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5. Analisi dei dati raccolti

5.2 La scuola primaria Diego Fabbri

5.2.4 Gli insegnanti di fronte alla diversità

Gli insegnanti intervistati sono insomma ben consapevoli dell’importanza delle loro azioni per una buona integrazione, a partire dall’atmosfera di accoglienza in classe per i nuovi arrivati, alla valorizzazione delle diverse capacità di ogni bambino e tra queste in particolare le abilità linguistiche degli alunni-interpreti. Ci si è chiesto allora, quanti delle maestre e dei maestri avessero ricevuto una formazione specifica in merito all’educazione interculturale, alla gestione di gruppi multietnici o nell’insegnamento dell’italiano L2. Dei nove insegnanti intervistati solo due hanno risposto in modo affermativo, una ha dichiarato di aver sostenuto degli esami al riguardo all’università, l’altra di aver seguito un corso di specializzazione. Altri due dichiarano poi di aver partecipato a qualche incontro organizzato internamente o di aver assistito ad un breve corso ma non di carattere operativo. Tre hanno risposto di no e due non hanno risposto oppure non hanno affrontato la questione.

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In particolare, una maestra esprime in sede di intervista il bisogno di figure di riferimento competenti ed esperte, ma anche il desiderio di poter imparare “cosa è meglio per loro”, in modo da poter superare le propri limiti e soprattutto aiutare al meglio i bambini in difficoltà:

Innanzitutto mi rivolgerei agli esperti, perché ci sono insegnanti, che come dicevi tu, che hanno fatto proprio una formazione specifica per gli alunni stranieri, quindi principalmente mi rivolgerei a persone competenti, a persone che sanno fare bene il proprio lavoro, per avere anche un consulto, un aiuto, nei primi momenti che sono sicuramente quelli più difficili. Poi, perché no, mi piacerebbe imparare, mi piacerebbe molto sapere bene che cosa è meglio per loro. Perché poi l'obiettivo sono sempre loro, quindi le difficoltà le posso avere io ma quelle le superi come insegnante. Però, mi piacerebbe ecco proprio sapere che cos'è meglio per loro, per aiutarli a sentirsi più sereni, per aiutarli a sentirsi più accolti e accettati dalla scuola

(Intervista 6)

La problematica principale sia per i più ‘esperti’ che per coloro che non hanno ricevuto formazione, sta nella difficoltà di svolgere con gli alunni stranieri un lavoro mirato e personalizzato:

In realtà non è sempre così che succede, proprio per mancanza di risorse. […] e a livello umano soprattutto insegnanti che possano seguirli in maniera individuale. E anche tu quando sei nella classe fai anche fatica a seguirli in maniera individuale perché ne hai già 23-24 della tua classe e devi portare avanti il discorso e non è facile, non è facile.

(Intervista 1)

I problemi infatti aumentano quando nella stessa classe si concentrano bambini appena inseriti ma con livelli diversi di conoscenza dell’italiano, altri apprendenti di L2, anche se in Italia da molto tempo o nati nel nostro paese, e magari casi di bambini con difficoltà o disabilità di diverso genere. Le insegnanti inizialmente si trovano “spaventate” e “spiazzate”, di fronte alla scarsità di strumenti, come succede nel caso si abbia a che fare, senza preparazione, con bambini diversamente abili:

Ah questo sicuro, io mi ricordo quando arrivavano colleghe su trasferimento e tutto, che erano abituate a realtà dove non c'erano bambini stranieri…erano spaventate e spiazzate perché il bambino straniero, come il bambino con handicap, capito, ti, ti impone una didattica ad hoc, cioè differen… specifica, non diciamo differenziata ma specifica al bisogno.

(Intervista 7)

Il parallelo tra bambini stranieri e bambini diversamente abili, seppur possa sembrare azzardato non è in realtà nuovo agli studi sull’integrazione scolastica. Diverse volte è emerso come le difficoltà riscontrate dagli insegnanti di fronte a bambini che non parlano la lingua del paese ospitante, vengano associate a quelle che si hanno in presenza di bambini con problematiche cognitive o disabilità motorie. Si è visto come in passato le difficoltà linguistiche dei bambini stranieri venissero considerate spesso come handicap

145 psico-fisici (§2.2), oggi si rischia ancora di confonderle con disturbi dell’apprendimento o viceversa di tardare a riconoscere problemi più seri, imputando gli insuccessi esclusivamente all’ostacolo della lingua (Murineddu et al. 2006). In particolare, nei confronti di una delle bambine cinesi, sono state espresse da un’insegnante durante la fase di osservazione, perplessità al riguardo. Un’altra collega, parlando della stessa bambina riferisce “Ho il dubbio che sia sorda” (Intervista 8), raccontando dell’incapacità di suonare il flauto come i compagni e di averla vista rischiare di essere investita da una bicicletta.

Altre confermano come il principale ostacolo sia proprio la necessità di differenziare il lavoro e la difficoltà di farlo senza il supporto di nessun’altro:

È più semplice [insegnare in classi dove non ci sono bambini stranieri], perché riesce a lavorare in maniera omogenea, invece quando ci sono bambini con lingue diverse o bilingue insomma, devi organizzarti in maniera duplice o triplice, quindi si portano avanti più lavori contemporaneamente. Non sono tutti allo stesso livello, quindi in questo momento lavoro con la classe, con una bimba cinese in un altro modo e con l'altra in un altro modo ancora.

(Intervista 9) Penso che sia diversissimo [insegnare in classi con e senza bambini stranieri], penso che sia diversissimo perché è chiaro che se ti ritrovi in classe tutti i bambini italiani, probabilmente non è detto, fai meno fatica, perché non devi differenziare.

(intervista 5)

Un’altra racconta di essersi trovata in difficoltà in un primo momento e di aver dovuto anche rivedere le proprie aspettative riguardo al programma che avrebbe potuto svolgere:

Qua mi sono trovata, all'inizio, se vogliamo, anche un po' in difficoltà, a gestire questa pluralità, questa diversità anche proprio di conoscenze, soprattutto quando arrivavano bambini a metà anno, in terza e in quarta, adesso in quinta penso di no, però soprattutto negli anni finali della scuola elementare. È diverso, di là, cioè nell'altra scuola, magari ti, non so, ti dai anche degli obiettivi più elevati.

(Intervista 6)

In generale però, nonostante le difficoltà, emerge un atteggiamento positivo nei confronti della diversità culturale che gli insegnanti la definiscono come una ricchezza e una risorsa per tutti, senza la quale non si sarebbero potute sviluppare tante delle attività svolte durante l’anno. In particolare, i docenti guardano con favore alla presenza di bambini stranieri di seconda generazione, che sono “una ricchezza, senza essere una preoccupazione” (intervista 3).