CAPITOLO I. ANALISI DEL MERCATO VINICOLO
1.1 IL MERCATO MONDIALE DEL VINO
1.1.4 India, Russia, Giappone e Cina: I principali Paesi Emergenti
Dai dati OIV la situazione nel mercato enologico in termini di consumi di vino a livello mondiale sembra in aumento ma in Europa il trend è negativo. Probabilmente la strada più conveniente da intraprendere in questo momento è quella di scommettere sui paesi emergenti esteri, non solo quelli da cui le aziende italiane possono trarre notevoli profitti (Stati Uniti, Canada, Regno Unito, Paesi Bassi, Belgio) ma anche da quelli con un potenziale interno (Russia, Cina, Giappone e India) per alto numero di abitanti. La Russia, nonostante il crollo dell'export alimentare nel 2012 a seguito di problematiche nell'iter burocratico e licenze di importazione, è uno dei mercati emergenti più attraente e promettente; è il paese acquirente del “food and drink” italiano con volumi di acquisto importanti e tassi di crescita considerevoli, per lo più a due cifre, ad eccezione del 2009 (anno di maggior impatto della crisi). Valutando i dati dell'esportazioni italiane verso la Russia, queste sono cresciute in maniera significativa: da 7 milioni di euro nel 2000 a 56 milioni di euro nel 2007 ovvero dal 2000 al 2011 l'export è passato dal 23% al 36%; interessante è il dato del consumo
pro-capite pari a 6,2 litri annui di vino. Tra i prodotti “food and drink” italiani il vino è in testa al 42% nel 2011; il consumatore russo, influenzato dalla cultura enologica occidentale, è esigente e predilige vini di qualità che competono nei segmenti medio- alti. Queste caratteristiche non rendono la concorrenza facile nelle fasce più basse; per questo le aziende italiane dovrebbero aumentare la promozione del vino italiano cercando di soddisfare anche il mercato medio-basso, ora occupato dal prodotto interno, posizionandosi nei segmenti immediatamente superiori per sfruttare il canale distributivo Ho.Re.Ca che consente di incrementare le vendite dei nostri prodotti. Un discorso diverso va fatto per l'India, paese dalle diverse realtà culturali e dai grandi contrasti ma nonostante ciò con numeri promettenti; una crescita del PIL del 7,7 nel 2011, 1 miliardi di abitanti come potenziali bevitori di vino di cui il 25%, secondo le stime, sembra bere sempre più con maggior frequenza incrementando potenzialmente il consumo pro-capite di 5 ml l'anno (stime Ocse). Secondo quanto confermato da un'analisi condotta da “Winenews”, il governo Indiano di recente avrebbe attuato alcune liberalizzazioni (abbassamento dazi con regimi diversi in base al prezzo) che renderebbero le importazioni più agevoli. Lo scenario Indiano diventerebbe così un mercato appetibile e favorevole per le esportazioni di vino italiano. Nei prossimi tre anni, di fatti, si prevede (dice Winenews) una riduzione della tassazione sul vino importato dal 150% fino al 40%. Si prospettano diversi regimi fiscali: per il vino venduto ad un prezzo superiore ai 34-35 Euro per cassa (corrispondenti a 12 bottiglie ossia 9 litri), scenderà al 40%, per il vino venduto ad un prezzo compreso tra i 20-21 Euro e i 34-35 Euro per cassa, scenderà al 60% mentre per il vino venduto a 20 Euro a cassa i dazi continueranno ad essere del 150%. La qualità del vino rimarrebbe garantita in quanto sotto certe soglie di prezzo, le tasse sono più alte e questo basta a garantire un valore stabile al prodotto.
Infine resta da decidere la strategia di marketing e il canale di vendita adeguato data la presenza di 3 importanti importatori come Brindco (leader importatore dell'India e distributore di bevande alcoliche) che detengono il 60% della quota di mercato.
potenzialità; E’ fortemente competitivo, si trovano, infatti, i vini provenienti da tutto il mondo con predominanza di vini delle aziende californiane e australiane che offrono un prodotto di ottima qualità ad un prezzo più basso di quello delle aziende italiane. Per penetrare tale mercato è importante comprenderne le figure chiave: importatori/distributori da un lato e ristoratori dall'altro. Sono assenti, infatti, le aziende italiane importatrici/distributrici che sono rappresentate da agenti italiani che fungono da collegamento tra produttore italiano e importatore/distributore giapponese. Il mercato è dominato da aziende giapponesi di diversa dimensione in base all'attività, alcune di queste sono specializzate nell'importazione di prodotti italiani, non solo alimentari, e altre concentrate solo sul comparto alimentare.
