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Innovation competence and innovation commitment

2.1 I tre pilastri dell’innovazione

2.1.1 Innovation competence and innovation commitment

Con “competenza innovativa” si intende la capacità di un’impresa di generare nuove idee e dare alle stesse un seguito reale e di successo. Il livello di innovation competence non solo rispecchia il numero di idee generate e sviluppate proficuamente, ma risente anche dell’adeguatezza e coerenza con cui vengono impostate e si susseguono le fasi del processo innovativo, e di quanto sia diffusa una cultura aziendale propensa alla sperimentazione di nuove soluzioni. Dunque, affinché il processo d’innovazione produca risultati concreti, lo sviluppo di competenze innovative costituisce una prerogativa.

Nel modello proposto da Tim Kastelle23 la dimensione della innovation competence viene affiancata da un’ulteriore variabile, l’innovation commitment che riflette il coinvolgimento e l’attenzione rivolta dall’organizzazione all’innovazione. Tipicamente in un’impresa innovation-committed l’innovazione è ricompresa tra i principali core values, vengono predisposti opportuni strumenti a supporto di ciascuna delle fasi del processo innovativo, notevoli risorse vengono dedicate alle attività di Ricerca e Sviluppo e il top-management è pienamente coinvolto nei processi di innovazione.

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Dalla combinazione delle due variabili scaturisce una matrice dell’innovazione: a seconda del grado di innovation competence e innovation commitment, ciascuna impresa viene a collocarsi in uno specifico quadrante, e per ogni posizionamento viene proposto un percorso strategico di miglioramento.

Figura 7The Innovation Matrix

Kastelle T. The Innovation Matrix Explained - timkastelle.org/blog, 2012

a. Not innovating very much: le organizzazioni che presentano un livello di innovation commitment molto basso e competenze innovative altrettanto ridotte si posizionano nel quadrante “Not innovating very much”. Per queste, l’innovazione non rappresenta un valore cardine a cui ispirarsi, non viene impostato alcun processo innovativo consapevole e controllato, né vengono allocate specifiche risorse (di personale o capitali) da destinare alle attività di Ricerca e Sviluppo. Inoltre, il numero di idee generate e sviluppate con successo è esiguo e manca una cultura organizzativa orientata alla sperimentazione. In altre parole, il tema dell’innovazione viene completamente ignorato.

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Per esprimere un giudizio circa il posizionamento in questo quadrante e per definire il miglior percorso strategico, occorre tenere conto dell’eventuale presenza di un performance gap (inteso come differenza tra quello che le imprese ottengono e quello che vorrebbero ottenere dallo svolgimento delle loro attività) e del grado di stabilità del mercato in cui le organizzazioni operano. Ed infatti:

- Se una data organizzazione è consapevole di un certo performance gap e/o opera in un mercato caratterizzato da un sostenuto cambiamento, allora il posizionamento in questo quadrante è da ritenersi poco sostenibile. Senza intraprendere alcun percorso d’innovazione, infatti, il performance gap inevitabilmente si amplia e, in alcuni casi, l’impresa rischia di scomparire definitivamente perché non è in grado di adeguarsi ai cambiamenti imposti dal mercato.

Queste imprese, dunque, non possono in alcun modo continuare a disinteressarsi all’innovazione, e sono pertanto chiamate ad incrementare il livello di innovation commitment e a perfezionare le competenze innovative. Al contrario, ci sono organizzazioni per le quali il performance gap è pressoché nullo e il mercato in cui operano è particolarmente stabile.

Per esse l’innovazione non rappresenta una prerogativa e risultare “non innovative” non costituisce affatto un problema. Occorre precisare, tuttavia, che ciò è ammesso a patto che rimangano valide allo stesso tempo le due condizioni di performance gap nullo e inalterabilità del mercato.

Si pensi alle imprese di successo consolidate su mercati stabili: poiché conseguono esattamente gli obiettivi prefissati e agiscono in un settore molto poco dinamico, possono completamente disinteressarsi all’innovazione. Analogamente, per oligopolisti e monopolisti il posizionamento in questo quadrante non costituisce una condizione problematica. Poiché non hanno concorrenti, il mercato per queste imprese è molto poco variabile; e anche qualora rilevassero un performance gap, sarebbero comunque legittimati a non interessarsi all’innovazione (almeno

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da un punto di vista economico). Non solo non c’è alcun rischio che i consumatori si rivolgano ad un concorrente più innovativo che fornisca loro lo stesso prodotto o servizio, ma avviare un processo d’innovazione intaccherebbe quei profitti che essi realizzano grazie ad una posizione dominante e favorevole.

b. Thinking about innovation: focalizzando l’attenzione su quelle imprese che decidono di intraprendere un percorso innovativo – perché consapevoli di un certo performance gap e/o perché operanti in un mercato dinamico ed instabile – queste cominciano a guardare all’innovazione con maggiore interesse e coinvolgimento, mettono a punto diversi strumenti di supporto al processo innovativo, dedicano adeguate risorse da destinare alle attività di Ricerca e il top-management è discretamente coinvolto nelle discussioni in materia di innovazione. In altre parole, per tali organizzazioni si rileva un accrescimento nel livello di innovation commitment ed uno spostamento dal quadrante “Not innovating very much” al quadrante “Thinking about innovation”.

