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Gli indici sussidiari

Gli indici sussidiari sono ulteriori indici privi di valore decisivo autonomo, che la giurisprudenza ha elaborato e che vengono utilizzati come semplici elementi indiziari per la decisione del caso concreto.

La presenza di questi serve soltanto per accertare la sussistenza o meno di quelli essenziali qualora questi risultino assenti o attenuati.

Uno dei più controversi indici residuali risulta essere il nomem iuris, ovvero la qualificazione che ne danno le parti nel contratto. Infatti, sebbene ai fini della qualificazione del rapporto rilevi l'effettivo atteggiarsi del rapporto, in dottrina si sono chiesti se la volontà delle parti al momento della stipulazione dell'accordo sia da considerarsi completamente irrilevante o se mantenga un seppur residuale valore indiziario.

La giurisprudenza per lungo tempo aveva escluso che tale indice potesse avere alcun peso sul dato che il giudice doveva avere riguardo esclusivamente alle effettive modalità di svolgimento della prestazione lavorativa.49

Successivamente, alcune pronunce, hanno cominciato a discostarsi da questo criterio sostenendo che nei casi in cui sono presenti elementi che richiamino sia il modello autonomo che quello subordinato non sia possibile prescindere completamente dalla volontà delle parti.

“"Ai fini della qualificazione di un rapporto di lavoro come autonomo o subordinato,

non si può prescindere dalla preventiva ricerca della volontà delle parti, giacché il principio secondo cui ai fini della destinazione in questione è necessario avere riguardo all'effettivo contenuto del rapporto stesso, indipendentemente dal nomen iuris usato dalle parti, non implica che la dichiarazione di volontà di queste in ordine alla fissazione di tale contenuto o di un elemento di esso qualificante ai fini della distinzione medesima debba essere stralciata nell'interpretazione del precetto contrattuale che non debba tenersi conto del relativo reciproco affidamento delle parti stesse e della concreta disciplina giuridica del rapporto quale voluta dalle medesime nell'esercizio della loro autonomia contrattuale. Pertanto, quando le parti, nel regolare i loro reciproci interessi, abbiano dichiarato di voler escludere l'elemento della subordinazione, non è possibile specie nei casi caratterizzati dalla presenza di elementi compatibili con l'uno e con l'altro tipo di rapporto- pervenire ad una diversa qualificazione se non si dimostra che in concreto il detto elemento della subordinazione si sia di fatto realizzato nello svolgimento del rapporto medesimo."50 La sentenza in questione, lungi dal voler attribuire alle parti una disponibilità del tipo legale51, dà una legittimazione alla utilizzazione del nomen iuris come criterio residuale quando l'ambiguità del caso concreto sia tale da non riuscire ad arrivare con certezza ad una qualificazione empirica. La tendenza fino agli inizi degli anni 80 in questi casi era di considerare come subordinati quei rapporti che possedevano qualità sia dell'uno che dell'altro tipo di rapporto anche in contrasto con la volontà delle parti rappresentata nel contratto.

Un altro criterio utilizzato dalla giurisprudenza è quello dell'oggetto della prestazione spesso considerato unitariamente a quello della ripartizione del rischio.

Il primo richiamerebbe la vecchia distinzione tra locatio operis e locatio operarum e

50 Cassazione civile, sez. lav., 13 Marzo 1990 n.2024

tende a riconoscere il vincolo di subordinazione soltanto nelle obbligazioni di mezzo(operarum).

Parallelamente tale criterio può essere visto come quello della diversa ripartizione del rischio infatti nella locatio operarum il dipendente, non impegnandosi alla realizzazione dell'opera completa, fa ricadere il rischio dell'inutilità del lavoro sul committente.

La presenza di questi elementi spesso spinge il giudice a convincersi della presenza del vincolo di subordinazione quando gli altri criteri principali risultino attenuati ma non possono in nessun caso sostituirli.

Altro elemento che può convincere il giudice della presenza del vincolo di subordinazione è il rispetto di un orario di lavoro.

In generale il rispetto o meno di un orario di lavoro è irrilevante ai fini della qualificazione della fattispecie ma si ritiene che esso possa essere utilizzato per dimostrare l'assoggettamento al potere direttivo dell'imprenditore o l'inserimento nella organizzazione aziendale52.

La giurisprudenza ha spesso prestato attenzione anche alle modalità di retribuzione, ad esempio sostenendo che per inquadrare il vincolo del dottore di fabbrica come lavoratore subordinato doveva essere prevista una retribuzione fissa che prescindesse dal numero delle visite mediche effettuate.

La presenza di uno stipendio fisso in questo caso escludeva la possibilità della presenza di un lavoro autonomo nonostante si trattasse di un libero professionista, infatti le modalità di retribuzione facevano propendere il giudice per il lavoro dipendente.

In altri due casi, sempre utilizzando il parametro della modalità di retribuzione, la

giurisprudenza ha invece escluso la presenza del vincolo d subordinazione: in un caso perché nulla era stato pattuito, al momento della stipulazione del contratto, riguardo al pagamento e perciò difficilmente poteva essere un rapporto subordinato dal momento che “la decisione di svolgere la propria attività nella non esaltante condizione di lavoratore subordinato rimane in genere largamente condizionata dall'entità della retribuzione offerta53”, mentre nel secondo caso il vincolo veniva escluso poiché le parti avevano concordato un corrispettivo “ di molto superiore a quello normalmente in uso per il lavoro subordinato54”.

Un ulteriore elemento che distingue il lavoro autonomo da quello dipendente è la personalità della prestazione.

Mentre nel lavoro subordinato la personalità della prestazione è necessariamente personale in quella autonomo ciò non è per forza richiesto( si pensi al caso del subappalto).

Ad ulteriore conferma della necessaria personalità della prestazione l'art 2049 cc che addossa a titolo di responsabilità extracontrattuale il fatto illecito commesso dal proprio dipendente nello svolgimento delle sue mansioni.

In quest'ottica è evidente che la prestazione deve essere necessariamente personale non potendosi il datore di lavoro assumere tale responsabilità se il proprio dipendente che si facesse sostituire da qualcuno.

Quindi anche la necessaria personalità della prestazione può essere vista dai giudici come un indizio della presenza di un rapporto subordinato.

53 Ibidem 54 Ibidem

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