creditori degli enti creditizi. La direttiva europea Bank Recovery and Resolution Directive 69 (BRRD) introduce regole armonizzate per prevenire e gestire le crisi delle banche, il cosiddetto bail in, che in alcuni casi potrebbe toccare anche i depositi. Tale direttiva fornisce alle cosiddette Autorità di Risoluzione, ruolo che in Italia è ricoperto dalla Banca d’Italia, poteri e strumenti per:

a. pianificare la gestione della crisi;

b. intervenire per tempo, prima della completa manifestazione della crisi; c. gestire al meglio la fase di risoluzione.

Nel nostro contesto nazionale, la Banca d’Italia, in questo modo potrà, già durante la fase di normale operatività della banca, preparare piani di risoluzione che individuino le strategie e le azioni da intraprendere in caso di crisi. Inoltre, la direttiva mette a disposizione delle autorità strumenti di intervento che integrano le tradizionali misure prudenziali e sono graduati in funzione della problematicità in cui verte l’intermediario, come ad esempio, rimuovere gli organi di amministrazione, oppure nominare amministratori temporanei. Quando un intermediario si ritrova in una situazione di dissesto, si può ricorrere alla risoluzione, in quanto misure alternative di natura privata, come la ricapitalizzazione, non evitano in tempi brevi il dissesto e quando la liquidazione non salvaguarderebbe la stabilità sistemica e l’interesse pubblico. Gli strumenti previsti dalla direttiva europea nel caso di un dissesto bancario non sanabile in tempi brevi, e che metta in pericolo l’intero sistema sono diversi:

a. vendere una parte dell’attivo;

69 Direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014 , che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento.

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b. trasferire temporaneamente le attività e passività a una bridge bank, ossia a un veicolo costituito per proseguire le funzioni più importanti in vista di una successiva cessione sul mercato;

c. trasferire le attività deteriorate a una bad bank, che gestisca la liquidazione; d. applicare il bail in.

Nel caso ultimo, in cui si applicherebbe il principio del bail in, si procederebbe alla svalutazione di azioni e crediti e la loro conversione in azioni per assorbire le perdite e ricapitalizzare la banca in difficoltà. Inoltre dal bail in rimangono escluse alcune passività:

a. i depositi di importo fino a 100 mila euro, protetti dal sistema di garanzia dei depositi; b. passività garantite come i covered bonds e altri strumenti garantiti;

c. passività derivanti dalla detenzione di beni della clientela, come ad esempio il contenuto delle cassette di sicurezza, o in virtù di una relazione fiduciaria come i titoli detenuti in conto apposito;

d. passività interbancarie con durata originaria inferiore a 7 giorni, ad esclusione dei rapporti infragruppo;

e. passività derivanti dalla partecipazione ai sistemi di pagamento con una durata residua inferiore a 7 giorni;

f. debiti verso dipendenti, debiti commerciali e quelli fiscali purché privilegiati dalla relativa normativa fallimentare.

In Italia la normativa del bail in è entrata in vigore dal primo gennaio 2016, e sarà applicabile immediatamente nel caso in cui essa sia necessaria per evitare un dissesto. Nel caso in cui viene applicato il principio del bail in si dovrà seguire una gerarchia la cui logica prevede che, chi investe in strumenti finanziari più rischiosi, sostenga prima degli altri le eventuali perdite o la conversione in azioni. Solo dopo aver esaurito tutte le risorse della categoria più rischiosa si passa alla categoria successiva.

Figura 1: La gerarchia del BAIL IN

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Un’ulteriore puntualizzazione merita di essere fatta sui depositanti, oltre quella che i depositi fino a 100 mila euro rimangono espressamente esclusi dal bail in. Anche per la parte eccedente i 100 mila euro, i depositi ricevono un trattamento preferenziale, ovvero saranno toccati solo nel caso in cui il bail in di tutti gli strumenti con un grado di protezione minore nella gerarchia fallimentare non fosse sufficiente a coprire le perdite e a ripristinare un livello adeguato di capitale.

Tutte queste recenti riforme normative in campo finanziario, mirano a ridurre la probabilità di crisi sistemiche o di singole banche e a contenerne i possibili effetti negativi sull’economia reale.

3.5 Analisi empirica di un campione di SIFIs

Come già detto più volte, le istituzioni sistematicamente rilevanti a livello globale (G-SIB), individuate dal Comitato di Basilea sulla base della metodologia basata su più indicatori, dovranno rispettare misure aggiuntive rispetto a quanto previsto dal framework regolamentare di Basilea III per essere considerate ben capitalizzate. Con riferimento al leverage ratio tali istituti a partire dal primo gennaio 2019 dovranno rispettare un requisito almeno doppio rispetto agli standard internazionali minimi stabiliti. Già le diverse Autorità di vigilanza nazionali chiedono a tali istituti di rispettare requisiti più alti di leverage ratio a partire dal 1° gennaio 2018, data in cui è prevista l’entrata in vigore, secondo quanto stabilito a livello internazionale, dal Comitato di Basilea. Con riferimento all’ultima pubblicazione del Financial Stability Board del novembre 2015, che individua attualmente 30 banche sistemiche a livello globale (G-SIB), ho estratto un campione casuale costituito da 8 gruppi (Barclays70, BNP Paribas71, Unicredit, Deutsche Bank72, Credit Suisse73, Societè Generale74, Credit Agricole75, HSBC76), e per ciascuno ho raccolto, sulla base delle relazioni finanziarie da essi pubblicate, i dati relativi al leverage ratio nel periodo 2010-2015. Il periodo analizzato mette in evidenza l’evoluzione del leverage ratio secondo quanto definito attualmente dal Comitato di Basilea. Grazie alle dimensioni elevate che tali istituti presentano

