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Le imprese e i lavoratori in cassa integrazione Covid-19 nei mesi da marzo a giugno

Nel documento XIX RAPPORTO ANNUALE (pagine 45-57)

nell’analisi portata a termine in una nota congiunta fra Inps e Banca d’Italia lo scorso mese di luglio si era approfondita la dinamica dei pagamenti della CIG-Covid nei mesi di marzo e aprile15. In questo paragrafo si estende l’analisi anche ai mesi di maggio e giugno, con l’obiettivo di comparare il secondo bimestre di CIG-Covid con il primo, e di fornire indicazioni di interesse per il dibattito di policy16.

nel periodo da marzo a giugno quasi 800 mila imprese, pari a poco più delle metà di quelle presenti negli archivi Uniemens nel mese di febbraio 2020, hanno fatto ri-corso a trattamenti di integrazione salariale. I dipendenti coinvolti sono stati oltre 5 milioni e mezzo (circa il 40%)17.

La Tavola 1.8 riporta alcune statistiche relative al ricorso a questi strumenti distin-guendo tra le diverse tipologie di trattamento e le diverse modalità di pagamento degli importi. Il pannello (a) mostra che poco meno del 10% delle imprese ha ero-gato direttamente ai propri dipendenti il trattamento di integrazione salariale, con-guagliandolo poi in sede di versamento dei contributi; l’erogazione dell’importo da parte di InPs è la modalità di pagamento richiesta dalla maggior parte delle imprese e ha interessato una quota più elevata di lavoratori (pannello b). Le imprese che hanno scelto il conguaglio sono mediamente più grandi (pannello c) e, verosimil-mente, hanno avuto meno difficoltà a reperire la liquidità necessaria per pagare le integrazioni salariali. mentre la CIG-Covid in deroga è il tipo di trattamento di gran lunga più richiesto dalle imprese, la quota di lavoratori che ha usufruito di questa

15 Per brevità, in questo paragrafo e nel successivo con il termine CIG-Covid ci si riferisce a tutti i trattamenti di integrazione salariale con causale Covid-19: Cassa Integrazione ordinaria e in deroga, assegni del Fondo di Integrazione Salariale (FIS) e assegni dei fondi di solidarietà.

16 Cfr. “Le imprese e i lavoratori in Cassa integrazione Covid nei mesi di marzo e aprile”, Nota Congiunta Inps-Banca D’Italia, 29 luglio 2020. Si ringraziano Giulia Bovini ed Eliana Viviano del Dipartimento Eco-nomia e Statistica della Banca d’Italia per la collaborazione e l’utile scambio di idee.

17 In questo paragrafo e nel successivo con il termine imprese ci si riferisce alle matricole contributive, che sono l’unità di osservazione disponibile nei dati.

Tavola 1.8 Imprese che hanno fatto ricorso a trattamenti di integrazione salariale nel periodo da marzo a giugno 2020: quota di imprese, quota di dipendenti e dimensione media,

per tipologia di trattamento e modalità di pagamento

Tipologia di trattamento Conguaglio Pagamento diretto da parte modalità di pagamento

