5. Analisi dei dati raccolti
5.2 La scuola primaria Diego Fabbri
5.2.8 La scuola che vorrei
Poiché tutti gli insegnanti partecipanti, già prima di procedere con le interviste, avevano lamentato la scarsità di risorse e di strumenti per poter supportare come avrebbero voluto l’inserimento dei bambini stranieri e favorire l’integrazione nelle classi multiculturali, è stato chiesto loro cosa avrebbero fatto se invece avessero avuto a disposizione più tempo, denaro e personale.
Alcune delle risposte fornite degli intervistati sono già state riportate nelle sezioni precedenti. Taluni rimpiangevano per esempio i tempi andati, in cui ad ogni docente spettavano più ore di insegnamento, altri avrebbero voluto istituire nuovamente classi di prima alfabetizzazione per i nuovi alunni. Un’altra avrebbe voluto poter contare sul supporto di personale qualificato ed imparare dalle colleghe con più esperienza e formazione in materia. Una maestra, ricordando progetti dispendiosi per la scuola propone invece di tornare alla compresenza, uno strumento semplice ed efficace, che permetterebbe di seguire al meglio i bambini con bisogni specifici, stranieri e non all’interno delle classi:
Il discorso della vecchia compresenza senza fare tanti voli, tanti progetti, che secondo me, io l'ho sempre detto, è vent'anni che sono nella scuola, ma lo dico per esperienza, spesso e volentieri è anche abbastanza fumo negli occhi, sono parole, però ai bambini non rimane tantissimo.[…] I lavori invece radicati nella classe, sarebbe l’ottimale, è l’ottimale secondo la mia esperienza.
(Intervista 7)
Un’altra insegnante vorrebbe poi puntare sui laboratori creativi, in cui i bambini possano imparare facendo, a piccoli gruppi, in modo da poter essere seguiti al meglio. L’ideale, a suo avviso, sarebbero gruppi in cui possano lavorare insieme bambini con capacità ed esperienze diverse in modo da potersi aiutare l’un l’altro:
Insegnante: Mi piacerebbe che ci fossero i fondi, per avere molte persone per condurre attività laboratoriali a piccoli gruppi. Perché sono la cosa fondamentale e si può fare pochissimo.
Intervistatore: Attività di laboratorio?
Insegnante: Ah, tutte le attività di tipo più creativo, ma intendo anche informatica, tecnologie… condotte in gruppetti di 10 bambini con un insegnante che li può seguire bene, nel mezzo ci metti due o tre stranieri, il bambino con difficoltà, tre o quattro bravissimi, fai un bel gruppetto misto, quella è la situazione migliore.
Intervistatore: Mmh
Insegnante: La cosa migliore. Già, già se si potesse…invece a noi ce ne tolgono, ce ne tolgono, ce ne tolgono. Se si potesse avere questa possibilità di fare laboratori creativi, di musica, di… Capito? Però, i linguaggi diversi, potenziare quelli perché poi mentre poi lavori su quelli i bambini parlano, si scambiano, e allora dai… dai dei comandi, dai delle istruzioni
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solo che se sono 25 è una cosa, se sono 10, puoi andare vicino a ognuno e ripetergli l’istruzione, e a quello straniero vedi un po’ cosa capisce, come capisce. Questa è una cosa che noi non possiamo fare…
(Intervista 3)
Quello del cooperative learning è un riferimento ricorrente durante le interviste. Al di là del progetto Ambassador e delle attività di CLB che ne sono sicuramente un esempio, gli insegnanti raccontano spesso di bambini della stessa classe che più o meno spontaneamente intervengono per aiutare i compagni in difficoltà. Una maestra ricorda anche come in un’altra scuola, i bambini italiani partecipassero a rotazione alle attività pomeridiane di alfabetizzazione dei bambini stranieri per creare integrazione e dare una mano alle insegnanti.