Mentre il posizionamento nel quadrante precedente non rappresentava di per sé una condizione problematica, lo stesso non si può dire in questo secondo caso. Le imprese, infatti, poiché non fanno corrispondere ad un aumento del livello di innovation commitment un adeguamento delle innovation competences, finiscono con trovarsi nella tipica situazione da “Air sandwich”24: si ha una visione ben precisa di ciò che si vuole ottenere in futuro, a partire dalla consapevolezza concreta di ciò che si è nel presente, ma manca è qualcosa che metta in contatto le due dimensioni (da qui l’espressione “Air Sandwich”), ovvero le competenze che consentono di transitare da un certo stato delle cose – passato – ad un altro – futuro. Ed infatti, le idee generate sono ancora troppo “inconsistenti”, il processo innovativo non è

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ancora impostato in maniera completa e consapevole e lo slancio verso la sperimentazione è ancora troppo timido.

Un corretto percorso di miglioramento che consenta di apprezzare risultati concreti e ridurre al minimo il tempo di permanenza in questo quadrante richiede, dunque, un potenziamento delle innovation competences e, in primo luogo, impone che si guardi all’innovazione come ad un processo sistematico di cui il momento di generazione e raccolta delle nuove idee rappresenta solo una fase. Ed infatti, il processo innovativo si compone delle fasi25 di

- Idea generation, in cui vengono generate e raccolte nuove idee avvalendosi spesso di attività di brainstorming: facendo leva sul loro senso di creatività e partecipazione, gruppi di persone vengono coinvolti per la messa a punto di nuove idee;

- Idea selection and implementation, in cui le idee di maggiore valore vengono selezionate e sviluppate. Frequenti sono le innovation jams in cui gruppi di persone interagiscono per individuare e filtrare le idee che verosimilmente sono in grado di soddisfare concretamente il consumatore;

- Idea diffusion, che consiste nella traduzione concreta di tali nuove idee in prodotti e servizi. Alla fase di selezione delle idee segue quella di elaborazione delle stesse, fino allo sviluppo di nuovi prodotti o servizi. A tal proposito, un tipico strumento adottato è lo Stage-gate model 26 definito come un modello che “rapidamente e in maniera profittevole consente di trasformare le migliori idee in nuovi prodotti di successo” (S.J. Edgett, 2015): il processo di sviluppo dei nuovi prodotti si articola in un numero ben definito di fasi (stages) e si conclude con la validazione e il lancio del nuovo bene o servizio; il passaggio da una fase all’altra è consentito soltanto se il progetto supera i singoli gates posti proprio in corrispondenza di ciascuna di queste fasi.

25 Kastelle T. Innovation is the process of idea management - timkastelle.org/blog, 2010

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Dunque, se è vero che per dare avvio al processo innovativo la fase di generazione delle nuove idee è indispensabile, è altrettanto vero che questa da sola non è in grado di garantirne il successo e l’efficacia del processo.

In secondo luogo, come conseguenza di quanto appena detto, occorre destinare maggiori risorse a sostegno delle fasi di selezione, sviluppo e diffusione delle idee poiché il miglior modo per costruire una cultura orientata all’innovazione è adoperarsi affinché tali nuove idee siano rese concrete.

c. Bewildered: come già detto, il percorso di evoluzione ideale segue, all’interno della matrice, una direzione diagonale: l’incremento dell’innovation commitment deve essere sostenuto in egual misura da un aumento delle innovation competences. Qualora ciò non avvenga, il posizionamento nel quadrante “Thinking about innovation” inevitabilmente induce le imprese nella trappola del Bewilderment. Con l’intenzione di raggiungere traguardi concreti, le imprese spesso tendono (invano) ad insistere sulla dimensione dell’innovation commitment e ad ignorare quella dell’innovation competence. Ma, di contro, continuano a non ottenere alcun risultato e si rivelano pertanto demotivate e frustrate (appunto, bewildered).

Le organizzazioni che si collocano in questo quadrante predispongono un’ottima impalcatura al processo innovativo (formalmente l’innovazione rientra tra i principali core values, vengono adottati appositi strumenti di supporto a ciascuna delle fasi del processo, vengono dedicate notevoli risorse alle attività di Ricerca e il top-management è pienamente partecipe alle discussioni sul tema innovazione). Tuttavia, tale apparato non è in grado di condurre l’impresa verso il successo.

