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(segue) Portata e limiti del sistema di tutela offerto dalla convenzione di Roma

Nel documento Electio legis e contratti dei consumatori (pagine 103-107)

REGOLAMENTO PRESENTATA DALLA COMMISSIONE

III. (segue) Portata e limiti del sistema di tutela offerto dalla convenzione di Roma

L’impianto complessivo della disciplina speciale di conflitto dettata dall’art. 5 della convenzione di Roma è senz’altro ispirato dal proposito di assicurare una tutela rafforzata al consumatore in quanto contraente debole. L’esigenza di protezione è, però, rimasta confinata ai soli contratti conclusi in presenza delle specifiche condizioni previste dall’art. 5; si tratta dei casi in cui il consumatore ordina beni o servizi nel proprio paese di residenza abituale facendo seguito ad una sollecitazione da parte di un professionista di un altro paese.

In altri termini, non è stato introdotto un sistema di tutela generalizzata del consumatore, applicabile in tutti i casi in cui sia parte di un contratto connotato da elementi di internazionalità (come pure sarebbe stato auspicabile in funzione del riequilibrio delle posizioni contrattuali, così da evitare che il professionista abusi a proprio vantaggio della posizione di debolezza contrattuale del consumatore).

96 conclusi in determinate circostanze, tali da ingenerare nel consumatore stesso la legittima aspettativa di godere della protezione accordatagli dalla legge del proprio paese di residenza abituale152.

Ne è risultata una disciplina di conflitto che non è ispirata dalla sola esigenza di tutelare i consumatori, ma si fa carico di non pregiudicare oltre misura gli interessi delle imprese, escludendo tout court il consumatore “mobile” o “attivo” - ovvero colui che si reca in un paese diverso da quello in cui risiede abitualmente per effettuarvi un acquisto o avere accesso ad un servizio, salvo che si tratti di escursione transfrontaliera organizzata dal venditore - dal beneficio di una disciplina di conflitto di tipo protettivo sul presupposto che quest’ultimo non sia meritevole di protezione avendo consapevolmente assunto il c.d. “rischio del commercio estero”.

Qualora il consumatore abbia assunto autonomamente l’iniziativa di recarsi all’estero e vi abbia concluso il contratto con il professionista senza alcuna sollecitazione da parte di quest’ultimo, sarebbe consapevole dell’internazionalità del contratto e avrebbe implicitamente assunto il rischio dell’applicazione del diritto straniero, restando conseguentemente preclusa la formazione dell’aspettativa del consumatore di vedere applicata la legge del suo paese di residenza.

Anche l’esigenza di salvaguardare le ragioni del professionista ha avuto un peso decisivo nella formulazione dell’art. 5. Nelle intenzioni dei redattori della convenzione, infatti, l’applicazione anche al consumatore mobile della disciplina di protezione avrebbe condotto ad un risultato ingiusto dal punto di vista del professionista, che sarebbe stato sottoposto alla legge del paese di residenza del consumatore senza mai aver posto in essere alcuna attività diretta a vendere i suoi beni o servizi in quel paese.

Il consumatore mobile non gode, dunque, di alcuna tutela non essendo applicabile nei suoi confronti l’art. 5 della convenzione. Trovano, invece, applicazione le norme di conflitto ordinarie di cui agli artt. 3 e 4 che consentono di scegliere la legge applicabile (che di fatto è imposta dal professionista che si orienta per la legge a lui

152 In questa prospettiva, si veda la sentenza del 23 maggio 2006 della Corte di cassazione francese

(in Dalloz, 2006, n. 40, 2798 e ss.) che ha negato l’applicazione dell’art. 5 della convenzione sul rilievo che il contratto era stato concluso in uno Stato diverso da quello di residenza abituale del consumatore in cui questi si è recato di sua iniziativa, ancorché attirato da una pubblicità transfrontaliera effettuata da un professionista straniero.

97 più favorevole) e, in mancanza di scelta, conducono all’applicazione della legge del paese di residenza del professionista.

In sostanza, la convenzione distingue i consumatori meritevoli di una protezione particolare da quelli soggetti, invece, al regime generale e, pertanto, esclusi da ogni forma di tutela.

Sotto questo profilo, l’art. 5 della convenzione non va esente da critiche per aver abbandonato al suo destino il consumatore mobile, per quanto anche quest’ultimo sia pur sempre parte debole del rapporto contrattuale e non meriti di essere lasciato senza protezione per il solo fatto di aver assunto un ruolo attivo nella conclusione del contratto.

