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LEGO Group sin dagli albori è stata caratterizzata da una forte propensione all’inventiva e alla sperimentazione, già quando nei primi anni del Novecento un falegname di nome Ole Kirk Christiansen, tredicesimo figlio di un’umile famiglia di contadini della Danimarca, investì tutti i suoi averi per acquistare una falegnameria e dedicarsi alla realizzazione artigianale di mobili e arredi36.

A causa della Grande Depressione degli anni Trenta, tuttavia, Ole Kirk dovette ben presto reinventare la sua attività, dal momento che la crisi economica americana aveva portato ad una riduzione della domanda e, di conseguenza, ad un crollo generalizzato dei prezzi. Fu in questo momento che, cercando nuovi modi per guadagnarsi da vivere, Christiansen ebbe

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per la prima volta l’intuizione di dedicarsi alla costruzione di giocattoli, utilizzando piccoli mattoncini in legno: veicoli da trainare, salvadanai, automobili e camion in miniatura. Nonostante la spiccata creatività e attenzione rivolta alla qualità, le vendite purtroppo non prosperavano, sia perché le famiglie non potevano permettersi l'acquisto di giocattoli per i propri bambini, sia perché le difficoltà del periodo bellico degli anni Quaranta ostacolavano il reperimento del legno dalla Svezia.

La svolta arrivò quando Ole Kirk, alla ricerca di un nuovo materiale da impiegare nella produzione dei suoi LEGO (logo coniato dallo stesso Christiansen che richiama il motto danese “leg godt”, ovvero “gioca bene”), visitò una fiera campionaria a Copenaghen e rimase affascinato da una nuova macchina che consentiva di stampare oggetti in plastica. Sebbene fosse molto costosa, Christiansen decise comunque di acquistarla e dare avvio nel 1949 alla prima produzione di mattoncini in plastica, gli Automatic Binding Bricks, che nel tempo finirono con il rimpiazzare definitivamente la vecchia linea di giocattoli in legno. LEGO sotto la guida di Godtfred Kirk37

Nel 1950 Ole Kirk, pur conservando il ruolo di direttore amministrativo e presidente, nominò vicedirettore della LEGO suo figlio Godtfred Kirk che, a causa della malattia sempre più invalidante del padre, assunse ben presto la piena direzione dell’attività.

Di fronte ad una situazione in cui, nonostante l’ingente investimento nella nuova macchina, le vendite stentavano ancora a decollare, Godtfred Kirk ebbe un’intuizione che rivoluzionò profondamente l’idea del prodotto: introducendo il concetto di Sistema di Gioco – LEGO System – riteneva che il singolo mattoncino in plastica non avesse valore in sé, ma che lo acquisisse all’interno di una combinazione. E così, ispirandosi al principio “everything connects to everything else”38,

37 Lindholm M., Stockholm F., Previ L. LEGO Story – Egea, 2012

38 Gautlett D. The LEGO System as a tool for thinking, creativity, and changing the world - http://davidgauntlett.com, 2014

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venne introdotto il sistema ad incastro stud and tube, che consentiva numerose possibili combinazioni e incentivava i consumatori ad acquistare un numero sempre crescente di mattoncini per sperimentarne di nuove;

i mattoncini - che nel frattempo erano stati ribattezzati in LEGO Mursten - venivano esposti ora nei negozi e nei grandi magazzini non più in scatole chiuse, ma sotto forma di costruzioni già montate perché tutti potessero conoscere e apprezzarne il potenziale. Grazie al successo dell’idea di LEGO System, all’aumento degli investimenti in ampliamento della capacità produttiva, allo sviluppo di nuovi sistemi di gioco con nuove possibili combinazioni e, non in ultimo, grazie al boom economico il fatturato raddoppiava di anno in anno, fino a sfociare tra gli anni Cinquanta e Sessanta in un intenso percorso di internazionalizzazione. Sono questi gli anni in cui venne inventata la prima ruota LEGO, un mattoncino circolare cerchiato in gomma che consentiva di costruire automobili ed altri veicoli, e introdotto DUPLO, otto volte il mattoncino normale e per questo adatto ai bambini più piccoli che non potevano ingerirlo.

