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L’incidenza della nuova disciplina sui servizi pubblici locali di rilevanza economica sui servizi 

8.  Le modalità di gestione dei servizi sociali Delimitazione del campo di indagine 108 

8.4.  L’incidenza della nuova disciplina sui servizi pubblici locali di rilevanza economica sui servizi 

Nel TU mancano espliciti riferimenti sulla sua estensione ai servizi sociali alla persona; né, d’altra parte, quest’ultimi possono essere qualificati tout court come servizi di interesse economico generale. Onde si può concordare circa la sua tendenziale non applicazione ai servizi sociali alla persona. Il Testo unico, infatti, contiene diverse disposizioni finalizzate a promuovere e garantire un mercato concorrenziale, riconducibili cioè, al diritto della concorrenza che, come ricordato, trovano applicazione ai soli servizi pubblici tout court economici372.

Ciò tuttavia non implica una totale irrilevanza di tale apparato normativo per i servizi sociali; per queste attività dovrebbero trovare applicazione le sue disposizioni - o almeno dei principi da esse ricavabili - riconducibili al diritto del mercato interno.

Per chiarire il punto pare opportuno riprendere le riflessioni di illustre dottrina che, per quanto sviluppate alcuni anni orsono, sembrano ancora fortemente attuali.

Tale ragionamenti partono dal concetto di “rilevanza economica” e dalla sua riferibilità ai servizi sociali. Pur muovendo da un approccio apparentemente diverso da quello basato sui diversi significati di tale concetto nel diritto UE, le conclusioni cui si giunge sembrano le medesime373.

      

371 D’altronde, che vi debba essere una certa corrispondenza nella nozione di attività economica fra il diritto

UE e il diritto interno, prescinde dalle ultime evoluzioni che hanno portato il legislatore nazionale ad abbandonare la locuzione “rilevanza economica” per quella di origine europea “interesse economico generale”; in tal senso pare sufficiente richiamare le contestazioni mosse dalla Commissione quando il legislatore italiano aveva usato come criterio distintivo per le modalità di gestione dei servizi pubblici locali quello del “carattere industriale” (v. supra, par. 8.1).

372 Si vedano, in particolare, l’art. 4 che richiama la disciplina sugli aiuti di stato, e l’art. 7, commi 2 ss., che

subordina a particolari condizioni (collegate ad appositi oneri motivazionali e alla richiesta di parere all’Autorità garante della concorrenza e del mercato) la possibilità di optare per il modulo della gestione diretta mediante affidamento in house e mediante azienda speciale; tali disposizioni sono evidentemente finalizzate a “limitare” la sottrazione al mercato di determinate attività.

373 Si v. CAIA G., Autonomia territoriale e concorrenza nella nuova disciplina dei servizi pubblici locali

(art. 14 del d.l. 30 settembre 2003, n. 269 convertito in legge 24 novembre 2003, n. 326 ed art. 4, comma 234° della legge 24 dicembre 2003, n. 350), in www.giustizia-amministrativa.it, 2004; cfr. anche POLICE A., GIULIETTI W., op. ult. cit., pp. 831 ss. Secondo Caia, “L'applicazione della nuova dicotomia è dunque interamente rimessa all'interprete, ma si può dire che la definizione dei contorni dei nuovi concetti è abbastanza semplice perché essi coincidono sostanzialmente con quelli di cui all'art. 2082 Cod. civ. (e, per quanto di ragione, art. 2195) o, per differenza, con ciò che non vi può essere ricompreso. In sostanza occorrerà anzitutto verificare quale sia la modalità tipica o prevista per l'espletamento delle prestazioni del

 

Viene osservato, infatti, come anche un servizio erogativo come quello sociale, verrebbe ad acquisire rilievo economico laddove “l'ente locale abbia la facoltà di affidare, e concretamente affidi, a operatori privati la gestione di detto servizio, sul presupposto che vi siano nel mercato operatori potenziali disposti a gestirlo a fronte di una copertura integrale o parziale dei costi da parte della fiscalità generale” 374. In altre parole, anche “un servizio che in sé non ha carattere economico tuttavia presenta rilievo economico in senso relativo (segnatamente per il gestore e prima ancora per i vari soggetti che intendono concorrere all’affidamento della gestione)”375.

Invero, le somiglianze fra il concetto di “rilevanza economica relativa” e la distinzione fra “rilevanza economica” per il “diritto della concorrenza” e per il “diritto del mercato interno”376 sembrano evidenti.