Le “istruzioni” strategiche di cui si è già detto per le imprese Not Innovating Very Much risultano ora ancora più adeguate. Per uscire dalla trappola del bewelderment e poter apprezzare realmente dei risultati occorre, quindi, approcciarsi al processo innovativo in maniera sistematica e consapevole, rafforzare concretamente le

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innovation competences per ridurre gli “Air sandwiches” e allocare adeguate risorse per supportare le fasi di reale sviluppo e diffusione delle idee.

È frequente, tuttavia, che a risultare inadeguata o insufficiente sia anche l’impalcatura formale che si è instaurata a seguito dell’incremento dell’innovation commitment. In questi casi, oltre ad intervenire sulla variabile delle innovation competences è necessario assicurarsi che anche il livello di innovation commitment rispecchi un apparato effettivamente funzionante.

d. Accidental innovators: le imprese accidental innovators presentano formalmente una scarsa sensibilità all’innovazione (basso innovation commitment), tuttavia sono dotate di buone innovation competences. Si configurano come innovatori fortuiti (appunto accidental) perché, pur non definendo esplicitamente alcuna struttura a cui attenersi, risultano discretamente abili nel generare, selezionare, sviluppare e diffondere nuove idee.

Si collocano in questo quadrante quelle imprese che, per la natura del settore di appartenenza, possiedono intrinsecamente una cultura organizzativa propensa alla sperimentazione e adottano una filosofia gestionale di tipo learning by doing. Ne sono un esempio i laboratori di ricerca scientifica: le persone, per lo più creative, vengono lasciate libere di sperimentare e imparare autonomamente, anche dagli errori, senza attenersi a strutture e processi vincolanti.

Analogamente, la maggior parte delle start-up dispone di strutture a supporto del processo innovativo inadeguate e le risorse, soprattutto finanziarie, scarseggiano. Nonostante ciò, il loro livello di innovation competence è discretamente sostenuto, dal momento che la loro sopravvivenza è legata alla capacità di proporre soluzioni innovative.

Infine, appartengono alla stessa categoria tutte quelle imprese che innovano senza averne neppure la consapevolezza, definite come innovatori letteralmente accidentali. Gli spunti innovativi provengono dal basso, cioè dai livelli organizzativi gerarchicamente inferiori e, nonostante l’innovazione non rappresenti un core

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value, di fatto tali organizzazioni riescono a sviluppare e concretizzare con successo nuove idee.

Dal momento che gli innovatori accidentali riescono a raggiungere traguardi soddisfacenti senza particolari sforzi, il loro posizionamento all’interno della matrice sembrerebbe quasi invidiabile. Tuttavia l’assenza di equilibrio tra innovation competence e innovation commitment nasconde delle insidie. In particolare, poiché le attività innovative vengono eseguite in maniera quasi inconsapevole, le imprese difficilmente riusciranno a riprodurle e a replicare nel tempo gli stessi risultati. E in un contesto così dinamico, che continuamente chiede alle imprese nuove soluzioni per nuovi problemi, non è possibile limitare l’innovazione a degli episodi sporadici, né affidarsi alla creatività e al caso. Come già detto, lungo il percorso innovativo le due variabili devono evolversi in pari misura: le imprese altamente innovation- committed, ma con scarse competenze innovative, non riescono a raccogliere frutti concreti, sperimentano un forte senso di frustrazione e guardano all’impostazione di tutte le strutture di supporto come uno spreco di tempo e risorse (sbilanciamento verso la dimensione innovation commitment); allo stesso modo, le imprese che riescono a produrre e sviluppare con successo idee innovative, ma senza alcuna impalcatura solida di fondo, inverosimilmente riusciranno a sostenere tali vantaggi nel tempo (sbilanciamento verso la dimensione innovation competence).

e. Fit for purpose e World class innovators: il quadrante “Fit for purpose” si trova lungo

la diagonale della matrice, dunque le imprese qui collocate godono di una condizione di equilibrio in cui le due variabili sono bilanciate. Come per le imprese che iniziano a pensare all’innovazione, anche quelle di tipo Fit for purpose guardano a questa con interesse e coinvolgimento, adottano alcuni strumenti di supporto al processo innovativo, dedicano modeste risorse alle attività di Ricerca e il top- management è discretamente coinvolto nelle discussioni in materia di innovazione. Pur non essendo il livello di innovation commitment particolarmente sostenuto, esso è coerente con il grado di innovation competence. Ed infatti, le organizzazioni

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poste in questo quadrante sono in grado, anche se non in maniera eccellente, di elaborare e sviluppare con successo le idee innovative.

