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8. MATERIALI E METOD

9.2. c Ruolo prognostico IRR con valore patologico per età corretto per SSc

Abbiamo riscontrato un trend verso la significatività statistica per il peggioramento in generale (p=0.095). Analizzando i dati per i singoli peggioramenti abbiamo registrato:

• un trend verso la significatività statistica per il decesso (OR 2.807 IC95% 0.742-5.872 p=0.163), il peggioramento cutaneo (OR 1.719 IC95% 0.624-4.734 p=0.295) e vascolare periferico (OR 1.358 IC95% 0.759-2.429 p=0.303)

• una significatività statistica per il peggioramento cardiaco (OR 2.012 IC95% 1.001- 4.045), polmonare (OR 1.815 IC95% 1.037-3.177) e renale (OR 3.024 IC 95% 1.085-8.428).

Come ulteriore analisi abbiamo considerato la variazione dell’IRR nel tempo (ΔIRR) sia come marker che come predittore di peggioramento clinico e strumentale per quei pazienti che erano stati sottoposti ad almeno un follow up ECDR. Nei 100 pazienti con follow up a tre anni il ΔIRR ha mostrato un trend verso la significatività statistica come marker di peggioramento cardiaco nel periodo del follow up (0.04±0.06 vs 0.01±0.05 p= 0.079) e come predittore di futuro peggioramento polmonare (0.03±0.05 vs 0.01±0.09 p= 0.098);

nei 60 pazienti con follow up a 5 anni il valore del ΔIRR non si è mostrato significativamente diverso tra i pazienti con peggioramento e quelli stabili.

Figura 11: Curve di Kaplan-Mayer rappresentanti la differenza di andamento nel tempo riguardo al raggiungimento dell’endpoint “peggioramento”, sia generale che organo- specifico.

10. Discussione

È ormai noto da decenni di letteratura scientifica che l’IRR sia utile come marker precoce di compromissione renale in molte condizioni cliniche (quali ipertensione, diabete, iperuricemia, ostruzione delle vie urinarie…) [Boddi 2015].

Nel nostro studio, considerando l’IRR come valore assoluto si evidenzia, come già noto, una correlazione con l’età [Boddi 1996], in particolare all’aumentare dell’età registriamo un incremento dei valori di IRR. Poiché la popolazione in esame nel nostro studio mostra un‘età media relativamente bassa (età media 57±15 anni), al fine di interpretare in maniera corretta i risultati, occorre tenere presente che utilizzando il cut-off di 0.70 (età indipendente) si rischia di sottostimare la percentuale di pazienti con IRR patologico. Questo è da considerare soprattutto in gruppi di pazienti giovani, in cui l’utilizzo di un cut- off età indipendente rischia sottostimare il numero di patologici. Per il nostro studio abbiamo quindi decido di utilizzare sia il cut-off età indipendente IRR≥ 0.70 che quello età dipendente al fine di ottimizzare la capacità di evidenziare il danno renale.

Nella nostra popolazione di pazienti sclerodermici si è confermata la correlazione tra IRR in valore assoluto e indici di funzionalità renale, ipertensione, diabete e iperuricemia, condizioni che notoriamente determinano un incremento della stiffness vascolare e un’alterazione della composizione del compartimento tubulo-interstiziale renale.

Nel sottogruppo di pazienti con IRR ≥0.70/patologico per età è stata rilevata una clearance della creatinina significativamente più bassa rispetto ai pazienti con valore <0.70/normale per età, anche se c’è da sottolineare che in media i pazienti della nostra popolazione presentano conservata funzionalità renale (clearance della creatinina media 83,4 ml/min/1,73m2), confermando quindi il ruolo dell’IRR come marker di danno renale

precoce rispetto alla proteinuria e alla riduzione della clearance della creatinina (Bruno 2011).

Nella nostra popolazione la correlazione tra presenza di proteinuria e IRR patologico mostra solo la tendenza alla significatività statistica, probabilmente per la presenza di un piccolo sottogruppo di pazienti che presentano dati circa la proteinuria delle 24h. L’IRR patologico si correla anche con la presenza di diabete e iperuricemia nonostante solo un piccolo sottogruppo di pazienti ne sia affetto, confermando queste associazioni già note in letteratura.

Anche nel paziente con patologie autoimmunitarie l’utilizzo dell’IRR si è dimostrato utile nell’identificare il coinvolgimento renale precoce. Ad esempio in pazienti con Lupus eritematoso sistemico (LES) è stato riportato che l'ecocolordoppler delle arterie renali è utile per la valutazione del danno renale cronico, compresa la nefrite lupica, e si è rivelato

utile nel determinare la prognosi [43]. inoltre l'IRR correla direttamente con la fibrosi corticale [44,45 Chiara Bontempi] e può essere utilizzato come marker precoce di danno renale da utilizzare anche nel follow-up [46 Chiara Bontempi].

