• Non ci sono risultati.

DISCUSSIONE E CONCLUSION

6.3. Implicazioni pratiche prospettabil

Molte possono essere le implicazioni pratiche che potrebbero nascere dai risultati della presente ricerca, per implicazioni pratiche si intendono azioni concrete che le aziende possono mettere in atto al fine di incrementare i livelli di Work Engagement e di benessere organizzativo al loro interno.

Dai risultati della ricerca infatti si comprende come sia importante garantire un ambiente lavorativo in cui sono presenti alti livelli di Job Resources e Personal Resources, in modo da incrementare il Work Engagement dei dipendenti, esse infatti, svolgono un ruolo chiave nel raggiungimento di elevati livelli di Engagement per il lavoratore e fungono inoltre da moderatore rispetto all’impatto negativo generato dalle richieste lavorative.

Il contesto di lavoro per mantenere nel tempo un elevato livello di risorse lavorative, fondamentali nello sviluppo del Work Engagement, dovrebbe innanzitutto concentrarsi sulla necessità di promuovere coesione e supporto tra i propri dipendenti, infatti una delle Job Resources consiste proprio nella possibilità di essere supportati dai colleghi all’interno del proprio gruppo di lavoro.

112

Il supporto sociale è infatti un fattore che influisce in maniera determinante sulla salute e sul benessere delle persone e le rende anche capaci di resistere ad alcuni eventi particolarmente stressanti della vita.

In tale direzione, come sottolineato nel capitolo 3, il lavoro di equipe rappresenta un’importante occasione di confronto con i colleghi, il gruppo di lavoro costituisce infatti un metodo efficace per favorire il raggiungimento degli obiettivi professionali e per tutelare gli operatori da eventuali rischi di isolamento.

Nelle professioni d’aiuto, professioni prese in considerazione nella presente ricerca, si ha a che fare con un’utenza spesso multiproblematica, si determina dunque la salienza di operare all’interno di equipe multidisciplinari ad hoc, avendo così la possibilità di affrontare problemi che difficilmente sarebbero risolvibili singolarmente da ciascun componente.

La possibilità di poter contare sull’appoggio dei propri colleghi, rappresenta un’importante fonte di sostegno per ogni operatore che percepisce di non possedere abbastanza risorse tali da poter affrontare da solo le diverse situazioni.

Un’altra preziosa risorsa lavorativa è costituita dalla possibilità di godere di una certa flessibilità e autonomia nel proprio lavoro, che consiste per esempio nella possibilità di prender parte al processo decisionale, di stabilire il proprio metodo di lavoro, i tempi di lavoro, gli orari etc.

La possibilità di controllo dell’individuo sul proprio lavoro, come sostiene Karasek (1979), permette infatti di ridurre il grado di stress percepito dal lavoratore, anche in caso di richieste di lavoro particolarmente elevate (v. paragrafo 1.2.).

Il contesto lavorativo dunque in tale direzione dovrebbe favorire la possibilità del lavoratore di esercitare un controllo sui propri orari o di avere comunque orari di lavoro flessibili.

Una possibile proposta potrebbe essere quella dello smart working (Sena, 2015) definito letteralmente come lavoro “agile”, “leggero”, “flessibile” che sfrutta l’utilizzo delle nuove tecnologie per favorire un lavoro non più legato ad un orario

113

fisso, obbligato o statico, ma si tratta di un nuovo modo di concepire la professionalità, legandola ai risultati raggiunti piuttosto che al numero di ore trascorse in ufficio, consiste dunque in un passaggio da “un lavoro a timbratura di cartellino” a “un lavoro per obiettivi”, in cui al lavoratore viene lasciata ampia libertà di organizzarsi, a patto che porti a termine i risultati prefissati nelle scadenze previste. Nelle aziende italiane però lo smart working è ancora una prospettiva in via di sviluppo.

Anche le risorse personali dei lavoratori (ottimismo, self-efficacy, autostima, fiducia in sé stessi, strategie di coping etc.) rappresentano un fattore importante per il benessere organizzativo, le aziende infatti dovrebbero prevedere interventi mirati al loro potenziamento al fine di incrementare i livelli di Engagement dei lavoratori.

Una delle modalità attraverso la quale l’azienda può favorire lo sviluppo di risorse personali dei propri lavoratori, in particolare di autostima e autoefficacia, è quella della supervisione, approfondita nel paragrafo 3.1.2., in quanto essa rappresenta una fonte primaria di sostegno tecnico e affettivo per il lavoratore e dovrebbe aiutare quest’ultimo a rinnovare la fiducia nelle risorse possedute e cercare di potenziarle.

