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La frequenza cardiaca modifica il valore di IRR senza interferire con le resistenze vascolari. Mostbeck e coll., nel 1990, hanno dimostrato che esiste una relazione tra la frequenza cardiaca e la pressione tele-diastolica misurata; in particolare, all’aumentare dell’una, registriamo un incremento anche dell’altra e viceversa. (Mostbeck, 1990).

Un altro modo per diminuire la pressione tele-diastolica e quindi di far aumentare l’IRR è la compressione del rene attraverso la sonda ecografica. Questo fattore si rende particolarmente importante per il controllo nel paziente trapiantato a causa del posizionamento del rene più superficialmente rispetto alla sua sede anatomica fisiologica e porta soprattutto a una significativa variabilità tra le misurazioni compiute da diversi operatori. Otteniamo un aumento dell’IRR anche facendo eseguire al paziente la Manovra di Valsalva (espirazione a glottide chiusa), a causa della riduzione della velocità tele- diastolica per la diminuzione del ritorno venoso.

Figura 5: Indice di resistività normale in una donna sana di 25 anni. Il tracciato Doppler è usato per identificare le arterie interlobari (freccia bianca).

La maggior parte degli studi iniziali si sono concentrati in particolar modo sul ruolo delle resistenze vascolari e della compliance (cambiamento del volume di un vaso in base alla sua pressione di riempimento) come predittori dei valori di IRR, apparendo chiaro fin da subito la presenza di una relazione tra questi parametri.

Nel 1984 Norris e Barnes hanno effettuato uno studio su un modello animale dimostrando per primi la correlazione esistente tra l’aumento delle resistenze vascolari a livello parenchimale renale e l’aumento dei valori dell’IR. Questi ricercatori hanno usato come modello sperimentale reni di cane con i vasi embolizzati attraverso microsfere di gel; dal confronto dei valori delle resistenze vascolari ottenuti con metodica cruenta e la misurazione ecocolordoppler attraverso l’indice di resistività renale è emerso chiaramente come esista una correlazione lineare tra incremento delle resistenze vascolari e incremento dell’IRR (Norris, 1984).

Primi tra tutti, i ricercatori canadesi Morrow e Adamnson, negli anni ’90, hanno condotto una serie di esperimenti su feti di pecora finalizzati a ricercare una correlazione tra IRR e compliance vascolare utilizzando la tecnica dell’embolizzazione sui vasi placentari di feti di pecora. Gli studiosi hanno correlato l’inversione della fase diastolica dell’onda di flusso prevalentemente all’aumento delle resistenze periferiche (Morrow, 1989).

Nel 1998, Saunders e coll., in considerazione delle evidenze emerse negli anni precedenti, hanno condotto uno studio per chiarire quali fossero i determinanti dell’IRR a livello di letti vascolari a bassa resistenza, come quello renale o placentare. Anche loro hanno utilizzato un modello animale costituito da feti di pecora e hanno, in sostanza, ripetuto l’esperimento di Adamnson e coll. tramite l’embolizzazione dei vasi placentari con microsfere di gel e vasocostrizione dell’arteria ombelicale attraverso infusione di angiotensina II. Saunders ha confermato i risultati dello studio precedente, ma ha descritto con più precisione i meccanismi fisiopatologici alla base delle differenti modificazioni dell’onda Doppler indotta dall’embolizzazione e dalla vasocostrizione farmaco mediata.

In particolare è stato messo in evidenza come nei distretti vascolari con basse resistenze l’onda Doppler è uguale all’onda di flusso e come la sua morfologia sia ugualmente condizionata dalla resistenza, dall’impedenza di base e dalla pressione di pulsatilità concludendo che in condizioni in cui ci sono più variabili a modificarsi, l’interpretazione dei valori dell’IRR non è sempre chiara e affidabile (Saunders, 1998).

Nel 1999 Tublin si è posto l’obiettivo di fare chiarezza riguardo alle complesse interazioni che legano Indice di Resistività e resistenze vascolari, in particolare a livello del circolo renale. Per il suo studio Tublin ha scelto di lavorare su un modello animale, in particolare sul rene di coniglio isolato, adeguatamente perfuso con un sistema in grado di mantenere e modificare secondo le necessità degli operatori alcuni parametri cardiovascolari tra i quali pressione differenziale e frequenza cardiaca; durante tutta la durata dell’esperimento sono state ottenute misure dell’IRR. I risultati dello studio hanno dimostrato una correlazione tra incremento delle resistenze vascolari e dell’IRR; tuttavia tale aumento era significativo solo per incrementi enormi, e sicuramente non fisiologici, delle resistenze, con un innalzamento del valore di IRR solo modesto rispetto a quanto ci si sarebbe aspettato osservando i valori delle resistenze. Già questo dato è stato sufficiente per indebolire il concetto da tempo consolidato che l’IRR riflettesse fedelmente i cambiamenti delle resistenze vascolari. I risultati di Tublin e coll. inoltre hanno messo in evidenza che la pressione differenziale era più importante nella determinazione dei valori di IRR, mentre non è stata confermata alcuna correlazione con la frequenza cardiaca o la durata della sistole, contrariamente a quanto affermato pochi anni prima da Mostbeck. Lo stesso autore ha intravisto l’importanza clinica dei suoi risultati: tenendo conto del valore assoluto dell’IRR senza un corretto inquadramento delle variabili che possono modificarne il valore, soprattutto in soggetti anziani dove si verifica un progressivo aumento della pressione differenziale conseguente all’invecchiamento dei vasi, si rischia di considerare patologici anche soggetti i cui valori rientrano nel range di normalità (Tublin 1999).