Vi è poi una voce fuori dal coro che individua soluzioni del tutto originali, anche se difficilmente realizzabili, per superare l’ostacolo linguistico e migliorare l’armonia scolastica. Questa maestra spiega che, in una situazione ideale, gli insegnanti dovrebbero conoscere le lingue dei principali paesi di immigrazione in modo da poter intervenire in mancanza di mediatori linguistici e in situazioni in cui l’intervento dei bambini non fosse auspicabile:
Ah, io ridendo e scherzando sostengo che le insegnanti dovrebbero avere una formazione linguistica oggi come oggi, ma è impensabile cioè non…anche perché dovrebbe essere una formazione linguistica mirata, nel senso, non è sufficiente parlare un po' d'inglese, perché le famiglie che di solito si trasferiscono dal loro paese a un altro, solitamente sono famiglie che vivono anche un certo disagio, quindi non hanno neanche loro una formazione linguistica se non quella di origine. Di conseguenza noi non è che possiamo imparare l'arabo e cinese, il rumeno o quel che è.
(Intervista 9)
Più avanti spiega come la presenza in pianta stabile di mediatori, essendo possibile naturalmente solo per poche lingue e non in tutte le scuole, creerebbe alla lunga una sorta di ghettizzazione delle diverse etnie nei diversi istituti capaci di offrire servizi linguistici mirati Torna quindi sulla possibilità di inserire nella formazione degli insegnanti una formazione linguistica specifica per incontrare i bisogni delle famiglie immigrate:
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I mediatori linguistici, io li vedo come figure di riferimento importanti, permanenti sì e no, cioè, se la scuola fosse una scuola di indirizzo, diciamo specifica per l'accoglienza dell’alunno straniero, dovrebbero essere presenti, ma in realtà darebbero vita ad una sorta di ghettizzazione, perché ci ritroveremo poi scuole ricche solo quasi esclusivamente di stranieri, e scuole con bambini italiani. Questo è un altro errore. Quindi figure a cui poter fare riferimento diciamo al momento più opportuno oppure, potrebbero far sì che nella formazione futura dei futuri insegnanti, potesse essere sottolineata anche l'importanza, come dicevo prima di una formazione linguistica ma specifica.
(Intervista 9)
Per quanto riguarda il miglioramento dell’ambiente scolastico e dei rapporti fra insegnanti, alunni e genitori, la stessa maestra vorrebbe poter contare sul supporto di uno psicologo che, a suo parere, gioverebbe a tutti gli attori della scuola:
Principalmente chiedere la presenza di uno psicologo o psicologa fisso a scuola, secondo me dovrebbe essere una figura che dovrebbe essere proprio inglobata nel team scolastico. Quindi, dovrebbe essere proprio presente, perché al di là delle difficoltà oggettive che si riscontrano con questi bambini, ci sono tante altre difficoltà che la scuola deve affrontare oggi come oggi, ma non può affrontarla solo con, chiamiamolo il buonsenso dell'insegnante, talvolta serve anche un aiuto strutturato. E quindi io vedo necessaria la presenza di un supporto psicologico. Per le insegnanti, nell'affrontare certe situazioni, per i bambini stessi e talvolta è necessario anche per le famiglie, quindi sarebbe anche un'offerta notevole.
(Ivi)
Vi è poi un altro contributo che tra gli altri spicca per la sua singolarità. L’insegnante in questione spiega che il problema reale della scuola nella gestione degli alunni stranieri non è costituito dalla mancanza di fondi o di personale, ma da un grande bisogno di persone sensibili ed attente alle problematiche dei singoli alunni:
Insegnante: Qui abbiamo un esempio straordinario, di una collega che ha dedicato il suo tempo libero, i suoi sforzi a questo lavoro. Non faccio il nome di questa collega perché l’hai già conosciuta, ecco bisognerebbe fare come lei. Lei è una che i pomeriggi è qui, segue i bambini, li seleziona, lei vede chi ha bisogno e chi non ha bisogno. Nel pomeriggio li chiama qui, e lavora con loro individualmente, in piccoli gruppi. Questo è avere un rapporto al di là del tempo scolastico.
Intervistatore: Della scuola…
Insegnante: Dello spazio scolastico. Nel pomeriggio tu, conosci talmente bene la situazione di quei bambini che sai chi richiamare e sai come approfondire quel discorso con lui quale argomento toccare, in che modo farlo eccetera. Ma questo te lo da soltanto la grande esperienza e di la grande disponibilità e questi sono elementi non monetizzabili.
Intervistatore: Tempo.
Insegnante: Tempo e disponibilità, il tempo lo puoi pagare ma la disponibilità no. Intervistatore: La disponibilità no.
Insegnante: La disponibilità non la puoi pagare.
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