La nostra analisi statistica su popolazione di pazienti sclerodermici conferma che, utilizzando i cut-off classici dell’IRR (0.70 e cut off età correlati), l’IRR patologico correla con i valori di funzionalità renale (creatinina e proteinuria) e presenta una relazione con comorbilità quali ipertensione e diabete. Inoltre, considerando il valore assoluto dell’IRR registriamo un trend verso la significatività per il peggioramento renale mentre, tenendo in considerazione i valori di IRR corretti per età osserviamo una correlazione tra IRR patologico e peggioramento della funzionalità renale al follow-up. Questi dati sono in linea con quelli della letteratura dai quali si evince che la presenza di IRR incrementato, in pazienti con dimostrazione di severa aterosclerosi e fibrosi tubulo-interstiziale alla biopsia renale, si associa a peggioramento della funzione renale a 18 mesi (Bigè 2012).

In accordo con gli studi riportati in precedenza e in linea con la letteratura attuale, si può dire che l’IRR sia un marker di danno renale e possiamo estendere queste considerazioni anche al paziente con sclerosi sistemica, soprattutto qualora tale patologia si associ alla presenza di fattori di rischio cardiovascolari come diabete e ipertensione.

Non esistono ancora protocolli condivisi per l’utilizzo dell’ecocolordoppler delle arterie renali con misura dell’IRR nella pratica clinica, ma la non invasività dell’esame, la ripetibilità e riproducibilità rendono questo test uno strumento utile sia nella valutazione iniziale sia nel follow-up del paziente con sclerodermia; inoltre in caso di peggioramenti acuti (es. crisi renale sclerodermica) è in grado di fornirci in modo rapido e non invasivo numerosi dati sia morfologici che funzionali per quanto riguarda il rene, rendendolo quindi un esame utile per la diagnosi e il monitoraggio della risposta terapeutica.

Da qualche anno alcuni ricercatori hanno posto l’attenzione su un possibile utilizzo dell’IRR nel paziente sclerodermico come marcatore di interessamento extrarenale di malattia. In particolare il gruppo di Rosato et al ha evidenziato correlazioni tra IRR e pattern videocapillaroscopico e con l’ipertensione arteriosa polmonare (Rosato 2012). Gli studi di Rosato hanno messo in correlazione la presenza di incremento del valore assoluto di IRR e

i marker di danno extrarenale associato alla sclerodermia, senza considerare la presenza di valori di cut-off patologici. Inoltre queste evidenze sono state ottenute dall’analisi di piccole popolazioni di pazienti sclerodermici (30-40 pazienti) e non sono disponibili dati circa il follow-up o la prognosi. Il nostro studio si basa sull’analisi di un’ampia popolazione (250 pazienti) e, tramite un lavoro retrospettivo di raccolta di dati, è stato possibile ottenere sia un quadro clinico completo al momento dell’esecuzione del primo ecocolorDoppler dei vasi renali sia dati di follow-up.

Analizzando le correlazioni dell’IRR patologico secondo i cut-off 0.70 e patologici per età osserviamo associazioni statisticamente significative tra IRR e pattern videocapillaroscopico late, disfunzione diastolica, oltre a valori significativamente più alti di PAPs e significativamente più bassi di DLCO, dati che confermano comunque quelli ottenuti da Rosato e coll., ma non si evidenzia una correlazione tra IRR e impegno fibrotico extrarenale.

Dall’analisi dei nostri dati emerge non solo che la popolazione di pazienti in esame è di età media bassa ma anche che questi pazienti presentano valori di IRR mediamente superiori rispetto alla popolazione non sclerodermica di pari età, con valori medi di IRR che si avvicinano molto alla soglia considerata patologica (media di 0.68±0.07).

Questa di per sé non è influenzata dal tempo trascorso né dall’esordio del fenomeno di Raynaud né dal primo sintomo non-Raynaud come invece precedentemente mostrato (Aikmbaev 2001), che sebbene si fossero mostrati significativamente correlati con IRR ad una prima analisi, perdevano questa correlazione una volta che l’analisi veniva corretta per l’età anagrafica.

Una spiegazione di valori di IRR mediamente al limite inferiore della soglia del patologico potrebbe essere la presenza, già in fasi iniziali di malattia, di modificazioni a livello della composizione del parenchima renale che si traduce in un aumento della rigidità vascolare e quindi in un incremento dell’IRR. Infatti ci sono studi circa l’elevata percentuale di pazienti che presentano aumento di valori marker di danno renale (come proteinuria, ipertensione o aumento della creatinina) pur rimanendo totalmente asintomatici e altri che dimostrano che fino all’80% di pazienti presenta una patologia renale occulta allo studio autoptico [Steen 2007, Steen 2003].