Nel 2000, Murphy e Tublin hanno condotto ulteriori esperimenti sul modello di rene di coniglio isolato. Da osservazioni preliminari infatti era emerso come la pressione differenziale delle arterie sistemiche fosse un determinante dell’IRR, ma questi ricercatori hanno voluto approfondire l’argomento ricercando una correlazione tra distensibilità dei vasi parenchimali e variazioni dell’onda Doppler, ricreando in laboratorio una condizione simile all’ostruzione delle vie escretrici. Con questo modello hanno potuto dimostrare come l’aumento della pressione interstiziale riduca la distensibilità delle arteriole renali e provochi così modificazioni nella resistenza in maniera asimmetrica durante il ciclo cardiaco. La distensione delle arterie è modulata dalla pressione transmurale e dalla compliance vascolare, che dipende principalmente dalle caratteristiche della parete. Quando la pressione interstiziale è zero, la pressione transmurale (i.e. differenza tra

pressione intraluminale e pressione interstiziale) è uguale alla pressione intraluminale. Aumentando la pressione all’interno del sistema degli ureteri, come nel caso di una patologia urinaria di tipo ostruttivo, abbiamo un aumento della pressione interstiziale che si traduce in una riduzione del diametro dei vasi nella fase sistolica, ma soprattutto in quella diastolica quando la pressione intraluminale è di per sé minore (Figura 5).

Figura 6:

I vasi che risentono maggiormente di questo fenomeno sono quelli di calibro più piccolo; tuttavia le modificazioni nel distretto vascolare più periferico hanno delle ripercussioni quasi immediate sul flusso delle grandi arterie che si riduce, analogamente a quanto accade nel microcircolo, prevalentemente in diastole. Poiché l’IRR è il risultato del rapporto tra velocità registrata in fase diastolica e sistolica, risulta chiaro come un aumento della pressione interstiziale possa tradursi in un aumento dell’IRR. (Murphy, 2000).

Nel 1999, sulla scia degli esperimenti di Saunders, Adamnson e Morrow, altri due ricercatori, Bude e Rubin, hanno creato un modello sperimentale artificiale per precisare la correlazione esistente tra l’indice di Pourcelot e resistenze vascolari, ritenendo che negli studi precedenti non fosse stata posta l’attenzione necessaria sul ruolo della compliance vascolare come determinante dell’IRR. I due ricercatori hanno costruito un modello,

costituito da una serie di tubi di gomma di diverse lunghezze (tanto più lunghi quanto maggiore era la compliance che volevano ottenere) e una pompa pulsatile, che ricreava l’anatomia dell’aorta e dei suoi rami principali, in particolare l’arteria renale; tramite una serie di valvole poste in vari punti del circuito era possibile modificare a piacimento le resistenze dei vari segmenti. Il modello garantiva anche la possibilità di misurare la pressione intravascolare in ogni momento attraverso trasduttori di pressione. Bude e Rubin hanno condotto esperimenti usando tre diversi livelli di compliance: normale, bassa (10% circa del valore normale) e zero. La compliance di un vaso è definita dal rapporto dV / dP, dove V= volume e P= pressione; è un parametro dinamico e quindi difficile da misurare direttamente. Poiché la compliance è responsabile della progressiva attenuazione della pulsatilità del flusso a partire dalle grandi arterie fino alla scomparsa a livello dei capillari parenchimali, Bude e Rubin hanno usato un metodo indiretto di misura andando a valutare i valori di IRR a livello della parte prossimale e distale del tubo di gomma del modello corrispondente all’arteria renale. Nel modello si presupponeva di avere una compliance uguale a zero quando i valori di IRR nei punti precedentemente ricordati coincidevano. I risultati ottenuti da questi esperimenti hanno reso evidente che con una compliance pari a zero i valori di IRR erano indipendenti dalla resistenza vascolare, anche quando le resistenze erano tali da indurre una modificazione della direzione del flusso a livello della diramazione corrispondente all’arteria renale. Si era così dimostrato come le resistenze da sole non avessero nessuna influenza sull’IRR. Nella parte dell’esperimento condotta con valori di compliance normali o ridotti appariva invece chiaro come la compliance modificasse l’influenza delle resistenze sull’IRR: più bassa la compliance, più basso l’IRR per gli stessi valori di resistenza. Questa scoperta è importante perché i valori di compliance non sono costanti in vivo, ma variano con età, pressione sanguigna e eventuale terapia farmacologica. Inoltre nello stesso studio è stato dimostrato con maggiore chiarezza ciò che già si conosceva da tempo: a parità di compliance l’incremento delle resistenze vascolari si correla a un aumento dei valori di IRR (Bude, 1999). Benchè il modello sperimentale dei due ricercatori non fosse del tutto sovrapponibile alla reale fisiologia del rene umano, possiamo cogliere preziose informazioni da usare nella pratica clinica: ad esempio poiché la compliance vascolare non solo varia da individuo a individuo, ma anche all’interno dello stesso soggetto, i valori di IRR registrati dovranno assumere un significato diverso a seconda del contesto nel quale vengono rilevati.