Il successo di LEGO ebbe inoltre un’eco mediatica talmente notevole che negli stessi anni numerose scuole e organizzazioni si recavano quotidianamente presso gli stabilimenti danesi per conoscere da vicino il processo produttivo dei noti mattoncini. Allora Godtfred Kirk ebbe l’idea di creare uno spazio espositivo permanente, LEGOLAND, che solo nel primo anno venne visitato da 625.000 persone.

Alla luce dell’aumento del volume d’affari e delle dimensioni aziendali, Godtfred Kirk si rese conto di quanto fosse necessario innanzitutto ridefinire la struttura organizzativa, e pertanto assunse un marketing manager, un export manager e un giurista aziendale che si occupasse di brevetti, marchi e altri aspetti legali. In secondo luogo, si fece promotore di una vera e propria filosofia gestionale dell’innovazione che ispirò LEGO e tutti i suoi dipendenti per numerosissimi anni.

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Questa si basava su alcuni principi cardine (Lindholm, Stockholm, Previ, 2012): - Accontentarsi, ma mai del tutto;

- Andare alla ricerca dell’idea giusta;

- Approfondire ed ampliare le idee in modo da distanziare la concorrenza; - Mai prefissarsi di essere grandi, ma assicurarsi di essere i migliori;

- Guardarsi bene dalle manie di grandezza; - Autofinanziarsi.

Tali linee guida riflettevano una tensione costante al miglioramento che costituiva per LEGO oramai una prerogativa per il successo, purché lo sviluppo fosse gestito internamente: nonostante i successi della LEGO si fossero estesi fino in America, il trasferimento dell’attività dalla Danimarca era fuori discussione (ritenendo Godtfred Kirk che ciò, se fosse accaduto, sarebbe stato oltraggioso per tutte quelle persone che prestavano il proprio lavoro alla società da lungo tempo); secondo la filosofia del “fare il più possibile da sé”, tutto il processo di messa a punto dei nuovi sistemi di prodotto – dallo sviluppo alla produzione, dal marketing alle vendite – doveva avvenire entro i confini organizzativi; era esclusa ogni possibilità di collaborare con l’esterno e/o acquisire altre aziende produttrici di giocattoli perché ciò avrebbe determinato un’eccessiva contaminazione del modello.

In altre parole, in questi anni in LEGO si afferma preponderante il paradigma della closed innovation, in cui perfino il reperimento delle risorse finanziarie escludeva il coinvolgimento di soggetti terzi.

A cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta venne istituita un’apposita divisione di Ricerca e Sviluppo per la messa a punto di nuove soluzioni, i cui risultati condussero ad un periodo di espansione esponenziale (nei primi anni Settanta LEGO fatturava 800 milioni di dollari e occupava 2500 dipendenti):

vennero ideati e sviluppati set a tema, concepiti per consentire ai bambini di costruire dei modelli “real as real”, quanto più vicini al mondo reale (pirati, castelli medievali, dinosauri, città, luoghi di villeggiatura, paesaggi artici, navi, macchine da corsa, treni erano i principali temi);

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vennero introdotte le minifig, ovvero le note figure umane in miniatura con braccia e gambe orientabili non in grado di reggere utensili;

vennero commercializzate nuove scatole per costruttori esperti, che comprendevano ingranaggi, leve, assi, sensori e perni per costruire modelli realistici.

Lo sviluppo di questi anni fu di una portata tale da rendere Godtfred Kirk non più all’altezza di gestire da solo l’intera struttura, sia da un punto di vista organizzativo che manageriale, data la sua ostilità verso le nuove idee, ritenute spesso troppo lontane da quella originale (cioè, quella di un giocattolo di dimensioni ridotte in grado di stimolare la fantasia dei bambini e che non necessitava di rinnovamenti). Godtfred, infatti, era affezionato all’idea di un’attività basata su un unico tipo di prodotto, e temeva che l’eccessiva diversificazione avrebbe esposto al rischio di contaminazione di nuovi prodotti che non avevano nulla a che fare con il sistema LEGO.

Spaventato dal futuro incerto che si prospettava, si affidò ad Andersen, direttore di una società le cui attività riguardavano l’acquisizione, lo sviluppo e la gestione delle piccole aziende nel passaggio di generazione. Andersen nella prima metà degli anni Settanta divenne amministratore delegato e riorganizzò la LEGO in cinque società, riunite sotto il nome LEGO Group.