La norma di conflitto dettata dall’art. 5 considera la legge del paese di residenza abituale come la legge cui far riferimento allo scopo di realizzare quella finalità di protezione del consumatore che ne costituisce il motivo ispiratore. Ciò, tuttavia, non assicura affatto la migliore tutela del consumatore, non garantisce cioè l’applicazione della legge a lui più favorevole dal punto di vista della disciplina materiale del rapporto, posto che il livello di protezione di cui il consumatore gode nel paese di residenza ben può essere inferiore a quello del paese del professionista o di altro paese153. Nel caso del consumatore residente in un paese extracomunitario, laddove in molti casi (si pensi, ad esempio, ai paesi in via di sviluppo) il livello di protezione è decisamente inferiore, l’applicazione della legge di questo paese finirebbe paradossalmente col porre il consumatore in una posizione deteriore rispetto a quella in cui si troverebbe se si applicasse la legge del paese del professionista operante in ambito comunitario, restando evidentemente frustrata la finalità protettiva che i redattori della convenzione hanno inteso perseguire.

Il problema si ripropone anche per i consumatori residenti in paesi facenti parte dell’Unione europea. Se è vero che le direttive in materia consumeristica hanno determinato una positiva armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri, è

153 Sull’argomento F. POCAR, La legge applicabile ai contratti con i consumatori, cit., 312 e 313,

che mette in luce come la legge del paese di residenza non possa considerarsi in via di principio, per le ragioni esposte nel testo, la più idonea ad assicurare maggiore protezione al consumatore.

Lo spunto critico è ripreso successivamente dalla più autorevole dottrina e, in particolare, da A. BONOMI, Autonomia delle parti e protezione dei consumatori nel regolamento Roma I, in AA.VV., I rapporti economici internazionali e l’evoluzione del loro regime giuridico. Soggetti, valori e strumenti, a cura di N. BOSCHIERO –R.LUZZATO, Napoli, 2008, 256.

98 anche vero che la normativa comunitaria ha introdotto un livello minimo di protezione facendo salva la facoltà per i singoli Stati di adottare o mantenere, in ossequio al principio di sussidiarietà, disposizioni più severe a tutela del consumatore. E il concreto esercizio di detta facoltà da parte degli Stati membri ha provocato l’affermarsi, al di là dell’armonizzazione minima, di notevoli differenziazioni tra i diversi ordinamenti nazionali in materia di tutela del consumatore.

Non è quindi certo che la legislazione più protettiva sia quella del paese in cui il consumatore risiede abitualmente; anzi, nell’ipotesi in cui la controparte che gli fornisce la prestazione risieda in uno Stato dotato di un diritto più avanzato in ambito consumeristico, il consumatore trarrebbe maggiore vantaggio dall’applicazione della legge di quest’ultimo Stato.

La legge del paese di residenza è certamente quella meglio conosciuta dal consumatore, ma non necessariamente la più garantista. Nulla esclude che la legge del luogo in cui ha sede l’impresa o la legge del luogo di acquisto del prodotto o ancora la legge di un altro paese offrano al consumatore una protezione superiore a quella prevista dalla legge del suo paese di residenza.

In questi casi, il consumatore sarebbe paradossalmente penalizzato dall’applicazione dell’art. 5 della convenzione, malgrado detta norma sia finalizzata a garantirgli maggiore tutela.

In definitiva, la soluzione di rendere applicabile la legge del paese di residenza non risponde appieno alla dichiarata finalità di garantire al consumatore una tutela rafforzata. La rilevata inadeguatezza è resa ancor più grave dal richiamo della legge del paese di residenza in modo rigido ed esclusivo di altre leggi, senza possibilità di apportarvi correttivi. L’art. 5 non consente, infatti, di derogare al criterio di collegamento della residenza abituale neanche nel caso in cui risulti dal complesso delle circostanze che il contratto presenti un collegamento più stretto con un altro paese. Deroga che è, invece, ammessa in via generale dall’art. 4 della convenzione e ribadita anche dall’art. 6 in tema di contratti individuali di lavoro154.

154 L’art. 4 della convenzione stabilisce che in mancanza di scelta da parte dei contraenti, il contratto

è regolato dalla legge del paese con il quale presenta il collegamento più stretto e nei par. successivi detta una serie di presunzioni volte ad individuare tale paese. All’ultimo par., però, in ossequio al

99 Mentre con riguardo a qualsiasi contratto è possibile derogare ai criteri di collegamento stabiliti così da consentire al giudice un certo margine di discrezionalità nell’individuare la legge più appropriata a disciplinare il rapporto, nel caso dei contratti dei consumatori tale deroga non è consentita a causa della rigidità del riferimento alla residenza abituale del consumatore. Al giudice non è riconosciuto alcun potere correttivo non potendo applicare una normativa nazionale, tra quelle a vario titolo collegate al caso concreto, diversa dalla legge del paese di residenza del consumatore, ancorché risulti effettivamente più idonea ad assicurare a quest’ultimo una maggiore tutela.

Anche sotto questo profilo, la soluzione accolta dalla convenzione si palesa sostanzialmente inadeguata a rispondere compiutamente a quelle finalità di protezione del consumatore cui la norma di conflitto è dichiaratamente ispirata155.

IV. La disciplina di conflitto relativa ai contratti di consumo nella proposta di

Nel documento Electio legis e contratti dei consumatori (pagine 103-107)

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