70 Banca internazionale, con sede a Londra, in Regno Unito. È presente in oltre cinquanta Paesi. 71

Banca internazionale, con sede a Parigi, in Francia. È uno dei leader europei nei servizi finanziari di portata mondiale e una delle banche più solide al mondo secondo la valutazione della società di rating Standard & Poor’s.

72 Banca internazionale, con sede a Francoforte, in Germania. È uno dei principali gruppi bancari mondiali, con sedi in Europa, America, Asia e Pacifico ed è considerata tra le multinazionali più influenti al mondo.

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Banca internazionale svizzera. Società leader di mercato a livello mondiale nell’ambito dei servizi finanziari.

74 Banca internazionale, con sede a Parigi, in Francia. È la settima banca nella classifica per capitalizzazione dei gruppi bancari nella zona euro.

75 Banca internazionale, con sede a Montrouge, in Francia. È la prima banca mutualistica in Europa e in Francia è la terza banca francese per capitalizzazioni.

76 Banca internazionale, con sede a Londra, in Regno Unito. È uno dei più grandi gruppi bancari del mondo. È il primo istituto bancario europeo per capitalizzazioni. L’acronimo HSBC proviene da Hongkong & Shanghai Banking Corporation.

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durante questo periodo, a seguito dei cambiamenti normativi intervenuti, essi sono riusciti a mettere in atto operazioni di ridimensionamento delle rete commerciale, di ridimensionamento dei crediti deteriorati migliorando in questo modo la qualità dell’attivo, importanti operazioni di ricapitalizzazione che hanno permesso di rafforzare la loro solidità patrimoniale e adeguarsi ai nuovi limiti imposti dall’Autorità di Vigilanza. Con riferimento ai dati raccolti in materia di leverage ratio dalle relazioni finanziarie si evidenzia, nel periodo considerato, un andamento pressoché crescente. Tali istituti rimangono ancora oggi fortemente influenzati dalle operazioni in derivati, dalle operazioni di rifinanziamento tramite titoli (SFT) e dalle operazioni fuori bilancio che caratterizzano la loro operatività. Con riferimento al nostro contesto nazionale l’unica banca italiana sistematicamente rilevante a carattere globale rilevata attualmente dal Financial Stability Board nel novembre 2015 è Unicredit. Con riferimento all’ultima relazione finanziaria pubblicata, il gruppo bancario Unicredit mostra un continuo miglioramento della qualità dell’attivo, con i crediti deteriorati lordi in ulteriore calo rispetto al periodo precedente (2014), le sofferenze lorde rimangono sostanzialmente stabili grazie alle cessioni di portafogli. Il gruppo registra un eccellente livello del nuovo credito erogato, grazie al forte aumento del credito a medio e lungo termine per oltre € 50 mld nell’esercizio 2015, sostenuto dei mutui sia al segmento corporate sia alle famiglie. Il leverage ratio si attesta a dicembre 2015 al 4,69% confermando l’elevata solidità patrimoniale. Le azioni del piano strategico realizzate dal gruppo nell’ultimo periodo hanno riguardato: 1) il contenimento dei costi; 2) l’ottima performance della rete commerciale Retail e Corporate, con oltre 32 mln di clienti nell’esercizio 2015 e quote di mercato crescenti nella maggior parte dei paesi; 3) la semplificazione del gruppo grazie ad alcune operazioni di cessione di assets; 4) aumento delle commissioni di gruppo; 5) la trasformazione digitale. UniCredit ha stanziato €200 mln per investimenti in start-up finanziarie in tutto il mondo; 6) un netto miglioramento dei target patrimoniali, grazie alla generazione di capitale di 92 punti base nel 2015 rispetto all’anno precedente (2014). Continua il miglioramento nella qualità dell’attivo.

Interessante anche l’evoluzione del leverage ratio del gruppo bancario Credit Agricole che si attesta a dicembre 2015 al 5,70% dell’esposizione complessiva.

Tabella1: L’evoluzione del leverage ratio nelle SIFIs

2010

2011

2012

2013

2014

2015

BARCLAYS

3,60% 3,20% 3,40% 3,20% 3,70% 4,5%

BNP PARIBAS

3,40% 3,60% 3,90% 3,70% 3,60% 4%

UNICREDIT

4,60% 4,70% 5,30% 5,10% 4,50% 4,69%

DEUTSCHE BANK

2,20% 2,30% 1,50% 2,10% 3,50% 3,50%

CREDIT SUISSE

3,40% 3,70% 4,80% 4,80% 3,90% 4,50%

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Fonte: elaborazione personale - dati rilevati dai bilanci delle suddette banche