Al fine di individuare l’esatta incidenza del Testo unico sulle forme di gestione dei servizi sociali, dai ragionamenti sviluppati dagli Autori richiamati, sembrano potersi riprendere non solo i presupposti, ma anche le conclusioni.

       servizio pubblico di volta in volta in questione, ma – ovviamente – si dovrà anche tenere conto del fatto che i servizi pubblici possono essere resi uti singuli e pure uti universi (è il caso, ad es., dell'illuminazione pubblica). Pertanto, saranno privi di rilevanza economica i servizi che sono resi agli utenti in chiave meramente erogativa e che, inoltre, non richiedono una organizzazione di impresa in senso obiettivo. Per qualificare un servizio pubblico come avente rilevanza economica o meno è ragionevole pensare che si debba prendere in considerazione non solo la tipologia o caratteristica merceologica del servizio (vi sono attività meramente erogative come l'assistenza agli indigenti), ma anche la soluzione organizzativa che l'ente locale, quando può scegliere, sente più appropriata per rispondere alle esigenze dei cittadini (servizi della cultura e del tempo libero da erogare, a seconda della scelta dell'ente pubblico, con o senza copertura dei costi). Dunque, la distinzione di cui si sta parlando può anzitutto derivare da due presupposti, in quanto non solo vi può essere un servizio che ha rilevanza economica o meno in astratto ma anche uno specifico servizio che, per il modo in cui è organizzato nel caso di specie, presenta o non presenta tale rilevanza economica. Esemplificando, vi sono servizi pubblici per i quali la legislazione impone una tariffa economica (…) ed invece servizi pubblici che per essere tali devono necessariamente venire erogati con oneri a totale carico dell'ente locale o sottocosto. Ancora, vi sono servizi pubblici che presentano tipologicamente un carattere neutro e che acquisiscono rilievo economico o meno a seconda del modo e conseguentemente del tipo di organizzazione che l'ente locale ha scelto, ritenendosi cioè sufficiente, per l'interesse della collettività, che la prestazione vi sia ancorché a pagamento ovvero, all'opposto, che la prestazione per essere di servizio pubblico debba essere resa gratuitamente o sottocosto. Quelli appena elencati appaiono certamente come indici dai quali ricavare se ci si trova o meno davanti ad un servizio pubblico con rilevanza economica in senso stretto; si tratta di indici che fanno emergere il "carattere" realmente economico o meno del servizio”.

374 Così, POLICE A., GIULIETTI W., op. ult. cit., pp. 831 ss.

375 In questi termini, CAIA G., op. ult. cit. L’Autore, infatti, osserva come vada considerato che “legge

utilizza un'espressione ampia, perché parla di ‘rilevanza’, in modo cioè da poter alludere a ciò che ha ‘carattere’ economico in senso stretto ed anche a ciò che può essere rilevante economicamente pur quando la prestazione resa agli utenti non integra ‘di per sé’ un'attività economica perché il servizio (al) pubblico è di tipo sociale o meramente erogativo. Allora, e salvo approfondimenti, si può pensare che il legislatore si sia voluto riferire non solo ad evenienze come quelle descritte sopra ove il servizio pubblico ha ‘carattere’ economico o meno, ma anche ad ipotesi nelle quali un servizio che in sé non ha ‘carattere’ economico tuttavia presenta ‘rilievo’ economico in senso relativo (segnatamente per il gestore e prima ancora per i vari soggetti che intendono concorrere all'affidamento della gestione)”.

Police, pronunciandosi sugli effetti della pronuncia della Corte 272/2004 sulle modalità di gestione dei servizi sociali, afferma che soltanto, laddove, nell'ambito della categoria del servizio sociale, “la scelta normativa comporti la previsione di affidamenti ai privati, tale da determinare l'acquisizione di rilevanza economica del servizio in senso subiettivo, tornerebbe a valere la rilevanza dei principi posti dall'art. 113 ed in special modo del principio concorsuale, principio del resto ormai immanente nell'ordinamento tutte le volte in cui debba effettuarsi la scelta di un operatore privato chiamato a svolgere attività per conto e nell'interesse della P.A. In queste ipotesi, il principio di ragionevolezza e proporzionalità dovrebbe costituire il criterio della legittimità dell'adeguamento che le normative di settore di fonte regionale operano sulla disciplina dell'art. 113”. Alle stesse conclusioni era già giunto Caia nella parte in cui aveva sostenuto la possibilità di fare riferimento alla disciplina sui servizi pubblici di rilevanza economica (e in particolare, all’art. 113, comma 5, lett. a, del TUEL) per legittimare il ricorso all’affidamento a terzi per la gestione dei servizi sociali377.