Per sfruttare elevata profittabilità del mercato Giapponese è importante, anche, stimolare la loro curiosità avvicinandoli alla cultura italiana e mettendo in evidenza l'importanza dell'appartenenza territoriale del vino e la sua dipendenza ad essere degustato con un determinato cibo. Diffusa è anche l'opinione che i giapponesi siano attratti dallo stile di vita e dall'eredità storico-culturale italiana testimoniata anche dalla quantità di turisti nipponici che vengono a visitare il nostro paese; alcuni, infatti, passano anni in Italia dove frequentano corsi di somelier o chef per far propria la nostra lingua, le abitudini di vita ed alimentari e poi importarle in Giappone (come il signor Shigeru Hayashi di Eataly, sommelier diplomato all’Accademia Italiana e Junji Ayuta di Island Food, chef diplomato presso l’Istituto Alberghiero di Ostia). Molti, anche, gli italiani che operano nella ristorazione in Giappone: ci sono circa 3000 ristoranti italiani a Tokyo che aprono e chiudono ogni giorno” (Ernesto Stefani) e nonostante la maggior parte dei ristoranti sia gestito da giapponesi (sommelier), quelli più famosi a Tokyo sono ancora di proprietà di alcuni chef o sommelier italiani come Elio Orsara, Ernesto Stefani e tanti altri.
Rimane la Cina, un mercato nuovo, ancora da scoprire. L'Italia ha da sempre suscitato un forte interesse nel mondo orientale, attratto dalla storia e dall'arte del Paese mediterraneo. In particolare, infatti, il mercato cinese rappresenta un potenziale di sviluppo positivo per l'impresa italiana, in ragione di una significativa comunanza di
valori tra le due culture – quali un forte rispetto della famiglia, il ruolo di forza del nucleo domestico ed un elevato senso di condivisione – che comporta una generale attrazione da parte del consumatore cinese nei confronti delle abitudini di consumo occidentale ed in particolare, in relazione al settore della produzione alimentare e della ristorazione a sua volta collegato con il comparto enogastronomico; la cucina italiana risulta, infatti, essere la più apprezzata dal consumatore medio cinese, seconda a quella giapponese e seguita da quella francese.
Dalla tabella 1.10, sui trend relativi alle quote di mercato, si osserva una crescita del vino italiano in quasi tutti i paesi, solo in Cina e Brasile la crescita sembra essersi arrestata.
Tab. 1.10: Trend sulle quote di mercato dell'Italia nei paesi esteri
Quote di mercato 2001 2008 2011 Regno Unito 8,3% 10,3% 14,9% Stati Uniti 27,5% 28% 31,1% Germania 33,9% 34,9% 35,1% Canada 17,3% 19% 20,1% Giappone 14% 12,5% 13,4% Svizzera 24,4% 30,1% 31,3% Brasile 24,1% 15,5% 13,7% Russia 4,7% 20,2% 25,7% India 2,4% 12,7% 15,6% Cina 14,2% 7,1% 6,5% Fonte: Nomisma
Questi due paesi, sono i mercati che oggi trainano l'economia mondiale compreso il settore vinicolo; la Cina occupa, infatti, il quinto posto al mondo per il consumo di vino e per il 2020, secondo le stime di numerosi analisti, conquisterà il primo posto. I produttori francesi, dominano il comparto dei vini importati in Cina, dove sono infatti, i maggiori esportatori: su 100 bottiglie importate dai diversi Paesi stranieri, solo 6 sono italiane mentre 55 sono quelle francesi. L'Italia, invece, nonostante sia il primo paese produttore mondiale di vino, negli ultimi anni, ha visto ridursi la propria quota di mercato da 14,2 del 2001 a 6,5 del 2011: ha difficoltà ad entrare nel mondo orientale dove occupa ancora una posizione marginale.
Il gap sta nella scelta delle strategie di marketing, di comunicazione e promozione dei prodotti, probabilmente inferiori e poco vincenti rispetto a quelle francesi all'interno di un mercato come quello cinese, dove la sconoscenza dei marchi, il livello di educazione eno-gastronomico sono scarsi e il vino rappresenta uno prodotto style- simble.
Il successo francese sta nel rapporto produzione-distribuzione che operano insieme nella promozione all'estero dei loro vini dove il distributore non rappresenta più il moderno sistema di vendita al dettaglio conosciuto come GDO che in Cina è solo 15% del mercato ma l'importatore. La Francia ha investito notevoli risorse nel marketing per aiutare questi importatori/distributori a collocare i propri prodotti sul mercato ed essere presenti direttamente sul territorio con circa 1500 persone tra venditori e giovani del settore di origine francese. (Philippe Dambrine, presidente del Coseille Des Vin du Medoc).
Entrare in mercati dove il consumo cresce, ma dove l'Italia è poco presente, è decisamente una scelta dai risultati incerti perché si tratta di paesi molto distanti dal nostro sia geograficamente che culturalmente. Piccoli e grandi imprenditori dovranno scegliere le strategie più efficaci ed efficienti puntando sul canale dell'esportazioni dirette così come hanno fatto i francesi10.
Angelo Gaja11,recentemente, ha dichiarato: “il successo sui mercati esteri dipenderà dalla capacità degli imprenditori italiani di fare sistema e sempre meno dai contributi comunitari; solo se unite le imprese potranno avere le risorse, le capacità e la massa critica per confrontarsi con realtà complesse e geograficamente lontane come appunto la Cina, costituendo un forte nesso tra produzione e distribuzione”.