In tale direzione, anche la formazione professionale (v. paragrafo 3.1.3.) rappresenta una modalità attraverso la quale i professionisti possono acquisire una maggiore fiducia in se stessi e nelle proprie competenze.

La formazione infatti permette di dare valore alla propria identità lavorativa, per poter disporre di strumenti di autodifesa volti a salvaguardare il proprio benessere psico-emotivo, per migliorare la propria prestazione e la propria efficacia ed efficienza lavorativa.

L’azienda inoltre potrebbe intervenire proponendo ai lavoratori dei percorsi di coaching individuali o di gruppo, anch’essi finalizzati all’accrescimento delle potenzialità del dipendente e a incrementare la fiducia nelle proprie capacità.

Il coaching infatti è una relazione di partnership orientata al raggiungimento di obiettivi personali, relazionali e professionali, agendo sull'autoconsapevolezza

114

personale e sul proprio senso di autoefficacia, facilita l'espressione e lo sviluppo delle potenzialità, consente di utilizzare al meglio le proprie capacità e di raggiungere gli obiettivi prefissati. Il fine è proprio quello di supportare gli individui o i gruppi ad accedere più facilmente al proprio potenziale per raggiungere o migliorare le performance e individuare un migliore equilibrio personale e col proprio ambiente lavorativo e non.

Inoltre sarebbe importante all’interno dell’azienda attuare degli interventi orientati ad aumentare le motivazioni del personale.

In tale direzione è fondamentale innanzi tutto conoscere i diversi orientamenti motivazionali dei dipendenti, per esempio capire se i lavoratori sono guidati da motivazioni più di tipo estrinseco o intrinseco.

Per la prima categoria di lavoratori (es. soggetti Assessors) una buona fonte di motivazione è rappresentata da incentivi di varia natura, soprattutto economica, anche se l’obiettivo vero e proprio dovrebbe essere quello di attuare interventi che cercano di coinvolgere e responsabilizzare i lavoratori, per esempio attraverso la gestione per obiettivi (Management By Objectives o Management By Results), un metodo di valutazione del personale che si basa sui risultati raggiunti a fronte di obiettivi prefissati e non sulle competenze espresse, cercando così di aumentare la soddisfazione e l’impegno sul lavoro (Marasca, Marchi & Riccaboni, 2013).

Per i lavoratori che presentano invece un orientamento più di tipo “intrinseco” (es. soggetti Locomotors), potrebbero essere vantaggiose tecniche volte a sviluppare nell’individuo reazioni quali la soddisfazione lavorativa e altre dimensioni motivazionali di tipo intrinseco.

Tra i vari metodi, in particolare sono tre quelli che possono essere utilizzati per sviluppare questo tipo di processo: la job rotation, il job enlargement e il job enrichment (Kreitner & Kinicki, 2013).

Tali tecniche permettono di evitare una ripetitività delle mansioni, fornendo dunque nuovi stimoli al lavoratore.

115

Lo scopo della job rotation è quello di generare, appunto, una rotazione delle mansioni degli individui per far sì che i dipendenti si misurino con tutti i ruoli organizzativi, ovviamente in modo coerente al loro inquadramento professionale; questa tecnica di riorganizzazione del lavoro, se utilizzata nel modo migliore, può accrescere la motivazione nella misura in cui la persona si sente stimolata dalla nuova mansione con cui è chiamata a confrontarsi, oltre a favorire la formazione a tutto tondo del lavoratore anche in ottica di un miglioramento di carriera.

La strategia del job enlargement, è orientata invece verso uno sviluppo orizzontale della carriera professionale, con questo metodo infatti al lavoratore vengono affidate periodicamente nuove mansioni, ma che non prevedono una mobilità verticale, in quanto pur essendo diverse da quelle tradizionalmente svolte, non comportano assunzioni di poteri e responsabilità diverse, né maggiore autonomia.

Al contrario delle strategie precedenti, il job enrichment favorisce uno sviluppo più di tipo verticale andando dunque a migliorare le condizioni lavorative della persona, in questo caso al dipendente vengono affidate mansioni più complesse che in genere implicano una maggior assunzione di poteri e di responsabilità.