di InPs Totale

a) Quota di imprese

Assegno Ordinario-Covid 2,9 4,9 7,6

CIG Ordinaria-Covid 6,4 9,4 14,7

CIG in deroga – Covid - 32,3 32,3

Totale 9,7 46,4 54,4

b) Quota di dipendenti

Assegno Ordinario-Covid 6,4 7,1 13,1

CIG Ordinaria-Covid 12,5 6,6 18,3

CIG in deroga – Covid - 8,8 8,8

Totale 19,7 22,4 40,5

c) Dimensione media delle imprese

Assegno Ordinario – Covid 40,9 21,8 28,5

CIG Ordinaria – Covid 28,0 8,5 16,8

CIG in deroga Covid - 3,8 3,8

Nota: elaborazione su dati INPS. Dati aggiornati al 14 settembre. Nel pannello (a) la quota di imprese è cal-colata sul numero di imprese presente negli archivi UniEmens a febbraio 2020. Nel pannello (b) la quota di dipendenti è calcolata sul numero di dipendenti occupati a febbraio 2020 nelle imprese presenti negli archivi UniEmens in quel mese. Nei pannelli (a) e (b) la somma delle quote non coincide esattamente con i totali perché manca la tipologia di trattamento residuale “Altro” e vi sono imprese che hanno fatto ricorso a più modalità di integrazione e/o pagamento. Nel pannello (c) la dimensione delle imprese è misurata nel mese di febbraio 2020.

prestazione è meno elevata delle altre; questo riflette il fatto che le imprese eleggibili per la CIG-Covid-19 in deroga, principalmente imprese del terziario non coperte da altri strumenti, sono mediamente molto piccole. Le imprese che hanno usufruito degli assegni dei fondi di solidarietà o del FIs sono invece in media più grandi di quelle che hanno richiesto la CIG ordinaria. Tra le prime vi sono alcune grandi so-cietà di servizi di supporto alle imprese; le seconde operano nei comparti manifat-turiero ed edile.

nel periodo considerato, nelle imprese che hanno usufruito della CIG-Covid la quota di lavoratori interessata dalla riduzione dell’orario di lavoro è stata molto ampia (intorno al 70%): la contrazione dell’input di lavoro è stata particolarmente pronunciata nel bimestre marzo-aprile e, sulla base dei dati disponibili a metà set-tembre, si è attenuata significativamente nel bimestre maggio-giugno, contestual-mente alla graduale ripresa dell’attività economica (Figura 1.14.a). La distribuzione delle ore di CIG-Covid in rapporto al monte ore lavorate evidenzia in particolare il calo significativo del numero di imprese che in marzo e aprile avevano usato mag-giormente la CIG-Covid (quelle con un utilizzo superiore al 60% del monte ore). nel bimestre maggio-giugno circa il 20% delle imprese ha utilizzato la CIG-Covid per ridurre non più del 10% del proprio orario di lavoro. Anche il risparmio medio di CIG-Covid per dipendente è significativamente diminuito, da circa 1.500 euro nel bimestre marzo-aprile a circa 850 euro nel bimestre maggio-giugno (Figura 1.14.b), su un salario medio per dipendente di circa 2.600 euro per il periodo pre-Covid.

Con la progressiva rimozione dei vincoli all’attività, in maggio e giugno il ricorso alla CIG-Covid si è ridotto per tutte le classi dimensionali in misura proporzional-mente maggiore per le imprese medio-piccole (con un numero di dipendenti com-preso tra 2 e 50; Figura 1.15.a). La percentuale di ore integrate è rimasta relativamente più elevata nel mezzogiorno. Tuttavia, in termini relativi, in quest’area geografica il calo registrato in maggio e giugno è stato moderatamente più elevato.

Figura 1.14 Imprese che hanno fatto ricorso a trattamenti di integrazione salariale nei bimestri

marzo-aprile e/o maggio-giugno: distribuzione delle ore di CIG-Covid (in rapporto

al monte ore) e dei risparmi di costo del lavoro per dipendente

(a) (b)

Nota: elaborazione su dati INPS. Dati aggiornati al 14 settembre. Il pannello (a) mostra la distribuzione del rapporto tra ore di CIG-Covid usufruite dall’impresa in ciascun bimestre e il monte ore lavorabili nello stesso bimestre. Per ogni impresa, il monte ore lavorabili in ciascun bimestre è calcolato sulla base dell’orario con-trattuale medio, del numero di dipendenti a tempo pieno e parziale, e della percentuale di part-time dei di-pendenti a tempo parziale osservati nel mese di febbraio 2020. Il pannello (b) mostra la distribuzione del risparmio in termini di costo del lavoro, calcolato come il rapporto tra l’ammontare di retribuzione globale non pagata ai dipendenti che hanno ricevuto trattamenti di integrazione salariale in ciascun bimestre e il nu-mero complessivo di dipendenti dell’impresa nel febbraio 2020. Poiché in alcuni casi la retribuzione non è di-sponibile, la riduzione del monte retributivo può essere sottostimata.