Le imprese che si trovano nella situazione appena descritta godono di un certo equilibrio e, dunque, il posizionamento nel quadrante Fit for purpose può essere sostenuto anche nel lungo periodo. Il discriminante, a questo punto, è dato dal rapporto che le organizzazioni hanno con l’innovazione. In altre parole, se per queste l’innovazione è il punto di forza, allora dovrebbero puntare in alto, incrementando le due dimensioni – in eguale misura – fino a diventare World class innovators. Al contrario, se la fonte del vantaggio competitivo non è data dall’innovazione, allora è possibile continuare ad operare con lo stesso livello di innovation commitment e innovation competence (a patto che, come per il quadrante “Not innovating very much”, non sopraggiunga un performance gap e/o una condizione di environmental change).

f. Potential stars: le imprese definite Potential stars o Nearly good innovators si distinguono per il loro alto livello di innovation commitment non abbinato, tuttavia, ad un altrettanto alto livello di innovation competence. Le organizzazioni che si posizionano in questo quadrante, infatti, ricomprendono l’innovazione tra i core values, adottano appropriati strumenti di supporto alle fasi del processo innovativo, dedicano notevoli risorse alle attività di Ricerca e Sviluppo e il top-management dedica tempo ed attenzione a tutte le questioni che ruotano attorno all’innovazione. Le Potential stars, inoltre, sono in grado di ottenere anche risultati di discreto successo, ma non coerenti con il livello di innovation commitment. Molto spesso, infatti, sono abili solo limitatamente a certe aree (ad esempio, alcune spiccano nella sola innovazione di prodotto), non sfruttando a pieno i benefici che potrebbero derivare dalle infrastrutture tecniche e culturali messe a punto.

Affinché le potenziali stelle dell’innovazione diventino veri e propri World class innovators devono arricchire le loro prospettive, accogliendo una visione di innovazione a tutto tondo.

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g. Unicorns: il quadrante “Unicorns” descrive una situazione in cui, pur senza compiere alcuno sforzo (livello di innovation commitment molto basso), si ottengono risultati innovativi di grande successo (livello di innovation competence molto alto).

In realtà, nessuna impresa presenta queste caratteristiche. A differenza degli innovatori accidentali che, pur avendo un’infrastruttura molto debole, fanno leva su una certa cultura organizzativa predisposta alla sperimentazione per ottenere risultati discreti – non eccellenti, gli Unicorns sono innovatori leggendari che, di fatti, non esistono (da qui, l’analogia con gli unicorni). È pressoché impossibile generare e sviluppare idee di grande successo senza destinare risorse alle attività di Ricerca e Sviluppo, senza definire alcuno strumento a supporto del processo innovativo e senza coinvolgere il top-management nelle discussioni in materia di innovazione. Dunque, in breve, più che descrivere una situazione reale, questo quadrante costituisce per le imprese una sorta di richiamo affinché siano consapevoli del fatto che l’innovazione, perché di successo, richiede un’adeguata predisposizione e attenzione.

h. Stars at risk: le imprese definite nel modello come Stelle a rischio sono in grado di generare nuove idee e dare a queste un seguito concreto e di grande successo (dunque, per questo “stars”). Tuttavia, il livello di innovation commitment non è altrettanto rilevante quanto le innovation competences, generalmente perché l’ammontare degli investimenti – sia di tipo finanziario che di capitale umano – è insufficiente, o perché le infrastrutture formali di fondo sono inadeguate.

Se si guardasse solo agli output del processo innovativo e a quanto questi siano in grado di garantire alle imprese ampi ritorni, il posizionamento nel quadrante “Stars at risk” sembrerebbe quasi la migliore delle posizioni: minimo sforzo, massima resa. Tuttavia, il successo costruito sulla base di un così basso innovation commitment è “a rischio”, perché non è supportato da un processo consapevole e, dunque, non sempre replicabile.

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Ne sono un esempio le start-up che, già discretamente abili nelle fasi di sviluppo e diffusione delle idee, cercano di supportare il loro successo incrementando il livello di innovation commitment, transitando dal quadrante "Accidental innovators”. Tuttavia, se da una parte le competenze innovative vengono esaltate grazie alla predisposizione di adeguate strutture, dall’altra non possono ancora definirsi dei veri e propri innovatori poiché, per loro stessa natura, possiedono risorse e infrastrutture di fondo insufficienti. In altre parole, si tratta di stelle emergenti (cosiddette Rising stars) che verosimilmente, reperendo le giuste risorse e definendo le giuste strutture, diventeranno World class innovators.

Dunque, affinché l’innovazione possa costituire effettivamente la fonte di un vantaggio competitivo sostenibile, occorre di nuovo bilanciare le due dimensioni di innovation commitment e innovation competence. Con particolare riferimento alle start-up, solo introducendo strutture e strumenti a cui far riferimento saranno in grado di controllare e replicare con consapevolezza i loro risultati.

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