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Indicazioni per una nuova teoria morale: Virginia Held.

Il dialogo, che emerse in seguito agli studi effettuati da Carol Gilligan e da altre studiose femministe, fu fondamentale per la creazione di una nuova prospettiva morale. Questa nuova prospettiva si poneva un duplice compito: dimostrare l’incompletezza delle teorie morali precedenti che si fondavano su presupposti sbagliati e, ancora più importante, creare una nuova teoria, che partendo dalla riformulazione di tali presupposti, arrivasse alla costituzione di una teoria più completa che tenesse in seria considerazione l’esperienza delle donne.

Una delle studiose che partecipò a queste discussioni e la cui influenza si rivelò fondamentale fu Virginia Held, una filosofa americana interessata tanto ad argomenti politici e sociali quanto a quelli morali ad essi strettamente collegati.

In un clima di evidente fervore intellettuale intorno a quell’emancipazione femminile

che stava diventando sempre più concreta, le sue riflessioni ed analisi sugli errori delle teorie tradizionali si rivelarono come fortemente illuminanti.

Held partì dalla dimostrazione degli errori compiuti fino a quel momento ma anche dall’esaltazione di quelli che, al contrario, erano i punti di forza di alcune teorie morali

tradizionali e arrivò alla formulazione di quella che potremmo definire una nuova teoria morale, un’ etica della cura di stampo fortemente femminista.

La convergenza con le riflessioni femministe fu però, possiamo dire, casuale.

Con questo non voglio dire che i valori del femminismo non riguardassero gran parte del suo modo di essere e del suo impegno divulgativo, ma voglio sottolineare che solo dopo aver ipotizzato come una nuova teoria morale dovesse presentarsi, Virginia Held si rese conto di quanti fossero i punti in comune con ciò che le femministe attiviste predicavano con ardore.

58 Nel 1993 Held pubblica Femminist Morality: Transforming Culture, Society, and Politics 41, in cui prova a costruire una nuova teoria morale e prova ad applicare tale

teoria anche a diversi campi di interesse politico e sociale.

L’opera inizia ponendo l’accento sulla centralità che dovrebbe avere l’esperienza nella

costituzione di una teoria. Per l’Autrice, in effetti, è sempre stato dato un peso decisamente scarso a quella che potremmo definire la vita concreta, fatta di decisioni, di azioni, di atti pratici e di dinamiche interpersonali. Si è spesso considerato che un agente morale astratto potesse fungere da guida per tutte quelle situazioni che l’essere umano si

trovava ad affrontare nel corso della propria vita.

L’esperienza invece ricopre un ruolo essenziale nella determinazione degli aspetti significativi dell’esistenza.

L’esperienza di cui parliamo è quel qualcosa che racchiude non soltanto l’agire ma

anche il sentire emozioni ed il provare sentimenti che possono, a loro volta, essere totalmente contrastanti tra di loro. La rabbia, l’amore, l’invidia, la generosità, la paura, il coraggio, l’egoismo e la compassione sono solo alcuni dei sentimenti che regolano il

nostro agire nel mondo.

Held si domanda come si può pensare di parlare di etica e di decisioni morali mettendo completamente da parte quelle che sono le nostre motivazioni ad agire e che sono regolate proprio da questi sentimenti.

Non si può paragonare una moralità che presenta un modello rigido ed impersonale al quale adeguare le nostre azioni ad una moralità che invece non dimentica la nostra concretezza all’interno di una società che può essere compresa soltanto alla luce dei

rapporti.

41 V.HELD, Feminist Morality: Transforming Culture, Society and Politics, University of Chicago Press,

Chicago, 1993 ( trad. It. V.HELD, Etica femminista: Trasformazioni della coscienza e famiglia post- patriarcale, Feltrinelli, Milano, 1997.)

59 Le teorie tradizionali avevano, al contrario, fatto della conoscenza il presupposto della moralità.

La conoscenza, in particolar modo di ciò che era bene o male, giusto o sbagliato si fondava su una conoscenza astratta di queste categorie e delle dinamiche ad esse relative. Tale conoscenza permetteva la formulazione di giudizi che nulla avevano a che fare con la realtà di una situazione specifica e si basavano su concezioni stabilite a priori, una volta per tutte. E’ evidente che una teoria di questo genere non può essere

esaustiva di tutte quelle situazioni concrete che un agente morale si trova ad affrontare. Virginia Held, attraverso un esempio concreto, ci dimostra i diversi modi di concepire un problema morale.