Con la riduzione del ricorso alla CIG-Covid nel bimestre maggio-giugno si è ridotta anche la quota di lavoratori con un numero significativo di ore di integrazione sa-lariale sul totale delle ore lavorabili (Figura 1.16.a). nel bimestre marzo-aprile il nu-mero medio di ore di integrazione per i dipendenti in CIG-Covid è stato pari a quasi 160 ore, corrispondenti al 90% dell’orario teorico mensile di un lavoratore a tempo pieno. nel bimestre successivo, solo poco più di un quinto dei lavoratori ha subito una riduzione dell’orario di lavoro di pari o superiore entità. Le perdite sa-lariali per dipendente ammontano al 22,5% nel primo bimestre e al 17% nel secondo bimestre. Anche le perdite salariali subite dai lavoratori si sono significativamente ridotte e circa la metà dei lavoratori in CIG-Covid ha subito perdite non superiori al 20% della propria retribuzione mensile (Figura 1.16.b).

Figura 1.15 Frazione di ore non lavorate nei bimestri marzo-aprile e maggio-giugno,

per dimensione e localizzazione geografica delle imprese

Nota: elaborazione su dati INPS. Dati aggiornati al 14 settembre. I pannelli (a) e (b) mostrano, per ciascuna classe dimensionale d’impresa e per le 5 macro-aree geografiche, rispettivamente, il rapporto tra le ore di in-tegrazione usufruite dalle imprese che hanno richiesto trattamenti di inin-tegrazione salariale e le ore lavorabili da tutte le imprese, separatamente per i bimestri marzo-aprile e maggio-giugno. Per ogni impresa, il monte ore lavorabili in ciascun bimestre è calcolato sulla base dell’orario contrattuale medio, del numero di dipendenti a tempo pieno e parziale, e della percentuale di part-time dei dipendenti a tempo parziale osservati nel mese di febbraio 2020.

La Tavola 1.9 riporta l’incidenza per regione delle imprese e dei lavoratori in CIG-Covid, nonché le ore di integrazione medie per i dipendenti che hanno usufruito delle integrazioni salariali. Con l’eccezione del Trentino-Alto-Adige, in tutte le regioni il numero di imprese che hanno fatto ricorso alla CIG-Covid nel periodo marzo-giugno è stato prossimo o superiore al 50%; la quota di lavoratori in CIG-Covid mostra invece una maggiore variabilità, essendo più elevata nel mezzogiorno e par-ticolarmente bassa (oltre che in Trentino-Alto Adige) anche nel Lazio e in Lombardia. Quest’ultimo dato riflette verosimilmente una più elevata incidenza in queste regioni di lavoratori essenziali, non sottoposti ai provvedimenti di chiusura. La riduzione dell’orario di lavoro medio sopportato nei quattro mesi dai lavoratori in CIG-Covid è pari mediamente a circa il 30% dell’orario teorico di lavoro per un dipendente a tempo pieno: tale valore è stato più elevato nelle regioni del mezzogiorno. nel sud e nelle Isole pertanto non solo la quota di imprese che hanno fatto ricorso alla CIG-Covid è stata maggiore che nelle altre aree, ma anche la quota di lavoratori in CIG-Covid e le ore integrate per dipendente hanno assunto valori più elevati della media.

Figura 1.16 Dipendenti che hanno usufruito di trattamenti di integrazione salariale nei bimestri

marzo-aprile e/o maggio-giugno: ore integrate e riduzione della retribuzione

Nota: elaborazione su dati INPS. Dati aggiornati al 14 settembre. Le informazioni per costruire la retribuzione mensile sono mancanti per circa il 9% dei pagamenti di CIG-Covid.

