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I servizi sociali alla persona come servizi pubblici locali di interesse economico generale?

8.  Le modalità di gestione dei servizi sociali Delimitazione del campo di indagine 108 

8.3.  I servizi sociali alla persona come servizi pubblici locali di interesse economico generale?

Per valutare se i servizi sociali vanno qualificati, o meno, come servizi di rilevanza economica, sono preliminarmente necessari due precisazioni che saranno, per altro, oggetto di approfondimento nei paragrafi successivi:

a. il progressivo interessamento dell’ordinamento UE per i servizi sociali (cap. II, par. 3.1). Tale interessamento si è basato sul presupposto che il carattere sociale del servizio non sia tale, di per sé, da escludere l’applicazione delle norme di mercato contenute nei trattati (concorrenza, libertà economiche di circolazione, contratti pubblici etc.)366. Occorre guardare, invece, alla rilevanza economica delle relative attività, che ben potrebbe coesistere con la finalità sociale di tali servizi; anzi, a detta della Commissione, sempre più servizi sociali andrebbero considerati di rilevanza economica367.

b. La nozione di “attività di rilevanza economica” sviluppate dalle Istituzioni UE; essa assume contorni e contenuti distinti a seconda che vengano in rilievo le norme in materia di concorrenza (antitrust e aiuti di stato) o quelle sul cd. mercato interno (libertà di stabilimento, libera prestazione di servizi, contratti pubblici, etc.).

Alla luce dei diversi significati della nozione di attività di rilevanza economica, ampiamente analizzate nel cap. II, par. 4 ss. cui si rinvia, si può giungere alle seguenti

      

364 MOLASCHI V., op. ult. cit., 379. Non andrebbe trascurata, per altro, anche la possibile rilevanza della

potestà esclusiva statale in materia di “ordinamento civile” (art. 117, comma 2, lett. l, Cost.), in materia di “funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane” (art. 117, secondo comma, lettera p) e, soprattutto, in materia di “livelli essenziali di prestazioni concernenti di diritti civili e sociali” (art. 117, comma 2, lett. m, Cost.). Sulla possibilità di ricondurre alla competenza esclusiva statale art. 117, comma 2, lett. m, Cost. anche profili cd. organizzativi, quali alla definizione dei requisiti per le autorizzazioni o per l’accreditamento, si v. supra, par. 4.2. Non vi è dubbio, infatti, che in taluni casi anche i profili “organizzativi” risultano strettamente connessi al contenuto dei livelli essenziali delle prestazioni.

365 Corte cost., n. 272/2004 cit. 366 Infra, cap. II, par. 2.3.

367 Comunicazione della Commissione, Attuazione del programma comunitario di Lisbona: i servizi sociali

 

conclusioni: i servizi sociali erogati dai sistemi pubblici sviluppati a livello regionale/locale, sono certamente attività economiche con riguardo al diritto europeo del mercato interno; al contrario, le modalità organizzative delineate a livello regionale ricalcando l’impostazione della legge quadro n. 328/2000, sembrano tali da escludere la rilevanza economica delle relative attività se si prende in considerazione tale nozione così come sviluppata dalle Istituzioni UE nel contesto del diritto europeo della concorrenza.

Dall’analisi dei sistemi pubblici di erogazione di servizi sociali, sembrano, infatti, rinvenibili quegli indici concreti a cui, in settori quali la sanità, la previdenza, l’istruzione etc., la Corte di giustizia dà rilevo per ritenere prevalente il ruolo del principio di solidarietà rispetto a quello di competitività/remuneratività; e dai quali desumere, conseguentemente, l’assenza di un vero e proprio mercato concorrenziale e, quindi, escludere la necessità/opportunità di applicare le regole antitrust e quelle sul divieto di aiuti di stato. Infatti:

- l’attività dei gestori è sottoposta a un pervasivo controllo pubblico che incide sia sui profili riguardanti l’attività (sulla quantità, sul prezzo e sull’entità delle prestazioni), sia su quelli organizzativi (si pensi al ruolo dell’accreditamento);