L’Autrice propone l’esempio di un individuo che ha sempre mangiato carne nel corso della sua vita, considerandolo un cibo buono e salutare. Quando viene a sapere delle brutte condizioni nelle quali questi animali vengono allevati può decidere di cambiare dieta. Le sue convinzioni possono modificarsi, quindi, quando si confronta con l’esperienza empirica. In una situazione di questo genere, è evidente che il cambiamento

di stile di vita, se ci sarà, sarà condotto sulla base di sensazioni e sentimenti che portano l’individuo a considerare crudele il modo in cui questi animali vengono trattati ed uccisi

e considererà dunque, maggiormente in linea con la sua moralità, cercare di non contribuire a questo sfruttamento.42

Il fatto che questo cambiamento avvenga a partire da stati d’animo non lo rende meno

importante e meno morale. Quando ci si ritrova in situazioni di questo genere l’individuo si trova a dover confrontare i giudizi particolari che formula di volta in volta

con quelli generali che regolano la sua condotta di vita.

60 Le possibilità sono due: o modificare i propri giudizi generali per far rientrare anche quelli particolari o sostituire totalmente l’insieme di giudizi precedenti con quelli

particolari appena formulati.

Quando crediamo fortemente nell’insieme di giudizi morali che regolano il nostro agire,

rischiamo di sentirci colpevoli quando compiamo atti che si distaccano da questi. Ci accusiamo di essere stati immorali e di non aver agito in maniera corretta. Ci comportiamo dunque, come se, una volta stabilite le nostre categorie di condotta, queste non possano essere modificate e se e quando le modifichiamo abbiamo la sensazione di aver voluto razionalizzare qualcosa per non sentirci colpevoli.

In una moralità come quella ipotizzata da Virginia Held, la razionalizzazione di alcuni comportamenti non conformi alla nostra linea morale, non è un artificio per sanare i nostri sensi di colpa, bensì la normalità con cui un uomo dovrebbe costruire giorno per giorno il proprio statuto morale. I giudizi dunque possono e devono essere modificati alla luce dell’esperienza.

Un atteggiamento di questo genere è apparentemente il più scontato e il più ovvio, ma Held rileva che se ci adeguassimo alle teorie morali tradizionali, questo non potrebbe essere possibile perché i giudizi che si credono basati su sentimenti non meritano attenzione. Ritroviamo, ancora una volta, l’atteggiamento di sufficienza con cui vengono trattati i sentimenti dai teorici della moralità.

I teorici della moralità riconoscono il sentimento come parte della vita dell’uomo ma,

semplicemente, non lo riconoscono come affidabile quando si devono formulare dei giudizi di stampo etico.

Il sentimento è inevitabilmente collegato alle sensazioni che a loro volta possono essere considerate eccessivamente mutevoli in base alle situazioni in cui si provano.

Per ovviare al problema del riconoscimento di un qualche valore al sentimento questi teorici hanno valutato quest’ultimo come importante nella formulazione dei fini.

61 Gli utilitaristi, ad esempio, riconoscono che sono i sentimenti a far nascere i desideri e gli obbiettivi che dobbiamo massimizzare, ma quando si deve stabilire come ci si deve comportare per massimizzare tali obbiettivi, i sentimenti non devono essere minimamente tenuti in considerazione.

Per le teoriche femministe della moralità, al contrario, i sentimenti non solo non sono lesivi, ma sono addirittura indispensabili per la costituzione di una tale teoria:

“I sentimenti, a loro avviso, dovrebbero essere rispettati dalla moralità, e non liquidati in quanto privi di imparzialità. Sì, esistono sentimenti moralmente dannosi, come il

pregiudizio, l’odio, il desiderio di vendetta, l’egoismo cieco e così via.