Tavola 1.9 Imprese e lavoratori che hanno usufruito di trattamenti di integrazione salariale

nel periodo da marzo a giugno, per regione

regione Imprese % [1] dipendenti % [2] Ore di integrazione medie per dipendente(ore) [3]

Piemonte 50,6 47,0 225 valle d’Aosta 51,1 42,3 240 Lombardia 50,5 35,8 204 Liguria 53,4 40,6 207 veneto 49,1 42,9 206 Friuli-venezia Giulia 49,3 45,5 192 Trentino-A. . 32,9 31,8 185 emilia-romagna 48,4 42,0 197 Toscana 53,6 43,7 235 Umbria 54,5 45,0 226 marche 50,8 48,4 223 Lazio 57,7 32,4 234 Abruzzo 58,0 50,8 234 molise 52,5 47,1 234 Campania 61,1 50,0 240 Puglia 55,4 47,5 246 Basilicata 57,9 51,0 267 Calabria 59,0 50,9 249 sicilia 55,0 45,0 251 Italia 54,4 40,5 219

Nota: elaborazione su dati INPS. Dati aggiornati al 14 settembre. La colonna (1) mostra il rapporto tra il nu-mero di imprese che hanno usufruito di trattamenti di integrazione salariale tra marzo e giugno e il nunu-mero di imprese presenti negli archivi UniEmens a febbraio 2020. La colonna (2) mostra il rapporto tra il numero di dipendenti che hanno usufruito di trattamenti di integrazione salariale tra marzo e giugno e il numero di dipendenti a febbraio 2020 nelle imprese presenti negli archivi UniEmens in quel mese. La colonna (3) mostra il numero medio di ore di integrazione nel periodo da marzo a giugno per i dipendenti che hanno usufruito di trattamenti di integrazione salariale. Le percentuali regionali nelle colonne (1) e (2) sono ottenute escludendo dal denominatore del rapporto i grandi enti pubblici o para-pubblici caratterizzati da accentra-mento contributivo.

18 Come test di robustezza si è anche scelto come sistema di pesi il numero di lavoratori per settore, invece del numero di imprese nel settore, con un impatto minimo sui risultati dell’analisi.

19 Le ore lavorabili a livello di settore a 4 digit sono calcolate utilizzando le informazioni presenti in UniEmens a febbraio 2020, tenendo anche in considerazione il numero di lavoratori in part time e la relativa per-centuale part time.

L’utilizzo della CIG-Covid a livello settoriale, in risposta all’evoluzione della congiuntura

In questo paragrafo si intende aggiornare l’analisi dell’incidenza della CIG-Covid per i mesi di maggio e giugno, rispetto al bimestre marzo-aprile. L’incidenza delle imprese che hanno richiesto la CIG-Covid è molto persistente tra il primo bimestre, marzo-aprile, e il secondo bimestre, maggio-giugno. La Figura 1.17 mostra sull’asse delle ascisse l’incidenza delle imprese che in ogni settore Ateco a 4 digit hanno richiesto la CIG-Covid nel primo bimestre mentre sull’asse delle ordinate riporta l’incidenza per il secondo bimestre, coprendo tutti i settori presenti nell’archivio Uniemens. La dimensione dei cerchi riflette il numero di imprese in quel settore e la retta in-terpolante è pesata sulla base della dimensione del settore (espressa in termini di numero di imprese)18. Il pannello (a) si riferisce al margine estensivo, la quota di im-prese per settore, mentre il pannello (b) si riferisce al margine intensivo, la quota di ore richieste di cassa integrazione sul totale delle ore lavorabili19. nel pannello (a) si evince che l’incidenza di CIG-Covid a marzo e aprile è un forte predittore dell’incidenza a maggio e giugno, dato che i punti sono fortemente allineati intorno alla retta interpolante. Inoltre, tale retta è al di sotto della bisettrice, suggerendo che l’incidenza di maggio e giugno è, come già evidenziato, inferiore a quella di marzo e aprile. nel pannello (b) si nota come l’incidenza in termini di ore nel primo bime-stre rimane un buon predittore di quella nel secondo bimebime-stre, anche se emerge una maggiore variabilità soprattutto per i settori che avevano richiesto una quantità di ore elevata nel primo bimestre. Inoltre, la retta interpolante è fortemente meno inclinata rispetto alla bisettrice, suggerendo che la riduzione in termini di ore di in-tegrazione dal primo al secondo bimestre è stata più marcata rispetto a quella in termini di numero di imprese.