Pertanto, pare potersi concludere nel senso che la normativa sui servizi pubblici locali di interesse economico generale inciderà sulla disciplina delle modalità di gestione dei servizi sociali nella parte in cui impone, nella competizione a monte per la conclusione di una concessione di pubblico servizio, il rispetto della disciplina sui contratti pubblici. L’art. 7, comma 1, lett. a, del Testo unico prevede, infatti, che l’affidamento a terzi debba avvenire “mediante procedura a evidenza pubblica, in applicazione delle disposizioni in materia di contratti pubblici”. Si tratta quindi di individuare quale sia lo specifico regime della procedura a evidenza pubblica quando l’amministrazione affida una concessione avente a oggetto un servizio sociale alla persona378.

Al momento ci si può limitare a osservare come la portata innovativa che il Testo unico avrà sulle forme di gestione dei servizi sociali alla persona non pare dirompente; il necessario rispetto di procedure competitive di evidenza pubblica nell’affidamento a terzi di un servizio sociale lo si ricava già dai principi di libertà di stabilimento e libera prestazione di servizi e, più in generale, di trasparenza, parità di trattamento e non discriminazione, nonché da quelli di efficacia, efficienza dell’azione amministrativa. Inoltre, con specifico riferimento agli affidamenti ai soggetti del terzo settore, il medesimo risultato lo si ricava dalla disciplina di settore: in particolare, dal d.P.C.M. 30 marzo 2001,

      

377 CAIA G., op. ult. cit. e ID, I servizi sociali degli enti locali, cit., pp. 365 ss. 378 Infra, cap. III, par. 5 ss.

 

adottato sulla base dell’art. 5 della legge-quadro n. 328/2000 (ciò sempre che si ritengano superati i dubbi sulla “tenuta” di tale normativa dopo la riforma costituzionale del 2001).

L’art. 6 del D.P.C.M., in tema di affidamento di servizi sociali alla persona a soggetti del terzo settore, prevede, infatti, che le regioni, nel disciplinare l’affidamento di servizi sociali alla persona a soggetti del terzo settore, debbano tenere conto delle norme nazionali e comunitarie che “disciplinano le procedure di affidamento dei servizi da parte della pubblica amministrazione”379. Infine, sono in corso di recepimento del Direttive380 europee in materia di contratti pubblici, che prevedono specifiche disposizioni per i servizi sociali, sia in caso di affidamento di un contratto di appalto, sia nel caso di concessione di servizi.

Nell’analizzare il rapporto fra il nuovo Testo unico e la disciplina sulle forme di gestione dei servizi sociali, appare allora opportuno evitare un approccio binario (inclusione/esclusione) e dare maggiore enfasi a una ipotesi “terza” (il grigio anziché il nero o il bianco), una prospettiva conciliativa anziché “esclusiva” o tout court inclusiva.

Per quanto il Testo unico sia stato concepito con riguardo ai servizi pubblici locali di interesse economico, e solo a questi servizi trovi piena applicazione, l’ampia libertà di scelta che esso lascia alle amministrazioni nell’individuare i modelli organizzativi di servizio pubblico381, potrebbe essere interpretata come un rafforzamento di quella libertà che, nel settore dei servizi sociali, trova già riscontro, soprattutto a livello di legislazione regionale. In altre parole, ora che la maggiore autonomia nella scelta delle forme di gestione è stata generalizzata, il modus operandi adottato nel settore dei servizi sociali trova una, seppur indiretta, conferma.

Sempre nell’ottica di un rafforzamento delle soluzioni già proprie applicate a tale settore, merita un richiamo l’art. 6, comma 1, lett. b del Testo unico che prevede, anche per i servizi pubblici locali di rilevanza economica, la possibilità di perseguire gli obiettivi di interesse pubblico che caratterizzano il servizio pubblico locale, attraverso “il riconoscimento agli utenti di vantaggi economici e titoli per la fruizione del servizio”. Si tratta, come è del tutto evidente, di una generalizzazione di un istituto già diffuso nel settore sociale, quale quello del voucher.