Ma non si può liberare la teoria morale dei sentimenti dannosi mettendo al bando tutti i sentimenti. Sentimenti come l’empatia, l’interesse per gli altri, la speranza, l’indignazione di fronte alla crudeltà possono essere essenziali ai fini dello sviluppo di

posizioni morali appropriate”43.

Queste femministe rivelano così l’importanza dei sentimenti nella vita del singolo e

quindi la loro utilità nel determinare le scelte che essi si trovano a dover compiere. Tra le filosofe convinte di questo, troviamo anche come abbiamo visto Sarah Ruddick. Il suo pensiero è importante per definire come anche la pratica materna sia collegata con la moralità ed il fatto che a legare madre e figlio sia il sentimento più grande di tutti non ci vieta di pensare che a gestire questo rapporto siano anche riflessioni di carattere morale. Infatti, una volta dimostrata l’intenzionalità dell’essere madre, possiamo chiederci cosa questo tipo di relazione possa dirci in merito alla moralità. Considerando la maternità come un qualcosa di naturale, abbiamo visto, si è rischiato di concepire la relazione madre- figlio come totalmente gestita dall’affettività.

Nell’allevare un figlio, però, la madre non si lascia dirigere solo ed esclusivamente dal

sentimento, ma compie riflessioni morali ogni giorno.

62 Com’è possibile concepire l’educazione di un figlio con il relativo insegnamento a

discernere il bene dal male ed il giusto dallo sbagliato come qualcosa di naturale? Tutta la crescita del bambino è plasmata da una madre che si prende cura della formazione della sua individualità e che quindi contribuisce alla formazione della sua moralità.

L’affettività non è quindi un ostacolo per la costituzione di un individuo moralmente

consapevole.

Un altro aspetto fondamentale della nuova teoria morale femminista che Held vuole costituire è la relazionalità.

L’obbiettivo di questa teoria è, abbiamo visto, essere il più possibile conforme alla realtà. La realtà in cui l’uomo vive è permeata da relazioni che siano lavorative o

familiari ed affettive. Prescindere da questo aspetto così fondamentale per la vita dell’uomo vuol dire non rappresentarlo in tutta la sua integrità ed è quello che le teorie tradizionali hanno fatto. Sentimenti come l’empatia e la fiducia sono essenziali in ogni

genere di relazione ed è impossibile pensare di poter prendere una decisione morale che non ne tenga conto. Non soltanto , dunque, i valori dell’utilità e dell’uguaglianza ma anche quello della responsabilità nei confronti di un ambiente sociale di cui siamo i protagonisti.

Una teoria morale che si presenti in questo modo è una teoria morale totalmente immersa in contesto specifico in cui l’esperienza e la concretezza sono le massime a cui far rifermento.

L’esperienza di cui parliamo, è bene precisare, non è però l’esperienza ipotetica dell’individuo astratto di matrice kantiana. È un esperienza reale, quella con cui noi ci

relazioniamo ogni giorno, quella che ognuno di noi vive e percepisce in maniera differente perché viene vissuta attraverso i filtri dell’emotività.

63 Questa prospettiva è quindi molto differente da quella del soggetto neutro e asessuato che agisce solo in conformità a dei principi decisamente rigidi.

Virginia Held, cita, a questo proposito la “visione da nessun punto di vista”44, così come la chiama Thomas Nagel, secondo cui è possibile per l’individuo fare astrazione

dal contesto di riferimento e comportarsi come se egli stesso si trovasse in una posizione di perfetta neutralità rispetto alle cose del mondo e potrebbe agire facilmente in nome dell’imparzialità.45 Essere imparziali, in realtà, non è possibile e nemmeno

auspicabile quando si ha a che fare con cose prettamente umane.

Held ha lo stesso atteggiamento di criticità con tutte quelle teorie che hanno utilizzato esperienze e dilemmi ipotetici per la formulazione di un certo tipo di moralità. L’esperienza ipotetica non è un qualcosa che può fungere da guida, in quanto non è

qualcosa di reale e non essendo reale non ha una forza che potremmo definire indipendente. Se si vuole parlare di etica e di comportamenti giusti o sbagliati, l’esperienza ipotetica, essendo totalmente astratta, non può essere di nessun aiuto. L’utilizzo dell’esperienza ipotetica è stato promosso, spesso, per affermare che i soli principi universalmente riconosciuti possono bastare per guidarci nell’azione.