si analizza inoltre l’evoluzione dell’utilizzo della CIG-Covid nei diversi settori in risposta a variazioni della performance economica del settore, misurata a partire dai numeri indice della produzione industriale. Ciò impone di restringere l’analisi al settore mani-fatturiero, per il quale vi sono dati disponibili20 . Al fine di considerare i possibili effetti stagionali, per ogni settore i la variazione tendenziale della produzione industriale in giugno viene rapportata alla stessa grandezza misurata in gennaio. si intende pertanto catturare la variazione tendenziale del primo semestre 2020, parametro che è stato anche utilizzato nel dL 104/2020 (c.d. “decreto agosto”) per articolare l’eleggibilità alla CIG rispetto alle performance settoriali. L’indice è pertanto pari a:

delta_PIi = ((PI_Giu2020i/ PI_Giu2019i)/(PI_Gen2020i/PI_Gen2019i))*100

dove ad esempio PI_Giu2020i è il numero indice della produzione industriale nel settore i nel mese di giugno (in base 2015). L’indicatore delta_PIi misura quindi quanto la variazione tendenziale della produzione industriale registrata nel giugno 2020 si discosta da quella osservata in gennaio: valori inferiori a 100 indicano che il tasso di variazione tendenziale della produzione industriale in giugno è stato infe-riore a quello registrato in gennaio; valori prossimi a 100 indicano che la variazione

Figura 1.17 Relazione tra la quota di imprese richiedenti la CIG-Covid nel bimestre

maggio-giugno rispetto al bimestre marzo-aprile

20 Dati Istat, classificazione Ateco a 4 digit; dati non destagionalizzati. I dati Istat sull’industria si riferiscono ai settori a 4 digit della classificazione Ateco dall’8 al 35 (settori 2 digit), quindi una manifattura allargata – la definizione stretta di manifattura va dal 10 al 33. Si vedano le banche dati disponibili a https://www.istat.it/it/archivio/244211.

Anche considerando il margine intensivo, cioè in termini di ore, si deriva una rela-zione analoga sia nel primo sia nel secondo bimestre, con la conferma che in termini di ore la riduzione media è molto più accentuata nel secondo bimestre. In generale, Figura 1.18 Relazione tra la quota di imprese richiedenti la CIG-Covid e i cambiamenti nell’andamento

dell’indice della produzione industriale giugno-gennaio 2020: margine estensivo

21 Come analisi di robustezza in appendice si è calcolata la correlazione tra la variazione tendenziale in aprile 2020 (il solo numeratore dell’indice delta_PI) e la quota di imprese in CIG-Covid, che risulta so-stanzialmente identica.

Nota: elaborazione su dati INPS e Istat.

tendenziale in giugno 2020 è simile a quella di gennaio 2020; al contrario valori ele-vati segnalano una dinamica più favorevole rispetto a gennaio.