LEGO sotto la guida di Kjeld Kirk

Nonostante i successi raccolti nella prima metà degli anni Settanta e la riconfigurazione strutturale, LEGO ben presto si trovò a sperimentare un forte periodo di crisi in cui le vendite crollarono e i magazzini strabordavano di giacenze. L’assenza di novità – o meglio, l’atteggiamento restio della direzione all’innovazione – fecero pensare che LEGO oramai avesse perso la sua scintilla vitale. Lo stesso Godtfred Kirk, in occasione di un discorso tenuto in una riunione del consiglio di amministrazione affermava: “i limiti si trovano nel punto in cui la nostra fantasia non arriva più. E da quel che mi dite, capisco che la fantasia si è davvero esaurita” (Lindholm, Stockholm, Previ, 2012).

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Mentre LEGO sembrava avesse perso la sua identità, provvidenziale fu l’ingresso nella direzione aziendale di Kjeld Kirk, il figlio di Godtfred, che aveva nel frattemoi conseguito un master in Business Administration presso l’International Institute for Management Development di Losanna, in Svizzera.

Come suo padre vent’anni prima ebbe il coraggio di rivoluzionare l’idea di business risollevando LEGO da una situazione di stallo, lo stesso fece ora Kjeld Kirk: richiamando le sue conoscenze in strategia di vendita e segmentazione del mercato, riteneva che LEGO dovesse creare prodotti differenziati in funzione degli interessi dei fruitori. Le tre principali linee di prodotto identificate erano le seguenti:

- Giocattoli per i bambini in età prescolare; - Costruzioni per ragazzi fino ai 16 anni; - Nuovi prodotti per il gioco e il tempo libero.

In forza della nuova strategia di differenziazione, la creatività ebbe un nuovo impulso e la divisione di Ricerca e Sviluppo escogitò un numero di novità superiore a quello che LEGO avesse mai prodotto prima39:

vennero introdotti i primi set spaziali, con personaggi in tuta d’astronauta, razzi e astronavi; vennero lanciate le scatole “Luci & Suoni”, con un modulo a batteria, luci elettriche ed altri segnali che aggiunsero maggiore realismo alle costruzioni; venne messa a punto una nuova serie con macchine da corsa, camion e mezzi nautici, dotato di un elevato realismo e livello di dettaglio.

Inoltre, coerentemente con i principi della diversificazione, nel tempo il mattoncino LEGO diventava sempre più che un giocattolo. Ad esempio, con l’istituzione della Divisione Prodotti Educativi che aveva l’obiettivo di espandere le potenzialità educative dei LEGO bricks, vi sono state numerose applicazioni degli stessi mattoncini nell’insegnamento e nella realizzazione di cortometraggi per bambini;

39 Italian Lego Users Group. La storia di LEGO Group – www.itlug.org; Wikipedia. L’espansione della LEGO – www.wikipedia.org

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analogamente, nell’ambito della modellizzazione aziendale, i mattoncini venivano impiegati per simulare il funzionamento di impianti produttivi e logistici.

Entro la prima metà degli anni Ottanta il fatturato venne quasi triplicato e l’organico crebbe fino al 3300 dipendenti (Lindholm, Stockholm, Previ, 2012). Con ancora il padre Godtfred in carica come presidente, Kjeld Kirk assunse il completo controllo della gestione, supportando l’innovazione e guidando un percorso di evoluzione anche della cultura aziendale.

Nei primi anni Novanta, grazie all’elevata qualità dei prodotti e alle vincenti strategie di marketing, il successo di LEGO sembrava inarrestabile, anche quando la concorrenza cercò di minare il brand proponendo gli stessi mattoncini, ma ad un prezzo inferiore. I tentativi di attacco, infatti, fallirono ben presto perché gli standard qualitativi di LEGO erano inarrivabili, ed inoltre l’ufficio legale, che ben difendeva il patrimonio della proprietà intellettuale, citò in giudizio le diverse imprese che avevano violato il marchio registrato e i brevetti depositati. Presidiando l’80% del mercato americano dei giochi da costruzione, si contavano circa 8880 dipendenti e un fatturato che sfiorava i 9 miliardi di corone, con mattoncini venduti in 60 mila negozi di oltre 130 Paesi.

3.2 Turbinio di idee e crisi

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