Un’ulteriore strategia di intervento finalizzata all’aumento della motivazione del personale, ma che a differenza delle precedenti prevede un’iniziativa più focalizzata sui dipendenti che sui superiori, è quella del job crafting. Tale strategia prevede un adattamento e/o modellamento da parte dei lavoratori del contenuto del proprio mansionario. In altri termini il job crafting rappresenta un tentativo attuato dai lavoratori di modificare il proprio lavoro, senza peraltro forzare i confini formali del proprio ruolo o della propria posizione lavorativa, al fine di rendere il lavoro più conforme alle proprie aspettative, ambizioni e interessi (Wrzesniewski & Dutton, 2001).

Le aziende inoltre dovrebbero cercare di incrementare le capacità di problem- solving dei propri dipendenti, per esempio organizzando dei percorsi di training aziendale, al fine di potenziare le proprie risorse personali, in particolar modo la sensazione di self-efficacy del lavoratore.

116

Oltre ad incrementare le risorse lavorative e personali dei lavoratori, nelle aziende è importante riuscire a gestire le Job Demands che inevitabilmente esistono nei vari contesti organizzativi e che, come abbiamo visto, possono incidere negativamente sui livelli di Work Engagement dei dipendenti.

Limitare infatti l’impatto che le richieste lavorative hanno sul personale permetterebbe di avere lavoratori più coinvolti e motivati.

Nello specifico, analizzando le diverse aree generative che compongono le Job Demands, le aziende potrebbero mettere in atto diverse azioni finalizzate proprio a ridurre il loro impatto negativo.

Per esempio, nell’ottica di ridurre il peso che eventuali conflitti e difficoltà comunicative con i colleghi potrebbero avere sull’individuo, l’azienda potrebbe promuovere azioni finalizzate a migliorare i flussi comunicativi al suo interno, cercando di rendere le informazioni il più chiare possibile per tutti i lavoratori.

Inoltre, anche in questa direzione, potrebbe essere vantaggiosa la messa in atto di azioni finalizzate a promuovere coesione e il supporto tra colleghi, per esempio attraverso il già citato lavoro di equipe.

Altro aspetto sul quale l’azienda potrebbe intervenire è quello che riguarda le criticità sempre più attuali nella conciliazione tra lavoro e vita privata, il “conflitto lavoro/famiglia” infatti, viene spesso interpretato come una specifica richiesta lavorativa, in quanto le richieste insite nei ruoli lavorativo e familiare sono spesso percepite come tendenzialmente incompatibili tra loro (Simbula, 2011).

In questo caso l’azione potrebbe essere finalizzata a cercare di favorire il più possibile la conciliazione tra le richieste di lavoro e quelle della famiglia o comunque della vita privata, per esempio attraverso l’introduzione di orari più flessibili che cercano di andare incontro alle molteplici esigenze delle famiglie, permettendo al lavoratore di entrare ed uscire da lavoro, sempre all’interno di fasce orarie predeterminate, ma lasciando a quest’ultimo la possibilità di gestirsi autonomamente all’interno di esse, proprio nell’ottica di facilitare la difficile conciliazione tra impegni personali e lavorativi.

117

Un altro possibile metodo di intervento potrebbe essere quello di favorire lo “smart working” all’interno dell’azienda, ma come già ricordato esso implica un importante cambiamento nella concezione del lavoro e per tale motivo continua ad avere difficoltà a decollare, specie nel nostro Paese.

Anche la supervisione può essere considerata come un possibile intervento volto alla gestione delle richieste lavorative, con essa infatti, come già ricordato, il lavoratore dovrebbe essere aiutato a gestire le richieste emotive derivanti dalla propria attività, che specie nelle professioni di aiuto, possono essere molto elevate in quanto esse hanno a che fare continuamente con le persone, con i loro bisogni, difficoltà e sofferenze.

Inoltre il supervisore dovrebbe facilitare la messa in atto di misure di intervento utili al fine di ridurre il rischio di stress, per esempio attraverso una redistribuzione dei carichi di lavoro o una rotazione dei compiti.

Un altro fattore che può essere percepito come richiesta lavorativa e dunque andare a compromettere il livello di Engagement dei lavoratori è la mancanza di chiarezza in merito al ruolo e alle mansioni da svolgere all’interno dell’organizzazione.

In particolare, come ricordato e discusso nel secondo capitolo, l’ambiguità o il conflitto di ruolo possono rappresentare due fattori di rischio psicosociale per il lavoratore.

In quest’ottica il contesto lavorativo dovrebbe riuscire a definire in modo chiaro e formalizzato i ruoli all’interno delle organizzazioni, così da evitare possibili ambiguità ed errori. Sia l’ambiguità che il conflitto di ruolo trovano i suoi fondamenti infatti in dinamiche comunicative spesso compromesse all’interno delle aziende, così da creare confusione nel lavoratore circa la sua reale posizione nell’organizzazione, dunque anche in questa direzione è fondamentale per l’azienda promuovere azioni finalizzate a migliorare i flussi comunicativi, cercando di rendere le informazioni il più chiare possibile per tutti i lavoratori.