Dagli studi bioptici sul rene sclerodermico emerge che, in caso di crisi renale sclerodermica, si sviluppa una grave iperplasia mucinosa e necrosi vascolare fibrinoide a livello delle arterie arcuate e delle arteriole interlobari renali con degenerazione delle cellule del tubulo-interstizio e, nelle fasi croniche di malattia, si arriva ad una degenerazione ischemica anche a livello dei glomeruli. Nelle fasi croniche è descritta una atrofia tubulare e un grado di fibrosi che è proporzionale al danno vascolare [Shanmugan 2010].

La presenza di una modificazione della composizione del compartimento renale vascolo- tubulo-interstiziale si associa ad un incremento della stiffness del microcircolo renale che giustifica valori medi di IRR più elevati rispetto alla popolazione non sclerodermica.

Sulla base di queste considerazioni abbiamo quindi creato dei nuovi cut-off età dipendenti basati sulla popolazione di pazienti sclerodermici, dividendo prima la popolazione in quartili di età e successivamente assumendo come patologici i valori al di sopra del 75° percentile. Tali cut-off si avvicinano mediamente al valore 0.70 considerato patologico per la popolazione generale, ma hanno la caratteristica di aumentare con l’aumentare dell’età, così da non includere una quota di pazienti che avrebbe valore superiore a tale limite solo per questioni puramente anagrafiche.

Utilizzando questi nuovi cut-off si perde l’associazione statisticamente significativa tra funzione renale (ClCr C-G e proteinuria) e IRR, ma si riscontra invece una significatività statistica per l’associazione tra IRR e coinvolgimento fibrotico di malattia a livello polmonare e cutaneo e tra IRR e danno vascolare/cardiaco (capillaroscopia e PAPs).

Nello specifico i pazienti con IRR oltre il cut-off SSc-età corretto mostravano una significativa maggior presenza di interstiziopatia polmonare in generale, con un conseguente valore minore sia di FVC che di DLCO ed una classe NYHA di dispnea > II. Non è possibile escludere che la dispnea possa essere correlata ad un’eventuale componente cardiogena da malattia e questo è supportato anche dal fatto che vi sia anche un incremento significativo sia dei valori di PAPs che di NT-proBNP nella popolazione con IRR patologico. Per quanto riguarda le manifestazioni cutanee, l’analisi ha mostrato risultati statisticamente significativi sia per quanto riguarda la presenza/assenza di fibrosi (quindi confrontando unitamente forme cutanee diffuse e limitate versus forme precoci/sine scleroderma) sia considerando l’estensione della fibrosi cutanea stessa stimata attraverso

il mRSS. Queste osservazioni supportano l’IRR patologico SSc-età-corretto come possibile indice di impegno fibrotico malattia-correlato.

In linea con la letteratura precedente, la nostra analisi ha confermato l’associazione tra IRR patologico SSc-età-corretto e manifestazioni vascolari correlate alla patologia: sia per quanto riguardava le alterazioni microvascolari più avanzate, sia per quanto riguarda la presenza/storia di ulcere digitali (Rosato 2012), mostrando inoltre associazione anche con la presenza di telangectasie, sempre manifestazione vascolare periferica.

La presenza dell’associazione con le manifestazioni suddette riesce a spiegare parzialmente l’associazione con l’utilizzo di terapie vascolari maggiori quali Bosentan e Sildenafil, verosimilmente prescritte per tali manifestazioni. Tale ragionamento però non è stato confermato per l’utilizzo della terapia immunoppressiva, solitamente prescritta per l’impegno cutaneo e/o polmonare: in considerazione dell’IRR patologico come marker fibrotico indiretto ci saremmo attesi un’esposizione maggiore agli immunosoppressori nei pazienti con IRR patologico, dato invece non confermato e che potrebbe essere correlato anche al fatto che molti pazienti potrebbero aver eseguito l’ECDR assieme agli accertamenti iniziali di inquadramento della patologia e che quindi, di conseguenza, non avevano ancora iniziato il trattamento successivamente impostato.