- i sistemi pubblici di erogazione di servizi sociali sono basati, quasi esclusivamente, sul principio di solidarietà e le rispettive prestazioni - erogate indipendentemente dalla loro remuneratività - non sarebbero in grado di raggiungere gli obiettivi di cui agli art. 2 e 3 della Cost. se la logica “erogativa/assistenziale” fosse, anche solo in parte, temperate da logiche di capitalizzazione;

- tali sistemi si basano su un finanziamento proveniente dalla fiscalità generale in termini certamente più rilevanti di quanto avviene per i servizi pubblici a carattere “economico-produttivo”. Rispetto a tali servizi, nel settore dei servizi sociali il fallimento del mercato (infra, cap. 2, par. 2) assume portata e confini ben più marcati. Sembra trattarsi, in altre parole, di mercati la cui sopravvivenza dipende dal finanziamento pubblico, molti dei quali non esisterebbero se questo assumesse tratti diversi dalla logica redistributiva che al momento lo caratterizza. Se si introducesse, infatti, come regola generale quella dell’integrale copertura dei costi con i ricavi provenienti dagli utenti, alcune prestazioni non verrebbero nemmeno erogate; altre, residuerebbero soltanto a favore di una fascia molto ridota della popolazione368. Alla

      

luce di tali considerazioni, e con tutte le cautele del caso, dovute anche al carattere dinamico e evolutivo di tali concetti, i sistemi pubblici di erogazione di servizi sociali alla persona, o almeno la maggior parte di questi, sembrano poter essere definiti come dei “non mercati”.

La bontà di tale affermazione, sembrerebbe trovare conferma se si riflette su alcuni istituti di origine europea, ma ormai pienamente integrati nel nostro ordinamento, quali quello di obbligo di servizio pubblico e sua compensazione, servizio universale, etc.

Per esempio, con il concetto di servizio universale si stabiliscono le condizioni per assicurare che taluni servizi vengano messi a disposizioni di tutti i consumatori e utenti di uno Stato membro, a prescindere dalla loro localizzazione geografica, a un determinato livello di qualità e, tenendo conto delle circostanze nazionali, a un prezzo abbordabile.

Orbene, un simile concetto potrebbe apparire, con gli opportuni adattamenti, per certi tratti assimilabile al concetto interno di livello essenziale delle prestazioni (che nel settore socio-assistenziale prendono il nome di LIVEAS); cioè di prestazioni percepite come irrinunciabili dalla collettività e, pertanto, da assicurare su tutto il territorio nazionale. Sia il servizio universale, sia i livelli essenziali delle prestazioni, infatti, fanno riferimento a un livello di prestazione minimo da assicurare ai cittadini.

In realtà, da una riflessione più attenta, emerge la sostanziale differenza fra i due istituti.

Il servizio universale è stato concepito al fine di rendere possibile un normale funzionamento del mercato pur in presenza di un suo fallimento (inteso come incapacità di raggiungere determinati obbiettivi frutto di una scelta “politica”); esso costituisce, in altre parole, componente essenziale della liberalizzazione del mercato nel settore dei servizi, quali le telecomunicazioni, i servizi postali e i trasporti.

I livelli essenziali delle prestazioni, invece, perseguono un obbiettivo diverso: non servono a rendere funzionante un mercato già esistente ma creano un “mercato” (pubblico), talvolta parallelo a quello privato, ma che il più delle volte costituisce l’unico “mercato” possibile per quel determinato tipo di prestazioni369.

      

369 Interessanti al riguardo, sono alcuni passaggi della pronuncia Tar Lombardia, Milano, Sez. III, 16 giugno

2010, n. 1891, che esclude il carattere di impresa (e quindi il carattere economico delle relative attività) delle strutture pubbliche erogatrici di servizi sanitari. Nonostante le differenze fra il settore sociale e quello sanitario (v. infra, parte II, par 2.), molti di tali ragionamenti sembrano estendibili anche ai sistemi di erogazione di servizi sociali alla persona. Secondo il giudice amministrativo “La qualificazione, in termini economici o meno, dell’attività esercitata dalle strutture pubbliche erogatrici di servizi sanitari passa attraverso la valutazione di precisi elementi di riferimento alla cui stregua ricostruire le caratteristiche organizzative dei servizi. Nel caso che ci occupa, sussistono decisivi parametri strutturali e funzionali che