118

Definire in maniera precisa i ruoli organizzativi permette di chiarire al lavoratore quelle che sono le sue mansioni, responsabilità e confini operativi, in questo modo non solo il lavoratore, ma anche l’azienda otterrà benefici, in quanto la definizione dei ruoli permette di ridurre dimenticanze e ridondanze, portando ad un aumento dell’efficienza del lavoro.

Inoltre, come è emerso dai risultati della ricerca, la messa in atto da parte di superiori di strategie Soft di potere, sembra permettere l’innalzamento dei livelli di Work Engagement dei lavoratori.

Per tale motivo il contesto lavorativo dovrebbe privilegiare l’incentivazione e la formazione dei leader verso l’uso di Tattiche Soft di leadership, piuttosto che Harsh.

I risultati della ricerca ci hanno inoltre permesso di rilevare come un orientamento cognitivo alla Locomotion da parte del lavoratore si associa positivamente ad elevati livelli di Engagement di quest’ultimo.

Una possibile modalità che i contesti lavorativi hanno per avere più soggetti Locomotors, invece che Assessors al suo interno, potrebbe essere quella di favorire un aumento della motivazione intrinseca, piuttosto che estrinseca, dei propri dipendenti. La motivazione intrinseca infatti, si associa generalmente ad un orientamento alla Locomotion e permette al lavoratore di esser realmente interessato e concentrato sull’attività in sé piuttosto che essere influenzato da ricompense o pressioni esterne e questo, come abbiamo visto, favorisce il coinvolgimento nell’azione intrapresa e l’investimento di risorse ed energie per il conseguimento degli obiettivi stabiliti.

6.4. Conclusioni

Il presente elaborato, finalizzato ad approfondire la tematica del Benessere Organizzativo all’interno delle professioni d’aiuto, ha cercato di innovare il quadro

119

degli studi centrati sull’individuazione dei fattori che concorrono al malessere organizzativo, allo stress e al burnout, con l’intento di rilevare, in accordo con la prospettiva della Psicologia Positiva, l’esistenza di una situazione opposta, che anziché portare ad un “distacco” dal proprio lavoro ne promuove al contrario la motivazione ed il coinvolgimento.

Gran parte del lavoro di tesi si è basato sul costrutto del Work Engagement, una condizione psicologica associata al lavoro, positiva e soddisfacente, caratterizzata da vigore, dedizione e assorbimento (Schaufeli, Salanova, Gonzales- Roma e Bakker, 2002), che genera nel lavoratore benessere, efficacia, energie e una profonda identificazione con il proprio lavoro. Tale condizione dovrebbe essere valorizzata e incrementata nei lavoratori, in quanto essa, non solo permette al lavoratore stesso di trarre una maggior soddisfazione nell’attività quotidiana, ma anche un maggior investimento di energie, tempo e risorse nel lavoro da parte dei dipendenti favorisce senza dubbio la produttività, l’efficacia e l’efficienza dell’azienda.

Il Work Engagement infatti rappresenta una predisposizione positiva verso il lavoro, grazie alla quale gli individui divengono essi stessi promotori di benessere nelle organizzazioni.

Nello specifico la ricerca del presente elaborato ha avuto come scopo quello di rilevare lo stato di benessere in un particolare ambito lavorativo, quello delle professioni “High-touch, professioni esposte ad un elevato rischio di stress, proprio per il loro contatto continuo e diretto con le persone, con le loro difficoltà, richieste e sofferenze.

L’indagine dunque ha coinvolto a tal fine un gruppo di professionisti, assistenti sociali, psicologi, educatori professionali e operatori socio-sanitari, che si trovano nel quotidiano a svolgere un lavoro emozionalmente impegnativo che richiede un elevato coinvolgimento sia emotivo che fisico.

L’intento è stato quello di valutare come tali professioni, anche se coinvolte in situazioni particolarmente stressanti, possono far leva sulle loro risorse e sugli

120

aspetti positivi del lavoro, per raggiungere una condizione di benessere fisico, psicologico e sociale. In accordo con il Modello “Work-Related Well-Being” di Tesi e Aiello (2016).