La Figura 1.18 riporta la relazione tra l’indice delta_PIi fra giugno e gennaio, cosi come si evince dalla formula, e la quota di imprese in CIG-Covid nello stesso settore Ateco per i due bimestri marzo-aprile (a sinistra) e maggio-giugno (a destra). si nota una relazione negativa tra la quota delle imprese che richiedono la CIG-Covid e i cambiamenti nella dinamica dell’indice di produzione industriale delta_PIi: tanto più il tasso di crescita della produzione industriale si è ridotto, tanto maggiore è la quota di imprese che hanno richiesto la CIG-Covid21. Inoltre, la relazione è molto simile fra i due bimestri, con praticamente la stessa forma della nuvola di punti e la stessa inclinazione per la retta interpolante. Ciò è dovuto alla forte persistenza dell’inci-denza del ricorso settoriale alla CIG-Covid fra bimestri, con l’unica differenza che l’incidenza nel secondo bimestre è in media inferiore a quella nel primo bimestre.

è importante sottolineare che anche in settori dove la variazione della produzione industriale si è mantenuta costante si registra una richiesta non trascurabile di CIG-Covid, intorno al 30% in termini di imprese e al 25% in termini di ore.

e’ anche possibile calcolare numeri indici della produzione industriale specifici ai due bimestri, utilizzando la stessa formula utilizzata per l’indice giugno-gennaio, con un indice aprile-febbraio per il primo bimestre e un indice giugno-aprile per il se-condo bimestre22. La Figura 1.19 mostra una correlazione negativa fra i due numeri indici, suggerendo chiaramente un effetto rimbalzo nel secondo bimestre: i settori che avevano registrato una più marcata riduzione di produzione industriale a causa del lockdown legato al Covid-19 a marzo-aprile sono quelli che in media sono cre-sciuti maggiormente una volta terminata la fase più critica, nel secondo bimestre con la prima riapertura del 4 maggio 2020.

22 Per alcuni settori l’indice di produzione industriale in aprile, rispetto al 2015, assume valori prossimi allo zero (in una scala da 0 a 100). Pertanto l’indice della variazione di produzione industriale fra giugno e aprile può assumere valori che tendono all’infinito per tali settori. Per ovviare a tale problema si è imposto un valore dell’indice della produzione industriale di 5 per i settori che rispetto al 2015 avevano un numero indice ad aprile inferiore a 5.

Figura 1.19 Relazione tra l’indice della produzione industriale in giugno-aprile

e l’indice della produzione industriale in aprile-febbraio

Figura 1.20 Relazione tra l’utilizzo della CIG-Covid in termini di ore e l’indice della produzione

industriale nei bimestri marzo-aprile e maggio-giugno

Nota: elaborazione su dati INPS e Istat.

si vuole anche analizzare la relazione fra l’utilizzo della CIG-Covid in termini di ore di integrazione utilizzate su ore lavorabili, nei due bimestri distinti, e la relativa va-riazione della produzione industriale nel bimestre di riferimento. dalla Figura 1.20 si evince che per quanto riguarda il primo bimestre la relazione è fortemente ne-gativa, con un utilizzo decisamente più marcato di CIG-Covid nei settori con una caduta più pronunciata della produzione industriale. Per quando riguarda il secondo bimestre si osserva una relazione leggermente crescente. A prima vista tale relazione potrebbe risultare sorprendente, ma è dovuta all’effetto rimbalzo precedentemente osservato ed alla forte persistenza dell’utilizzo della CIG-Covid fra il primo e se-condo bimestre. In altre parole, i settori che avevano visto diminuire maggiormente la produzione industriale avevano usato maggiormente la CIG-Covid nel primo bi-mestre, e a causa della persistenza nel secondo bibi-mestre, continuano ad usare in modo pronunciato la CIG-Covid anche se registrano variazioni positive e importanti della produzione industriale, dovute all’effetto di rimbalzo23.

23 Analisi analoghe a quelle riportate in questo paragrafo sono state portate a termine per il settore dei servizi, limitatamente ai codici Ateco per i quali sono disponibili i dati sul fatturato di fonte Istat, e i risultati sono con-fermati. Tuttavia, essendo tali numeri indici del fatturato trimestrali, mal si prestano all’analisi tra bimestri portata a termine in questo documento, in quanto i periodi non si sovrappongono.

Nel documento XIX RAPPORTO ANNUALE (pagine 45-57)