• Non ci sono risultati.

Inadeguatezza del criterio della residenza abituale rispetto alle finalità di assicurare maggiore tutela al consumatore

Nel documento Electio legis e contratti dei consumatori (pagine 134-137)

LA DISCIPLINA DEL REGOLAMENTO ROMA

VII. Inadeguatezza del criterio della residenza abituale rispetto alle finalità di assicurare maggiore tutela al consumatore

In continuità con la convenzione di Roma, il legislatore comunitario ha previsto che la legge in grado di meglio tutelare le ragioni del consumatore sia quella del paese di residenza abituale.

In effetti, dal raffronto tra le finalità di tutela che ispirano l’intervento normativo e la formulazione dell’art. 6 del regolamento emerge con ogni evidenza che trattasi di norma intrinsecamente inidonea a perseguire il proprio scopo, atteso che non garantisce l’applicazione della legge più favorevole al consumatore dal punto di vista della disciplina materiale del rapporto.

Valgono, al riguardo, le valutazioni critiche già esposte nelle pagine che precedono con riferimento alla corrispondente disposizione (art. 5) della convenzione di Roma, alle quali si rinvia.

Giova però ribadire in questa sede che ove il consumatore sia residente in uno Stato membro, godrà certamente dello standard normativo minimo fissato dalle direttive. Tuttavia, al di là dell’armonizzazione minima, persistono ancora notevoli differenziazioni tra i diversi ordinamenti nazionali in materia di tutela del consumatore (ad esempio, varia tra gli Stai membri il termine entro il quale è esercitabile il recesso, diverse sono le modalità di esercizio e i costi per la restituzione dei beni). Può, pertanto, accadere che l’applicazione indiscriminata della

127 legge del paese di residenza si traduca paradossalmente in uno svantaggio per il consumatore quantomeno nei casi in cui la legge del paese del professionista preveda un livello di protezione maggiore. Non è, quindi, scontato che la normativa più favorevole per il consumatore sia quella del paese in cui risiede abitualmente.

Tale obiezione è destinata ad essere superata se e quando si giungerà all’armonizzazione completa della normativa di protezione del consumatore; obiettivo, peraltro, di non facile realizzazione a motivo delle resistenze, più o meno esplicite, manifestate da diversi Stai membri.

Una volta superate le differenziazioni tra gli ordinamenti nazionali, alla legge dello Stato membro di residenza non potrà contrapporsi la legge di altro paese comunitario più protettiva, essendo uniformato il livello di tutela del consumatore all’interno dell’Unione europea.

A tutt’oggi, però, permangono differenti livelli di protezione in ambito comunitario; pertanto, il criterio della residenza abituale continuerà a mostrarsi inadeguato a rispondere compiutamente alla finalità di protezione del consumatore cui la norma di conflitto è ispirata.

Analoghe considerazioni critiche valgono per il caso del consumatore residente in un paese extracomunitario. Ove si tratti di paesi in via di sviluppo, è noto che il livello di protezione è largamente inferiore e l’applicazione della legge di questo paese finisce col penalizzare il consumatore che, al contrario, godrebbe di miglior tutela se si applicasse la legge del paese del professionista che generalmente risulta più garantista, specie quando risieda in paesi industrializzati (comunitari e non) che, essendo i paesi con il maggior livello di esportazione di beni e servizi, mostrano maggiore sensibilità per le politiche di protezione dei consumatori.

Alla inadeguatezza del criterio della residenza abituale a garantire l’applicazione della legge più favorevole al consumatore il legislatore comunitario avrebbe potuto rimediare rendendo, quantomeno, flessibile il criterio in esame, come peraltro era stato opportunamente suggerito dal Comitato economico e sociale europeo nel parere del 29 gennaio 2004, di cui già si è detto.

Facendo tesoro delle critiche mosse dalla dottrina alla rigidità dell’analogo criterio di collegamento fissato dall’art. 5 della convenzione di Roma, il legislatore comunitario avrebbe dovuto consentire al giudice di derogare a detto criterio e

128 permettere, nei casi in cui dal complesso delle circostanze risultasse che il contratto presenti un collegamento più stretto con un altro paese, l’applicazione della legge di questo paese ove effettivamente più idonea a tutelare il consumatore rispetto alla legge del paese di residenza.

Tale operazione è ammessa in via generale dall’art. 4 del regolamento e anche dall’art. 8 in tema di contratti individuali di lavoro, essendo riconosciuto al giudice un certo margine di discrezionalità nell’individuare la legge più appropriata a disciplinare il rapporto, tra quelle a vario titolo collegate al caso concreto.

Per i contratti dei consumatori, invece, non è consentita alcuna deroga: il richiamo della legge del paese di residenza è rigido ed esclusivo di altre leggi. Evidentemente il legislatore comunitario ha ritenuto prioritario garantire la prevedibilità della legge applicabile in nome della certezza del diritto (che pure rappresenta uno degli obiettivi principali del regolamento).

E’ però irragionevole e contraddittorio che la certezza del diritto operi a corrente alternata, si imponga cioè nel modellare la norma di conflitto dei contratti dei consumatori e venga, invece, sacrificata nella disciplina dei contratti in genere e dei contratti di lavoro in particolare, con riferimento ai quali la prevedibilità della legge applicabile soccombe di fronte all’esigenza di garantire flessibilità.

La soluzione preferibile per rafforzare la tutela del consumatore sarebbe stata di rendere applicabile, tra quelle a diverso titolo collegate al contratto, la legge più favorevole al consumatore, lasciando al giudice il compito di individuarla sulla base di una valutazione ragionata di tutte le circostanze del caso concreto. Tale scelta avrebbe pienamente soddisfatto la finalità di garantire maggiore protezione al consumatore, sia pur al prezzo di sacrificare la prevedibilità della legge applicabile.

Nel regolamento è stata preferita la diversa soluzione del richiamo rigido della legge del paese di residenza abituale, con ciò mostrando di voler perseguire prioritariamente la certezza del diritto, anziché la finalità di tutelare in modo più incisivo il consumatore; il tutto nel quadro di un disegno complessivo tendente a realizzare un giusto equilibrio, tale da salvaguardia anche gli interessi e le ragioni dei professionisti che, accanto ai consumatori, sono gli attori principali del mercato interno, il cui effettivo funzionamento secondo le regole della concorrenza

129 rappresenta, comunque, l’obiettivo principale con il quale deve confrontarsi il legislatore comunitario.

Nel documento Electio legis e contratti dei consumatori (pagine 134-137)

Outline

Documenti correlati