Dal punto di vista immunologico, dato significativo e meritevole di commento sono la significativa associazione positiva tra IRR patologico e positività anti-Scl70 e la significativa associazione negativa tra IRR patologico e positività degli ACA. Il dato non stupisce da un punto di vista patogenetico, in quanto la positività di questi anticorpi è solitamente mutuamente esclusiva. Si possono invece fare commenti riguardo al fatto che fosse atteso che, associandosi all’impegno cutaneo e soprattutto a quello polmonare, potesse esservi un’associazione con l’anticorpo anti-Scl70, tipicamente marcatore della forma cutanea diffusa con elevato rischio di interstiziopatia polmonare. Essendo però anche l’anticorpo ACA un fattore di rischio per lo sviluppo di ulcere digitali e di ipertensione arteriosa polmonare (Denton 2012), mediamente più tardive rispetto a quelle sviluppate dai pazienti portatori dell’anti-Scl70, era attesa un’associazione statistica anche con l’ACA, cosa che però non si è mostrata. In considerazione di quanto appena detto, etichettando l’ACA come marcatore protettivo per un’IRR patologico SSc-età-corretto, alla luce anche del valore predittivo dell’IRR basale, potremmo speculare che l’ACA esponga ad un minor rischio di

peggioramento futuro rispetto all’anti-Scl70: ripetendo l’analisi dell’associazione prognostica con il pattern autoanticorpale, è stato possibile vedere come un peggioramento in generale si possa osservare nel 40.7% dei pazienti con ACA e nel 58.2% dei pazienti con Scl70 (entrambi statisticamente significativi (p<0.05), confermandosi ulteriormente nello specifico per il peggioramento cutaneo, mostratosi solo nel 6.2% degli ACA+ mentre nel 56.2% degli Scl70+ (entrambi p<0.001). L’Scl70 si associava inoltre anche ad un trend verso il maggior rischio di peggioramento cardiaco e polmonare (entrambi p=0.067). Tali considerazioni non possono essere effettuate per i pazienti con positività per RNA-pol-III, in quanto presenti in numero estremamente ridotto all’interno della popolazione in studio.

Per quanto riguarda la sottopopolazione di quei pazienti la cui classificazione in SSc veniva raggiunta attraverso la sola soddisfazione dei criteri VEDOSS, senza quindi manifestazioni fibrotiche. Tale sottogruppo, costituente il 22.7% dell’intera popolazione in studio, mostrava valori di IRR non dissimili dal resto dei pazienti con SSc fibrotica né analizzando il valore assoluto né utilizzando il cut-off generale 0.70; quando invece si utilizzava il cut off IRR patologico SSc-età corretto, la percentuale di pazienti VEDOSS con IRR patologico era nettamente minore (11.11% vs 27.53%, p=0.028), rinforzando ulteriormente il valore del cut off SSc-età corretto come indicatore di fibrosi SSc-correlata. Eseguendo nuovamente una sub-analisi del peggioramento nei pazienti VEDOSS rispetto a quelli con malattia conclamata, i pazienti VEDOSS peggioravano nel tempo in percentuale nettamente minore (17.6% vs 28.3&, p=0.047), specificatamente per quanto riguardava la componente cardiaca (8.6% vs 25.6%, p=0.030) e quella polmonare (10.9%vs 26.7%, p=0.014). E’ da considerarsi però che, in linea con quanto detto nel commento riguardo al pattern autoanticorpale, l’82.5% dei pazienti VEDOSS erano portatori dell’anticorpo ACA, quindi probabilmente protetti immunologicamente, anche se lo specifica protezione nei confronti del peggioramento sia cardiaco che polmonare potrebbe essere attribuibile anche all’intervento precoce che solitamente effettuiamo su questi pazienti sin dal momento in cui viene posta la diagnosi con farmaci vasoattivi maggiori, quali bosentan e sildenafil. In realtà, correggendo l’analisi prognostica nei pazienti VEDOSS per l’esposizione ad uno di questi farmaci, non è stata osservata una differenza significativa nello sviluppo di complicanze future (dati non mostrati).

Come ulteriore e conclusiva analisi, assumendo sempre IRR come marker fibrotico, abbiamo studiato l’eventuale capacità di tale marcatore di indicare l’efficacia di IRR di predire il peggioramento polmonare in pazienti con o senza terapia immunosoppressiva in atto al basale: questa analisi ha mostrato come vi sia un trend alla significatività statistica verso il peggioramento del quadro polmonare in pazienti con IRR basale patologico (p=0.063), sebbene la terapia assunta fosse estremamente eterogenea e questo potrebbe aver inficiato tale analisi.

In conclusione di questo studio, proponiamo l’IRR come marker di coinvolgimento fibrotico multisistemico da utilizzare nella valutazione globale del paziente sclerodermico sia al momento della diagnosi che durante il follow-up: qualora infatti alla diagnosi si presentasse già patologico rispetto al cut-off SSc-età corretto, allora potrebbe indicare la presenza di una componente fibrotica già importante e meritevole di un rapido ed incisivo intervento terapeutico.

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