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che indaga i dispositivi di cogenerazione dell’umano in evoluzione globale emergente

Già Maria Teresa Gentile (1977) avanzava, invero inascoltata, una let-tura dello sviluppo dell’uomo che la portava a riconoscere:

a) che il condizionamento psicofisico va considerato come la strumentalità, o più precisamente la tecnica della maturazione dell’uomo, in modalità sia agevolante che ostacolante, secondo variabili di indole nativa e circostan-ziale;

b) che un certo numero di fattori fondamentali ricorre in ogni livello evolu-tivo;

c) che tutto ciò [...] che ci concretizza ed istituisce nel graduarsi ripetitivo suddetto di tali fenomeni fondamentali è attingibile soltanto se e quando perviene alla soglia di immagine (ivi, p. 26).

Il che poneva tuttavia il seguente problema:

ammesso e concesso uno sviluppo che via via lascia dietro di sé uno stato cre-scente definibile tanto nella specifica presa di consapevolezza quanto nella maturazione interiore complessiva, […] cosa c’è che muove geneticamente la funzione o anzi la risultante delle funzioni all’uomo consensuali? […] [In-somma)] se lo sviluppo ha aspetto di emergenza, cos’è che emerge tramite la processuale formatività ritmica che cade sotto l’analisi? (ivi, p. 27).

La lezione suddetta ritaglia, in questo modo, per la pedagogia una que-stione specifica: che cosa e come i fattori fondamentali dello sviluppo umano, in evoluzione ed emergenza ricorsiva, cogenerano le forme dell’umano quale matrice di significazione per sé? La risposta della Gentile era che tutto ciò andava ritrovato in un movimento ontogene-tico della vita stessa, che ella chiamava «semantica radicale». Lo svi-luppo successivo delle ibridazioni teoriche tra neuroscienze, psicologia

dinamica ed etnologia ci ha piuttosto invitato a leggere i processi di significazione dell’umano come processi di invenzione e di innovazio-ne “a doppio legame”.

Prende corpo, in questo modo, entro le scienze dell’educazione e della formazione, una ripresa della traditio fenomenologica europea (Husserl, Merleau-Ponty, Stein) e in particolare la visione neurofe-nomenologica di Maturana e Varela (1992) e Thompson (2007), che revocano in dubbio l’invalicabilità dei confini tra mente, corpo e am-biente. Il percepito, invece di essere codificato computazionalmente dal sistema nervoso in forma di rappresentazione, viene messo in atto (enacted) insieme come processo e come risultato dell’unione strut-turale dell’organismo con il contesto in cui esso vive. Nel modello formulato da Maturana e Varela, la cognizione non è un processo di rappresentazione, non è limitata a una funzione meramente conosci-tiva; la cognizione è azione, movimento, intervento2.

Nella nuova visione delle scienze dell’educazione e della forma-zione, il contesto, il mondo, non è più l’objectum, qualcosa di get-tato, esterno alla mente e che da essa viene rappresentato: il mondo, invece, ci fornisce costantemente delle affordance (Gibson, 1979) che consentono a qualunque organismo vivente di coemergere con l’am-biente. Cresciamo, viviamo e diamo forma ai nostri sistemi di pen-siero e di azione nel vivo di un intreccio in cui la realtà viene agita in quanto viene cogenerata. I dispositivi fondamentali della cognizio-ne, dell’emoziocognizio-ne, dell’intellezione e della voliziocognizio-ne, dunque, sono il viaggio personale che congiunge il soggetto al mondo entro contesti cooperativi e dialettici in continua evoluzione globale. La storia del-le diverse azioni non costituisce solo la trama narrativa o simbolica o tecnologica delle forme del suo essere nel mondo; è, piuttosto, il motore (ovvero il daymon, la dunamis, il disegno, l’architettura)

at-2. Per la neurofenomenologia la mente è capace di creare forme a partire da una corporeità che si muove nello spazio-tempo, e il nucleo centrale della mente è la co-scienza. Il cervello è l’organo che rende possibili le relazioni che ciascuno di noi in-trattiene con l’ambiente ma che da solo non riesce a sostenere la coscienza. A pensare dunque non è il cervello, ma l’intero corpo (Alva Noë, 2008; Damasio, 1995, 2003, 2012). Secondo tale prospettiva, corpo e cervello si sarebbero evoluti in modo inte-rattivo, e la mente sarebbe un prodotto di questo percorso evolutivo. Un soggetto è il risultato della fusione mente-corpo e tale fusione, essendo inserita in un contesto ambientale e sociale con il quale agisce e interagisce, finisce per modificarsi costante-mente, modificando l’ambiente.

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traverso cui il soggetto insieme si riconosce e ricostruisce paziente-mente i frattali della sua conoscenza, della sua esperienza e dei suoi sistemi di azione. La pedagogia dipana questo intreccio, ne indaga le origini, ne spiega i dispositivi, ne prova il dispiegarsi e l’articolarsi educativo e istruzionale; simula e verifica gli scenari attuativi, ammi-nistrativi e politico-sociali. Insomma comprende, analizza e spiega le forme di qualificazione dell’umano, così come esse vanno declinan-dosi in conseguenza dell’evoluzione globale emergente delle condot-te dei suoi attori e delle funzioni istituzionali e sociali assegnacondot-te nei diversi contesti culturali e sociali. E lo fa perché le forme dell’umano non si qualificano entro soglie di coerenza logica, ma solo e sempre per differenza e per valore. Sicché la logica della differenza e della cogenerazione di valore, perseguite dai diversi attori nella produzio-ne dei sistemi di azioproduzio-ne, costituisce la cifra identificativa peculiare dell’indagine pedagogica.

Azione e relazione sono le eliche fondamentali del discorso peda-gogico, e la forma è il loro principio costante ed emergente di equili-brazione. In questo senso, la pedagogia si fa scienza non solo in quanto descrive, interpreta ovvero analizza le classi di eventi e di evidenze edu-cative: è scienza anche perché essa si fa carico di spiegare, anticipare e dimensionare gli scenari futuri possibili di coevoluzione dei processi e dei dispositivi di qualificazione dell’umano, per indicare ai popoli e ai loro governanti le conseguenze delle loro scelte e decisioni in materia specificamente educativa, istruzionale o formativa. Obbliga, pertanto, a mantenere vigile e costante l’attenzione a un approccio ecosistemico che solo consenta di cogliere e dipanare la complessità, la differenza e il valore nell’evoluzione e nell’emersione multilaterale e glocale delle forme dell’umano.

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