 

D’altronde, va considerato che la presenza di elementi concorrenziali previsti dal legislatore statale con la legge quadro del 2000 - ripresi da molti legislatori regionali - va collocata all’interno delle politiche di contenimento della spesa, di implementazione dell'efficienza e della qualità delle prestazioni; e tuttavia tali elementi non sono in grado di trasfigurare un regime ancora fortemente permeato da elementi solidaristici e re- distributivi; infatti, come si avrà modo di osservare, la presenza di elementi concorrenziali in una determinata attività sociale, non ne modifica la natura sociale e non imprenditoriale, ma diventa addirittura ancillare al perseguimento della stessa funzione sociale370.

Tali conclusioni, secondo cui i servizi sociali avrebbero rilevanza economica solo con riguardo alle norme riconducibili al diritto del mercato interno e non a quello della concorrenza, non presentano particolari problemi con riguardo all’applicazione del diritto UE; ciò dal momento che, come si dirà, i diversi sub-settori, di cui questo si compone, hanno un certo grado di autonomia. Al contrario, diversi sembrano i profili problematici sul piano del diritto interno.

       depongono nel senso del carattere non imprenditoriale dell’attività in questione. Le strutture pubbliche del SSN non costituiscono imprese o associazioni di imprese (anche nella nozione presa in considerazione delle regole comunitarie in materia di concorrenza) dal momento che:

- svolgono una funzione di carattere esclusivamente sociale, basata sul principio della solidarietà, sprovvista di ogni scopo di lucro, dove le prestazioni sono previste dalla legge ed erogate gratuitamente indipendentemente dalla loro remuneratività, assicurando la copertura universale dei cittadini il cui benessere è in linea con gli obiettivi posti dagli articoli 2 e 3 Cost.;

- il finanziamento proveniente dalla fiscalità generale consente la redistribuzione del reddito da soggetti economicamente più abbienti ad altri che, in mancanza di questo meccanismo ed in ragione dei loro mezzi e condizioni di salute, sarebbero privati della necessaria tutela;

- la disciplina legale regolamenta gli aspetti qualitativi e quantitativi delle prestazioni da erogare;

- l’attività dei gestori è, pertanto, sottoposta ad un pieno e pervasivo controllo statale senza che essi abbiano alcuna possibilità di influire sull’impiego dei fondi pubblici e sulla determinazione dell’entità delle prestazioni;

- la funzione esclusivamente sociale svolta è assolutamente prevalente rispetto alle ragioni che militerebbero a favore di una gestione economica dell'attività in questione e ciò fa sì che le strutture pubbliche non sono in effettiva concorrenza né tra loro né con gli istituti privati per quanto riguarda l'erogazione delle prestazioni legali ed obbligatorie di tipo medico;

- gli elementi pro-concorrenziali introdotti dal legislatore vanno collocati all’interno delle politiche di contenimento della spesa e di implementazione dell'efficienza e non sono in grado di trasfigurare un regime ancora fortemente permeato da elementi solidaristici e re-distributivi.

Soltanto ove il legislatore nazionale mutasse in maniera sostanziale le caratteristiche strutturali di tale sistema, conformando in termini economici l'attività delle strutture sanitarie pubbliche, diverrebbe ineludibile l'applicazione delle regole del Trattato applicabili alle imprese. La distinzione tra attività economiche e non economiche, in tal senso, ha carattere dinamico ed evolutivo, cosicché non è possibile fissare a priori un elenco definitivo dei servizi di interesse generale di natura non economica (cfr. il Libro Verde sui servizi di interesse generale: COM-2003-270”).

369 Sulle cui caratteristiche ci si è ampiamente soffermati nel primo capitolo; ulteriori riflessioni si faranno

nel capitolo successivo.

Per quanto qui di interesse, si tratta di capire se la nuova disciplina sui servizi pubblici locali di interesse economico generale troverà o meno applicazione, una volta in vigore, anche a i servizi sociali alla persona371.

8.4. L’incidenza della nuova disciplina sui servizi pubblici locali di rilevanza