L’importanza dei principi non è stata completamente trascurata da Held e da altre

studiose, infatti:

“La maggior parte delle teorie morali femministe, lungi dal basarsi esclusivamente sui giudizi particolari, riconoscono la necessità dei principi generali. (…) Raramente, dunque, la teoria morale femminista, è una specie di etica legata alla situazione; non si

risolve in un approccio “caso per caso”. E nemmeno è un’etica tipicamente relativistica.

Ma è evidente che i principi che l’indagine morale femminista potrà giudicare adeguati dovranno essere compatibili con giudizi particolari basati spesso su sentimenti di empatia e su un interesse affettuoso, accuditivo, piuttosto che su calcoli razionali e su

44 T.NAGEL, Uno sguardo da nessun luogo, Il Saggiatore, Milano, 1988. 45 Ivi,p. 43

64 ragionamenti astratti. Ed è evidente anche che a questi giudizi si dovrebbe arrivare tramite l’esperienza reale, e non ipotetica, tramite il tipo di esperienza che riconosce la

realtà concreta e relazionale degli esseri umani in un contesto storico reale”46.

Queste sono quindi le intenzioni delle studiose femministe ed è chiaro che siano totalmente intenzionate alla costituzione di una teoria che non vuole essere esclusiva ma inclusiva della diversità dei punti di vista. Agire conformemente ad una morale di questo genere significa agire e decidere in base ad una moltitudine di principi e prestando attenzione ad una moltitudine di aspetti.

Quando ci si ritrova in un contesto che presuppone un agire morale, dunque, l’uomo

può far fede ai principi che si presentano come fondamentali per la sua integrità morale, ma può aggiustare tali principi in modo da escludere o comprendere altri giudizi morali particolari. Questi ultimi che si sono formati in seguito ad un’esperienza reale ed a sensazioni reali che l’individuo ha provato in un determinato contesto, possono a loro

volta, essere considerati talmente valevoli di attenzione da sostituire i principi che fino a quel momento hanno regolato il suo agire. E’ da evidenziare però che agire in questo

modo non significa comportarsi con arbitrarietà o farsi trascinare dagli eventi, ma semplicemente rendere morali quelle sfumature che un comportamento umano inevitabilmente presuppone e che agli occhi di una moralità fatta di norme e principi potrebbero rischiare di apparire come eticamente trascurabili.

Queste studiose, pongono ancora una volta l’accento sulla diversità delle prospettive

presenti a questo mondo ed è proprio a questa diversità che tendono a voler dare un peso importante. Essendo loro vittime di atteggiamenti che condannano la diversità, elle faranno tutto ciò che è nelle proprie possibilità per dimostrare la ricchezza intellettuale nel concepire e costruire un nuovo mondo che dia peso alla divergenza.

65 A partire da questa diversità, le femministe si rendono conto, prima di tutti gli altri che le reazioni a particolari stimoli e situazioni che l’esperienza offre saranno inevitabilmente l’una diversa dall’altra e queste reazioni si trasformeranno di volta in

volta in convinzioni che saranno rese coerenti con tutte le altre fino a formare lo status morale di un individuo.

Immaginiamo un individuo che si trovi a dover affrontare un dilemma morale reale che coinvolge inevitabilmente la propria sfera affettiva.

Prendere una decisione che sia conforme a ciò che tutte le morali tradizionali hanno enunciato ossia l’imparzialità, può essere completamente impossibile. Se l’individuo

prova a farlo, oltre ad attraversare una profonda crisi, effettuerà anche una scelta che sarà non completa e non comprensiva di tutto il suo mondo interiore.

L’individuo nasce, cresce e matura come essere in relazione e tutte le cose della sua vita

devono essere giudicate non trascurando la moltitudine di aspetti che queste relazioni comportano.

Non è insomma concepibile per le teoriche femministe sentirsi immorali per non aver rispettato un principio astratto.

La teoria morale che sta costituendosi, quindi, difficilmente vedrà la moralità come costituita da un unico principio ma sarà un continuo emergere di principi differenti, sarà quindi un’ etica pluralistica.

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