La ricerca dunque si è posta l’obiettivo di andare ad individuare in tali lavoratori alcune variabili di natura psicosociale connesse al Work Engagement, nell’intento di mettere in evidenza quelli aspetti sui quali le aziende dovrebbero far leva al fine di promuovere il benessere organizzativo al loro interno.

Nello specifico, in primo luogo, è stata analizzata l’incidenza che le Job Demands (richieste lavorative), le Job Resources (risorse lavorative) e le Personal Resources (risorse personali) hanno sul Work Engagement dei professionisti dell’aiuto.

E’ stato rilevato che sia le risorse lavorative che quelle personali si correlano positivamente con il Work Engagement. All’opposto dalla ricerca è emerso come le richieste lavorative si correlano negativamente con il livello di Engagement dei lavoratori. Tali risultati appaiono in linea con il modello di riferimento Job Demands- Resources (Bakker e Demerouti, 2007).

In secondo luogo è stato esaminato il ruolo che i differenti orientamenti motivazionali dei professionisti dell’aiuto hanno sul loro Work Engagement.

E’ stato rilevato inoltre che l’orientamento alla Locomotion da parte dei dipendenti, correla in maniera positiva con i loro livelli di Engagement, all’opposto, chi ha un orientamento all’Assessment non presenta associazioni con il Work Engagement. Ciò evidenzia come individui che presentano una tendenza motivazionale verso la Locomotion, raggiungono livelli di Engagement più elevati.

Si è analizzato inoltre l’influenza delle modalità attraverso le quali i superiori possono esercitare il loro potere, in particolare valutando l’associazione esistente tra strategie di potere di tipo Harsh o Soft e il Work Engagement. A tal proposito è emerso che la messa in atto di Tattiche Soft da parte dei superiori permette di ottenere maggiori livelli di Work Engagement nei subordinati, a differenza invece delle Tattiche Harsh che non prevedono alcuna associazione con i livelli di

121

Engagement.

I diversi contesti lavorativi dunque dovrebbero cercare di promuovere al loro interno quegli aspetti come le Job Resources e le Personal Resources, l’orientamento alla Locomotion e le strategie di potere di tipo Soft, che come abbiamo esaminato possono portare un incremento dei livelli di Work Engagement nei loro dipendenti, per esempio cercando di incentivare coesione e supporto tra i propri membri, come si fa attraverso il lavoro di equipe, promuovendo flessibilità e autonomia nel lavoro, mettendo in atto interventi finalizzati a rafforzare le potenzialità dei dipendenti (es. attraverso supervisione, formazione professionale e percorsi di coaching individuali o di gruppo) e cercando di aumentare la motivazione del lavoratore.

Le aziende inoltre dovrebbero imparare a gestire le richieste lavorative che, come dimostrato, incidono negativamente sui livelli di Engagement dei lavoratori, in particolare cercando di migliorare i flussi comunicativi all’interno dell’azienda, di favorire la conciliazione tra lavoro e vita privata dei propri dipendenti (ad esempio introducendo orari di lavoro più flessibili), aiutando i lavoratori a gestire le richieste emotive derivanti dal loro operato e ridistribuendo carichi di lavoro o favorendo una rotazione dei compiti tra gli operatori (per esempio attraverso un’attenta supervisione).

Per i contesti lavorativi dunque riuscire a costruire un ambiente caratterizzato da Benessere Organizzativo è sicuramente un processo di sviluppo particolarmente complesso che però, potrà portare nel tempo a vantaggi sia in termini di benessere e soddisfazione lavorativa dei dipendenti, sia in termini di produttività, efficacia ed efficienza aziendale.

In conclusione dunque l’intento di questo lavoro è stato quello di esaminare come anche in professioni particolarmente esposte ad un elevato rischio di stress possono essere rilevati aspetti positivi come risorse che, se adeguatamente valorizzati e potenziati dalle aziende, possono favorire alti livelli di Work Engagement nei lavoratori e dunque portare ad un elevato coinvolgimento nel proprio lavoro, avversando il burnout, come accade spesso in queste professioni proprio in risposta all’eccessivo stress derivante dal rapporto con le continue richieste di un’utenza generalmente portatrice di problematiche con consistenti livelli di complessità.

122

Riferimenti Bibliografici

Agosti, A. (2006). Gruppo di lavoro e lavoro di gruppo. Milano: Franco Angeli.

Aiello, A., Deitinger, P., e Nardella, C. (2012). Il modello Valutazione dei Rischi

Psicosociali (VARP). Milano: FrancoAngeli.

Aiello, A., Deitinger, P., Nardella, C., e Bonafede, M. (2008). Uno strumento

Documenti correlati